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La valutazione dei rischi per chi guida mezzi aziendali stradali

La valutazione dei rischi per chi guida mezzi aziendali stradali

Autore: Alessandro Mazzeranghi

Categoria: Sicurezza stradale

28/07/2023

La prima parte di alcune considerazioni sulla sicurezza e sul documento di valutazione dei rischi per chi guida mezzi aziendali stradali. Il problema, le responsabilità e i fattori chiave. A cura di Alessandro Mazzeranghi.

Non c’è dubbio che, con riferimento all’alto numero di infortuni professionali mortali che ancora avvengono su strada, e a cui abbiamo dedicato in passato articoli e interviste, la questione della sicurezza di chi guida mezzi aziendali sia ancora sottovalutata.

 

A ricordarlo è anche l’incipit di un nuovo articolo di Alessandro Mazzeranghi dal titolo “Sicurezza: il DVR per chi guida mezzi aziendali stradali”.

 

L’articolo, di cui pubblichiamo oggi la prima parte, si sofferma non solo sul “problema” degli incidenti stradali, ma anche su vari aspetti (normativa, responsabilità, …) cercando poi di presentare fattori “chiave” ed indicazioni per la valutazione dei rischi.

 

Nella seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, l’autore si sofferma poi su altri fattori (uso del cellulare in auto, consumo di alcool, …), fino ad arrivare al ruolo del medico competente e ai vari elementi che compongono una valutazione del rischio.

 


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Sicurezza: il DVR per chi guida mezzi aziendali stradali (prima parte)

 

 

La questione è sottovalutata e sarebbe meglio affrontarla: oggi, escludendo atti volontari, catastrofi di vario genere e malattie, due fra le principali ragioni di decesso di persone sane sono le morti sul lavoro e quelle su strada; poco importa che chi muore sia colpevole dell’evento o lo subisca per colpe altrui. Se non ho fatto male i conti, dovremmo essere vicini ai 5.000 morti all’anno.

 

Di questi una parte sono eventi appartenenti ad entrambe le categorie: lavoratori che durante il lavoro muoiono in un incidente stradale. ATTENZIONE: non intendo considerare gli incidenti in itinere che sono solo una definizione che sottende una questione assicurativa fra organismi statali, e altresì estende la tutela maggiore che lo stato garantisce al lavoratore rispetto al privato cittadino.

 

Definizione del “problema”

Cerco di essere semplice: se io sono dipendente di un’azienda, svolgo un ruolo commerciale e il mio compito è andare a visitare i clienti presso le loro sedi, è evidente che la guida del mezzo (aziendale, presumibilmente) è parte integrante della mia mansione lavorativa e il tempo impiegato è computato fra le ore lavorate (se fossi un rappresentante sarebbe tutto diverso).

Allora, se in quel lasso di tempo che trascorro alla guida io sono soggetto a rischi per la mia salute e/o per la mia sicurezza, è evidente che tali rischi devono trovare considerazione nella valutazione dei rischi aziendale, secondo il principio che devono essere valutati TUTTI i rischi a cui il lavoratore è esposto.

 

Ho parlato del venditore, potrei ragionare del trasportatore dipendente (escludendo quindi i così detti “padroncini”), o di chi si sposta su un piccolo furgone per svolgere attività di service, o di chi effettua consegne a domicilio (sempre se dipendente) e ancora di tanti altri. In sintesi: tutti coloro che svolgono lavoro dipendente e per lavoro utilizzano un mezzo su strada pubblica.

 

E chi percorre un tragitto a piedi? Sotto le medesime condizioni (svolge in quel tragitto un lavoro dipendente) è nella medesima situazione rispetto al D.Lgs. 81/08, ma preferisco non allargare troppo il campo di questo articolo.

 

Esiste uno specifico titolo /capo del D.Lgs. 81/08 applicabile?

Solo per trasparenza, visto che la questione è piuttosto insignificante: sul tema mesi addietro ho avuto una lunga discussione filosofica ritenendo io che una vettura o un furgone utilizzato per lavoro rientri nell’ambito della definizione di attrezzatura di lavoro (titolo III capo I) mentre altri contestavano questa mia convinzione; ma visto che tale capo non riporta alcuna prescrizione per i mezzi stradali, che ci importa? Intanto il rischio lo dobbiamo valutare, e ci dobbiamo inventare il modo giusto di valutare tale rischio.

 

L’obiettivo che darei a questa “sezione” del DVR

Devo partire da un concetto che mi porterò dietro per tutto l’articolo: il DVR può distinguere fra gruppi omogenei di driver, per percorso, orari, stato psico – fisico ecc. ma NON vuole essere la analisi puntuale dei rischi di un singolo driver, pur ammettendo che ci sono maggiori differenze di rischio fra due driver che fra due tornitori. Evidentemente il tipo di mezzo (auto / furgone / mezzo di trasporto merci) è un fattore (come la differenza fra tornio parallelo e tornio verticale, del resto) ma non è il caso di andare troppo oltre altrimenti andiamo a mescolare sociologia, psicologia, medicina, aspetti meramente tecnici, credibilità degli ADAS o di altre invenzioni in via di sviluppo.

 

Noi con quello che propongo andiamo a vedere se i mezzi sono adeguati alla destinazione d’uso, se vengono utilizzati correttamente, se la manutenzione è appropriata, se i percorsi richiesti non presentano particolari condizioni di rischio ecc.

 

Sulla base degli esiti andremo, probabilmente, a definire delle misure migliorative che pur tutelando la salute e la sicurezza dei lavoratori non devono essere un serio impedimento all’uso dei mezzi che oggi, e aggiungo purtroppo, sono uno strumento di lavoro indispensabile, anche vista la scarsissima capillarità del trasporto pubblico che facilmente passa da eccezionale a inesistente solo spostandoci di 100 km o anche meno.

 

Partiamo quindi da alcuni presupposti:

  • L’utilizzo di un mezzo per lavoro è indispensabile per certe mansioni
  • L’utilizzo del mezzo è sicuramente fonte di rischio per il lavoratore e per le altre persone “presenti” a bordo, in strada, su altri mezzi
  • Esistono comportamenti/ situazioni più pericolose di altre che spesso non vengono percepite dalle persone esposte e che dunque devono essere ben regolamentate
  • Esistono anche regole definite per legge o per contratto, che però non vengono rispettate per ignoranza o per negligenza
  • In ogni caso davvero poche aziende, e tutte molto grandi ed estese anche in parti del mondo dove gli incidenti stradali sono comuni (Africa, Sud America, far East …); è ovviamente sia una questione di qualità delle infrastrutture, che di cultura della popolazione locale rispetto all’utilizzo dei mezzi, che di contesto socio – politico. Ma per ora interessiamoci dell’Italia dove purtroppo, anche qui, abbiamo aree con aspetti critici delle tipologie appena descritte.

 

La responsabilità verso terzi non lavoratori

Un dubbio che emerge per chi affronta una materia così poco studiata e oggetto di giurisprudenza e di chi sia la responsabilità verso terze persone coinvolte in un incidente causato da un lavoratore. Per quello che ho visto la responsabilità si divide fra chi ha “fatto” l’incidente e chi ne ha subito le conseguenze. Se io guido un’auto aziendale per ragioni di lavoro e investo un bambino che attraversa sulle strisce pedonali, non mi pare che a nessuno venga in mente di coinvolgere nella faccenda il mio datore di lavoro: chiedo a chi si intende ben più di me di giurisprudenza se dico una cosa esatta.

In termini tecnici, puramente legati alla catena causa – effetto, se io fossi il driver colpevole dell’atto colposo chi mi ha dato la missione potrebbe essere responsabile (sub causa ma anche con causa) del mio comportamento e doverne rispondere. Se ancora non è ancora così, prima o poi qualcuno aprirà questa via interpretativa.

 

Quindi, a mio avviso, chi incarica un lavoratore di eseguire la sua attività con un mezzo aziendale, ai sensi dell’articolo 20 (avere cura della salute e della sicurezza delle altre persone presenti) e degli obblighi vari di conformità tecnica, di adeguata organizzazione del lavoro e di vigilanza, dovrebbe tenere in conto anche questa eventualità, prima nel concreto quotidiano e poi anche in sede di DVR.

 

I “fattori” chiave

Dunque, chi guida un mezzo aziendale per lavoro ha “a suo carico” alcuni elementi che contribuiscono a diversi aspetti del successo della missione, compresi gli aspetti di salute e sicurezza dei lavoratori e delle altre persone esposte. In realtà la responsabilità è distribuita fra il datore di lavoro (che organizza), il preposto che esegue e sovrintende e il lavoratore che agisce.

 

La affermazione che ho sentito più volte: “c’è già il codice della strada”; ebbene è un tantino in contrasto con il D.Lgs. 81/08 o i già citati articoli 17 e 20. Chi incarica qualcuno di eseguire un lavoro è responsabile di garantire che tale lavoro possa essere eseguito in sicurezza sia per il lavoratore che per le altre persone potenzialmente esposte. E mi pare che questo sia confermato meglio dalla legislazione che riguarda i cantieri con riferimento ad eventuali danni a passanti o, comunque, a persone estranee al cantiere. Eppoi esistono gli articoli 589 e 590 del codice penale che sono molto chiari e coprono ogni aspetto della vita sociale (quindi non solo lavoro e guida che sono delle casistiche subordinate).

 

Quindi il datore di lavoro deve fare il massimo ragionevolmente e tecnicamente possibile per evitare che un lavoratore alle sue dipendenze causi un incidente su strada.

 

Allora proviamo a elencare alcuni elementi su cui porre attenzione in sede di valutazione dei rischi considerando che, vista la relativa “novità” della materia, e anche considerandone l’oggettiva complessità, l’elenco non sarà esaustivo; per giunta ho dichiarato una volontà di semplicità della valutazione che induce a non sviscerare sino in fondo le questioni più minuziose. Vediamo dunque quello che ritengo prioritario:

  • Le caratteristiche psico – fisiche del driver (sempre considerando la complessità della missione affidata), che sono un fattore “medio” accertato dal medico competente e che non devono ne possono essere valutate di volta in volta;
  • Le caratteristiche del veicolo, prima di tutto in quanto tale e con riferimento a quanto previsto dal codice della strada, poi in relazione alle dotazioni di sicurezza non obbligatorie, infine in relazione al tipo di percorsi a cui è destinato e al tipo di uso previsto (trasportare persone, trasportare anche carichi ecc.);
    • La programmazione della manutenzione del veicolo;
  • Le caratteristiche del percorso (la tipologia media di percorso) che può influire sia per caratteristiche intrinseche (strada dissestata, come era sino a qualche anno fa la SS 45 transappenninica da San Sepolcro a Cesena), le possibili influenze meteo (neve, ghiaccio …), l’intensità del traffico (vedi tangenziale Nord di Milano) e altro ancora;
  • Le tempistiche o il chilometraggio: guida notturna, numero di ore alla guida al giorno, numero massimo di ore alla guida in un singolo giorno, Km percorsi (non è una variabile del tutto indipendente dalle precedenti), velocità media (che influisce sulla gravità dell’eventuale sinistro), tipo di percorso (autostrada, strada extraurbana, strada urbana) ecc.;
  • La organizzazione della assegnazione delle missioni, della vigilanza sui driver e sul loro rispetto delle regole e della vigilanza (verifica) sullo stato del veicolo.

 

Alcuni esempi (anche banali)

  • Poniamo che si scopra che un driver sistematicamente non indossa la cintura di sicurezza; pur non essendo scritto in alcuna regola aziendale, essendo un obbligo del codice della strada, può, e anzi deve, portare a un richiamo. Sarà difficile dimostrarlo, forse, specie se il driver viaggia da solo.
  • Poniamo che emerga da semplici calcoli matematici che il driver supera regolarmente i limiti di velocità: o non dice il vero sui percorsi fatti, oppure viola il codice della strada. Noioso da verificare per mille motivi, ma dove si avesse l’evidenza il richiamo sarebbe obbligatorio.
  • Poniamo che il driver non porti il mezzo a fare i tagliandi regolarmente comunicatigli dalla azienda: un ritardo è ammissibile (sarebbe bello acquisire una giustificazione), un comportamento sistematico no.
  • Supponiamo invece che si osservi che una vettura ha subito un incidente di cui l’azienda non è stata messa al corrente. O che un incidente sia minimizzato rispetto alle conseguenze potenziali. Mi parrebbe una deviazione potenzialmente pericolosa per il driver stesso ma anche per la capacità di vigilanza aziendale …
  • Se invece che danni al mezzo un fatto comporta danni apparentemente insignificanti alle persone come un colpo alla testa del passeggero anteriore; esiste il ben noto problema della concussione che emerge solo tramite verifiche mediche tempestive e le cui conseguenze al lungo termine si minimizzano tramite trattamenti adeguati. Sarebbe grave sottovalutare una cosa del genere.

 

Questo solo per confermare le difficoltà di gestione della sicurezza “a distanza” e la quasi impossibilità della vigilanza. Solo in caso di intervento documentato delle forze dell’ordine il datore di lavoro è certo di avere elementi noti e non contestabili per attuare la vigilanza.

 

 

 

- fine della prima parte -

 

 

Alessandro Mazzeranghi

 


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Rispondi Autore: Aldo Perron - likes: 0
28/07/2023 (07:37:31)
siccome il numero di infortuni da incidente stradale è doppio rispetto a quelli sul luogo di lavoro, una parte di infortuni in itinere rientra nella statistica generale, come possiamo raggiungere il rischio minimo accettabile?
Rispondi Autore: Graziano Frigeri - likes: 0
28/07/2023 (07:37:49)
Condivido quanto detto. Un'unica osservazione: l'art. 2 del D. Lgs. 81/08 definisce il lavoratore "indipendentemente dalla tipologia contrattuale"; pertanto quanto detto deve valere non solo per i "dipendenti" ma per chiunque, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolga l'attività nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro. Buona giornata. G.F.
Rispondi Autore: Oriano Mercante - likes: 0
28/07/2023 (08:36:07)
ma che protocollo di sorveglianza sanitaria applichiamo per valutare "le caratteristiche pisco-fiche del driver"? per esempio di un dipendente di un forno che consegna pane a domicilio o per un tecnico che esegue riparazioni a domicilio? visita medica + esami per alcol e stpefacenti? servirebbero indicazioni pratiche in questo senso.
Rispondi Autore: Damiano Alzati - likes: 0
28/07/2023 (08:45:00)
Concordo in pieno con l'autore dell'articolo: se l'autovettura è usata per l'attività lavorativa (consegne, mezzo di trasporto per tecnici, ecc.) la considero una attrezzatura di lavoro
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0
28/07/2023 (11:28:13)
Articolo intressante che porta l'attenzione su un problema ampiamente sottovalutato.
E credo valga la pena di considerare l'ipotesi in cui il lavoratore si muove per lavoro con mezzi propri ( e che non sonio solo la vettura.....), pratica ancora molro diffusa soprattutto nelle piccole/medie aziende.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
29/07/2023 (08:29:00)
Continuando la discussione, ritenuta da Mazzeranghi filosofica, continuo a sostenere che i mezzi di trasporto (auto, furgoni, ecc.) non sono "attrezzature di lavoro" come definite dalla fonte primaria (Direttiva 89/655/CEE) e dal nostro D. Lgs. n. 81/2008.
Infatti non sono una "macchina", non sono un "apparecchio", non sono un "utensile" e non sono un "impianto".
Le definizioni di macchina e impianto li troviamo sia nelle direttive di prodotto che nei provvedimenti di recepimento delle stesse.
Non a caso, tutti gli autoveicoli sono soggetti ad ben altre direttive prima di essere immessi sul mercato.
Nessun Paese UE si è azzardato a considerare "attrezzature di lavoro" gli autoveicoli.
Ovviamente questo non vuol dire che come datore di lavoro mi debba disinteressare del mio personale alla guida dei veicoli.
Infatti, devo mettere in atto una serie di misure organizzative, procedurali e di sensibilizzazione in grado di ridurre al minimo i rischi che sono sotto il mio diretto controllo come datore di lavoro.
Un po' di anni fa (una 15ina) lavoravo in un'azienda che aveva un parco auto/furgoni di quasi 2000 veicoli e, pur non considerandoli "attrezzature di lavoro", si faceva quanto scritto in questo articolo ed anche di più visto che sono validissime misure da adottare.
Ad esempio, per i venditori, circa 1300, si dimesionava il carico di lavoro tenendo conto del contesto dell'area geografica in cui operavano, si davano veicoli con particolari caratteristiche (ad esempio, 4X4), se il venditore operava in aree montane e così via.
Insomma, adottiamo tutte le misure contenute nell'articolo ma non confondiamo i veicoli che circolano su strada con le "attrezzature di lavoro" perchè, altrimenti, creiamo solo confusione nonché saremmo gli unici in tutta la UE a fare qualcosa che va in contrsto con le direttive specifiche.
Rispondi Autore: AUTORE - likes: 0
29/07/2023 (09:37:24)
Per graziano Frigeri: il mio dubbio riguardava gli agenti di commercio che non credo possano essere dipendenti; per il resto condivido
Per Carmelo Catanoso: grazie a nome degli altri lettori, confermo che non sono certo di quale sia la interpretazione giusta
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
29/07/2023 (09:50:28)
Per avere certezza basta applicare l'art. 12 delle Preleggi sulla interpretazione delle leggi, dare una occhiata alle direttive che ho citate ed a quelle specifiche sugli autoveicoli.
Tutto quanto contenuto al titolo III dell'81 risulta, in concreto, inapplicabile ad un veicolo.
Rispondi Autore: Mauro Vagnozzi - likes: 0
30/07/2023 (10:48:37)
Buongiorno, un fattore spesso sottovalutato nel rischio della guida mezzi aziendali, è la gestione delle emergenze in rapproto al lavoratore che guida in modalità singolista.

Nei casi di malore alla guida, o altri fattori esterni (incidente etc, etc.) il lavoratore driver singolista NON potrà essere lui il soccorritore di se stesso.., e, soprattutto, in base alla gravità del caso, se non possa attivare i soccorsi neanche con dispositivo mobile aziendale, come recita il T.U. dlgs 81, gli addetti alla gestione delle emergenze chi saranno?

Grazie in anticipo per l'eventuale risposta.

mauro
Rispondi Autore: ASPP - likes: 0
03/08/2023 (13:21:46)
Il problema sicuramente esiste, e allora a monte sarebbe sufficiente rendere obbligatorio un corso di guida sicura per coloro la cui mansione prevede l'utilizzo di un'autovettura, di un motociclo, di un furgone o di un camion.
Obbligare un'azienda a formalizzare una valutazione del rischio su questi aspetti è un'inutile perdita di tempo potenzialmente da dedicare a rischi ben più significativi.
Rispondi Autore: zanoletti Giuseppe - likes: 0
24/04/2024 (09:43:00)
Buongiorno.
Utilizzo per lavoro (visita a Terzisti/Fornitori/ispezioni)
auto aziendale, ma per questa mansione (Buyer tecnical) non è prevista l'auto personale
ma bensi disponibile da flotta aziendale contratti noleggio.
morale ogni giorno l'auto pùò essere diversa e di diversa casa : tradizionali Diesel/Benzina
cambio automatico/manuale ibride... elettriche a seconda di cosa offre di più conveniente il mercato del noleggio.
Ma secondo Voi, visto che non è possibile avere ogni giorno istruzioni su ogni veicolo,
non è MOLTO PERICOLOSO io direi PERICOLOSISSIMO (confermato anche da colleghi con molta esperienza di guida, come il sottoscritto del resto.)
Non credo che la cosa sia normata.....ma è a mio avviso ( di alto rischio).
grazie.

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