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Le responsabilità dell’RSPP per la valutazione dei rischi del cantiere

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 1° settembre 2025 n.30039, la Corte questo mese ha confermato la condanna - tra i numerosi soggetti imputati - dell’RSPP di un’impresa subappaltatrice per inadeguata elaborazione del Piano Operativo di Sicurezza, a seguito dell’infortunio mortale occorso ad un operaio dipendente di tale ditta operante presso il cantiere dell’“Isola 6” di una Raffineria.
L’infortunio si era verificato “durante lo svolgimento di lavori di cantiere finalizzati al potenziamento della Linea P2, che erano stati avviati nel 2005 e poi sospesi”, per essere successivamente ripresi a partire dal 28 maggio 2012.
L’impresa affidataria P. S.r.l. “aveva subappaltato alla C.S. Srl (impresa esecutrice) l'esecuzione di lavori meccanici, comprendenti la saldatura dei tubi e la loro movimentazione.”
Così, il 28 novembre 2012 era accaduto che, “durante le fasi conclusive di un’operazione di movimentazione di tubi di acciaio, del diametro di 36 pollici, con lunghezza pari a circa 24 metri e peso di quasi otto tonnellate ciascuno, sei dipendenti della C.S.” (due autisti gruisti, un capoturno in qualità di preposto e tre operai) “stavano procedendo al sollevamento dei due tubi per caricarli sul pianale di un autocarro articolato, che avrebbe dovuto trasportarli nella zona ingresso merci del pontile principale della Raffineria.”
A circa un metro e mezzo di distanza dai tubi oggetto di movimentazione, che erano stati saldati in loco e collocati parallelamente l’uno all’altro, “si trovava una catasta composta da 19 tubi della medesima tipologia, disposti su vari livelli con una conformazione a piramide”, la quale catasta, dopo che gli operai - a seguito del caricamento - erano tornati a piedi presso l’area di prefabbricazione e stoccaggio dell’Isola 6, aveva travolto mortalmente uno di loro.
Va precisato che l’Isola 6 “era parte del cantiere mobile, come tale assoggettata alle norme di cui al Titolo IV T.U.n.81/2008 non solo quando vi furono trasferite le attività di saldatura ma anche prima quando vi si svolgevano le sole attività di stoccaggio e movimentazione” (per approfondimenti sul punto si rinvia alla sentenza integrale).
Il riferimento è al fatto che, “in data 16 ottobre 2012, un incendio alla radice pontile del Porto Isola di G. aveva danneggiato l’area dove la C.S. Srl effettuava le saldature; l’attività di saldatura veniva trasferita in “Isola 6”.
Circa due settimane prima dell’infortunio, poi, “durante una riunione di sicurezza e coordinamento, il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, ing…., richiedeva alla C.S. Srl un’integrazione del Piano operativo di sicurezza (POS) che ricomprendesse anche le nuove attività di saldatura. L’integrazione veniva adempiuta il [giorno prima dell’infortunio, n.d.r.], con validazione dello stesso piano alle ore 15:01 del 28 novembre 2012, giorno dell’incidente.”
La Cassazione sottolinea che “il fatto che la catasta crollata subisse già da tempo gli effetti dell’incuria, precedenti all’affidamento dell’appalto… non poteva valere ad escludere la responsabilità della ditta appaltatrice e di quella subappaltatrice.”
Ciò in quanto, “nel caso in cui diverse imprese assumano in appalto o in subappalto l’esecuzione di opere che, per la loro natura, impongano l’utilizzo di strutture già precedentemente installate, sussiste l’obbligo, per ciascun imprenditore, di controllare che l’installazione delle stesse risulti conforme alla vigente normativa antinfortunistica, posto che tale obbligo grava su tutti coloro ai quali compete la direzione dei lavoratori.”
Soffermiamoci a questo punto sul tema specifico relativo alle responsabilità penali dell’RSPP dell’impresa subappaltatrice C.S. S.r.l. - quale “autore del POS in data 6/2/2012 e della sua revisione in data 19/11/2012” - la cui posizione di responsabilità, come anticipato, è stata riconosciuta accanto a quella di numerosi altri soggetti, nell’ambito di una lunga catena di omissioni.
La Corte premette anzitutto che “il RSPP riveste una posizione peculiare nell’organizzazione aziendale della sicurezza, caratterizzata da un ruolo prevalentemente consultivo e tecnico-valutativo.”
In giurisprudenza “è stato precisato che il soggetto incaricato della suddetta funzione può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta l’evento sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione”.
La Cassazione chiarisce che “il menzionato principio si fonda su una ratio di carattere sistematico: il RSPP, pur non disponendo di poteri decisionali diretti, è chiamato a svolgere una funzione di sentinella tecnica nell’ambito del sistema prevenzionistico aziendale” e “la sua responsabilità penale emerge quando, disponendo delle competenze tecniche necessarie, omette di rilevare situazioni di pericolo che rientrano nel suo ambito di osservazione professionale.”
In quest’ottica, dunque, tale soggetto “risponde dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate”.
La sentenza precisa che “questo orientamento riflette l’esigenza di evitare una responsabilizzazione eccessiva di figure puramente consultive, pur mantenendo ferma la necessità che l’expertise tecnica si traduca in un adeguato contributo alla sicurezza aziendale.”
Con particolare riferimento al “contesto specifico dei cantieri temporanei e mobili”, poi, secondo la Suprema Corte “la posizione del RSPP si inserisce in un quadro normativo articolato che vede la presenza di molteplici figure garanti (coordinatori per la sicurezza, datori di lavoro delle imprese esecutrici, preposti), ciascuna con specifici ambiti di competenza.”
Di conseguenza, “la responsabilità del RSPP in tale contesto deve essere valutata in relazione ai suoi specifici obblighi di collaborazione nella redazione del Piano Operativo di Sicurezza e di segnalazione delle situazioni di rischio che dovessero emergere nell’ambito delle sue competenze tecniche.”
Nel caso di specie oggetto della sentenza, a fronte del motivo di ricorso dell’imputato che “contesta l’interpretazione data dalla Corte al ruolo del RSPP, sostenendo che esso sarebbe limitato ad un ambito meramente consultivo e che non comporterebbe obblighi autonomi di verifica e segnalazione”, la Cassazione obietta che tale “impostazione difensiva rivela però una concezione riduttiva e non conforme all’evoluzione normativa e giurisprudenziale.”
Secondo la Corte, “l’art.33 del D.Lgs.81/2008 attribuisce infatti al servizio di prevenzione e protezione compiti di “individuazione dei fattori di rischio, valutazione dei rischi e individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro”” e “tali funzioni presuppongono necessariamente un’attività di analisi tecnica che non può essere meramente recettiva, ma deve comportare un contributo professionale qualificato.”
Inoltre, la pronuncia sottolinea che “il ricorrente tenta di scaricare ogni responsabilità sui coordinatori per la sicurezza, sostenendo che l’analisi dei rischi di accatastamento doveva essere svolta esclusivamente nell’ambito del PSC”; un’argomentazione, questa, che a parere della Cassazione “tradisce però una visione frammentaria del sistema prevenzionistico, che invece si basa su principi di coordinamento e integrazione tra i diversi documenti di sicurezza.”
Come rilevato dalla Corte d’Appello, “proprio perché il POS va calibrato sulle specifiche lavorazioni di competenza del subappaltante e tra queste vi era la movimentazione dei tubi accatastati in Isola 6, [l’imputato] non poteva ritenersi esentato dal verificare e segnalare se le condizioni della catasta riservassero rischi”.
Ciò in quanto - precisa la Cassazione - “il POS non è un mero adempimento formale che si limita a recepire le prescrizioni del PSC, ma deve contenere un’analisi specifica dei rischi connessi alle particolari modalità operative dell’impresa esecutrice”; e “quando il PSC presenta lacune (come nel caso in esame, dove non era stata considerata l’area Isola 6), il POS deve supplire a tali carenze attraverso un’adeguata valutazione dei rischi specifici.”
Nel caso specifico, “le lavorazioni affidate alla C.S. comportavano necessariamente la movimentazione di tubazioni accatastate da anni in condizioni di cui non era stata verificata la stabilità” e “tale circostanza era agevolmente desumibile dalla natura stessa delle lavorazioni e dal contesto operativo, che avrebbero dovuto indurre un tecnico qualificato, qual è il RSPP, a approfondimenti sulla effettiva stabilità della catasta senza necessità di specifiche comunicazioni.”
Infine, “la condotta del ricorrente non può essere giustificata dall’affidamento sulle valutazioni altrui (in particolare del coordinatore per l’esecuzione), atteso che il soggetto che riveste il ruolo di RSPP è chiamato a fornire un contributo tecnico autonomo e qualificato”.
A fronte di tale quadro, dunque, “l’aver [l’imputato] meramente trasposto valutazioni altrui senza un approfondimento critico costituisce di per sé una violazione degli obblighi professionali.”
Questa pronuncia non rappresenta un caso isolato nel panorama giurisprudenziale, dal momento che, nel corso degli anni, sono state emanate varie sentenze di Cassazione Penale che hanno condannato degli RSPP per inadeguate collaborazioni nella redazione dei Piani Operativi di Sicurezza.
Ad esempio, con Cassazione Penale, Sez.IV, 7 giugno 2022 n.21863, la Suprema Corte ha confermato la decisione con cui “M.V., tra gli altri, era stato condannato per omicidio colposo ai danni del lavoratore D.M. - nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) della C. s.r.l.”.
Era accaduto che il lavoratore infortunatosi, che era dipendente della C. s.r.l., era stato “incaricato di eseguire dei lavori sul tetto di un immobile da attrezzare per il montaggio di pannelli solari su un capannone di proprietà della C.O.U., su commissione della Soc. G. S.p.A.”
Dunque, “la vittima era salita sul tetto con un carrello elevatore e aveva iniziato ad apporre alcuni profilati metallici indicatigli dal capo cantiere, camminando sul tetto, nonostante questo fosse coperto di ghiaccio e brina che non consentivano di distinguere le parti calpestabili da quelle che non lo erano”.
La sentenza precisa che “le condizioni climatiche, ambientali e fattuali […] erano negative e avevano reso sconsigliabile l’inizio delle lavorazioni, la cui esecuzione avrebbe richiesto la predisposizione delle necessarie precauzioni a tutela della sicurezza dei lavoratori, mancanti nella specie, con specifico riferimento al pericolo di caduta dall’alto, stante l’assenza della previsione nel POS di tale rischio e la mancata predisposizione di linee vita cui ancorare la imbracatura indossata dagli operai, ma anche di una copertura con assi di legno o pallets da porre sui lucernari che ne erano privi.”
Si tenga in considerazione che il Tribunale, oltre all’imputato “aveva condannato anche il datore di lavoro (M.M., quale legale rappresentante dell’ente), inviato gli atti al pubblico ministero quanto al preposto (I.M.) e assolto invece il responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza nella progettazione e esecuzione (P.S.)”.
Focalizzandoci anche in questo caso sulla posizione di responsabilità dell’RSPP, a questi è stato contestato “di avere indicato nel POS la protezione dei lucernari orizzontali in difformità da quanto indicato nel PSC, in violazione degli artt.96, comma 1, d.lgs.n.81/2008; di avere, in violazione degli artt.115 e 111 stesso decreto legislativo, omesso di fornire indicazioni su come ancorare le cinture di sicurezza e di indicare nel POS il rischio di caduta dall’alto, anche in considerazione delle condizioni ambientali dovute alla stagione invernale”.
L’imputato “aveva apposto la sua firma sul POS, a nulla rilevando il dato che egli non potesse valutarne la correttezza o la circostanza che non avesse sottoscritto il piano cantiere; egli, infatti, aveva partecipato al sopralluogo sul posto, teatro dell’infortunio, quantomeno il 15/11/2011 e, quindi, dopo il contratto di subappalto tra C. e G.; nel presenziare alla riunione dello stesso giorno, aveva evidenziato le problematiche concernenti il rischio cadute dall’alto e aveva dato consigli al riguardo, approvando la decisione di sistemare i lucernari con bancali di legno.”
Di conseguenza, egli “era stato perfettamente consapevole della estrema pericolosità del lavoro e, anche se non aveva materialmente redatto il POS del 17/11/2011, non poteva ignorarne il contenuto, sebbene gli atti fossero stati trasmessi solo tra A. e S.”
In conclusione, “dunque, avrebbe dovuto sincerarsi della conformità del POS a quanto convenuto e ai consigli che lui stesso aveva dato. Di qui l’onere di attivarsi, segnalando la situazione deficitaria che sconsigliava l’inizio dei lavori.”
Infine, sempre a titolo di esempio, ritengo utile richiamare anche Cassazione Penale, Sez.IV, 13 luglio 2018 n.32227, con cui la Corte ha confermato la condanna di F.G. per omicidio colposo “ai danni del lavoratore K.D., aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.”
In particolare, “si è contestato al F.G. di avere cagionato, in concorso con altri, nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) della società F. a r.l., la morte, conseguita a lesioni politraumatiche da schiacciamento, del lavoratore dipendente di quell’ente, il predetto K.D., mentre era impegnato in attività lavorativa svolta presso lo stabilimento di Castegnato (BS) dell’appaltante O. S.p.A in base ad un appalto per la costruzione e il montaggio di elementi speciali di carpenteria.”
Questa la ricostruzione dell’accaduto: “l’uomo era impegnato da solo a movimentare un pezzo di rilevanti dimensioni servendosi di un carroponte; il carico era stato agganciato in maniera errata e pericolosa e si era pertanto sganciato, investendo il lavoratore posizionato in prossimità del pezzo, al comando della pulsantiera a filo.”
A fronte di tale dinamica infortunistica, “al F.G. si è rimproverato, nell’ambito della valutazione dei rischi, condensata nel Piano Operativo di Sicurezza, di non aver individuato quelli di investimento connessi alla movimentazione di pezzi di carpenteria mediante carroponte e di non aver fornito alcuna indicazione sulle relative misure di prevenzione.”
Nel rigettare il ricorso dell’imputato, la Cassazione precisa che “il F.G. era stato nominato R.S.P.P. con atto in data 01/02/2010” e “in base all’incarico ricevuto, egli doveva elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali, senza alcuna limitazione con riferimento a particolari attività o siti lavorativi.”
Inoltre, “quanto alla circostanza allegata a difesa, secondo cui il F.G. neppure conosceva il sito di Castegnato, la Corte ne rileva ancora una volta la inverosimiglianza e la incongruenza sia con il contenuto dell’incarico affidatogli, che non contemplava alcuna limitazione in ordine a specifici siti lavorativi, che con la durata dello svolgimento dell’attività F. presso quel cantiere.”
Non è condivisibile neanche “il dubbio posto dall’argomentazione difensiva secondo cui il POS acquisito sarebbe stato artatamente predisposto dalla stessa F. [la Società], servendosi di quello relativo al cantiere di Pordenone, rivendicato dal F.G. come proprio”.
La Corte d’Appello, infatti, “nel rilevare che il F.G. era solito utilizzare lo stesso “canovaccio” di POS per più cantieri (dato che ha ricavato dal semplice raffronto tra il POS di Porto Marghera e quello riguardante il cantiere di Castelmella, aventi identico contenuto, eccezion fatta per la sede e il nome dei responsabili e dei lavoratori), ha ritenuto che tale fosse il modus operandi dell’imputato.”
A ciò si aggiunga, infine, che, “quanto ai corsi di formazione, poi, la Corte distrettuale ha specificato che, tra la documentazione acquisita, vi erano anche i documenti relativi ai corsi effettuati dal F.G. ai dipendenti F. presso la sede della ditta, lo svolgimento dei quali era stato in parte smentito da alcuni lavoratori escussi.”
Trattasi di un argomento che “la Corte ha utilizzato per svalutare l’attendibilità stessa del riferito dell’imputato, considerato altresì che la firma risultante dal POS era del tutto simile a quelle apposte dal F.G. sul verbale di ispezione dell’01/03/2012 anzidetto e sui documenti riguardanti lo svolgimento dei corsi.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

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Pubblica un commento
Rispondi Autore: Luigi ![]() | 25/09/2025 (08:08:52) |
Ottima disamina. Aggiungo: figuriamoci le responsabilità in gioco quando abbiamo imprese edili nelle quali il datore di lavoro è anche RSPP ......... e, nella maggior parte dei casi, non sa nemmeno quali siano i compiti del RSPP ! |
Rispondi Autore: vincenzo ![]() | 25/09/2025 (10:51:53) |
Leggo.....In giurisprudenza “è stato precisato che il soggetto incaricato della suddetta funzione può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta l’evento sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione”..... quindi stiamo equiparando RSPP al DDL..... !?! |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani ![]() | 25/09/2025 (11:25:25) |
Al sig. Vincenzo: nel testo che lei ha riportato non c'è alcuna equiparazione. Uno segnala, l'altro agisce (semplificando un po'...). Se uno NON segnala ciò che doveva segnalare, non è equiparato a chi poi deve agire, semplicemente è colpevole della sua omissione (a prescindere da eventuali ulteriori corresponsabilità del datore di lavoro se era comunque al corrente del rischio ecc. Aspetto che qui non interessa). Un saluto |
Rispondi Autore: Carlo ![]() | 25/09/2025 (12:12:35) |
Nel caso in cui l'azienda non informa l'RSPP dell'avvio di attività per cui il datore di lavoro deve predisporre il POS, quali responsabilità potrebbero essere addossate allo stesso RSPP che non viene chiamato a collaborare alla disamina dei rischi di quel lavoro? Secondo me nessuna, ma attendo pareri più autorevoli del mio. |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani ![]() | 25/09/2025 (14:13:19) |
Riprovo a rispondere io (mi sento in vena...) Al sig. Carlo: l'importante è che l'RSPP possa dimostrare in modo inequivoco che non è una sua negligenza ma una volontà del datore di lavoro, questo è il concetto ovviamente un po' generico ma sicuramente essenziale. Poi nel dettaglio si tratta di vedere come è dimostrato quanto sopra: cioè di non essere stato messo al corrente ma anche di non aver avuto effettivamente alcun modo di saperne nulla, oppure di averlo saputo ma di essere stato impedito/bloccato nel fare quanto previsto dalla legislazione (il tutto sempre con evidenze scritte, per evitare faticose indagini che -fastidio a parte- potrebbero non confermare tutto quanto con la stessa facilità/certezza di un testo formale) |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini ![]() | 25/09/2025 (15:55:49) |
Eccellente articolo, per la cui comprensione è però necessaria la conoscenza anche minima del codice penale, materia assente nei corsi previsti per le varie figure della sicurezza o insegnata da chi non l'ha studiata alla università e/o praticata perché non esercita la professione firense. Sentenza Cass. pen., Sez. IV, 28 novembre 2022, n. 45135 – responsabilità condivisa di RSPP e datore di lavoro Nel caso oggetto della Cass. pen. Sez. IV, 28 novembre 2022, n. 45135, la Corte ha confermato la condanna di un RSPP, in concorso con il datore di lavoro, per lesioni personali colpose aggravate (art. 590, commi 1 e 3 c.p.), in ragione del fatto che: - non aveva disposto i controlli periodici su funi e catene usate per il sollevamento; - non aveva segnalato la carente manutenzione di tali componenti (violazione anche dell’art. 56 D.Lgs. 81/2008); - non aveva incluso nel piano di sicurezza (DVR) adeguate previsioni sulla manutenzione delle catene e verifiche. Massima (estratta dalla motivazione): > «Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere considerato responsabile del verificarsi di un infortunio, anche in concorso col datore di lavoro, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.» |
Rispondi Autore: La Redazione ![]() | 26/09/2025 (10:39:27) |
Informiamo i lettori che abbiamo rimosso i commenti che non rispettavano la nostra Policy. Invitiamo chi avesse dei dubbi a rileggerla. Cordiali saluti, Redazione PuntoSicuro |
Rispondi Autore: Luca ![]() | 28/09/2025 (22:44:03) |
E pensare che la stragrande maggioranza dei RSPP di imprese edili é praticamente convinta di godere dell'immunità.... Basti pensare alle migliaia e migliaia di pIccole imprese dove RSPP esterni assumono l'incarico per pochi euri perche hanno il ritorno sulla quantità... convintissimi che non serve approfondire le decine, centinaia di POS delle proprie imprese. È una responsabilià che segnalo da decenni ed in cambio ho spesso ricevute risposte disarmanti.. Complimenti all'autrice per l"articolo, forse adesso in edilizia ci sarà qualcuno in più che prendera un poco piu sul serio il ruolo di RSPP. |