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La responsabilità dell’appaltatore per un rischio nell’area del committente

La responsabilità dell’appaltatore per un rischio nell’area del committente
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

06/03/2023

Gli obblighi dell’appaltatore non vengono meno per il semplice fatto che le lavorazioni si svolgano in un ambiente messo a disposizione dal committente, qualora il rischio da prevenire inerisca alla specifica lavorazione allo stesso commissionata.

È l’ennesimo infortunio dovuto alla caduta di un lavoratore dalla copertura di un capannone a seguito dello sfondamento di un lucernario in plexiglas l’oggetto di questa sentenza della Corte di Cassazione la quale ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro condannato nei due primi gradi di giudizio perché ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590, commi 1 e 2, cod. pen. per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella violazione della disposizione antinfortunistica di cui all'art. 28 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per avere, in particolare, omesso di valutare nel DVR il rischio relativo all'esecuzione dei lavori su coperture di edifici o capannoni industriali e per non avere previsto altresì l'utilizzo, per l'esecuzione di tali lavori, di attrezzature come ponteggi e trabattelli.

 

Avendo l’imputato basata la sua difesa sul fatto che la responsabilità per l’accaduto e le violazioni delle norme antinfortunistiche contestatogli si sarebbero dovute addebitare al committente gestore del capannone per non avere lo stesso informato il lavoratore del rischio specifico relativo a un'area di lavoro di sua pertinenza, la Corte suprema, nel rigettare il ricorso, ha precisato che correttamente i giudici di merito avevano considerato sussistenti le violazioni a suo carico sia dell'obbligo di valutazione del rischio che dell'obbligo di vigilanza, e che comunque gli obblighi del datore di lavoro non vengono meno per il semplice fatto che le lavorazioni si svolgano in ambiente messo a disposizione dal committente, qualora il rischio da prevenire inerisca non tanto alla conformazione dell'ambiente di lavoro quanto piuttosto alla specifica lavorazione commissionata all'appaltatore. In ogni caso, ha aggiunto la suprema Corte, i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia che è comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, essendo egli tenuto in quanto tale a verificare la sicurezza dei lavori affidatigli.

 

Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La Corte di Appello ha confermata la pronuncia con la quale il Tribunale aveva dichiarato il titolare di un’impresa di termoidraulica e impiantistica responsabile del reato di cui all'art. 590, commi 1 e 2, cod. pen. perché, in qualità di datore di lavoro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella violazione della disposizione antinfortunistica di cui all'art. 28 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, segnatamente nell'omettere di valutare nel DVR il rischio relativo all'esecuzione dei lavori in quota o su coperture di edifici o capannoni industriali e nell'omettere di prevedere l'utilizzo, per l'esecuzione di tali lavori, di attrezzature come ponteggi e trabattelli, aveva cagionato a un lavoratore dipendente, impiegato nell'esecuzione di un intervento di riparazione di un tubo dell'acqua posto sulla superficie di copertura  di un capannone, sede di una società industriale, lesioni personali tali da renderlo incapace di attendere alle ordinarie occupazioni per più di 40 giorni. Il lavoratore in particolare, muovendosi sulla copertura del capannone, aveva calpestato un lucernario in plexiglas, che si era sfondato facendolo precipitare da un'altezza di circa 6 metri.

 

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata e adducendo alcune motivazioni. La stessa ha sostenuto che il datore di lavoro non fosse a conoscenza dell'intervento in quota né dell’iniziativa del dipendente di farsi elevare, con mezzi di fortuna, sul solaio di copertura del capannone per controllare una tubazione danneggiata. La consapevolezza del datore di lavoro circa il fatto che dovesse essere eseguita una riparazione sul tetto del capannone era stata infatti desunta dal Tribunale da una lettera di incarico, apparentemente controfirmata per conoscenza dall'imputato. Tale missiva era stata considerata dalla Corte territoriale generica rispetto allo specifico intervento da eseguire sul capannone ma la stessa, ciononostante e sebbene fosse assente qualsivoglia contratto di appalto dei lavori che accennasse a interventi in quota, aveva ritenuto provato che il lavoro in quota fosse comunque previsto nel contratto di appalto dei lavori. La difesa ha avanzato, inoltre, il sospetto che la firma di tale lettera fosse apocrifa o che fosse stata fatta firmare capziosamente all'imputato.

 

Gli interventi che doveva eseguire l’impresa appaltatrice invece, secondo la difesa, non contemplavano lavori in quota ma avrebbero invece riguardato il montaggio dei condizionatori, la manutenzione dei bagni, la sostituzione di tubazioni e l’assemblaggio di un serbatoio di accumulo; l’incarico al lavoratore di effettuare la riparazione della tubazione posta sulla copertura del capannone inoltre era stato dato al lavoratore da un geometra della ditta committente, ad insaputa del suo datore di lavoro, né questi aveva provveduto ad informare il lavoratore stesso che avrebbe dovuto operare sulla copertura del capannone e che poteva calpestare una tettoia in plexiglas. Secondo la difesa, in definitiva, si sarebbe dovuto ritenere coinvolta nelle violazioni delle norme antinfortunistiche l'intera struttura organizzativa dell’azienda committente per le attività svolte nella stessa, anche sotto il profilo della violazione degli obblighi di cooperazione e coordinamento relativi al rischio interferenziale.

 

La società committente, quindi, ha sostenuto la difesa nel ricorso, non poteva andare esente da responsabilità in quanto l'operaio infortunatosi non era stato informato del rischio specifico relativo all'area di lavoro di pertinenza del committente al quale quindi si sarebbe dovuta ascrivere la violazione dell'art. 28 attribuita invece all'imputato. Nel ricorso, inoltre, è stato sostenuto che la condotta del lavoratore fosse stata da configurare come abnorme in quanto al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, il quale mai avrebbe potuto immaginare le macroscopiche lacune in materia di sicurezza dell'organizzazione aziendale del committente. L'imprevedibilità dell’incidente di lavoro, ha così concluso la difesa, era dipesa non solo dall'eccentricità e dall'abnormità del comportamento del dipendente, ma anche da fattori ulteriori, come le molteplici criticità nella prevenzione degli infortuni dell'azienda committente, idonee a influire sulla corretta percezione da parte del datore di lavoro del rischio di infortunio.


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Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

Il motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione. La Corte territoriale, ha osservato la stessa, ha ripercorso l'iter motivazionale della sentenza di primo grado, evidenziando che le dichiarazioni dei testi ascoltati in dibattimento e le risultanze dei documenti acquisiti agli atti fossero state illustrate in maniera analitica dal giudice di primo grado e che le emergenze processuali avessero dimostrato che la società committente aveva appaltato, in base alla lettera firmata di pugno dall'imputato in qualità di titolare della ditta appaltatrice, lavori di controllo e manutenzione di tubature esistenti presso il capannone della società.

 

La Corte territoriale aveva anche desunto la prova che il datore di lavoro fosse a conoscenza del lavoro da eseguire in quota, per cui lo stesso avrebbe dovuto prevedere la predisposizione nel DVR di un ponteggio o di un trabattello idonei a far lavorare in sicurezza il dipendente; lo stesso avrebbe dovuto comunque, secondo la Corte, vigilare sul lavoro del proprio dipendente in modo da assicurarsi che tutto si svolgesse in sicurezza.

 

Per quanto concerne poi gli eventuali profili di responsabilità del committente, la Corte suprema ha osservato che nel caso in esame, sulla base delle violazioni accertate a carico dell'imputato in qualità di datore di lavoro dell'infortunato, né le responsabilità del committente né l'assenza di presìdi antinfortunistici nell'ambiente di lavoro sarebbero stati idonei a tenere indenne l’imputato dalla responsabilità per il reato ascrittogli. Correttamente, infatti, i giudici di merito avevano considerato sussistente la duplice violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di valutazione del rischio e dell'obbligo di vigilanza, “obblighi che non vengono meno per il semplice fatto che le lavorazioni si svolgano in ambiente messo a disposizione dal committente, qualora il rischio da prevenire inerisca non tanto alla conformazione dell'ambiente di lavoro quanto piuttosto alla specifica lavorazione commissionata all'appaltatore. In ogni caso, ha così proseguito la Sezione IV, i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, essendo egli tenuto in quanto tale a verificare la sicurezza dei lavori affidati prendendo in merito a riferimento la sentenza della Sezione IV n. 10544 del 25/01/2018, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sulla valenza strategica della presenza del CSE

 

In conclusione, la Corte di Cassazione non avendo le altre motivazioni del ricorso superato il vaglio della ammissibilità, lo ha rigettato e in conseguenza di tale decisione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., nonché alla rifusione delle spese in favore della costituita parte civile che ha liquidate in complessivi 3000 euro oltre agli accessori di legge.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 48654 del 22 dicembre 2022 (u.p. 6 dicembre 2022) - Pres. Ferranti - Est. Serrao - P.M.  Ceroni - Ric. P.V.. - Gli obblighi dell’appaltatore non vengono meno per il semplice fatto che le lavorazioni si svolgano in un ambiente messo a disposizione dal committente, qualora il rischio da prevenire inerisca alla specifica lavorazione allo stesso commissionata.





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