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Principio di protezione oggettiva e attrezzature: le responsabilità

Principio di protezione oggettiva e attrezzature: le responsabilità
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

10/02/2023

L’applicazione alle attrezzature di lavoro del principio secondo cui lo scostamento del lavoratore dagli standard di piena prudenza, diligenza e perizia è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro: sentenze di Cassazione

Occorre anzitutto premettere che, secondo giurisprudenza costante, “come noto, altro è il comportamento caratterizzato da imprudenza anche grave […] ed altro è il comportamento abnorme, o comunque eccezionale e imprevedibile, come tale interruttivo del nesso di causalità.” ( Cass. Pen., Sez. IV, 14 maggio 2021 n.18951).

 

Infatti, in base al cosiddetto “principio di protezione oggettiva”, la normativa di salute e sicurezza mira a salvaguardare l’integrità psico-fisica del lavoratore anche dai rischi che possono scaturire da sue stesse avventatezze, negligenze e disattenzioni, purché normalmente connesse all’attività lavorativa, cioè non abnormi e non esorbitanti dal procedimento di lavoro (meglio: dall’area di rischio).   

 

Il sistema prevenzionistico ha quindi come funzione quella di proteggere il lavoratore “in ogni caso”, anche dalla propria eccessiva disinvoltura, data dall’assuefazione al pericolo o dalla familiarità con lo stesso subentrata nel corso dell’attività lavorativa, con la conseguenza che è obbligo del datore di lavoro predisporre misure di prevenzione e protezione che tengano conto del fatto che il lavoratore può essere disattento, maldestro o avere una eccessiva familiarità col pericolo.

 

Ad esempio, la Suprema Corte, giudicando in merito alle responsabilità legate ad un infortunio occorso ad un apprendista marmista di giovane età e quindi di scarsa esperienza mentre aiutava alcuni operai a sollevare una lastra di marmo, ha ribadito che “la responsabilità del datore di lavoro, per l’infortunio occorso ad un dipendente, non è esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore, se non nei casi in cui quest’ultima presenti i caratteri dell’abnormità  ed imprevedibilità (v. e plurimis, Cass. nn.4782/1997, 5024/2002, 8365/2004, 12445/2006)” ( Cassazione, Sez. Lav., 18 maggio 2007 n. 11622).

 

Analizziamo un più recente caso giurisprudenziale in cui è stato applicato il principio di protezione oggettiva.

 

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 21 ottobre 2021 n.37819, la Suprema Corte ha confermato la condanna per il reato di lesioni personali colpose di A.C.M. “quale direttore operativo della T. s.r.l. e datore di lavoro di D.B., operatore specializzato in manutenzione rotabile.”

 

In particolare, “il D.B., al termine del lavoro di tornitura delle ruote di un vagone ferroviario, decideva di eseguire un’operazione di pulitura di alcuni trucioli rimasti incastrati tra la ruota del treno e il rullo di trascinamento; a tal fine si procurava uno straccio e cercava di eseguire la pulitura dapprima a macchina spenta, poi accendendo il tornio.”

 

Così facendo, “la mano dell’operaio veniva risucchiata dalla macchina in movimento nella zona di contatto tra la ruota e i rulli, cagionando le lesioni meglio descritte in atti (amputazione di tre dita della mano destra, con conseguente indebolimento dell’organo di apprensione). In tal modo, secondo l’addebito, il A.C.M. avrebbe violato in particolare l’art.71, comma 1, D.Lgs.n.81/2008, per avere messo a disposizione dei dipendenti un macchinario sprovvisto di adeguati sistemi di sicurezza, ossia nella specie di un’adeguata protezione che impedisse di raggiungere la zona pericolosa della macchina.”

 

La Corte d’Appello aveva accertato che “l’infortunio si era certamente verificato a causa di un comportamento del lavoratore improntato a leggerezza e sconsideratezza, ma era imputabile a una condizione di scarsissima sicurezza in cui versava l’intero comparto, successivamente corretta con l’adozione di misure preventive a seguito delle contestazioni mosse dagli operatori dell’ASL.”

 

E, “quanto al A.C.M., nella sua posizione di titolare della posizione di garanzia datoriale, risultava confermato dalla Corte d’appello l’addebito a lui mosso di aver cagionato l’infortunio a causa dell’estrema facilità con cui i rulli erano accessibili al lavoratore; non era invece stata operata una adeguata valutazione del rischio e, conseguentemente, vi era una carenza di programmazione dei presidi idonei quanto meno per contenere il rischio stesso.”

 

La Corte di merito ha poi considerato infondate anche “le ulteriori argomentazioni difensive relative al comportamento della persona offesa, che secondo l’appellante doveva giudicarsi come abnorme: ciò in quanto il D.B. era impegnato in una mansione (quella della pulitura del tornio) rientrante fra quelle a lui affidate e, quindi, il rischio concretizzatosi, secondo la Corte di merito, rientrava fra quelli governati dal datore di lavoro.”

 

La decisione della Cassazione ha confermato quella della Corte d’Appello.

 

Infatti, secondo la Corte di legittimità, “l’incidente verificatosi nel caso di specie è dovuto - oltre che a un’iniziativa certamente imprudente del lavoratore - anche al fatto che l’accesso alle parti in movimento del macchinario non era impedito da alcun dispositivo, né risultavano adottati a tal fine accorgimenti che potessero quanto meno limitare tale accesso.”

 

E “il fatto stesso che, come rilevato nello stesso ricorso, fosse prevista una apposita procedura per la pulitura del tornio in sicurezza (descritta dal teste C.) rende evidente che il rischio derivante dal contatto tra l’addetto e le parti in movimento della stessa era noto e prevedibile; e ciò indipendentemente dal fatto che detta procedura non sia stata osservata dalla persona offesa D.B.”

 

Dunque, a parere della Cassazione, “la Corte ambrosiana ha correttamente escluso che il comportamento del D.B. potesse considerarsi abnorme” in quanto “le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza od imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro.”

 

Approfondendo ulteriormente questo aspetto, la Suprema Corte aggiunge che “alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità sul punto, deve considerarsi che è interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è “interruttivo” (per restare al lessico tradizionale) non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez.U, n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri; in tempi recenti vds. tra le altre Sez.4, Sentenza n.5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv.280914; Sez.4, Sentenza n.15124 del 13/12/2016, dep.2017, Gerosa e altri, Rv.269603).”

 

In conclusione, “nella specie, è di tutta evidenza che la condotta del D.B. si inseriva pienamente, e in modo tutt’altro che imprevedibile o eccentrico, nell’area di rischio affidata alla gestione del A.C.M., nella sua qualità datoriale”.


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Concludiamo questa breve (e - come sempre - ovviamente non esaustiva) disamina con una sintesi di Cassazione Penale, Sez.IV, 9 novembre 2016 n.47017, che ha confermato la responsabilità penale di F.S. per il reato di lesioni personali colpose “perché, in qualità di presidente del CDA della A. s.r.l., per colpa specifica ed inosservanza delle norme in materia di prevenzione dagli infortuni sul lavoro, in particolare per violazione dell’art.64 dlvo 81/2008, omettendo di provvedere affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti prescritti dall’allegato IV al citato d.lgs e sottoposti a regolare manutenzione ed eliminati i difetti rilevati, nel caso di specie le cavità e connessioni presenti in più punti sul pavimento dello stabilimento, cagionava al dipendente L.S. lesioni personali consistite nella frattura della terza distale della dialisi del perone e del malleolo mediale sinistro guaribili in più di 40 giorni.”

 

Nello specifico, “l’incidente si era verificato mentre il L.S., a mezzo di un carrello, trasportava all’interno della fabbrica giunti metallici del peso di Kg 10 ciascuno; a seguito del brusco arresto del carrello conseguente all’ostacolo incontrato da una ruota, incastratasi in una scanalatura del pavimento, l’operaio era stato investito dai giunti fuoriusciti dal carrello.”

 

Nei gradi di merito era stato accertato che, “sebbene il dipendente avesse posto in essere una condotta incauta - utilizzando per il trasporto di materiale pesante un carrello adibito usualmente al trasporto di minuteria, anziché servirsi degli appositi muletti presenti nella fabbrica - tuttavia tale condotta non presentasse i caratteri dell’anormalità e dell’eccezionalità tali da recidere il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta del datore di lavoro posto che l’uso di tali carrelli per il trasporto di carichi pensanti era frequente (come emerso dall’istruttoria espletata) ed era normalmente tollerato dal datore di lavoro il quale non aveva ovviato alla situazione di potenziale pericolo rappresentata dallo stato sconnesso della pavimentazione.”

 

Nel confermare la decisione della Corte d’Appello, la Cassazione richiama l’orientamento di legittimità consolidato in materia di principio di protezione oggettiva.

 

Secondo la Corte, dunque, “non c’è imprevedibilità e, quindi, abnormità quando la condotta del lavoratore è tenuta nell’espletamento, sia pure imperito, imprudente o negligente, delle mansioni assegnategli.”

 

E “ciò perché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standard di piena prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, perché quello scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro.”

 

Tutto “ciò vale a maggior ragione anche nel caso di specie in quanto, dalle risultanze istruttorie, è emerso che il L.S. non solo stava svolgendo le proprie mansioni ma anche che l’impiego da parte dei dipendenti di carrelli strutturalmente inidonei per le loro caratteristiche al trasporto di giunti del peso di quello movimentato dal predetto lavoratore era fatto conosciuto e “tollerato” dal F.S. che non aveva mai fatto nulla per impedirlo con ciò violando l’obbligo del datore di lavoro di verificare la puntuale osservanza da parte dei dipendenti delle disposizioni poste a tutela della loro sicurezza e di impedire condotte pregiudizievoli per la loro integrità fisica.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. IV – Sentenza n. 18951 del 14 maggio 2021 - Operaio precipita con una autobetonpompa nella scarpata: responsabilità del coordinatore che non prevede nel PSC il rischio inerente la posa del calcestruzzo percorrendo strade con dislivelli.

 

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 16 gennaio – 18 maggio 2007, n. 11622 Presidente – Relatore Senese Pm Patrone – conforme – Ricorrente P. ed altro

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 37819 del 21 ottobre 2021 (u.p. 12 ottobre 2021) - Pres. Ferranti - Est. Pavich -  P.M. Mignolo - Ric. A.C.M.. - In presenza di pericolosi contatti meccanici con elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro questi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV - Sentenza n .47017 del 9 novembre 2016 - Trasporto di giunti con un carrello inidoneo e in un pavimento sconnesso. Nessuna abnormità se la condotta è tenuta nell’espletamento, sia pure imperito, imprudente o negligente, delle mansioni





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Rispondi Autore: Dani Mass - likes: 1
10/02/2023 (07:00:22)
Il concetto di "sfera di rischio" è stato introdotto dalla giurisprudenza mentre l'art 20 del TU è stato introdotto dal legislatore. In ottica di un sistema meno "iperprotettivo" quando il comportamento di un lavoratore potrà essere sanzionato ai sensi dell'art 20?
Credo che in questo mondo, e soprattutto in questo paese, ci siano aziende che investono e che fanno il possibile per seguire il TU; nella pratica di tutti i giorni esistono tuttavia lavoratori (in genere più anziani) che , nonostante le precauzioni e le raccomandazioni , disattendono continuamente tutto ciò che viene detto e scritto sul DVR. È vero che rientra nella sfera di rischio ma come ci si può tutelare?
Autore: Andrea Rotella
10/02/2023 (07:48:31)
Sono due cose diverse: un conto è chiedersi se il comportamento del lavoratore abbia avuto caratteristiche tali da interrompere il nesso di causalità con l'infortunio occorsogli, sollevando il datore di lavoro dalle conseguenti responsabilità. Un conto, invece, è chiedersi se il comportamento del lavoratore che ha generato l'infortunio sia (comunque) avvenuto in violazione delle norme antinfortunistiche da parte del lavoratore stesso.
L'uno non esclude l'altro.
Il lavoratore potrebbe aver violato una o più norme dell'art. 20, ma questo non significa che il suo comportamento sia stato abnorme o eccezionale. In questo caso, il lavoratore verrebbe sanzionato e il datore di lavoro verrebbe condannato.
Oggi (ma anche ieri) non ci sono ostacoli a sanzionare un lavoratore che manometta un macchinario, non indossi un DPI, non rispetti misure di protezione collettiva, ecc. È solo questione di volontà da parte dell'Organo di vigilanza; L'iperprotezione del sistema rileva ai fini della responsabilità del datore di lavoro, non dall'esimere da responsabilità i lavoratori.
Rispondi Autore: marco mastrocola - likes: 0
10/02/2023 (12:07:22)
Sono d'accordo con la risposta dell'autore al quesito di "Dani Mass"; in prima battuta ci si stupisce dell'iperprotettività del sistema, ma leggendo bene le affermazioni delle sentenze non è esclusa l'applicazione delle sanzioni legate all'inosservanza dell'articolo 20, piuttosto si sottolinea la non completa attuazione di misure necessarie ove in un caso mancavano, o erano insufficienti, i ripari sul tornio e nell'altro il pavimento sconnesso non era stato adeguatamente ripristinato

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