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Valorizzare il documento di valutazione dei rischi
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Sempre più spesso, nel parlare e nello scrivere, siamo spinti ad occuparci dei Modelli e dei Sistemi di Gestione della Sicurezza e della Salute e sempre meno citiamo e facciamo riferimento al più efficace ed appropriato “Documento di Valutazione dei Rischi”, vero fulcro per la concreta gestione della sicurezza e della salute in azienda.
Sarà la moda, sarà per il fatto che parlare di DVR rende in partenza scontato il discorso, ma i fatti dimostrano che sempre più spesso si assiste a convegni, work shop, corsi di aggiornamento professionali organizzati sui temi riferiti ai Sistemi di Gestione e che sempre meno si parla di ciò che la vigente normativa in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro ha legittimato quale documento contenente la vera “coscienza prevenzionale aziendale”.
La normativa si riferisce al “Documento di Valutazione dei Rischi”, uno degli elementi di più grande rilevanza contenuta nella legislazione in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro, perno intorno al quale ruota l'intera organizzazione aziendale. Infatti esso rappresenta l'asse portante della nuova filosofia in materia di tutela della salute dei lavoratori che vede nel Datore di Lavoro, divenuto manager della propria azienda, il protagonista attivo della funzione gestionale e prevenzionale.
1. LA GESTIONE VOLONTARIA DEI MODELLI E DEI SISTEMI DI GESTIONE
Fino alla fine della seconda guerra mondiale, il “sistema impresa” in Italia era sostanzialmente strutturato sulla base di alcune caratteristiche principali, quali:
- la coincidenza tra proprietà e direzione aziendale;
- la gestione autoritaria;
- la totale subordinazione dei lavoratori considerati dei semplici esecutori.
Con l’obiettivo di capire e porre sotto controllo la complessità Aziendale si sono sviluppate negli anni, dapprima negli USA e successivamente in Europa e Giappone, teorie e tecniche gestionali innovative (Taylor, Mayo, Deming ed altri) allo scopo di ridurre l’uso improvvisato delle risorse aziendali ed adottare criteri di efficacia ed efficienza manageriale a beneficio delle aziende stesse.
Più recentemente è stato fortemente sollecitato dall’interesse di parti terze, quindi esterne all’organizzazione aziendale, lo sviluppo e l’adozione di sistemi gestionali avanzati i quali avrebbero tratto rilevanti vantaggi dall’applicazione dei nuovi criteri manageriali.
Ciò è accaduto, in particolare, nelle aree della Qualità, dell’Ambiente e della Sicurezza e Salute dove si sono sviluppati sistemi gestionali dedicati e codificati in determinati standard internazionali e nazionali, la cui adozione da parte delle aziende avviene normalmente su “base volontaria”.
L’organizzazione che adotta tali sistemi ha quindi la possibilità sia di applicare semplicemente i criteri e gli strumenti definiti da questi standard (operare in regime di conformità) sia di far “certificare” il sistema da un ente indipendente accreditato, al fine di garantire anche ai soggetti interessati (le parti terze) i vantaggi che ne derivano.
I Modelli e i Sistemi di Gestione sono gli strumenti, per l’appunto, che danno forma e voce al vero protagonista della gestione aziendale ovvero al “documento di valutazione dei rischi”.
Vediamo ora cosa ha sancito il Legislatore in merito alla redazione e gestione del Documento di Valutazione dei Rischi la cui osservanza è una “obbligatorietà” e non certo una libera scelta da parte del management aziendale.
2. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI IN AMBITO LAVORATIVO
Nell’ordinamento italiano il concetto di valutazione dei rischi fa la sua prima comparsa nel Decreto Leg.vo 15 agosto 1991, n. 277 “attuazione delle Direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212”. Successivamente, quale fondamento principale nella Direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989 concernente “l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”, recepita in Italia con il mai dimenticato ed ancora nominato, Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626 il Legislatore ne sancisce l’importanza primaria.
Negli anni a seguire il termine di valutazione dei rischi si è ulteriormente rafforzato fino ad arrivare alla emanazione del Decreto Legislativo 81/2008 dove il concetto di valutazione dei rischi viene arricchito della parola “globale”. Infatti il Legislatore nel Decreto Leg.vo 81/08, meglio conosciuto come Testo Unico della Sicurezza e della Salute nei luoghi di Lavoro, all’art. 2, lett. q , recita “valutazione dei rischi: valutazioneglobale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.
Nel corso dei decenni passati, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si è transitati da un approccio alla prevenzione fondata sul principio del “comando e controllo” (prima degli anni ’80) ad un approccio di tipo gestionale dove è stato introdotto il principio della “valutazione del rischio“ e della programmazione degli interventi, enfatizzando l'aspetto organizzativo, formativo e quindi della corresponsabilizzazione dei soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza (anni ‘90).
Si è giunti, negli anni recenti, conseguentemente alla evoluzione normativa e tecnologica accompagnata altresì da una crescente e consapevole cultura della sicurezza e della salute nonché da una maggiore coscienza prevenzionale, all’introduzione del “principio dell'autocontrollo” e della “misura delle prestazioni”.
La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti da pericoli presenti nei luoghi di lavoro, non è altro che un processo che consiste in un esame sistematico di tutti gli aspetti dell’attività lavorativa con l’obiettivo di individuare cosa può provocare lesioni o danni ai lavoratori e quali misure preventive e protettive debbano essere adottate per eliminare o controllare i rischi.
Il Datore di Lavoro, attraverso la redazione del documento di valutazione dei rischi, può individuare le azioni necessarie per prevenire i rischi professionali, fornire ai lavoratori una formazione adeguata, predisporre l’organizzazione e i mezzi necessari per attuare le misure preventive. L’evoluzione normativa, quindi, ha comportato la nascita di strumenti per la gestione aziendale sempre più raffinati ed adattabili alle diverse realtà; ogni aspetto dell'organizzazione di ciascuna impresa diviene oggetto di norme finalizzate ad una sua gestione più efficiente, efficace e, di conseguenza più appropriata.
3. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI: IL CONCETTO DEL MIGLIORAMENTO CONTINUO
Analizzando i vari Decreti succedutisi negli anni, la modifica più interessante è quella prevista nell’articolo 28, comma 2, del Decreto Leg.vo 81/08 laddove viene ampliato il contenuto del documento di valutazione dei rischi. Infatti, il Legislatore ha previsto che il DVR debba contenere “l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”, oltre, come già peraltro era stato previsto dal Decreto Leg.vo 626/94:
- una relazione sulla valutazione di tutti i rischi;
- l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione;
- il programma delle misure per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
È ovvio che il rispetto di tale precetto richiede, in capo al Datore di Lavoro, la definizione operativa dei compiti per dare attuazione alle misure di prevenzione e protezione e necessita altresì della “personalizzazione” di tali procedure in capo ai soggetti che verranno individuati in base all’organizzazione aziendale. Tale individuazione dovrà portare, di conseguenza, anche ad una specifica formazione dei soggetti individuati, ad esempio Dirigenti e Preposti.
Altro elemento di novità che richiede una “personalizzazione” del DVR è legato all’obbligo di individuare delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
Quindi il Legislatore non reclama la redazione di un semplice DVR ma la creazione di un documento dinamico e vivo ovvero una sorta di cortometraggio che visto girare in continuazione dia le giuste informazioni al management aziendale affinché questi possa “gestire” l’Azienda.
4. LA REDAZIONE DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
Molti documenti di valutazione, i quali, come detto, dovrebbero essere le colonne portanti del lavoro di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro, hanno spesso un eccessivo contenuto formale, poco sostanziale e non sono redatti con l’attenzione e la specificità necessarie.
In assenza di un confronto con uno standard normativo o tecnico di riferimento che indichi in modo inequivocabile quale sia il percorso valutativo da utilizzare ad oggi, la valutazione dei rischi comporta inevitabilmente un contributo della soggettività del valutatore nell'attribuire loro maggiore o minore rilevanza e, di conseguenza, un equivalente valore nella programmazione degli interventi da porre in essere.
A mitigare la soggettività del valutatore possono contribuire l'uso razionale di misure di igiene industriale, nonché la raccolta della sintomatologia eventualmente accusata dai lavoratori. Inoltre l’accurata consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e la raccolta critica dei giudizi soggettivi dei lavoratori rappresenta un momento decisivo per la integrazione delle conoscenze di quegli aspetti di rischio che sfuggono o sono, alle volte, sottovalutati dal management aziendale.
Si rammenta a tal proposito che, in riferimento all’adeguamento ai criteri di cui all’art. 28 del Testo Unico il Legislatore ha previsto che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al Datore di Lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”.
Dunque, a detta del Legislatore, il DVR deve essere “semplice”, “breve”, “comprensibile” e quindi considerato quale “strumento operativo di gestione” a disposizione dello stesso Datore di Lavoro e del suo management per organizzare e controllare anche gli aspetti relativi alla gestione della sicurezza e della salute.
Per individuare i pericoli presenti e comprendere come questi agiscono nella realtà aziendale, è necessario analizzare in dettaglio le varie fasi lavorative e ricostruire i rapporti tra le varie attività che compongono il lavoro: in sostanza, muoversi dalla visione generale al particolare, andando ad analizzare il processo di lavoro e a scomporlo nelle sue attività basilari. Più l’attività viene osservata da vicino più è agevole individuare i pericoli e di conseguenza valutarne i rischi. Ed inoltre, avendo composto l’articolazione delle varie attività in uno schema logico (mansioni lavorative) è possibile ricostruire i rapporti che intercorrono tra le varie fasi e i rischi che derivano anche dagli elementi organizzativi (rischi trasversali).
Successivamente alle fasi di individuazione dei pericoli e di valutazione dei consequenziali rischi lavorativi si rende necessario, da parte del Datore di Lavoro, la redazione di procedure e modalità comportamentali al fine di tenere sotto controllo i rischi residui. Nel tempo le stesse dovranno essere oggetto di apposita vigilanza al fine di garantire che queste misure rimangano efficaci nel tempo. Ovviamente, tutte le informazioni raccolte anche dalle attività di monitoraggio devono essere utilizzate per rivedere e revisionare la valutazione dei rischi in quanto, come sopra detto, il DVR non deve essere tenuto in azienda come una foto ma visionato come un film durante la visione del quale è necessario, per quanto possibile, abbattere il rischio residuo (miglioramento continuo).
CONCLUSIONI
Oggi è facile dedurre che, in considerazione del particolare contesto socio-economico in cui viviamo, solo le imprese/organizzazioni che si dimostrano costantemente in evoluzione e garantiscono servizi/prestazioni migliori possono sopravvivere e ottenere di conseguenza riconoscimenti e prestigio.
Ancora più di prima, è impensabile che si possa improvvisare un mestiere o ancora peggio improvvisarsi “manager”.
Si è dunque passati dal fornire non più solo un prodotto garantito e conforme ma un prodotto certificato nella sua qualità cercando in tal modo piena “ soddisfazione del cliente ” senza però, per converso, trascurare gli aspetti che possono comportare pericoli ai lavoratori che svolgono le attività commissionate dal cliente.
In questo modo il concetto di qualità si sposta dalla valutazione finale del prodotto reso alla struttura che lo produce. La struttura si trasforma da un insieme di compartimenti stagni che non interagiscono e non collaborano tra loro ad un unico sistema organizzato e globalmente coinvolto nel raggiungimento dell’unico obiettivo aziendale (mission).
Ciò detto sconvolge l’organizzazione della struttura “vecchio stile” che prevedeva un funzionamento limitato solo a qualche reparto, diversamente dall’attuale modalità di pianificazione che prevede di progettare, far collaborare e valutare nella sua globalità l’intera azienda.
Questa è la vera rivoluzione del “Sistema di Gestione Aziendale” che tende a garantire non più solo il prodotto finito ma l’intera linea di produzione, coinvolgendo tutti a lavorare per lo stesso fine ed in modo assolutamente compartecipativo e corresponsabile.
Ecco che la scelta di lavorare in qualità diventa una strategia che parte dal management ma che deve essere pienamente condivisa dagli operatori che intervengono con uguale dignità in tutte le fasi del processo.
Troviamo il cuore e l’anima di tutte queste attività indistinte nel “Documento di Valutazione dei Rischi“ che, se redatto in linea agli intendimenti del Legislatore prima Europeo e poi Nazionale, racchiude in sé tutte quelle attività che portano ad una gestione partecipata e condivisa dando vita ad un vero e proprio documento di “modello e di gestione aziendale”. Quindi, primo di tutto il DVR e poi, per migliorare l’opera prevenzionale, ben vengano anche i Sistemi di Gestione certificabili o meno.
Carlo Zamponi
Consigliere Nazionale dell’Aifos
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