Sul ruolo del committente in materia di sicurezza sul lavoro
E’ importante questa sentenza della Corte di Cassazione in quanto ben sintetizza l’evolversi della giurisprudenza sul ruolo del committente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e dà dello stesso una precisa definizione, mettendo in evidenza la differenza che c’è fra la figura del committente di un’opera edile ex art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008 e quella del committente datore di lavoro di cui all’art. 26 dello stesso decreto e cioè di colui che appalta dei lavori da eseguirsi all’interno della propria azienda o comunque per suo conto. Una distinzione che la suprema Corte aveva già fatta in una sua precedente sentenza, la n. 44131 del 02/11/2015 commentata dallo scrivente nell’articolo “La responsabilità del committente e l’eziologia dell’evento”.
Inizialmente, ha ricordato la Cassazione, il legislatore non ha mai disciplinata la figura del committente né con il D.P.R. n. 547/1955, né con il successivo D.P.R. n. 302/1956 e neppure con il D.lgs. n. 626/1994. Quest'ultimo provvedimento normativo, infatti, aveva preso in considerazione con l'art. 7 la sola figura del datore di lavoro quale referente degli obblighi previsti dalla medesima disposizione, in relazione all'affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici anche artigiane, nella propria azienda o nell'ambito del ciclo produttivo, regolando il rischio interferenziale fra le imprese ivi operanti. L'estensione al committente della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro era stata, in un primo tempo, giustificata dalla giurisprudenza solo quando il medesimo travalicava il ruolo di semplice conferimento delle opere, ingerendosi nell'organizzazione per la loro esecuzione.
Successivamente la responsabilità del committente, congiuntamente a quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, è stata posta in relazione alla diretta impartizione di direttive o al diretto conferimento di progetti che essi stessi fossero fonte di pericolo ovvero “quando egli abbia commissionato o consentito l'inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose" o ancora allo svolgimento di opere in un cantiere gestito dall'appaltante con strumentazioni che il medesimo avesse l'obbligo di mantenere in efficienza.
Il mutamento della disciplina, ha ricordato ancora la suprema Corte, è intervenuto più precisamente con l'introduzione del D. Lgs. n. 494/1996, che ha definito la figura del committente come colui che per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione e dell’art. 7 del D. Lgs. n. 626/1994 (ora art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008) con il quale sono state precisate le responsabilità incombenti sul committente di un appalto interno nel caso rivesta anche la figura di datore di lavoro e derivanti sostanzialmente dalla violazione degli obblighi sull'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e da quelli inerenti alla cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione.
Al committente definito dall’art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008, ha ricordato ancora la suprema Corte, come colui per il quale viene realizzata l’intera opera non può richiedersi un pressante e continuo controllo sull'opera il cui svolgimento egli ha affidato a terzi, essendogli riservato il potere di risoluzione del contratto in caso di inadempimento ma d’altro canto non si può prescindere dall'esigere, da parte sua, la diligenza nella scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera cui affidare i lavori, onere specificamente previsto dall'art. 90, comma 9 dello stesso D. Lgs. e comunque derivante dalla sua scelta contrattuale essendo ritenuta la sua ‘culpa in eligendo’ una fonte di responsabilità civile anche per i danni a terzi dovuti per affidamento dell'opera ad appaltatore inidoneo.
Nel caso in esame, in particolare, la Corte d'Appello aveva riformata una sentenza con la quale il Tribunale aveva condannato un committente per i lavori di intonacatura di un fabbricato civile di nuova realizzazione su un terreno di sua proprietà, in quanto ritenuto colpevole del delitto di cui all'art. 590, comma 2 cod. pen. con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione dell'art. 90 comma 9 lett. a) del D. Lgs. n. 81/2008, così consentendo che venisse predisposto un ponteggio non a regola d'arte, in assenza dei presidi antinfortunistici, e cagionando l’infortunio di un lavoratore con lesioni gravi, per essere precipitato da un'altezza di quattro metri, mentre era intento ad effettuare dei lavori sul prospetto dell'immobile.
La Corte di Cassazione però, a seguito del ricorso presentato dalla parte civile, ha annullata la sentenza emanata dalla Corte territoriale ponendo in evidenza che la stessa si era solo limitata, erroneamente, a sostenere che l’imputato non rivestiva la figura di datore di lavoro rispetto all’infortunato essendo questi intervento nei lavori solo come lavoratore autonomo.
Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso per cassazione.
Dalla lettura della sentenza emerge che la Corte d'Appello ha riformata una sentenza del Tribunale, assolvendo l'imputato, con la quale un committente dei lavori di intonacatura di un fabbricato di nuova realizzazione su un terreno di sua proprietà era stato ritenuto colpevole del delitto di cui all'art. 590, comma 2 cod. pen. perché con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione dell'art. 90 comma 9 lett. a) del D. Lgs. n. 81/2008, consentendo che venisse predisposto un ponteggio non a regola d'arte, in assenza dei presidi antinfortunistici, aveva cagionato l’infortunio di un lavoratore che, intento ad effettuare i lavori sul prospetto dell'immobile, era precipitato a terra da un'altezza di quattro metri riportando lesioni personali gravi, consistite in politrauma con frattura pluriframmentata della testa dell'omero sinistro e frattura scomposta della emi-mandibola sinistra.
Avverso la sentenza aveva proposto impugnazione, a mezzo del suo difensore, la parte civile formulando un unico articolato motivo di ricorso e chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. La stessa aveva fatto presente che la Corte di Appello pur riconoscendo la qualità dell’imputato come committente delle opere ne aveva esclusa la responsabilità penale semplicemente affermando che egli non era il datore di lavoro della persona offesa, palesemente eludendo il disposto dell'art. 89 del D. Lgs. n. 81/2008, benché ciò non implicasse affatto l'insussistenza della posizione di garanzia, anche qualora si fosse ritenuto, come aveva fatto la Corte di Appello, che l’infortunato svolgesse la propria attività come lavoratore autonomo e non come dipendente del committente. La parte civile ricorrente quindi aveva denunciata la superficialità della decisione della Corte territoriale che non si era confrontata con l'impostazione giuridica del giudice di primo grado, il quale aveva invece correttamente sottolineato che il committente può andare esente da responsabilità solo allorquando consegni il cantiere agli esecutori delle opere scevro da ogni pericolo o quando l'oggetto dell'incarico consista anche nel mettere in sicurezza il cantiere, mentre né l'una, né l'altra ipotesi si era verificata nel caso in esame.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. La stessa ha preliminarmente precisato che la figura del committente è attualmente delineata dall'art. 89, comma 1 lett. b) del D. Lgs. del 9/4/2008 n. 81 che lo definisce come soggetto 'per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione’. La stessa ha ritenuto opportuno di richiamare, per meglio affrontare la questione proposta, l'evolversi della giurisprudenza sulla individuazione della figura del committente di fronte ai progressivi mutamenti normativi, evolversi che aveva già riassunto in una precedente pronuncia nella quale si era soffermata sull'affinamento del concetto di governo del rischio. Ha ricordato, infatti, che il legislatore non ha disciplinato la figura del committente né con il D.P.R. n.. 547/1955, né con il successivo D.P.R. n. 302/1956 e neppure con il D. Lgs. n. 626/1994 (Sez. 4 n. 44131 del 15/07/2015). Quest'ultimo provvedimento normativo con l'art. 7 aveva infatti preso in considerazione la figura del datore di lavoro quale referente soggettivo degli obblighi previsti dalla medesima disposizione, in relazione all'affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici anche artigiane nella propria azienda o nell'ambito del ciclo produttivo, regolando il rischio interferenziale fra le imprese ivi operanti.
L'estensione di quella disciplina al committente, ha precisato la suprema Corte, in un primo tempo, era stata giustificata dalla giurisprudenza solo quando il medesimo travalicava il ruolo di semplice conferimento delle opere, ingerendosi nell'organizzazione per la loro esecuzione. Successivamente la corresponsabilità del committente, affiancante quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, è stata posta in relazione alla diretta impartizione di direttive od al diretto conferimento di progetti che essi stessi siano fonte di pericolo "ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l'inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose" o ancora quando allo svolgimento di opere in un cantiere gestito dall'appaltante o su strutture o con sue strumentazioni che il medesimo abbia l'obbligo di mantenere in efficienza.
Il mutamento della disciplina è intervenuto, ha precisato la Sez. IV, con l'introduzione del D. Lgs. n. 494/1996 che ha definito la figura del committente come colui per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione (art. 2 comma 1 lett. b) richiamando anche l'art. 3 del D. Lgs. 626/1994) e che ha precisato le responsabilità su di lui incombenti derivanti sostanzialmente dalla violazione degli obblighi sull'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e da quelli inerenti alla cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (art. 7 del D. Lgs. 626/1994, ora art. 26 del D. Lgs. 81/2008).
Sulla scorta del quadro chiaramente delineato dalla pronuncia sopra richiamata, ha così proseguito la Sez. IV, che ha ben sintetizzato la trasformazione della figura del committente nella normativa e nella giurisprudenza da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte dall'art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008), la giurisprudenza più recente ha ritenuto che il principio generale, secondo cui il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, debba essere precisato, nel senso che, pur non potendo esigersi dallo stesso un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte sua di situazioni di pericolo.
La disposizione di cui al citato articolo 89, ha sottolineato ancora la Corte di Cassazione, che si è posto peraltro, come già detto, in continuità con la precedente normativa, ha definito il committente come colui 'per conto del quale l'opera viene realizzata'. L'espressione 'per conto', secondo la stessa, è equivalente sia a "per incarico di" oppure a "in nome di" oppure ancora "a favore di". Si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene. La responsabilità del committente, dunque, è posta in stretto collegamento con l'affidamento dell'opera e la sua posizione di soggetto su cui incombe il governo del rischio deriva proprio dal dovere di sicurezza in relazione all'incidenza che la sua condotta assume sia nell'opzione di individuare un contraente inadeguato, che nell'ingerirsi nell'esecuzione del contratto.
Nel caso in esame, secondo la Cassazione, la Corte Territoriale si era solo limitata ad affermare che non erano emersi elementi per sostenere l'esistenza di un rapporto di subordinazione fra l'imputato e la persona offesa, avendo quest'ultima operato in qualità di lavoratore autonomo, in forza di un contratto d'opera per cui l’imputato, in assenza del potere di determinazione sull'attività lavorativa altrui, era da esonerarsi, in qualità di committente, da obblighi prevenzionali verso un soggetto che si obbligava al risultato e non alla mera prestazione delle energie lavorative. Inoltre, secondo la Corte di Appello, l’imputato non aveva le competenze tecniche necessarie per comprendere che il ponteggio, originariamente certificato, non fosse montato a regola d'arte, essendo stata commissionata ad altri, peraltro, la realizzazione del ponteggio stesso il che aveva portato ad escludere qualsivoglia profilo di colpa in capo al committente.
Il ragionamento del giudice di secondo grado, ha precisato la Sez. IV. si era posto comunque in evidente contrasto con l'evoluzione della disciplina normativa e della lettura della giurisprudenza di legittimità. Va rilevato, infatti che sebbene nell'ipotesi di conferimento di appalto da parte committente non professionale, l'appaltante non sia effettivamente tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni, non può dirsi, nondimeno, che su di lui non gravi alcun obbligo.
Ciò che la legge ha posto a carico del committente privato, infatti, ha sottolineato la Sez. IV, è innanzitutto l'obbligo di 'scegliere' adeguatamente l'impresa, quest'onere consistendo nel verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A, che dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e di non essere destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi dell'art. 14 del D. Lgs. n. 81/2008. Allorquando l'azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la 'mala electio' da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero finanche condurlo ad assumere una ' responsabilità per ingerenza'. Se, tuttavia, la scelta dell'impresa non avviene con questi criteri il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza posto che l'assenza del conferimento dell'incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto 'adeguato' non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti. Quindi “la 'mala electio' dell'esecutore si trasforma, in sostanza, nell'ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di 'insicurezza' con la conseguenza dell'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente”.
Nel caso in esame, inoltre, ha osservato la Sez. IV, il ponteggio era stato fornito dal committente per cui lo stesso aveva l’obbligo di curare che esso avesse i requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa prevenzionale, anche in relazione al suo corretto montaggio, eventualmente affidando siffatta attività ad un'impresa idoneamente scelta e che avesse le necessarie competenze per occuparsi del montaggio a regola d'arte. Tali omissioni, in definitiva, hanno realizzato la condizione di insicurezza del cantiere in cui il lavoratore, non importa se dipendente o prestatore d'opera si era trovato ad operare.
Per le considerazioni suesposte, in conclusione, la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio della stessa al giudice civile competente in grado di appello.
Gerardo Porreca
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