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Sull’obbligo del lavoratore di prendersi cura della propria sicurezza
Commento a cura di G. Porreca.
Fa riferimento questa sentenza della Corte di Cassazione agli obblighi a carico dei lavoratori di cui al comma 1 dell’articolo 20 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, in base al quale ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza però la stessa fa rilevare comunque che, così come indicato dallo stesso legislatore nell’articolo sopraindicato, la cura del lavoratore nei suoi stessi confronti deve essere riferita e conforme alla formazione che lo stesso ha ricevuta nonché alle istruzioni ed ai mezzi che gli sono stati forniti dal datore di lavoro.
La circostanza alla quale si riferisce la sentenza è quella di un lavoratore rimasto folgorato nel corso della propria attività senza che fosse in possesso di una precisa preparazione in merito ai lavori che doveva eseguire e che comportavano una pericolosa esposizione al rischio elettrico.
L’evento infortunistico ed il ricorso in Cassazione
La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale appellata dal legale rappresentante di una ditta appaltatrice e come tale datore di lavoro del lavoratore infortunato e dal preposto designato dalla società committente, dichiarava non doversi procedere nei confronti di tali imputati in ordine al reato loro ascritto perché estinto per intervenuta prescrizione confermando nel resto la sentenza impugnata relativamente alle statuizioni civili.
Agli imputati era stato contestato nella loro qualità il reato di cui agii articoli 113 e 590 c.p. perché in cooperazione colposa tra loro avevano contribuito a causare l'infortunio occorso ad un lavoratore della ditta appaltatrice il quale, durante alcuni lavori di ristrutturazione di una linea MT salito su di un palo è stato colpito da una scarica elettrica che gli provocava lesioni personali gravi all'arto superiore destro comportanti una malattia ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni.
Avverso tale decisione gli imputati hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione avendo riscontrato una assoluta carenza di motivazione nella condanna ed una insussistenza del nesso di causalità in relazione all’assenza del documento di valutazione dei rischi che sarebbe stato invece prodotto dalla difesa in udienza alla Corte di Appello.
Esito del ricorso alla Corte di Cassazione
I ricorsi degli imputati sono stati dichiarati dalla Corte di Cassazione entrambi inammissibili. Con riferimento in particolare al ricorso presentato dal datore di lavoro la suprema Corte ha messo in evidenza quanto già contestato dalla Corte territoriale e cioè che non lo stesso aveva nominato il medico competente (articolo 4 comma 4 del D. Lgs. n. 626/1994), non aveva trasmesso agli organi competenti quanto previsto dall'articolo 10 comma 2 dello stesso decreto e con ogni probabilità aveva redatto solo successivamente all'incidente il documento di valutazione dei rischi (articolo 4) e non aveva curato in alcun modo la formazione del personale della ditta (articoli 21 e 22 e CEI EN 50110-1 D. P. R. n. 547 del 1955, articolo 4, comma 2 e 4). Inoltre al momento della esecuzione dei lavori non aveva redatto il POS ed aveva ordinato l'esecuzione del lavoro al lavoratore infortunato pur essendo questi una persona scarsamente formata ed inadeguata per competenze all'esecuzione di quel lavoro, non avendone i requisiti richiesti dalla norma CEI EN 50110-1 articolo 4.2.
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In merito al ricorso proposto dal preposto designato dal committente la Corte di Cassazione ha posto in evidenza che gli era stato contestato di aver omesso di accordarsi, prima dell'inizio dei lavori sulla linea elettrica interessata, con il datore di lavoro sull'assetto della rete elettrica sulla quale intervenire e sulla descrizione e modalità di svolgimento dell'attività di formare i lavoratori sui rischi specifici cui erano esposti, portando loro a conoscenza delle norme di prevenzione. Gli era stato contestato, altresì, di non aver consequenzialmente controllato il rispetto delle norme di sicurezza da parte dei lavoratori stessi nonché l'uso dei mezzi di protezione ed infine di aver disposto l'inizio dei lavori prima di effettuare una riunione con il datore di lavoro che avrebbe certamente consentito di fare chiarezza sull'effettivo stato delle linee elettriche da demolire ed in particolare su un punto rilevatosi fatale e sulla necessità, essendo l’impianto alimentato da due diverse cabine, di sezionare la linea da entrambe le parti cosa che avrebbe potuto evitare quanto accaduto.
Per quanto riguarda la censura secondo cui l'impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto della responsabilità dello stesso lavoratore nella causazione dell'evento per non avere in particolare nella circostanza rispettato le istruzioni impartite dal preposto e di non avere utilizzato i mezzi di protezione messi a disposizione tra i quali il fioretto che gli avrebbe consentito di accorgersi che la linea non era stata disalimentata, la Corte di Cassazione, in linea con la giurisprudenza costante della stessa Corte, ha ribadito il principio non controverso secondo cui “il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'articolo 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2”.
La IV Sezione penale ha ricordato, inoltre, che era stato accertato dal C.T.U. che il lavoratore infortunato non aveva ricevuto alcuna preparazione in merito alle attività che doveva eseguire e nemmeno il minimo di formazione previsto dal D. Lgs. n. 626/1994 ed inoltre che alla luce di quanto sopra detto appariva quanto meno dubbia la configurazione di un contributo causale dell'operaio alla verificazione dell'incidente occorsogli. “E’ vero”, ha quindi concluso la suprema Corte, “che egli, in qualità di dipendente aveva l'obbligo ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 5 di prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute, ma la legge citata prevede anche che tale obbligo sia adempiuto conformemente alla sua formazione ed alle Istruzioni ed ai mezzi forniti dal datore di lavoro".
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