Quando il datore di lavoro ha adottato tutte le cautele possibili
La sentenza è incentrata su una domanda fondamentale: “ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della (omissis) fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?”.
Ebbene, che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della ditta dell’infortunato fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?
Le risposte da dare a simili quesiti sono che nessun rimprovero può muoversi ad entrambi gli odierni ricorrenti in un caso siffatto, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da compiersi”.
Il sistema della normativa antinfortunistica si è lentamente trasformato da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro che, in quanto soggetto garante era investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, anche imponendosi contro la loro volontà), ad un modello "collaborativo" in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015, Viotto, non mass.).
Tale principio, normativamente affermato dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro di cui al D.Lgs 9.04.2008 n. 81, naturalmente non ha escluso che permanga la responsabilità del datore di lavoro, laddove la carenza dei dispositivi di sicurezza, o anche la mancata adozione degli stessi da parte del lavoratore, non può certo essere sostituita dall'affidamento sul comportamento prudente e diligente di quest'ultimo (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015, Viotto, non mass.).
In giurisprudenza, dal principio "dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore" (che si rifà spesso all'art. 2087 del codice civile), si è passati - a seguito dell'introduzione del D. Lgs. 626/94 e, poi del T.U. 81/2008 - al concetto di "area di rischio" (cfr. sez. 4, n. 36257 del 1.7.2014, rv. 260294; sez. 4, n. 43168 del 17.6.2014, rv. 260947; sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015, Viotto, non mass.). Strettamente connessa all'area di rischio che l'imprenditore è tenuto a dichiarare nel DVR, si sono, perciò, andati ad individuare i criteri che consentissero di stabilire se la condotta del lavoratore dovesse risultare appartenente o estranea al processo produttivo o alle mansioni di sua specifica competenza. Si è dunque affermato il concetto di comportamento "esorbitante", diverso da quello "abnorme" del lavoratore. Il primo riguarda quelle condotte che fuoriescono dall'ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartiti dal datore di lavoro o di chi ne fa le veci, nell'ambito del contesto lavorativo, il secondo, quello, abnorme, già costantemente delineato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo, cioè, che nulla hanno a che vedere con l'attività svolta. La recente normativa (T.U. 2008/81) impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e perizia. Le tendenze giurisprudenziali si dirigono anch'esse verso una maggiore considerazione della responsabilità dei lavoratori (c.d. "principio di autoresponsabilità del lavoratore”). In buona sostanza, si abbandona il criterio esterno delle mansioni e "si sostituisce con il parametro della prevedibilità intesa come dominabilità umana del fattore causale" (Cass. Pen. sez. 4, n. 41486 del 5.5.2015, Viotto, non mass.). Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell'evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Questa Corte Suprema ha reiteratamente affermato - e si ritiene di dover ribadire- che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (cfr. ex multis questa sez. 4, n. 7364 del 14.1.2014, Scarselli, rv. 259321). Tuttavia, quello che ci occupa è proprio un caso in cui tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano state assunte dal datore di lavoro e per quanto di competenza dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e protezione, imputato.
Ebbene, il giudice di primo grado, con motivazione assolutamente logica, aveva, però, rilevato che tale ricostruzione dei fatti risultava dalle sole dichiarazioni della parte lesa, mentre ad una soluzione diversa portavano le altre testimonianze e la logica dei luoghi. Innanzitutto, veniva posto il rilievo come il RSPP avesse indicato che, dovendo i lavori avere ad oggetto l'installazione di faretti da apporre nella parte frontale - perimetrica esterna - del capannone, non era possibile svolgere gli stessi dal tetto ma era necessario, come verificato anche in loco, usare unicamente l'elevatore.
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Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0 | 01/06/2016 (08:07:09) |
L'articolo è interessante certamente, ma mi viene da osservare che non si accenna mai al DUVRI: trattandosi di soli "impianti elettrici" il titolo IV del TU 81/08 non si applica. In questo caso deve esistere un altro documento che regoli le attività dell'impiantista nell'ambito dello stabilimento del Committente: appunto il DUVRI, che avrebbe contenuto anche le modalità di accesso eventuale al tetto. Secondo il mio modesto parere, il DUVRI rimane uno strumento "sconosciuto" e disatteso da troppi addetti ai lavori. |
Rispondi Autore: fabio biasio - likes: 0 | 01/06/2016 (08:14:35) |
ma cosa è il Responsabile della sicurezza dei lavoratori? |
Rispondi Autore: fabio biasio - likes: 0 | 01/06/2016 (08:29:20) |
Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della (omissis)...ma le sentenze le scrive Pippo? Il responsabile cui si fa riferimento chiamasi ""RSPP-Responsabile del servizio..."; l'unico resp. della sicurezza in azienda e il datore lavoro. E noi dovremmo metterci in mano a questa gente? |
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0 | 01/06/2016 (09:03:24) |
Mi vien da pensare che anche l'avvocato del dipendente poco sapesse del TU 81/08: non voglio dare colpe, ma troppi, in questo caso, hanno dimostrato scarsa conoscenza della legge e dei corretti termini. Si nascondono dietro termini inusuali come "azoicamente" solo per ammantare la propria persona. Vedi anche la distinzione tra "abnorme" ed "esorbitante": se ne facessimo un'analisi linguistica (vedi Sabelli-Coletti ed altri) ne uscirebbero con le ossa rotte. Ho sviato dall'argomento principale, ma da tecnico non ammetto tali errori da giudici ed avvocati. |
Rispondi Autore: Pietro Caridi - likes: 0 | 01/06/2016 (09:09:15) |
Secondo me con il termine "responsabile della sicurezza dei lavoratori" si vuole intendere il Preposto alla sicurezza ex art 19, e se così non si tratta di chi sa quale formazione qualificante, nella maggior parte dei casi si tratta delle famose 8 ore aggiuntive alla formazione di base spesso fatte in maniera discutibile. Aggiungo e concludo sono stati consegnati a questa persona tutti gli strumenti idonei per poter vigilare e quindi poter agire sui comportamenti errati della squadra e quindi anche sui propri? |
Rispondi Autore: Marco Villa - likes: 0 | 01/06/2016 (09:09:55) |
@ Fabio Per me questo "Responsabile della Sicurezza dei Lavoratori della sua azienda" non è il RSPP ma è il RLS (che non è responsabile di niente, è il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza). Comunque il testo è citato tra le virgolette, quindi è parte di una sentenza di Cassazione... E come dice Fabio "E noi dovremmo metterci in mano a questa gente?" |
Rispondi Autore: pietro ferrari - likes: 0 | 01/06/2016 (11:04:19) |
tenga conto sig. Roncelli che "abnorme" ed "esorbitante" sono termini non più che convenzionali nella giurisprudenza di legittimità (intendo dire che essa non si pone problemi di perfetta aderenza etimologica). Può forse soccorrere la posizione espressa dalle Sezioni Unite nella sent. Thyssenkrupp? ".. considerare interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare. Tale eccentricità renderà magari in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento ma ciò è una conseguenza accidentale e non costituisce la reale ragione dell'esclusione dell'imputazione oggettiva dell'evento." Bisognerebbe certo conoscere le sentenze di merito ma, nel caso in esame alla Corte, pare capire che il lavoratore -purtroppo- abbia davvero fatto qualcosa che non doveva fare. cordialmente |
Rispondi Autore: matteo - likes: 0 | 01/06/2016 (12:16:10) |
dopo il "responsabile della sicurezza" tutto il resto perde credibilità |
Rispondi Autore: Simone Bianchi - likes: 0 | 04/06/2016 (09:11:31) |
Comprendo tutta l'indignazione emersa per la superficialità di alcuni termini chiaramente errati. Ma la condotta sbagliata del lavoratore dove la lasciamo? Il vero problema è questo. |
Rispondi Autore: michele citarella - likes: 0 | 05/06/2016 (12:29:16) |
Rispondo a Pietro Cadini. Perché ex articolo 19?'e' stato abolito? Mi son perso qualcosa" |
Rispondi Autore: Daniele Bersano - likes: 0 | 06/06/2016 (09:25:03) |
Chiedo gentilmente all'avv. Dubini di chiarire come mai la figura del preposto non compaia: era l'infortunato lui stesso preposto, come ipotizzato da qualche commento? In questo caso, recenti sentenze hanno comunque stabilito che egli stesso debba essere oggetto di vigilanza (il caso era di un dirigente condannato per omessa vigilanza su un capocantiere, se ben ricordo), ora pur capendo le difficoltà per lavori presso clienti terzi, restano i dubbi circa le diverse interpretazioni date ad un testo che dovrebbe essere "unico" già nel nome. Grazie dell'eventuale risposta. |
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0 | 06/06/2016 (20:42:14) |
La questione centrale è che era un lavoratore elettricista con elevata professionalità e faceva cose che in azienda solo lui sapeva fare. Quando si tratta di fatti come questi nessuno può pretendere la vigilanza su una operazione specialistica che solo l'operatore è in grado di eseguire: come nel caso di incidente del carrellista regolarmente formato e addestrato, quando non vi può essere sorveglianza da parte di chi non ha pari requisiti. |