La responsabilità del direttore dei lavori per infortunio durante uno scavo
Ogni volta che la Corte di Cassazione viene chiamata a decidere su di un ricorso presentato da un direttore dei lavori condannato nei precedenti gradi di giudizio per un infortunio sul lavoro accaduto in un cantiere, nel quale ha svolto la propria attività, e legato a una carenza di misure antinfortunistiche e a delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si torna a discutere della responsabilità o meno di questa figura professionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Si discute perché sull’argomento non si registra una uniformità di vedute nell’ambito della giurisprudenza di legittimità.
Lo scrivente, nel commentare delle precedenti sentenze, ha già avuto modo infatti di osservare come la suprema Corte sull’argomento si sia espressa ora in un senso ora nell’altro.
Si consulti a favore:
- la sentenza n. 19646 dell’8/9/2019 della IV Sez. penale (articolo La responsabilità del direttore dei lavori e del direttore tecnico)
- la sentenza n. 43462 del 21 settembre 2017 della IV Sez. penale (articolo Sulla responsabilità del direttore dei lavori in materia di sicurezza)
- la sentenza n. 4611 del 30 gennaio 2015 della IV Sez. penale (articolo Sul ruolo del direttore dei lavori e del CSE in materia di SSL)
- la sentenza n. 35970 del 19 agosto 2014 della IV Sez. penale (articolo Sulla responsabilità del direttore dei lavori per la sicurezza sul lavoro)
- la sentenza n. 3717 del 28 gennaio 2014 della III Sez. penale (articolo La responsabilità del direttore dei lavori per infortunio in un cantiere)
- la sentenza n. 1471 del 15 gennaio 2014 della III Sez. penale (articolo Sulla non responsabilità del direttore dei lavori in materia di sicurezza)
e contro:
- la sentenza n. 14787 del 31 marzo 2014 della IV Sez. penale (articolo Obblighi del direttore dei lavori in materia di salute e sicurezza sul lavoro)
- la sentenza n. 21205 del 31 maggio 2012 della IV Sez. penale (articolo Sulle responsabilità del direttore dei lavori).
E’ una diversità di vedute questa che ha portato e porta ad un disorientamento nelle aule dei Tribunali e delle Corti di Appello e che per superare il quale ci si auspica che sul tema ci sia al più presto un intervento delle Sezioni Unite.
Nei numerosi e certamente prevalenti casi in cui la Corte di Cassazione si è espressa favorevolmente lo ha fatto basando prevalentemente la sua posizione sulla osservazione che il direttore dei lavori ricopre una qualifica che non comporta automaticamente la sua responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro ben potendo con l'incarico ricevuto di direttore dei lavori limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto. Il direttore dei lavori nominato dal committente infatti, ha precisato la suprema Corte, svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse del committente, con la conseguenza che risponde dell'infortunio subito da un lavoratore solo nel caso che gli sia stato affidato anche il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o se viene accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere.
Secondo l’ottica contraria che vede invece coinvolto il direttore dei lavori nella responsabilità per un infortunio accaduto in cantiere, il direttore dei lavori può essere responsabile a titolo di colpa se non ha esercitata un'oculata attività di vigilanza sulla esecuzione a regola d’arte delle opere edilizie e se non ha adottato in caso di necessità le opportune e necessarie precauzioni d'ordine tecnico.
Il processo di cui alla sentenza in commento ha avuto ad oggetto un infortunio verificatosi nel corso dei lavori di rifacimento di una rete fognaria e di costruzione di un depuratore comunale nel quale ha perso la vita un lavoratore. Lo stesso si trovava in uno scavo per agevolare la sistemazione di una condotta appena calata nello stesso allorquando si è verificato lo smottamento di una delle pareti che lo ha travolto. Lo scavo era privo di paratie di protezioni delle pareti per cui l’avvocato difensore dell’imputato aveva basata la difesa evidenziando che le carenze di protezione che avevano portato all’evento infortunistico erano state di competenza dell’impresa e che l’obbligo di controllare per conto del committente la presenza delle misure di prevenzione previste sia dalla legge e richiamate sia nel PSC che nel POS era a carico del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.
La Corte di Cassazione dopo aver premesso che all’imputato era stato contestato il reato di omicidio colposo a titolo di colpa generica e non già a titolo di colpa specifica in ragione della violazione della normativa prevenzione infortuni sul lavoro, ha rigettato il ricorso sia pure per i soli effetti civili essendo subentrata la prescrizione per il reato di cui al capo di imputazione. La stessa, pur riconoscendo che la giurisprudenza di legittimità, interrogandosi se ed a quali condizioni il direttore dei lavori possa essere chiamato a rispondere di un infortunio sul lavoro, ha affermato che il ricoprire l'indicata qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro, ben potendo l'incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto e che lo stesso nominato dal committente normalmente svolge un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, con la conseguenza che risponde dell'infortunio subito dal lavoratore solo se è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere, ha sostenuto che nelle più recenti decisioni della Corte di legittimità è stato sostenuto che il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, oppure scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto.
Il fatto e l’iter giudiziario.
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di un direttore dei lavori in ordine al reato di omicidio colposo commesso in danno di un lavoratore in quanto estinto per prescrizione e ha invece confermato le statuizioni civili. Il processo ha avuto ad oggetto un infortunio mortale verificatosi nel corso dei lavori di rifacimento di una rete fognaria e di costruzione di un depuratore comunale affidati da un Comune alla società consortile della quale era dipendente la vittima.
Secondo la descrizione dei fatti di cui alle sentenze di merito il giorno dell'infortunio in un cantiere nel quale erano in corso lavori di scavo e posa delle tubazioni, iniziati già da due, tre giorni prima. Lo scavo era eseguito da un escavatore con benna a cucchiaio che procedeva alla rimozione dell'asfalto e al raggiungimento della quota stabilita; le tubature venivano apposte nello scavo o tramite rotolamento ad opera di uno più operai, o mediante l'uso della benna, previa imbracatura del tubo con delle cinghie. Accadeva che, sia per eseguire a mano porzioni di scavo in ragione della presenza di sottoservizi, sia per agevolare delicate operazioni di innesto tra tubi, gli operai scendessero personalmente sul fondo dello scavo. L’escavazione per la posa dei tubi era stata ostacolata e resa più complessa dall'accidentale danneggiamento di un tubo idrico, con perdita d'acqua che aveva reso umido il terreno circostante. Al momento dell’infortunio uno degli operai era sceso nello scavo profondo oltre tre metri per facilitare l'inserimento di un tratto di tubazione nel tratto contiguo tramite l'ingrassamento della guarnizione, quando si è verificato lo smottamento della parete sinistra laterale dello scavo, che lo aveva travolto e ne aveva cagionato il decesso. Nello scavo non erano state apposte le armature laterali, ovvero le paratie atte a sostenere le pareti, previste nel piano operativo di sicurezza e prescritte dall’art. 119 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
Secondo la ricostruzione operata nelle sentenze di merito, lo smottamento del terreno si era verificato in quanto le operazioni di scavo erano state eseguite mediante lacerazioni a strappo dell'asfalto con il cucchiaio dell'escavatore e dunque in maniera pericolosa per la stabilità dello scavo: l'assenza di paratie lungo le pareti inoltre aveva fatto sì che l'operaio rimanesse travolto dalla frana.
Responsabili dell’infortunio mortale erano stati individuati, in cooperazione colposa, il direttore dei lavori, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il capo cantiere e il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva. Il RSPP e il capo cantiere sono stati condannati in esito al rito abbreviato con sentenza divenuta irrevocabile, mentre il CSE, condannato in primo grado insieme al direttore dei lavori è stato prosciolto in grado di appello per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, con revoca delle statuizioni civili nei suoi confronti a seguito di accordo transattivo.
Il ricorso per cassazione e le motivazioni.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il direttore dei lavori con il proprio difensore, formulando alcune motivazioni. Con un primo motivo il difensore del ricorrente ha dedotto la violazione di legge in relazione al fondamento della posizione di garanzia dell’imputato rilevando al riguardo che il T.U. n. 81 del 2008, art. 119 pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di predisporre le armature nello scavo di trincee profonde più di 1,5 mt, quando la consistenza del terreno non dia garanzie sufficienti di stabilità, e che il T.U. n. 81 del 2008, art. 92, lett. a) pone a carico del Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione l'obbligo di controllare per conto del committente che le misure prevenzionali prescritte dalla legge e richiamate nel Piano di sicurezza e coordinamento e nel Piano operativo di sicurezza siano effettivamente predisposte.
Secondo il ricorrente, inoltre, la Corte di Appello aveva anche errato nell'individuare nelle norme del capitolato speciale di appalto (c.s.a.) il fondamento della posizione di garanzia del direttore dei lavori, in quanto l'art. 31 di tale capitolato non attribuisce a tale figura alcun potere di intervento, fatta eccezione per la facoltà di stabilire la profondità degli scavi per la fondazione delle opere murarie, che nel caso di specie non erano stati realizzati. Il difensore aveva rilevato inoltre, in relazione alla questione della erronea ed impropria modalità di rimozione dell'asfalto, che la sentenza si era mossa dall'assunto che vi fosse stata una evidenza di pericolosità della organizzazione del cantiere, tale per cui il ricorrente avrebbe avuto il potere/dovere di interdire i lavori, ma non aveva indicato la fonte normativa di tale potere/dovere, né le prove da cui sarebbe emersa la sistematica violazione da parte dell'appaltatore delle norme del T.U. n. 81 del 2008 e non aveva tenuto conto, altresì, che il cantiere era aperto da soli tre giorni e che il direttore dei lavori non si era mai recato in esso.
La Corte territoriale dunque, secondo il difensore, non avrebbe individuato la regola cautelare violata, né avrebbe illustrato gli ulteriori essenziali elementi relativi al giudizio controfattuale, alla concretizzazione del rischio, alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, nella sostanza finendo per attribuire al direttore dei lavori una responsabilità di tipo oggettivo. Lo stesso difensore ha osservato altresì che se viene normalmente esclusa la responsabilità del datore di lavoro per condotte estemporanee del lavoratore, tale esclusione deve essere operata a maggior ragione per il direttore dei lavori per conto del committente, che interviene in cantiere con funzioni e scopi differenti e che non ha obblighi diretti in relazione alla sicurezza del cantiere.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione. La stessa ha osservato che la Corte di Appello, in continuità con la sentenza di primo grado, aveva affermata la responsabilità del ricorrente, sia pure solo a fini civili stante la intervenuta prescrizione del reato, nella sua qualità di direttore dei lavori in forza della quale, date le previsioni contenute nel capitolato speciale di appalto da lui stipulato quale dirigente facente funzioni della ripartizione ecologica del Comune, aveva assunto un obbligo di garanzia, ovvero un obbligo di impedire l'evento.
In linea generale, ha ricordato la Sezione IV, la disciplina dei compiti del direttore dei lavori negli appalti pubblici è contenuta nell'art. 101 del Codice Appalti. Tale disciplina prevede che per il coordinamento, la direzione ed il controllo tecnico-contabile dell'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, le stazioni appaltanti individuano, prima dell'avvio delle procedure per l'affidamento, su proposta del responsabile unico del procedimento, un direttore dei lavori. Questi, con l'ufficio di direzione lavori, ove costituito, è preposto al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell'esecuzione dell'intervento affinché i lavori siano eseguiti a regola d'arte ed in conformità al progetto e al contratto.
Il D. Lgs. n. 81 del 2008 nella parte dedicata ai cantieri temporanei o mobili, altresì, ha affiancato alle figure generali di debitori di sicurezza previsti dalla disciplina di base, ossia datore di lavoro (affidatario/esecutore), dirigente (direttore di cantiere) e preposto (capo cantiere), ulteriori speciali figure (committente, responsabile dei lavori, coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione) allo scopo di far fronte ai rischi aggiuntivi derivanti alla condivisione, da parte di diverse imprese, di un medesimo spazio-luogo di lavoro. Fra tali figure aggiuntive di debitori di sicurezza non è ricompreso il direttore dei lavori, che, sempre obbligatorio negli appalti pubblici e per le opere strutturali negli appalti privati, svolge compiti di supervisione tecnica, controllando, nell'interesse del committente la corretta esecuzione dei lavori da parte della impresa esecutrice.
La giurisprudenza di legittimità, ha così proseguito la Corte suprema, interrogandosi se ed a quali condizioni il direttore dei lavori possa essere chiamato a rispondere di un infortunio sul lavoro, ha affermato che il ricoprire l'indicata qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro, ben potendo l'incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto.(sentenza n. 49462 del 26/03/2003 Sez. IV). Il direttore dei lavori nominato dal committente normalmente svolge un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, con la conseguenza che risponde dell'infortunio subito dal lavoratore solo se è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere (sentenza n. 1471 del 14/11/2013 Sez. III, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “Sulla responsabilità del direttore dei lavori nei cantieri”, come, ad esempio, nel caso in cui venga affidato al direttore dei lavori il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro (Sentenza n. 19646 del 08/01/2019 Sez. III, pubblicata e commentata nell’articolo “Sulla-responsabilità del direttore dei lavori nei cantieri”.
Nelle più recenti decisioni della Corte di legittimità però, ha precisato la suprema Corte, si è sostenuto che il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto. Più in generale, si è sostenuto che la posizione di garanzia, che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere/dovere di protezione dello specifico bene giuridico che necessita di protezione, e di gestione della specifica fonte di pericolo di lesione di tale bene, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro (sentenza n. 38624 del 19/06/2019 Sez. IV).
Nel caso in esame la suprema Corte ha ritenuto che il percorso argomentativo della Corte di Appello nella individuazione in capo al ricorrente della posizione di garanzia e della conseguente responsabilità in ordine all’infortunio fosse stato esente da censura. La stessa nelle conclusioni aveva evidenziato che l'evento si era verificato a causa della mancata apposizione alle pareti dello scavo delle prescritte paratie o armature, la cui funzione è appunto quella di impedire o contenere smottamenti o frane; il terreno già di per sé era caratterizzato da scarsa coesione geologica e dalla diffusa presenza di tubazioni per la distribuzione dei servizi a rete; il rischio di smottamento era stato accentuato dalla contingente imbibizione d'acqua del terreno determinata dalla rottura della tubazione idrica e la demolizione della pavimentazione stradale prima della escavazione in senso stretto, avvenuta per strappo in larghi pezzi non frammentati, era stata attuata in difformità dalle corrette procedure operative (peraltro richiamate negli elaborati progettuali allegati al contratto e al c.s.a.). Il ricorrente quindi, al pari del coordinatore, doveva essere ritenuto, in conclusione, responsabile dell’accaduto, essendo stato provato che fosse a conoscenza della mancanza di protezioni delle pareti dello scavo e che non era intervenuto al fine di impedire il verificarsi dell’evento infortunistico. Giustamente quindi, allo stesso erano stati contestati profili di colpa generica, negligenza, imperizia e imprudenza.
Al rigetto del ricorso è seguita la condanna del ricorrente, in solido con il responsabile civile, al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili.
Gerardo Porreca
Corte di Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 19646 dell’8 maggio 2019 (u.p. 8 gennaio 2019) - Pres. Aceto - Est. Corbetta - P.M. Di Nardo - Ric. E.G.G.. - Il direttore dei lavori, nominato dal committente, è responsabile di un infortunio in cantiere quando gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini o quando si ingerisce negli stessi.
Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 14787 del 31 marzo 2014 (U. P. 23 gennaio 2014) - Pres. Sirena – Est. Massafra – P.M. Policastro - Ric. P. M. e A. C..
Corte di Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 19646 dell’8 maggio 2019 (u.p. 8 gennaio 2019) - Pres. Aceto - Est. Corbetta - P.M. Di Nardo - Ric. E.G.G.. - Ildirettore dei lavori, nominato dal committente, è responsabile di un infortunio in cantiere quando gli viene affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini o quando si ingerisce negli stessi.
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