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Lavoro minorile in Italia: un attuale, vecchio fenomeno

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sicurezza delle persone

19/11/2007

L’ottavo rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza fa il punto sulla situazione del Lavoro minorile in Italia.

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Le esperienze di lavoro precoce oggi nel nostro Paese coinvolgono circa 400.000 minorenni italiani e stranieri. Si va dai contesti di disagio, di povertà e rischio di povertà, al lavoro visto come l’alternativa positiva rispetto allo stare in strada, fino all’inserimento dei minorenni in contesti di imprenditoria familiare nei quali non vi è assolutamente una situazione di povertà. Esiste una fascia grigia di bambini coinvolti in attività lavorative che non si connotano per un elevato grado di pericolosità o di sfruttamento e che spesso permettono la compresenza di scuola e lavoro. In questa zona d’ombra, si riscontrano una nuova povertà, quella relazionale, e una persistente tendenza a considerare i bambini come piccoli adulti.
Questi i dati principali per quanto riguarda il rapporto tra minori e lavoro estratti dall’ottavo Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza (file PDF 453 Kb) appena pubblicato dall’Eurispes.
 
Diritti negati dei bambini, quindi, come ricorderà domani la Giornata sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in occasione dei primi suoi 18 anni: il 20 novembre 1989, infatti, la Convenzione veniva approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
La Convenzione, strumento di promozione e di protezione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ha introdotto per la prima volta l'idea del bambino come soggetto di diritti invece che mero oggetto di tutela e protezione da parte del mondo adulto.
 
Guarda lo spot RAI per l'UNICEF.
 
Di seguito alcuni dei dati riportati dall’ottavo Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza appena pubblicato dall’Eurispes.
 
Le esperienze di lavoro precoce oggi in Italia.
Nel nostro Paese il lavoro minorile vedrebbe coinvolti circa 400.000 minori italiani e stranieri, riguarda sia il Nord che il Sud, riconosce specificità territoriali ed è pertanto collegabile alla dimensione sociale nel suo complesso.
Di seguito vengono sintetizzati quelli che sono i principali contesti nell’ambito dei quali prende vita il fenomeno (Telefono Azzurro, Consulenti del Lavoro, 2007).


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Contesti di disagio, povertà e rischio di povertà: è aumentata la presenza di bambini figli di immigrati che lavorano ed è cresciuto il dato relativo alle famiglie, anche italiane, a rischio di povertà, realtà in cui si tende a coinvolgere i figli in qualche attività lavorativa con la finalità di integrare il reddito familiare.
Contesto di sfruttamento e di tratta: l’Italia è diventata territorio in cui sono nate le forme peggiori di tratta e di schiavitù dei minori. Gestito da realtà criminose italiane e straniere, l’utilizzo per fini di sfruttamento lavorativo e sessuale dei minori, si configura come una nuova forma di schiavitù.
Contesto che valorizza l’ambito lavorativo per un percorso di tutela e di inserimento sociale: per alcuni minori in Italia il lavoro risulta essere l’alternativa positiva allo stare in strada (soprattutto al Sud).
Contesto che poco valorizza il percorso di istruzione e formazione a vantaggio dell’esperienza lavorativa: sono frequenti le situazioni in cui l’avvicinamento precoce al lavoro si contestualizza nell’ambito di famiglie con redditi medi che facilitano questo perché scommettono poco sulla capacità dei percorsi di istruzione e formazione (soprattutto nel Nord del Paese).
Contesto di imprenditoria familiare: alta in Italia è la diffusione di lavoro minorile tra le famiglie in possesso di una propria attività lavorativa. Sembra quindi che il lavoro precoce non sia associato esclusivamente a condizioni di povertà, ma anche a situazioni più favorevoli (soprattutto nel Nord-Est del Paese).
Contesti in cui l’impegno del minore non è considerato lavoro: Ne sono esempio la collaborazione domestica ma anche il lavoro nel campo della pubblicità, della televisione, del cinema, dello sport para-professionale. Attività le prime che vengono considerate, anche quando impegnative in termini di orario e di mansione, normali per l’abitudine culturale e familiare di riferimento, le seconde che vengono considerate attività piacevoli e gioco per il bambino. In realtà tali attività possono risultare essere molto impegnative per il minore non solo in termini di ore dedicate ma anche in termini di costruzione di una propria personalità e identità reale e non fittizia o di immagine, con tutto ciò che tale ultima situazione potrebbe far nascere nel percorso di vita.
 
La fascia grigia: il rischio dell’esclusione sociale. Esiste una fascia grigia di minori coinvolti in attività lavorative le quali non si connotano per un elevato grado di pericolosità o di sfruttamento e che spesso permettono la compresenza di scuola e lavoro. I rischi che questo fenomeno può comportare sono di solito sottovalutati perché correlati a situazioni di difficoltà e di svantaggio che possono riguardare i minori in futuro, ma non nell’immediato.
 
Tali rischi sono:
- rischio della povertà non solo economica (legato al possibile circuito della bassa competenza e specializzazione) ma relazionale, collegata alla fragilità di sviluppo di capitale sociale (diminuzione della disponibilità di tempo libero da spendersi in attività ludiche e di socializzazione con i coetanei; rischi di esclusione dai circuiti sociali ed amicali);
- precoce considerazione dei minori secondo uno status adulto;
- precoce assunzione di responsabilità non adeguate all’età;
- disinvestimento crescita culturale: bassa qualifica, basso uso Internet, nuove tecnologie (oggi sempre più importanti strumenti di conoscenza e di relazione);
- rischio che il sovraccarico di impegni porti ad uscire appena dopo la scuola dell’obbligo dal percorso scolastico-formativo e ad alimentare frequentazioni solo dell’ambito lavorativo (con adulti o altri minori che sono anch’essi coinvolti in attività lavorative).

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