Sulla responsabilità del committente per un infortunio in cantiere
Un’altra importante sentenza questa della Corte di Cassazione che richiama gli obblighi del committente per quanto riguarda la organizzazione della sicurezza nei cantieri allestiti per l’effettuazione di un’opera edile per suo conto e un’altra importante sentenza sulla responsabilità o meno del direttore dei lavori in materia di salute e sicurezza sul lavoro nella quale è stata ribadita la differenza fra le funzioni assegnate al coordinatore per la sicurezza e quelle assegnate al direttore dei lavori. Su tali argomentazioni si è più volte espressa in passato la suprema Corte e si consulti in merito l’ordinanza della Sezione VI penale n. 6321 del 5/3/2020, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Il direttore dei lavori e il controllo in materia di sicurezza sul lavoro” e la sentenza della Sezione IV penale n. 19646 dell’8/5/2019, pubblicata e commentata nell’articolo “ Sulla responsabilità del direttore dei lavori nei cantieri”.
Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ex art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008, ha ribadito la Corte suprema, oltre ad assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte della stessa e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Il direttore dei lavori, invece, svolge nell'interesse del committente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto ed è una figura ben diversa da quella del coordinatore per la progettazione e l'esecuzione delle opere, la cui nomina è comunque un obbligo da parte del committente nel caso della presenza in cantiere, anche non contemporanea, di più imprese esecutrici.
Non è stato quindi ritenuta sostenibile dalla Corte di Cassazione in questa sentenza la tesi difensiva avanzata da una committente di un’opera edile, condannata nei due primi gradi di giudizio perché ritenuta responsabile per l’infortunio mortale di un lavoratore dipendente di un’impresa appaltatrice caduto in uno scavo, di avere affidata la sicurezza in cantiere al direttore dei lavori invece di designare un coordinatore, in quanto tale figura svolge un'attività limitata al controllo dell’esecuzione del progetto.
La committente per l’annullamento della sentenza ha ricorso alla Corte di Cassazione che ha però ritenuto corretto e logico il ragionamento dei Giudici di merito vertendosi nel caso in esame in tema di obblighi facenti capo al committente in relazione alla nomina del coordinatore ed essendo stata accertata in punto di fatto la sussistenza di lavori di scavo non muniti delle opere provvisionali necessarie a prevenire la caduta nello stesso, la mancata predisposizione altresì dell'armatura o del consolidamento del terreno, risultando, per effetto di tali omissioni, che lo scavo non era protetto, oltre alla mancata apposizione del "cappelletti" di protezione sopra i "ferri di attesa" sui quali l’infortunato era caduto.
Il fatto e l’iter giudiziario
La Corte di Appello ha integralmente confermata la sentenza con cui il Tribunale aveva riconosciuto la committente di alcuni lavori di realizzazione di un immobile, assieme al datore di lavoro di un’impresa esecutrice e al direttore dei lavori, responsabile di omicidio colposo condannandola con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, a favore delle parti civili, con assegnazione alle stesse di provvisionale.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito un carpentiere dipendente di una ditta appaltatrice, mentre all'interno di un cantiere stava trasportando materiali di risulta con una carriola, è scivolato all'interno di una ampia e profonda buca, non protetta da recinzioni o da altre opere, quantomeno lungo il lato che stava percorrendo, buca che era stata realizzata per porre le fondazioni di un'immobile da erigersi, e, dopo un volo di circa 3,5 metri, è finito letteralmente "infilzato" in un "ferro in attesa" che fuoriusciva da una trave in cemento, ferro che non era protetto dai prescritti "capelletti'' di protezione. Le gravissime lesioni interne riportate, avendo il ferro trapassato il corpo del lavoratore dal fianco alla testa, lo hanno condotto a morte, nonostante la rapidità dei soccorsi.
La committente, dei lavori, in particolare, era stata ritenuta corresponsabile, in qualità di titolare del permesso di costruire, per non avere nominato il coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione delle opere, figura necessaria e da nominarsi essendo prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese nel cantiere, e per non avere predisposto il piano di sicurezza e di coordinamento.
Il ricorso per cassazione e le motivazioni
La committente ha ricorso per la cassazione della sentenza, tramite il difensore di fiducia, avanzando delle motivazioni. La decisione impugnata, secondo la ricorrente, non aveva tenuto conto dei principi espressi dalla Corte di legittimità, avendo la stessa in più occasioni ribadito che la responsabilità del committente, nel caso dell’infortunio di un lavoratore, non può essere riconosciuta automaticamente, in quanto non si può prescindere da un'analisi fattuale al fine di verificare, in concreto, quale sia stata l'effettiva incidenza della condotta del committente nella eziologia dell'evento.
La Corte di appello si sarebbe limitata, secondo la difesa dell'imputata, a richiamare quanto argomentato dal Tribunale circa la mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza, omettendo totalmente di verificare in concreto se vi fosse stata effettiva ingerenza della committenza nella esecuzione dei lavori e se la committenza avesse riservato a sé poteri tecnico-organizzativi sull'opera da eseguire o se avesse percepito eventuali situazioni di pericolo per i lavoratori. La responsabilità dell'imputata, sostanzialmente, era stata fatta discendere dalla semplice mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza omettendo di riflettere sulla esistenza del nesso di causalità tra l'azione o la omissione contestata e l'evento, anche tenendo conto della incontestabile sua assenza dal cantiere durante i lavori, della mancanza di qualsiasi direttiva da essa impartita, del suo livello culturale e della documentata presenza delle comunicazioni di inizio lavori con l'indicazione dei progettisti, del collaudatore, del direttore dei lavori e dell'impresa edile esecutrice. Per tutti questi motivi la ricorrente aveva chiesto l'annullamento della sentenza impugnata.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione per la sua decisione ha ritenuto opportuno prendere le mosse dalla previsione dell'art. 90, commi 3 e 4, del D. Lgs. n. 81/2008 secondo cui “Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione” e nel caso di cui al comma 3, “il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98”.
L'obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori imposto al committente, ha evidenziato la Sezione IV, riveste, all'evidenza, una fondamentale importanza in quanto il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ex art. 92 D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, oltre ad assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Essendo quindi questo il quadro e la ratio normativa di riferimento, ha aggiunto la suprema Corte, appare chiaro che, con la violazione del disposto di cui all'art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008, l’imputata abbia, con la sua condotta omissiva, colposamente contribuito alla realizzazione dell’evento.
La tesi difensiva, che vorrebbe l'appellante estranea rispetto ai fatti, ha sostenuto ancora la suprema Corte, in quanto non dotata della preparazione tecnica necessaria, tanto da non essersi mai recata sul cantiere, ovvero di avere per così dire delegato i suoi compiti al direttore dei lavori, non è sostenibile. Invero “la figura del direttore dei lavori svolge un 'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse del committente ed è figura ben diversa da quella del coordinatore per la progettazione e l'esecuzione delle opere, la cui nomina, nel caso di specie, era necessaria da parte della committente”. Infatti, ove l'imputata avesse assolto agli obblighi imposti dalla legge, verosimilmente il cantiere sarebbe stato allestito in modo diverso, più rispettoso delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro e si sarebbe potuta evitare la morte del lavoratore. La Corte di Cassazione quindi ha ritenuto sussistente il nesso eziologico tra la condotta colposa omissiva dell'appellante e l'evento.
Il ragionamento dei Giudici di merito, in definitiva, seppure stringato, è stato ritenuto corretto e logico, vertendosi nel caso di specie in tema di obblighi facenti capo al committente in relazione alla nomina del coordinatore ed essendo stata accertata in punto di fatto la sussistenza di lavori di scavo non muniti delle opere provvisionali necessarie a prevenire la caduta, la mancata predisposizione dell'armatura o del consolidamento del terreno, risultando, per effetto di tali omissioni, che lo scavo non era protetto, e la mancata apposizione del "cappelletti" di protezione sopra i "ferri di attesa".
La decisione impugnata, in conclusione, è stata ritenuta in linea con i consolidati principi puntualizzati anche recentemente dalla Corte di legittimità, tra i quali quello secondo cui in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rischio derivante dalla conformazione dell'ambiente di lavoro grava sul committente, perché, inerendo all'ambiente di lavoro, non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all'impresa appaltatrice e quello secondo cui in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente ha l'onere di scegliere adeguatamente l'impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi dell'art. 14, del D. Lgs. n. 81/2008, altrimenti assumendo su di sé tutti gli obblighi in tema di sicurezza.
Essendo stato quindi ritenuto inammissibile il ricorso per quanto sopra esposto e non ravvisandosi, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte di Cassazione ha condannata la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail che ha liquidate in tremila euro.
Gerardo Porreca
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