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Sulla responsabilità del direttore operativo per un infortunio sul lavoro

Sulla responsabilità del direttore operativo per un infortunio sul lavoro
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

25/02/2025

Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e adottare se necessario le necessarie precauzioni d'ordine tecnico.

Il caso che ha riguardato questa recente sentenza della IV Sezione penale della Corte di Cassazione in commento è l’infortunio occorso a due operai di una impresa esecutrice che, mentre erano intenti ad effettuare dei lavori di ristrutturazione di una cappella cimiteriale di un Comune erano stati travolti dal crollo di una muratura risultata priva di puntellamento. Responsabili dell’accaduto erano stati individuati e condannati nei due primi gradi di giudizio due architetti che ricoprivano l’incarico di direttore dei lavori e di direttore operativo dei lavori. Quest’ultimo ha ricorso per cassazione sostenendo di essere solo un direttore operativo dei lavori. assistete e collaboratore del direttore dei lavori, e che la responsabilità dell’accaduto era da addebitare direttamente all’altro architetto.

 

I giudici, essendo emerso nel processo che i due architetti, sebbene la convenzione di incarico avesse formalmente distinto i ruoli a loro attribuiti ai due professionisti, gli stessi avevano ricoperto di fatto, in forma collegiale, i ruoli di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, che avevano firmato entrambi il PSC, che avevano fatto parte entrambi dell’Ufficio di direzione dei lavori, che nella disciplina dei compensi non era stata altresì effettuata alcuna distinzione fra loro, essendo stato definito il corrispettivo in forma unitaria, che entrambi i professionisti avevano ricevuto la documentazione tecnico-amministrativa necessaria all'espletamento degli incarichi e che la stessa convenzione era stata sottoscritta da entrambi sotto la comune dicitura "il professionista", avevano ritenuto che gli stessi rivestissero in concreto le stesse funzioni.

 

Con riferimento poi alla osservazione avanzata dall’imputato di essere solo un direttore operativo dei lavori, la Corte di Cassazione ha ricordato che tale figura professionale collabora con il direttore dei lavori nel verificare che le lavorazioni da realizzare siano eseguite regolarmente e nell'osservanza delle clausole contrattuali e rispondono della loro attività direttamente al direttore dei lavori; la sua funzione comunque non lo esonerano dall’assumere una posizione di garanzia.

 

Alla luce di tutti i suddetti elementi la Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso, confermando di fatto la sentenza di condanna e imponendo al ricorrente il pagamento dell’ammenda prevista a carico della Cassa delle Ammende.

 

Il fatto e l’iter giudiziario.

La Corte di Appello, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale ha ridotto la pena irrogata a un architetto a due anni di reclusione, riconoscendo i benefici della sospensione condizionale e della non menzione e ha confermato l'accertamento di responsabilità in ordine al reato di cui all'articolo 589, comma 2, cod. pen., per aver colposamente cagionato la morte di due lavoratori di un’impresa esecutrice, in violazione delle contestate norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

 

I due lavoratori, mentre stavano effettuando dei lavori di ristrutturazione di una cappella del cimitero di un Comune, operando al di sopra di una impalcatura, erano stati travolti dal crollo del muro di fondo della chiesa e, di conseguenza erano deceduti. La causa del crollo del muro era stata individuata nel mancato puntellamento o cerchiatura dell'edificio e nell'errata organizzazione delle fasi della lavorazione che non aveva tenuto conto dello stato di grave precarietà della struttura dell'edificio, il quale presentava lesioni di tale entità da rendere indispensabili le suddette precauzioni prima di intraprendere qualsiasi lavoro di consolidamento; nel corso del tempo, infatti, la statica complessiva dell'edificio era stata compromessa dal venir meno dei raccordi di giunzione delle varie componenti murarie.

 

Il Comune ha stipulato, per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione della cappella, una convenzione con un architetto al quale ha conferito l'incarico di progettazione e coordinamento, direzione e controllo tecnico contabile dei lavori, congiuntamente all’imputato, anche egli architetto, al quale ha conferito l'incarico di direttore operativo dei lavori. La Corte distrettuale aveva ritenuto, in fatto, la riconducibilità dei ruoli di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, di direttore dei lavori e direttore operativo, ad entrambi gli architetti in forma collegiale, rilevando che, sebbene la convenzione di incarico avesse formalmente distinto i ruoli attribuiti ai due professionisti, nel corso del procedimento erano emersi diversi elementi che avevano fatto ritenere che gli stessi rivestissero in concreto tali funzioni. Infatti nella premessa della convenzione di incarico,  in particolare, era stata prevista l'istituzione dell'ufficio di direzione dei lavori di consolidamento e restauro nelle persone dei due professionisti, che nella disciplina dei compensi non era stata effettuata alcuna distinzione, essendo stato definito il corrispettivo in forma unitaria, che entrambi i professionisti avevano ricevuto la documentazione tecnico-amministrativa necessaria all'espletamento dell'incarico e che la stessa convenzione era stata sottoscritta da entrambi sotto la comune dicitura "il professionista".

 

Tale conclusione sarebbe stata confermata da altri documenti, tra cui il verbale di negoziazione prodromico alla convenzione, privo di alcuna distinzione fra le mansioni dei due professionisti che si erano dichiarati disponibili indistintamente all'espletamento dell'incarico; le determine del Responsabile del servizio area tecnica del Comune che non avevano operato alcuna distinzione fra le posizione dei due architetti e, tra queste, quella con la quale era stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di consolidamento e restauro, indicando come redattori entrambi gli architetti. A chiusura del cerchio, era stato sottolineato soprattutto che tutte le tavole progettuali e gli elaborati a corredo del progetto esecutivo erano state sottoscritte dai due architetti, con apposizione dei rispettivi timbri dell'ordine professionale.

 

La Corte distrettuale aveva inoltre sottolineato che l'ufficio di direzione dei lavori era stato costituito in forma collegiale, attraverso la nomina congiunta dei due professionisti, ed il conferimento a loro di uguali poteri, in conformità alla disciplina prevista dall'allora vigente D.P.R. 544/1999. Nella sentenza di primo grado, infine, era stato pure evidenziato che l’imputato, anche secondo le affermazioni dei testi della difesa, aveva frequentato il cantiere, avendo effettuato sopralluoghi per cui era al corrente delle modalità di esecuzione dei lavori.


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Il ricorso per cassazione e le motivazioni.

L’imputato, attraverso il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avanzando alcune motivazioni. Con un primo motivo ha sostenuto che i giudici di merito non hanno considerato che, nella convenzione di incarico professionale stipulata con il Comune lo stesso aveva affidato all'altro architetto l'incarico di progettazione e coordinamento, direzione e controllo tecnico e contabile, ex artt. 123, 124 e 127 del D.P.R. 554/99, dei lavori di consolidamento e restauro della cappella cimiteriale mentre a lui aveva invece affidato l'incarico di direttore operativo dei lavori, ai sensi degli articoli 123 e 125 dello stesso decreto.

 

Il ricorrente ha rilevato nel ricorso che il direttore operativo, ruolo a lui assegnato, è un assistente del direttore dei lavori, con il quale collabora al fine di verificare la regolarità e l'osservanza delle clausole contrattuali in relazione a singole parti di lavori; egli risponde direttamente al direttore dei lavori il quale rimane unico responsabile nei confronti della stazione appaltante. La richiamata convenzione, inoltre, espressamente aveva previsto il conferimento dell'incarico di coordinatore per l'esecuzione dei lavori all'architetto E.E. Ed ancora, il piano di sicurezza e coordinamento era stato redatto esclusivamente da quest'ultimo, indicato quale coordinatore per la sicurezza in tutte le schede allegate allo stesso documento.

Anche la figura del direttore dei lavori, nel caso di specie, era esclusivamente rivestita dall'architetto E.E., il quale, ai sensi dell'articolo 124, comma 1, del D.P.R. 554/99, era tenuto a curare "che i lavori cui è preposto siano eseguiti a regola d'arte ed in conformità al progetto e al contratto"; lo stesso, inoltre, aveva il compito di ordinare la sospensione dei lavori, ai sensi dell'articolo 133, comma 1) dello stesso decreto, laddove avesse ravvisato difformità di lavorazione rispetto alle regole dell'arte, senza possibilità di poter delegare tale obbligo.

 

In sintesi quindi l'imputato , non ricoprendo l'incarico di progettista esecutivo, di coordinatore della sicurezza nella progettazione e nell'esecuzione, ha sostenuto di non essere stato responsabile delle inosservanze che si sarebbero dovute contestare solo al soggetto che ricopriva tali ruoli e ha rilevato altresì che anche un'eventuale delega da parte del direttore dei lavori sarebbe risultata illegittima e inefficace, stante la riserva assoluta di nomina o designazione da parte del committente o del responsabile dei lavori.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

Il ricorso è stato considerato inammissibile da parte della Corte d Cassazione. La stessa ha ritenuto manifestamente infondati i motivi di ricorso, orientati a contestare la riferibilità della ritenuta posizione di garanzia all’imputato, al quale nelle sentenze di merito era stato attribuito, congiuntamente all'altro architetto, il ruolo di coordinatore per la progettazione e per la esecuzione e la sicurezza, oltre alla effettiva direzione dei lavori.

 

Nel caso in esame, ha osservato la suprema Corte, i Giudici hanno indicato un dato particolarmente significativo nella individuazione della funzione effettivamente rivestita dall’imputato, sottolineando che costui, insieme all'altro architetto, aveva sottoscritto tutte le tavole progettuali e gli elaborati a corredo, con apposizione dei rispettivi timbri dell'ordine professionale. In particolare, nella premessa della convenzione di incarico era stata prevista l'istituzione dell'ufficio di direzione dei lavori di consolidamento e restauro nelle persone dei due professionisti; nella disciplina dei compensi non era stata effettuata alcuna distinzione, essendo stato definito il corrispettivo in forma unitaria; entrambi i professionisti avevano ricevuto la documentazione tecnico-amministrativa necessaria all'espletamento dell'incarico; la stessa convenzione era stata sottoscritta da entrambi sotto la comune dicitura "il professionista".

 

Tale conclusione era stata altresì confermata da altri documenti, tra cui il verbale di negoziazione prodromico alla convenzione, privo di alcuna distinzione fra le mansioni dei due professionisti, i quali si erano dichiarati disponibili genericamente ed indistintamente all'espletamento dell'incarico; le determine del Responsabile del servizio area tecnica/che non avevano operato alcuna distinzione fra le posizione dei due architetti e, tra queste, quella con la quale era stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di consolidamento e restauro, indicando come redattori entrambi gli architetti. Nella sentenza di primo grado inoltre era stato pure evidenziato che, anche secondo le affermazioni dei testi della difesa, l’imputato era stato presente nel cantiere, avendo effettuato sopralluoghi, essendo perciò al corrente delle modalità di esecuzione dei lavori.

 

La Corte territoriale ha pertanto logicamente ritenuto che l’imputato agisse all'unisono con l'altro architetto nei suddetti ruoli, assumendone la diretta responsabilità e ha correttamente affermato che i compiti dei due tecnici fossero di fatto unificati, escludendo perciò logicamente che l’imputato svolgesse un ruolo meramente interno e subordinato rispetto all'altro architetto.

 

In ordine ai profili di colpa, i giudici di merito, ha osservato la Sezione IV, avevano sottolineato come la consapevolezza della precarietà dell'edificio da parte dell’imputato era risultata particolarmente evidente già dal contenuto del piano di sicurezza e coordinamento che il medesimo aveva contribuito a redigere, nel quale era espressamente evidenziata la possibilità di crolli. Tuttavia, a tale rilievo non aveva fatto seguito una precisa valutazione dei presidi idonei ad eliminare il rischio; infatti, l'astratta previsione di un puntellamelo risultava vaga e generica, non essendo stato specificato quando avrebbe dovuto essere installato il presidio.

 

Ebbene, la suddetta cautela risultava essenziale, atteso che l'intervento su una struttura fatiscente come quelle in oggetto imponeva la prescrizione, come primo e indifferibile intervento, del puntellamento e della cerchiatura, in modo da garantire la stabilità dell'edificio sin dall'inizio dei lavori di consolidamento. Per di più, oltre alla insufficienza nella previsione dei presidi necessari a contenere il rischio, era stato sottolineato che, sebbene i lavori fossero iniziati da oltre due mesi, non era stato apprestato alcun puntellamento dell'edificio fino al momento del crollo del muro che aveva provocato la morte dei due operai.

 

A proposito poi della posizione del direttore dei lavori, è indubbio, per quanto logicamente ritenuto dai giudici di merito, che l’imputato abbia effettivamente agito nella sfera di competenza dell'ufficio unico della direzione dei lavori. In merito a tale figura professionale si è da tempo precisato che la stessa è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto.

 

A tal punto, ha sostenuto la Corte di Cassazione, il direttore dei lavori, nominato dal committente, che pure svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, non è estranea alla tematica degli infortuni sul lavoro, poiché il progetto esitato e la sua conformità ai lavori eseguiti devono tener conto della esistenza di specificità proprie del contesto in cui i lavori devono essere eseguiti. Inoltre, egli risponde dell'infortunio subito dal lavoratore, allorché sia accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere  Infatti, egli è responsabile dell'infortunio sul lavoro quando gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire ordini alle maestranze sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando per fatti concludenti risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro citando in merito come precedente quanto contenuto nella sentenza n. 49462 del 31/12/2003 della Sezione IV penale, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ La responsabilità del direttore dei lavori per infortunio durante uno scavo”.

 

Correttamente pertanto è stato rimproverato al l’imputato, alla luce della posizione di garanzia connessa al ruolo di fatto rivestito, di non aver previsto nel piano di sicurezza e coordinamento, redatto in unione con l'architetto E.E., il puntellamento o la cerchiatura dell'edificio quale opera preliminare cui procedere prima di iniziare qualsivoglia lavorazione; in secondo luogo, di non aver adeguatamente visionato il piano operativo di sicurezza redatto dall'impresa esecutrice non rilevando, dunque, le evidenti carenze in materia di misure di sicurezza, mancando in questo idonei presidi atti ad evitare il rischio di crollo e infine, di aver omesso di vigilare adeguatamente, coordinare e disciplinare l'attività svolta dall'impresa.

 

Con riferimento infine alla censura tendente a circoscrivere il ruolo dell’imputato alla sola funzione di direttore operativo, occorre rilevare che l'assunto difensivo non vale in ogni caso a disarticolare la motivazione offerta dalle sentenze di merito. Secondo la disciplina in vigore al momento del fatto, infatti, gli assistenti con funzioni di direttori operativi collaborano con il direttore dei lavori nel verificare che le lavorazioni di singole parti dei lavori da realizzare siano eseguite regolarmente e nell'osservanza delle clausole contrattuali. Essi rispondono della loro attività direttamente al direttore dei lavori (art. 125, co. 1, del D.P.R. 554/1999).

 

Le funzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori previsti dalla vigente normativa sulla sicurezza nei cantieri sono svolte dal direttore lavori e nella eventualità che il direttore dei lavori fosse sprovvisto dei requisiti previsti dalla normativa stessa, le stazioni appaltanti devono prevedere la presenza di almeno un direttore operativo avente i requisiti necessari per l'esercizio delle relative funzioni. L’imputato quindi, anche nell'espletamento delle sue funzioni di direttore operativo, sarebbe stato comunque investito di una posizione di gara

 

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, in conclusione, la Corte di Cassazione ha fatto seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), ma non anche la condanna alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili non avendo le stesse fornito alcun contributo alla dialettica processuale a causa della loro assoluta genericità.

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale - Sentenza n. 5003 del 7 febbraio 2025 (u. p. 25 settembre 2024) -  Pres. Di Salvo  – Est. Branda –Ric. A.A..  - Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e adottare se necessario le necessarie precauzioni d'ordine tecnico.




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Rispondi Autore: fabio ganz - likes: 0
06/03/2025 (17:41:50)
ma come, in presenza del CSE viene condannato un DL? ma il PSC da chi era firmato? e l'incarico di CSE e CSP a chi era assegnato? .......

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