Sulla non responsabilità del committente di un’opera edile
Si ritiene di segnalare questa lunghissima e articolata sentenza della Corte di Cassazione perché in essa viene delimitata correttamente la posizione di garanzia del committente di un’opera edile, così come attribuitagli dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili, in relazione soprattutto alla responsabilità delle altre figure operative sulle quali anche gravano gli obblighi di sicurezza nella organizzazione della sicurezza nei cantieri edili (datore di lavoro, preposto, direttore tecnico di cantiere). Il committente, ha infatti evidenziato la Corte suprema nella sentenza, ricopre indubbiamente una figura di alta vigilanza nella organizzazione della sicurezza di un cantiere edile ma non è tenuto a scendere nel puntuale e continuo controllo delle lavorazioni e nella specificità di determinati rischi connessi alla particolarità o complessità delle lavorazioni, controlli questi ultimi facenti capo ad altri soggetti destinatari di ben più pregnanti obblighi di protezione, quali il datore di lavoro, il preposto e il direttore di cantiere. Il committente, inoltre, ha ribadito la suprema Corte, per l’adempimento dei propri obblighi può servirsi di altre figure quali il responsabile dei lavori e, dal punto di vista tecnico, dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione ai quali trasferire la funzione di alta vigilanza per cui in definitiva rimane titolare di una posizione di garanzia limitata alla verifica che il tecnico nominato adempia al suo obbligo.
Rimasti coinvolti nel caso in esame, ognuno per la propria competenza, nell’ambito di un procedimento penale riguardante l’infortunio mortale accaduto in un cantiere edile ad un lavoratore dipendente di una ditta subappaltatrice, sia il committente che il direttore tecnico dell’impresa affidataria e il direttore tecnico di una ditta subappaltatrice, individuato come preposto di fatto del cantiere, la Corte suprema, nel confermare la sentenza di condanna emessa dal Tribunale e parzialmente riformata dalla Corte di Appello nei confronti degli altri imputati, ha invece annullata senza rinvio la sentenza con la quale era stato condannato il committente per non avere commesso il fatto. La Corte di Cassazione ha ritenuto, infatti, che non potesse essere mosso nei confronti del committente alcun addebito avendo lo stesso provveduto a nominare regolarmente sia il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione che il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione i quali, operando in sua rappresentanza, sono pertanto divenuti destinatari degli obblighi a loro carico previsti dagli art. 4 e 5 del D. Lgs. 494/1996, vigente al momento dell’accaduto e attualmente trasfusi negli art. 91 e 92 del D. Lgs. n. 81/2008.
Il fatto e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha dichiarato l’amministratore unico di una società nella sua qualità di committente e responsabile dei lavori per la costruzione di una palazzina di civile abitazione, nonché l’amministratore direttore tecnico dell’impresa affidataria dei lavori di costruzione e il direttore tecnico di un’impresa subappaltatrice, individuato come preposto di fatto del cantiere, responsabili tutti del delitto di cui agli artt. 40 cpv. 589 commi 1 e 2 per aver cagionato per colpa la morte di un lavoratore dipendente di una ditta subappaltatrice. Il lavoratore mentre svolgeva l’attività di intonacatura dei pianerottoli di sbarco dell’ascensore, situati ai diversi piani della palazzina, era precipitato nel vano ascensore in assenza di qualsiasi misura di protezione contro il rischio di caduta, riportando lesioni gravissime che ne hanno comportato l’immediato decesso.
Il committente era stato ritenuto, in particolare, responsabile del reato contestato in quanto, in violazione degli artt. 90 comma 2 del D. Lgs. n. 81/2008 e dell’art. 2087 cc, aveva omesso di valutare adeguatamente la idoneità e la completezza del piano di sicurezza e di coordinamento previsto dall’art. 91 comma 1 del D. Lgs. 81/2008, con riguardo all’assenza nel predetto piano di misure di prevenzione del rischio di caduta nel vuoto durante le operazioni di intonacatura nei pianerottoli di sbarco dell’ascensore, essendo risultato che era stata inserita anzi nello stesso piano la previsione di “ripristinare le protezioni sul vuoto che sono state rimosse per l’intonacatura delle superfici” il che provava che era stata autorizzata implicitamente la rimozione momentanea, nel corso dei lavori, delle protezioni in questione in prossimità del vano ascensore senza prevedere l’adozione di misure di sicurezza alternative.
Il direttore tecnico dell’impresa affidataria era stato invece ritenuto responsabile dello stesso delitto perché, in violazione degli artt. 97 comma 1, 2 e 3, 26, e 146 comma 3 del D. Lgs. 81/2008 e dell’art. 2087 cc, aveva omesso di vigilare sulla sicurezza dei lavori affidati alla ditta subappaltatrice, aveva altresì omesso di verificare l’idoneità tecnica di tale impresa e l’adeguatezza del suo POS, che non prevedeva adeguate misure di protezione contro il rischio di caduta nel vuoto durante le operazioni di intonacatura delle aree di sbarco dell’ascensore, aveva anche omesso di coordinare gli interventi di cui agli artt. 95 e 96 del D. Lgs n. 81/2008 e di promuovere altresì il coordinamento e la cooperazione delle imprese esecutrici ai fini della sicurezza ed aveva omesso infine di provvedere affinché, durante l’intonacatura delle predette aree, le aperture sul vano ascensore fossero adeguatamente protette contro il rischio di caduta nel vuoto tramite parapetto munito di tavola fermapiede ovvero altrimenti sbarrate.
Il direttore tecnico della ditta subappaltatrice, individuato come preposto di fatto, infine, era stato ritenuto responsabile dello stesso delitto in quanto, in violazione degli artt. 146 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008 e dell’art. 2087 c.c., aveva omesso di provvedere affinché, durante l’intonacatura delle aree di sbarco, le aperture sul vano ascensore fossero adeguatamente protette contro il rischio di caduta nel vuoto e aveva, invece, disposto che i lavoratori procedessero alla intonacatura previa rimozione delle tavole poste a protezione del suddetto vano.
Per il delitto di cui ai capi di imputazione il Tribunale ha condannato il committente alla pena di 6 mesi di reclusione, il direttore tecnico dell’impresa affidataria alla pena di un anno di reclusione ed il preposto di fatto alla pena di 9 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali ad al risarcimento in favore delle costituite parti civili, riconoscendo a ciascuno degli imputati stessi il beneficio della sospensione condizionale subordinato al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili. La Corte di Appello alla quale gli imputati hanno fatto ricorso, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha concesso ai tre imputati solo il beneficio della non menzione.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la pronuncia di condanna della Corte di Appello i difensori dei tre imputati hanno proposto ricorso per cassazione adducendo diverse motivazioni. Il committente, da parte sua, ha fatto rilevare che, all’epoca dell’accaduto, era in vigore l’originaria formulazione dell’art. 89 lett. c) del D. Lgs. n. 81/08 secondo il quale il responsabile dei lavori è “il soggetto incaricato dal committente, della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera; tale soggetto coincide con il progettista per la fase della progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase dell’esecuzione dell’opera” e ha fatto rilevare altresì che il successivo art. 91 comma 1 aveva stabilito che “il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell’opera, valuta i documenti di cui all’art. 91” cioè il PSC per cui dal combinato disposto di queste due norme si doveva desumere che il committente era una figura residuale rispetto al responsabile dei lavori, che coincideva nella fase della progettazione con il progettista e in quella dell’esecuzione con il direttore dei lavori, per cui in presenza del responsabile dei lavori nulla gli si poteva essere contestato.
Il direttore tecnico dell’impresa affidataria ha lamentato, da parte sua, che la qualifica che gli era stata addossata era inesistente e ha fatto presente che l’art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008, in vigore all’epoca dei fatti, nell’elencare i soggetti gravati degli obblighi di prevenzione, ha menzionato sempre e solo il committente dei lavori, il responsabile dei lavori e i coordinatori per la sicurezza con assoluta esclusione della figura del direttore tecnico non prevista dal legislatore. Lo stesso direttore tecnico ha fatto presente, inoltre, che l’impresa affidataria non aveva operai distaccati presso il cantiere in quanto nello stesso non svolgeva alcuna attività edilizia avendo a sua volta affidato i lavori a due ditte subappaltatrici ciascuna delle quali aveva il proprio preposto.
Il direttore tecnico della ditta subappaltatrice individuato come preposto di fatto ha sostenuto a sua difesa di essere solo un operaio senza una formale delega di preposto alla sicurezza ed ha precisato che il lavoratore infortunato era dipendente di un’altra ditta subappaltatrice alla quale l’impresa affidataria aveva assegnato i lavori di intonacatura. Erroneamente quindi, ha sostenuto, gli era stata assegnata la funzione di preposto e gli era stato contestato di essersi ingerito nella organizzazione dell’altra ditta subappaltatrice.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato solo il ricorso del committente rigettando quello degli altri due imputati. Con riferimento alla posizione dell’amministratore unico e direttore tecnico dell’impresa affidataria che aveva sostenuto che la propria impresa non svolgeva nessuna attività nel cantiere, la Corte suprema ha fatto presente che in tema di prevenzione degli infortuni, l’appaltatore che procede a subappaltare l’esecuzione delle opere non perde automaticamente la qualifica di datore di lavoro e ciò neppure se il subappalto riguardi formalmente la totalità dei lavori. Egli continua, infatti, ad essere responsabile del rispetto della normativa antinfortunistica qualora, come nel caso in esame, eserciti una continua ingerenza e controlli la prosecuzione dei lavori. L’imputato, infatti, come messo in evidenza nella sentenza della Corte di Appello, non solo effettuava personalmente sopralluoghi in cantiere, ma vi mandava quotidianamente un suo dipendente che si occupava di redigere il giornale di cantiere, oltre che di tenere i contatti con i fornitori e di controllare le lavorazioni svolte per cui non si poteva affermare che non svolgesse alcuna funzione se non quella di acquisto e messa a disposizione del materiale.
Quanto al ricorso presentato dal direttore tecnico della ditta subappaltatrice che aveva contestato il riconoscimento in capo allo stesso di una posizione di garanzia quale preposto di fatto la Sez. IV ha precisato che, in tema di prevenzione degli infortuni, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di destinatario dell’obbligo di garantire la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione per cui, di conseguenza, risponde delle lesioni occorse ai dipendenti. La qualifica di preposto o di capocantiere, ha quindi proseguito la suprema Corte, più che in base a formali qualificazioni giuridiche o alla sussistenza di specifiche deleghe, deve essere attribuita con riferimento alle mansioni effettivamente svolte dal soggetto all’interno del cantiere per cui ne consegue che chiunque abbia assunto, in qualsiasi modo, una posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da potere impartire a loro degli ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato, per ciò stesso, tenuto all’osservanza ed all’attuazione delle prescritte misure di sicurezza ed al controllo del loro rispetto da parte dei singoli lavoratori.
In altri termini risponde della violazione delle norme antinfortunistiche, ha sostenuto la suprema Corte, non solo colui il quale non le osservi o non le faccia osservare essendovi istituzionalmente tenuto, ma anche chi, pur non avendo una veste istituzionale formalmente riconosciuta, si comporta di fatto come se l’avesse, impartendo ordini nell’esecuzione dei quali il lavoratore subisca danni per il mancato rispetto della normativa a presidio della sua sicurezza. Nel caso in esame, ha ribadito la Sez. IV, è stata indubbiamente accertata la concreta ingerenza da parte dell’imputato, ancorché privo di attribuzioni formali o deleghe all’interno dell’organizzazione del cantiere, nei lavori dell’altra ditta subappaltatrice dalla quale dipendeva il lavoratore infortunato e sono stati questi elementi ad indurre la Corte di Appello a ritenere giustamente che l’imputato avesse ricoperto una posizione di garanzia rispetto ai dipendenti dell’altra ditta subappaltatrice e che fosse quindi responsabile di eventuali infortuni occorsi agli stessi.
Passando alla posizione del committente la Corte di Cassazione ha ricordato che nel quadro delle molteplici posizioni di garanzia previste dalla normativa nel settore dell’edilizia è stata prevista la figura del committente, introdotta dal D. Lgs 14/8/1996 n. 494 le cui norme sono state trasfuse nel Testo Unico per la sicurezza del lavoro (D. Lgs 9.4.2008 n. 81). Tale normativa, oltre a prevedere la figura del datore di lavoro e dei suoi ausiliari (preposto, direttore di cantiere) ha individuato, come portatore di una specifica posizione di garanzia, anche la figura del committente, cui si aggiunge quella di altri garanti costituenti una sua promanazione quali il responsabile dei lavori, il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di realizzazione.
Normalmente, ha così proseguito la suprema Corte, è il datore di lavoro il personaggio che riveste una posizione di vertice nel sistema della sicurezza, in quanto titolare del rapporto di lavoro e al contempo titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, con compiti quindi organizzativi ed economici inerenti l’attività dell’impresa che lo vedono direttamente coinvolto anche nella predisposizione ed osservanza delle misure antinfortunistiche. Tuttavia, nella previsione di una pluralità di soggetti che concorrono al rafforzamento della sicurezza del lavoro, il D. Lgs n. 494/1996 ha introdotto, affiancandola al datore di lavoro con i suoi collaboratori, la figura del committente. Anche il committente, quindi, che assume l’iniziativa della realizzazione dell’opera, provvedendo a programmarla e a finanziarla assume, sebbene l’esecuzione venga affidata a terzi, una quota di responsabilità in materia di prevenzione antinfortunistica collocandosi accanto al datore di lavoro nella titolarità degli obblighi di protezione, con la possibilità di demandarli ad altra figura, quella ausiliaria del responsabile dei lavori, anziché occuparsene direttamente. Per gli aspetti tecnici delle sue competenze in materia antinfortunistica, inoltre, il committente o per lui il responsabile dei lavori, può avvalersi di figure specializzate, distinte per la fase della progettazione e della realizzazione dei lavori, che sono appunto il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di realizzazione.
La designazione dei tecnici coordinatori per la sicurezza può quindi esonerare da responsabilità il committente o, per lui, il responsabile dei lavori, se nominato, fatta salva però la verifica dell’adempimento da parte dei coordinatori per la sicurezza degli obblighi ad essi facenti carico, fra i quali, in primis, la redazione del piano di coordinamento e di sicurezza per il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e la verifica degli adempimenti da parte del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, dell’azione di coordinamento e di controllo circa l'osservanza delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento.
Così individuato il contenuto dei compiti facenti carico al committente, nel panorama delle posizioni di garanzia per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ha sostenuto la suprema Corte, “quella del committente può definirsi, come ripetutamente affermato in diverse pronunce di questa Corte, una funzione tecnica di ‘alta vigilanza’ sulla sicurezza del cantiere che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non il puntuale e continuo controllo di esse, né la specificità di determinati rischi connessi alla particolarità o complessità della lavorazione, controlli facenti capo ad altri soggetti, destinatari di ben più pregnanti obblighi di protezioni, quale il datore di lavoro, il preposto, il direttore di cantiere)”. Con la nomina dei coordinatori per la sicurezza, ha ribadito ancora, il committente trasferisce tale funzione di alta vigilanza a dette figure che assumono gli obblighi che hanno a loro carico per cui il committente stesso rimane titolare di una posizione di garanzia limitata alla verifica che il tecnico nominato adempia al suo obbligo (sez quarta n. 37738 del 28.5.2013, rv 256637, imp. Gandolla).
Nel caso in esame in particolare, ha così concluso la Sez. IV, la società rappresentata dall’imputato si era limitata a conferire l’incarico per la costruzione senza prendere parte ad essa e l’imputato, legale rappresentante della società stessa, aveva nominato, in qualità di committente, il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione che sono divenuti quindi destinatari degli obblighi previsti dagli art. 4 e 5 del D. Lgs. 494/1996. Di conseguenza la Corte di Cassazione, data la totale estraneità alla realizzazione dell’opera e considerata comunque la presenza di tecnici che rappresentavano la committenza destinatari degli obblighi di protezione previsti a carico delle figure dei responsabili della sicurezza, non potendo essere mosso all’imputato committente alcun addebito, ha ritenuto così di annullare senza rinvio la sentenza di condanna nei suoi confronti.
Gerardo Porreca
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Rispondi Autore: Andrea Iovino - likes: 0 | 30/01/2017 (08:49:16) |
Grazie Ing. Porreca e grazie a Punto Sicuro, interessantissima sentenza della Suprema Corte, molto articolata e soprattutto chiarificatrice delle posizioni di garanzia nei cantieri. Grazie ancora e buona giornata. Arch. Iovino |
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 30/01/2017 (16:00:45) |
Ottima disanima. Ritengo che nella formulazione della norma vi sia un "errore" di fondo. Non sono un legale, ma un consulente e, come tale, cerco di riferirmi alla realtà, in particolare a quella dell'edilizia. Il committente è spesso un semplice cittadino che non possiede competenze specifiche in materia di sicurezza sul lavoro, come potrebbe, dunque, verificare che "verifica che il tecnico nominato adempia al suo obbligo?". Non mi riferisco al fatto che la signora Maria possa entrare nel merito di un PSC, ma mi è anche difficile pretendere cha la stessa sappia cosa sia un PSC. Vero è che normalmente il comune cittadino si rivolge al geometra del paese che provvede a tutti gli adempimenti, quindi la suddetta signora Maria si sente tranquilla, ma ciò non è del tutto vero, vista la mente malata di molti magistrati, come del resto dimostrato dalle sentenze in primo grado e in appello. Poi che c'è da dire: probabilmente il committente era difeso da un buon cassazionista, ma è certezza del diritto questa? |
Rispondi Autore: mauro tripiciano - likes: 0 | 30/01/2017 (16:13:49) |
Come al solito l'ing. Porreca è chiaro ed esaustivo. Domando però come si possa intendere il fatto che il Datore di Lavoro dell'infortunato non venga mai menzionato e non sembri coinvolto. In effetti doveva produrre un POS per il proprio operaio con le misure compensative della prevista rimozione delle protezioni. |