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Le responsabilità del datore di lavoro per la caduta dal trabattello

Le responsabilità del datore di lavoro per la caduta dal trabattello
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sentenze commentate

04/06/2019

Una sentenza della Corte di Cassazione si sofferma su una caduta dal trabattello fornito dal committente e sulle responsabilità per la carenza di protezioni e la mancanza di un’adeguata formazione del lavoratore infortunato.

 

Roma, 4 Giu – In relazione ai rischi elevati di caduta dall’alto e alla necessità di fare crescere il livello di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, nel 2018 l’Inail ha pubblicato un utile aggiornamento dei “ Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili” e ha affrontato anche il tema della sicurezza dei trabattelli, torri mobili costituite da elementi prefabbricati che presentano uno o più impalcati di lavoro e appoggiano a terra permanentemente su ruote. 

 

Per conoscere alcuni eventi incidentali collegati all’ uso dei trabattelli e fornire informazioni sulle responsabilità correlate alla violazione delle norme antinfortunistiche in caso di caduta dai trabattelli, possiamo fare riferimento ad una recente sentenza della Corte di Cassazione.

 

Nella sentenza n. 46407 del 12 ottobre 2018 si fa infatti riferimento ad un infortunio relativo ad una caduta da un trabattello e alla mancanza di protezioni e di adeguata formazione.

 

L’evento infortunistico e il ricorso

Le indicazioni della Cassazione

Le conclusioni della Cassazione


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Formazione dei lavoratori - rischi specifici (art. 136 c. 8 D. Lgs. 81/2008, allegato XXI)
 

L’evento infortunistico e il ricorso

Nella pronuncia della Cassazione si indica che la Corte di Appello di Messina ha confermato la decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che “aveva riconosciuto S.G., quale datrice di lavoro, responsabile del reato di lesioni personali gravi con violazione delle norme antinfortunistiche occorse al proprio dipendente C.P. il quale era precipitato al suolo mentre si trovava ad operare sulla sommità di un trabattello, e la aveva condannata alla pena di mesi sei di reclusione”.

In particolare alla S.G. veniva contestato “di avere omesso le cautele necessarie ad evitare cadute dall'alto, per non avere fornito al lavoratore parapetti di protezione e cinture di sicurezza o altri mezzi di protezione, non fornendo altresì allo stesso idonea formazione ed addestramento per utilizzare correttamente e in sicurezza lo strumento di lavoro”.

 

Inoltre il giudice di merito ha evidenziato come il dipendente “fosse caduto dall'unico lato aperto del trabattello in quanto si era creato un distacco tra esso e la parete sulla quale operava il lavoratore, distacco verosimilmente dovuto a un inefficace bloccaggio delle ruote e in ogni caso il lavoratore si era trovato ad operare in condizione di instabilità e scarsa sicurezza, tenuto inoltre conto che il trabattello non era in dotazione della impresa esecutrice delle opere, che era mancata altresì una adeguata formazione e che comunque non sera stato svolto alcun effettivo controllo da parte del titolare della impresa sulla esecuzione degli interventi, tanto più necessario stante la instabilità del piano di impalcato del trabattello”. E si escludeva che “l'eventuale comportamento imperito o disattento del lavoratore fosse in grado di interrompere la serie eziologica attivata dal comportamento omissivo di chi rivestiva la posizione di garanzia, trattandosi comunque di condotta non eccentrica od esorbitante la sfera di rischio gestita da suddetto garante”.

 

Contro la sentenza si proponeva ricorso per cassazione con un duplice motivo di ricorso:

  • si indicava che le dichiarazioni della persona offesa “si scontravano, in relazione alle ragioni della caduta, da quelle del teste B. e che le argomentazioni utilizzate per riconoscere la instabilità del piano di calpestio del trabattello erano meramente apparenti e congetturali e che le contestazioni di colpa generica rivolte alla S.G. si risolvevano in petizioni di principio prive comunque di concreta verifica delle concrete misure di salvaguardia idonee a prevenire il verificarsi di cadute, così come sarebbe risultata vana qualsiasi attiva vigilanza a fronte della condotta disattenta del lavoratore”;
  • si deduceva “mancanza di motivazione in punto a richiesto giudizio di prevalenza tra circostanze di segno opposto e in relazione alla mancata esclusione della parte civile, che risultava essere stata risarcita”.

 

 

Le indicazioni della Cassazione

Rimandiamo alla lettura integrale della sentenza che ribadisce nel dettaglio - riguardo al vizio motivazionale – che “compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti”.

E deve prendersi atto del fatto – continua la Cassazione - che “la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dalla ricorrente, atteso che l'articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità della ricorrente, mentre le censure da questa proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale”.

 

Si indica poi che sotto il profilo della colpa “è stato adeguatamente evidenziato dai giudici di merito che il lavoratore era intento a svolgere un'attività lavorativa con mezzo inadeguato, instabile, fornito dalla ditta committente in assenza di protezioni sul lato della caduta (balaustra) e in assenza di altri mezzi di fissaggio o di aggancio (cinture di sicurezza e funi) e che la caduta era avvenuta nella perpendicolare del disallineamento tra il trabattello, lato parete e la stessa parete che il lavoratore stava intonacando, circostanza questa che, con argomentazione del tutto logica, il giudice distrettuale, riconduceva ad un inadeguato bloccaggio delle ruote dell'impalcatura mobile”.

E con apporto motivazionale il giudice di appello evidenziava, inoltre, “la carenza di formazione nell'utilizzo del mezzo, stante l'inadeguatezza della modulistica depositata dal datore di lavoro e, soprattutto, l'assenza di vigilanza nello svolgimento dell'attività lavorativa, di talché il rispetto delle norme antinfortunistiche finiva per essere rimesso all'iniziativa dello stesso dipendente”.

 

In particolare il giudice di appello ha evidenziato “come il datore di lavoro, pure avendo ottenuto una sorta di liberatoria dai propri dipendenti in ordine alla dotazione di strumenti antinfortunistici (pur nella contestazione dell'autenticità della sottoscrizione), di fatto avesse eluso gli obblighi di sicurezza a suo carico, i quali non si arrestano alla acquisizione dei presidi volti ad assicurare la protezione dei singoli dipendenti ma, come prescrive la disposizione normativa richiamata nel capo di imputazione, impongono la vigilanza sulla loro integrale e corretta utilizzazione, in quanto il datore di lavoro non deve solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle”.

 

In relazione poi alla deduzione dell’eventuale comportamento abnorme del lavoratore, è stato evidenziato “che la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento”. E – come ricordato anche in molti articoli del giornale – la Suprema Corte “ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.IV, 28.4.2011 23292; 5.3.2015 n. 16397)”. E non pare dubbio “che il lavoratore sia stato intento alla esecuzione di un compito allo stesso assegnato, in quanto rientrante nell'ambito di attribuzioni che gli venivano richieste”.

 

Le conclusioni della Cassazione

Rimandando anche ai dettagli della dichiarata inammissibilità del secondo motivo di ricorso, “meramente ripropositivo di analoga censura in appello”, la Corte di Cassazione conclude che il ricorso deve pertanto “essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica la sentenza da cui è tratto l’articolo:

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46407 - Caduta dal trabattello fornito dal committente. Mancanza di protezioni e di adeguata formazione.

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