La selezione dell’idoneità di piccole imprese e artigiani: sentenze
La verifica della coerenza tra l’oggetto sociale dell’impresa appaltatrice e la natura dei lavori affidati
Con una sentenza di circa due mesi fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 14 maggio 2021 n.18949) la Corte ha confermato la condanna di “M.F. colpevole del reato di lesioni colpose gravi aggravate dalla inosservanza di disciplina antinfortunistica nei confronti del lavoratore N.D.”
In particolare ad M.F. era stato contestato di avere “incaricato la ditta appaltatrice E.M. di E.S. della esecuzione di interventi edili consistenti nel consolidamento statico di un fabbricato, costituito da abitazione principale e fienile posto su due piani, e in particolare della demolizione e della ristrutturazione dell’intero tetto senza accertarsi della idoneità tecnico professionale della ditta incaricata, della verifica delle dotazioni tecniche necessarie per lo svolgimento, omettendo in particolare di acquisire e valutare la visura camerale e il certificato di iscrizione al CCIAA della dita appaltatrice, da cui sarebbe stato possibile risalire all’oggetto sociale dell’impresa che non era coerente con la natura delle prestazioni richieste”
Dunque, il committente M.F. è stato riconosciuto colpevole “per avere omesso di verificare le capacità organizzative, le dotazioni e la forza lavoro occupata della impresa incaricata, laddove il tetto era vecchio e pericolante, il lavoro doveva svolgersi in quota e richiedeva la movimentazione di carichi di notevole massa e dimensioni e necessitava di mezzi e forza lavoro adeguati.”
Può essere utile specificare che il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice è stato “separatamente giudicato in relazione ai profili organizzativi e gestionali della sua impresa, in ragione della mancata preventiva individuazione delle potenziali fonti di pericolo derivanti dalla lavorazione e della organizzazione della prestazione lavorativa da parte dei dipendenti.”
Tornando alla posizione del committente, la sentenza evidenzia come “la responsabilità del M.F. risieda nella colpevole selezione, che solo ad esso competeva, di una impresa artigiana per un lavoro non minimale, ma che necessitava di una organizzazione di persone e mezzi non trascurabile per procedere alla demolizione di un tetto pericolante, alla messa in sicurezza dell’area e della copertura ed alla distribuzione dei compiti lavorativi in modo da salvaguardare la stabilità della costruzione e la sicurezza dei lavoratori.”
Secondo la Cassazione, “con motivazione puntuale e coerente alle risultanze processuali e richiamando la documentazione della Camera di Commercio e dell’iscrizione dell’impresa al registro delle imprese, la Corte di Appello ha posto in rilievo le inadeguate dimensioni artigianali dell’azienda E.M., non adusa ad impegni di tale consistenza, laddove il titolare era sostanzialmente un artigiano esperto in lavori di ristrutturazione interna, quali la posa di pavimenti, rivestimenti, piastrelle e piccola carpenteria in legno, come era peraltro emerso all’esito dell’esame testimoniale, a nulla rilevando a giustificazione dell’errore del committente nella scelta dell’impresa che il direttore dei lavori non avesse obiettato alcunché, non risultando da nessun atto processuale che la impresa dell’appaltatore gli fosse stata segnalata dai professionisti di cui il M.F. si era avvalso per la progettazione e la direzione dei lavori.”
La Corte richiama a questo punto l’attuale orientamento della stessa, sottolineando che “la giurisprudenza di legittimità è pacifica nel riconoscere la responsabilità del committente, quale titolare ex lege di una autonoma posizione di garanzia, idonea a fondare la responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa […] sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro […] poiché l’obbligo di verifica di cui all’art.90, lett.a), d.lgs.9 aprile 2008, n.81, non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (sez.4, 22.9.2020, Olivieri Gianfranco, Rv.280049).”
E’ interessante, infine, il passaggio della sentenza che puntualizza che nel caso di specie la “ responsabilità del committente per la scelta dell’impresa non è esclusa dalla concorrente responsabilità dell’imprenditore per le scelte gestionali, atteso che la posizione di garanzia del committente, come evidenziato dalla giurisprudenza richiamata, viene in considerazione a monte, e cioè al momento in cui viene scelto il soggetto incaricato dell’esecuzione dell’opera e non viene esclusa o limitata dall’insipienza o dalla incapacità organizzativa o tecnica dell’imprenditore, che al contrario rappresentano la conferma dell’errore di scelta del committente”.
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L’obbligo di verifica della struttura organizzativa dell’impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell’opera
Con una sentenza dell’anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 16 ottobre 2020 n.28728) la Suprema Corte ha confermato la condanna di G.O. per avere, “nella qualità di committente, cagionato lesioni personali a M.P., caduto dal tetto del capannone di sua proprietà, oggetto di interventi di manutenzione, ove era salito senza alcuna precauzione, con colpa consistente nell’aver commissionato l’incarico di riparazione senza alcuna verifica della idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice di J.M., di cui pure è stata accertata la penale responsabilità”.
In particolare la Corte non ha accolto - tra gli altri - il motivo di ricorso con cui l’imputato ha contestato di avere, “prima di affidare l’incarico, controllato l’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese.”
Infatti, secondo la Cassazione, “il rispetto di tale obbligo non può ridursi al controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo, ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell’impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell’opera commissionata - in particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell’effettiva disponibilità, da parte dell’appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza”.
Responsabilità per omicidio colposo di più committenti per aver affidato un lavoro oggettivamente pericoloso ad un artigiano “ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa”
A questo punto la sentenza n.28728/2020 richiama un precedente di qualche anno fa (Cassazione Penale, Sez. III, 26 aprile 2016 n.35185) avente ad oggetto una “fattispecie, relativa alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall’alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza).”
Viene ulteriormente specificato che “nella scelta della ditta da incaricare di un lavoro particolarmente pericoloso l’imputato ha individuato un artigiano, privo di specifiche competenze tecniche in ordine al lavoro in concreto da svolgere, relativo alla riparazione di lastre in eternit, dopo averlo incaricato inizialmente della diversa attività di ricerca di una perdita d’acqua nel bagno, a conferma della totale assenza di una valutazione del rischio della specifica attività richiesta e della mancanza dei relativi presidi anti-infortunistici e della mancata valutazione circa la necessità di incaricare del lavoro una ditta specializzata”.
Responsabilità del datore di lavoro di una s.p.a. per aver affidato un lavoro da svolgersi in quota ad una impresa individuale la quale lo ha subappaltato (senza autorizzazione) ad un operaio (precipitato da 8 metri) titolare di una ditta artigiana individuale
Concludiamo questa breve rassegna - condotta come sempre senza pretese di esaustività - proponendo una sintesi di Cassazione Penale, Sez.IV, 19 gennaio 2018 n.2332, con cui la Corte ha confermato la condanna di M.G. per avere, quale datore di lavoro della F. S.p.a. e committente di opere, cagionato il decesso dell’operaio A.K.
Nello specifico, “A.K. stava provvedendo alla impermeabilizzazione della copertura del capannone della ditta F. ma, poiché la fiamma del cannello che stava utilizzando aveva appiccato il fuoco ad un lucernaio in plexiglass, lo stesso, a causa dell’incendio, indietreggiava e cadeva sul lucernaio retrostante che, non idoneo al calpestio, si sfondava, sicché il malcapitato precipitava dall’altezza di otto metri”.
La sentenza premette che “la s.p.a. F., di cui M.G. era amministratore delegato, aveva affidato i lavori di impermeabilizzazione alla impresa individuale D.A. di D.A., il quale aveva dato a disposizioni ad A.K., formalmente non dipendente di alcuno ma titolare di una ditta artigiana individuale, di provvedere al lavoro in quota.”
Va precisato che, oltre a quella di M.G., “è stata affermata la penale responsabilità di D.A., sotto molteplici profili (principalmente, ma non esclusivamente, per la mancata messa a disposizione dell’operaio, sostanzialmente subordinato, di presidi di sicurezza per il lavoro in quota, quali reti di protezione, soppalchi con tavole o linee-vita, e per non avere segnalato i lucernai non calpestabili)”.
E “quanto alla posizione di M.G., si è ritenuto da parte dei Giudici di merito […] che lo stesso sia stato negligente nella verifica della idoneità tecnico-professionale della ditta cui aveva affidato i lavori, sotto plurimi aspetti:
l) perché dalla visura presso la camera di commercio risultava che la ditta D.A. non aveva dipendenti e ciò avrebbe dovuto indurre il committente, che non aveva autorizzato alcun subappalto, sia a chiedersi chi fossero gli uomini visti lavorare sul tetto, quindi in quota, e ritenuti, come emerso dall’istruttoria, “uomini di D.A.”, sia ad interrogarsi sulla idoneità del solo D.A., che risultava imprenditore individuale, a realizzare da solo tutti i lavori commissionati;
2) perché l’esiguo preventivo della ditta D.A. appariva palesemente inidoneo a coprire gli oneri della sicurezza, con la conseguenza che la F. avrebbe dovuto chiedere chiarimenti al riguardo - cosa che non risulta fatta - anche perché il rischio di caduta dall’alto, di persone o di cose, trattandosi di lavori di impermeabilizzazione di una copertura ad otto metri di altezza era immediatamente percepibile a chiunque e non era specifico della sola ditta appaltatrice né esclusivo ad essa, esistendo, in realtà, pericolo anche per i dipendenti F. che agivano in basso nella zona sottostante […]”.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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