Nomine, incarichi, individuazioni, deleghe: le distinzioni normative
A volte capita, partecipando a dibattiti o semplici conversazioni o leggendo testi scritti aventi ad oggetto l’organizzazione aziendale dei ruoli di salute e sicurezza, di sentir utilizzare in maniera impropria - o quantomeno un po’ confusa - i termini che fanno riferimento ai titoli giuridici da cui scaturiscono le varie posizioni di garanzia o che comunque rimandano alle qualificazioni giuridiche di tali ruoli nell’ambito del sistema.
Talvolta, ad esempio, si sentono confondere i concetti di “individuazione” o “incarico” con quello di “delega” (e di questo si è già detto, con riferimento alle figure del dirigente e del preposto, nell’articolo “ Il preposto e il dirigente non sono figure create da una delega”, pubblicato su Puntosicuro del 18 ottobre 2023 n.5485).
Altre volte, ancora, si sente sovrapporre il termine “nomina” con quello di “individuazione” o addirittura con quello di delega e così via. Gli esempi si sprecherebbero.
Ora, occorre fare una premessa.
E’ chiaro che le parole da un lato non hanno un valore incondizionato (avendo un loro limitato perimetro di operatività e anche di rilevanza) e dall’altro possono esprimere diversi significati.
Ma sono altrettanto evidenti due circostanze: la prima è che le parole (o, se si preferisce, il linguaggio), rappresentano comunque un codice condiviso tra le persone, per cui se vogliamo comprendere gli altri ed essere compresi - anche quando parliamo di salute e sicurezza e quindi della tutela di beni di rango costituzionale - dobbiamo necessariamente passare attraverso l’utilizzo di questo codice in una modalità che quindi tenga conto dei significati delle parole condivisi tra le persone.
Inoltre le parole rimandano a dei concetti e dunque, alla fine, sono questi ultimi che ci interessano e non i significati delle parole in quanto tali e fini a se stessi.
In questa prospettiva non formalistica bensì sostanzialistica, pertanto, vorrei suggerire - come sempre senza la pretesa di essere esaustiva, a fronte della complessità della materia - alcuni criteri di orientamento (ovviamente non assoluti) per identificare e distinguere correttamente tra loro i termini su citati.
Per fare ciò, non posso che adottare quale discrimine il linguaggio utilizzato dal legislatore del Titolo I del D.Lgs.81/08, che rappresenta il punto di riferimento e traccia al contempo il perimetro di questa breve analisi.
Partiamo anzitutto dalla parola “incarico”, che compare nelle definizioni di “dirigente” e di “preposto” e di cui quindi parliamo qui con esclusivo riferimento a tali soggetti (dal momento che questo termine ricorre anche in altri punti del Titolo I - ad esempio con riferimento all’RSPP – ma, per ovvi motivi, in una maniera che non comporta alcuna problematicità).
Come noto il dirigente, in particolare, è la “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”, mentre il preposto è la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa” (art.2 c.1 lett.d) ed e) D.Lgs.81/08).
La presenza o meno dell’incarico (ad esempio di direttore di…, di caporeparto, di caposquadra etc.), a cui peraltro oggi, nel 2023, con riferimento alla figura del preposto si assomma anche l’atto di individuazione formale), quale “investitura formale” ai sensi dell’art.299 D.Lgs.81/08, rappresenta uno degli elementi che permettono di discriminare tra il dirigente/preposto di diritto e il dirigente/preposto di fatto.
Secondo la Cassazione, infatti, non va sovrapposta “la figura del preposto “di diritto”, quale corrisponde alla ricordata definizione normativa, a quella del “preposto di fatto”.”
Infatti “se per la prima è necessario, tra l’altro, che egli abbia ricevuto un incarico dal datore di lavoro e che abbia ricevuto direttive per l’esecuzione dei lavori (cfr.art.2 cit), nel caso di assunzione di fatto del ruolo la derivazione della posizione di garanzia dal concreto espletamento dei poteri tipici del preposto segnala che non vi è alcuna preliminare investitura da parte del datore di lavoro.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 29 maggio 2014 n.22246).
Correlato al concetto di incarico di cui alle definizioni contenute nell’art.2 del Testo Unico su richiamate è poi quello di “individuazione”, che ricorre anzitutto - come ormai noto - nell’art.18 D.Lgs.81/08 nel punto in cui prevede l’obbligo del datore di lavoro e del dirigente di “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19” (art.18 c.1 lett.b-bis) primo periodo D.Lgs.81/08).
Inoltre, con riferimento ai ruoli aziendali, tale parola - e quindi il concetto corrispondente - è presente nell’art.28 del D.Lgs.81/08, secondo cui il Documento di Valutazione dei Rischi deve contenere “l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri” (art.28 c.2 lett.d) D.Lgs.81/08).
Ancora, il decreto 81 parla di “individuazione” con riferimento al datore di lavoro pubblico, allorché dispone che “nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo” (art.2 c.1 lett.b) secondo e terzo periodo D.Lgs.81/08).
Proseguendo con l’analisi del Testo Unico sotto il profilo dei titoli giuridici da cui si originano i vari ruoli, notiamo che, quantomeno all’interno del Titolo I, il termine “nomina” viene utilizzato principalmente con riferimento al Medico Competente, all’RSPP, agli ASPP (in alternanza - a seconda degli articoli presi in esame - con il termine “designazione”) e agli addetti antincendio e al primo soccorso. Per l’RLS si parla di elezione o designazione (ovviamente in questo caso da parte dei lavoratori), laddove il concetto di “designazione” non è molto distante da quello di nomina.
Guardando questo elenco, non si può non rilevare come si tratti, in buona sostanza, di soggetti che diventano “tali” (e cioè che assumono quei ruoli) in virtù della nomina stessa.
Detto in parole semplici, prima che un certo soggetto venga nominato RSPP dell’azienda A, egli (quantomeno con riferimento a tale azienda) non lo è. Lo stesso vale per un addetto al primo soccorso o per un Medico Competente.
In pratica, dopo la nomina, muta lo “status” di tale soggetto rispetto al momento antecedente alla stessa.
In sostanza, la nomina (così come richiamata nel testo del D.Lgs.81/08) “crea” un ruolo che, precedentemente, il soggetto nominato non aveva.
Non si tratta dunque, nel caso della nomina, di una “fotografia” dei ruoli esistenti, bensì della creazione - o meglio della costituzione - di uno o più ruoli ex novo.
La delega, infine, si distingue nettamente dagli incarichi che abbiamo visto, dalle individuazioni dei ruoli e dalle nomine.
La Cassazione ha spesso modo di ribadire tali fondamentali distinzioni.
Ad esempio, una sentenza dell’anno scorso ricorda che “la Suprema Corte di Cassazione a S.U. ha avuto modo di rimarcare che “è diffusa l’opinione (e la si rinviene spesso negli atti giudiziari) che i poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto nascano necessariamente da una delega.
Al contrario, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto.”
Infatti “ la delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato.”
In tale ottica “la delega, quindi, determina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2022 n.34943).
E ancora, poiché ripetutamente tra le argomentazioni difensive dei datori di lavoro vi è quella secondo cui essi, nominando l’RSPP, avrebbero trasferito a lui i loro obblighi penali in relazione ad esempio alla valutazione dei rischi, la Cassazione ha frequentemente modo di ribadire il consolidato principio secondo cui “la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è, dunque, sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (cfr. sez.4 n.24958 del 26/4/2017, Rescio, Rv.270286, in cui la Corte ha precisato che il RSPP svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale).” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 25 giugno 2021 n.24822).
Concludiamo con una interessante considerazione, che viene portata alla nostra attenzione dalla Suprema Corte, sulla posizione di garanzia del soggetto che abbia ricevuto una delega priva dei requisiti formali (nella fattispecie, la forma scritta dell’atto di delega).
In proposito, la Corte anzitutto ricorda che “in ogni caso la delega di cui all’art.16 d.lgs.81/2008 deve possedere i requisiti formali che le sono propri e deve, pertanto, come stabilito dal comma 1) lett.re a) e c) essere redatta ed accettata per iscritto.”
Fatta tale premessa, la Cassazione prosegue sottolineando che “in assenza di una simile formalizzazione il datore di lavoro resta diretto titolare della posizione di garanzia in relazione agli obblighi prevenzionistici.”
Ciò premesso, a questo punto è importante quanto segue: “ed invero, il principio di effettività, che informa gli obblighi prevenzionistici dettati dal d.lgs 81/2008, se vale ad elevare a garante colui che di fatto assume e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, non vale a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge; se nonostante tale carenza il delegato verrà chiamato a rispondere del proprio operato sarà in quanto egli ha assunto di fatto i compiti propri del datore, del dirigente o del preposto, e non per la esistenza di una delega strutturalmente difforme dal modello normativo.”
Secondo tale logica, “correlativamente, il delegante “imperfetto” manterrà su di sé tutte le funzioni prevenzionistiche che l’atto non è valso a trasferire ad altri e i suoi doveri non si ridurranno all’obbligo di vigilanza di cui all’art.16 d.Lgs. cit ..” (Sez.4, Sentenza n.22246 del 28/02/2014, in motivazione).” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 7 luglio 2021 n.25764).
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: ANDREA ROTELLA - likes: 0 | 21/12/2023 (08:51:05) |
Ritengo completamente condivisibile l'interpretazione dell'autrice. Il tema attorno a cui, tuttavia, ruotano molte delle discussioni odierne è se, con riferimento alla figura del preposto - ferma restando la giustezza dell'analisi da lei condotta - l'"incarico", a valle del quale procedere all'"individuazione", debba essere formale. Questo l'articolo non lo esplicita chiaramente. Personalmente ritengo che no, non debba essere né formale, né formalizzato. Può essere un incarico verbale, sostenuto dal riconoscimento del potere di sovraordinazione del soggetto incaricato da parte del DdL e del dirigente, analogamente a quanto accade con la figura del dirigente prevenzionistico la cui genesi non è assistita da specifiche lettere, comunicazioni, bolle papali, ecc. Ciò che oggi la norma ulteriormente richiede, per il solo ruolo di preposto, è che questo incarico - ancorché informale - venga anche riportato da qualche parte, la cosiddetta "individuazione", ad esempio attraverso l'inserimento dei nominativi incaricati all'interno di un organigramma, operando una "fotografia" dell'esistente. Ciò che, in sostanza, è l'aspetto dirimente per coloro i quali devono adempiere alla norma è che non è necessaria una dazione di incarico accettata o controfirmata per iscritto. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 21/12/2023 (11:57:47) |
Andrea, concordo con te. Non serve la dazione d'incarico. Ad esempio, nel settore edile, l'individuazione avviene tramite l'indicazione, tra i contenuti minimi previsti dall'allegato XV (p. 3.2.1 lett. a6), del nominativo del capocantiere. |
Rispondi Autore: Wells - likes: 0 | 21/12/2023 (19:25:47) |
Trattandosi dell'individuazione di un ruolo che già un lavoratore svolge - in quanto esercita un potere gerarchico e funzionale su almeno un lavoratore - non c'è bisogno di "una dazione accettata o controfirmata per iscritto". Non c'è, infatti, nulla da accettare da parte del preposto (un manager firma per caso l'accettazione di una nuova risorsa che viene assegnata?). Però va fatto per iscritto, almeno nel DVR, altrimenti non si capisce come il DL potrebbe dimostrare di averlo fatto e il preposto di averlo saputo. |