La responsabilità per un infortunio dovuto a un cancello non a norma
Un’altra sentenza questa che si commenta con la quale la Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi ancora una volta sulla nozione, elaborata dalla giurisprudenza, di abnormità del comportamento di un lavoratore rimasto vittima di un infortunio o di una condotta comunque atipica e tale da interrompere il nesso di causalità fra l’omissione di una misura di sicurezza e l’evento lesivo verificatosi. In merito la suprema Corte ha avuto modo di ribadire che si ha una interruzione del nesso causale tra condotta omissiva ed evento rilevante ai sensi dell’art. 41 del codice penale quando interviene un ulteriore fattore causale che inneschi un rischio nuovo rispetto a quello originario attivato dalla condotta stessa e che l'esistenza del rapporto di causalità può escludersi unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento lesivo fermo restando che il comportamento del lavoratore si deve considerare abnorme quando, per la sua stranezza e imprevedibilità, si pone al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.
L’evento e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha assolto dal reato di omicidio colposo ascrittogli, per insussistenza del fatto, il titolare di una azienda agricola accusato di avere installato un cancello privo dei requisiti di sicurezza e che scorreva su di un binario danneggiato e di aver cagionato, per colpa generica, la morte di una donna che, nel tentativo di soccorrere il marito che stava rischiando di essere travolto dal predetto cancello fuoriuscito dal binario per le improvvise folate di vento, era rimasta schiacciata dal manufatto, riportando lesioni gravissime che l’avevano condotta alla morte.
La Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado appellata dal Procuratore della Repubblica e dalla costituita parte civile, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del predetto imputato in ordine al reato in iscrizione, perché estinto per prescrizione, e ritenuto il concorso di colpa della persona offesa nella misura del 60%, ha affermata la responsabilità del titolare dell’azienda agli effetti civili, condannandolo al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio.
Il Collegio, pur rilevando che la condotta posta in essere dalla vittima e dal coniuge, i quali avevano manualmente sollevato il cancello per riposizionarlo sul binario in assenza di un fermo e in condizioni meteorologiche avverse era risultata alquanto rischiosa, non ha ritenuto che il loro comportamento fosse stato atipico e rientrante nella nozione di abnormità elaborata dalla giurisprudenza sottolineando peraltro che già in precedenza il cancello era fuoriuscito dal binario per cui il tentativo di ripristino non era apparso come insensato.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello sostenendo di non essere stato causa dell'evento lesivo e osservando che il Tribunale aveva affermato che la persona offesa, essendosi esposta volontariamente al pericolo, aveva causata la sua morte, pure a fronte del fatto che il cancello non fosse mantenuto in buone condizioni. A sostegno di quanto sostenuto il ricorrente ha anche richiamate le conclusioni del consulente del pubblico ministero, il quale aveva chiarito che l'operazione di sollevamento del cancello, posta in essere dai coniugi aveva determinata, in una con il forte vento, la caduta della struttura sulla donna e che in assenza della manovra di sollevamento il cancello non sarebbe caduto. L'imputato ha sottolineato ancora che l’azione dei due coniugi non era stata in alcun modo richiesta da lui e che la loro condotta abnorme non era collocata in un’area di rischio che poteva essere da lui governata.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso avanzato dall’imputato affermando che “sussiste una ‘interruzione’ della sequenza causale, rilevante ai sensi dell'art. 41 cpv. cod. pen., tra condotta ed evento, quando intervenga un ulteriore fattore causale, che inneschi uh rischio nuovo, rispetto a quello originario attivato dalla condotta”. La stessa Corte ha sostenuto altresì che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Nel campo della sicurezza del lavoro, infatti, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento e che deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Né un'eventuale colpa concorrente del lavoratore, ha aggiunto la suprema Corte, può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica.
La Sez. IV ha evidenziato altresì che la Corte di Appello aveva chiarito che la condotta posta in essere dalla vittima e dal coniuge, consistita nella sollevazione manuale del cancello che era fuoriuscito dal binario pur in assenza di un fermo e in condizioni meteorologiche avverse, era da qualificarsi sì come alquanto rischiosa ma non di meno tale azione aveva costituito un fatto atipico, così da essere qualificato come abnorme. La stessa Corte distrettuale, inoltre, aveva sottolineato che il cancello già in precedenza era fuoriuscito dal binario per cui il tentativo di ripristino da parte della vittima non era apparso come insensato e aveva escluso il carattere abnorme della imprudente condotta realizzata dalla persona offesa corsa in aiuto del coniuge, in considerazione della prassi sussistente nell'azienda agricola gestita dall'imputato, come accertata in giudizio.
La valutazione espressa dalla Corte di Appello, che ha escluso che l'azione della vittima potesse qualificarsi come fattore causale autonomo, ha così concluso la Corte di Cassazione, si è collocata nell'alveo dell'insegnamento espresso dalle Sezioni Unite ritenendo che la manovra della persona offesa non ha introdotto un rischio nuovo o esorbitante rispetto a quelli che il garante era chiamato a governare e che mal aveva governato. Nella sentenza impugnata, del resto, era stato evidenziato che l'imputato aveva installato un cancello non corrispondente alle specifiche di sicurezza; e che lo aveva mantenuto in condizioni precarie, in quanto privo di fermo in alto e con ammaccature sul binario a terra in almeno due punti.
Alla luce di quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo infondate le censure contenute nello stesso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile che ha liquidate in complessivi euro 2500 oltre accessori come per legge.
Gerardo Porreca
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