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La non responsabilità del responsabile dei lavori per infortunio

La non responsabilità del responsabile dei lavori per infortunio
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

27/06/2016

Non può essere fatta discendere automaticamente dalla mera titolarità della sua posizione di garanzia una penale responsabilità del responsabile dei lavori per infortunio occorso in un cantiere edile in difetto di precisi elementi fattuali. Di G.Porreca.

E’ interessante questa sentenza della Corte di Cassazione in quanto in essa la stessa ha preso in esame dettagliatamente la posizione delle varie figure obbligate operanti in un cantiere temporaneo o mobile puntando l’attenzione in particolare sugli obblighi di cui all’art. 93 comma 2 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i., posti dal legislatore a carico dei committenti o responsabili dei lavori, di controllare l’operato dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione nonché di verificare il rispetto da parte degli stessi dei loro adempimenti in applicazione delle disposizioni dello stesso D. Lgs. Il caso in esame ha riguardato l’infortunio mortale occorso ad un lavoratore durante alcuni lavori di sistemazione idraulica di un torrente, mediante l’installazione di alcune gabbie metalliche, rimasto travolto da una frana di terra e pietre verificatasi in corrispondenza di una scarpata. Nel procedimento penale che ne è conseguito sono stati imputati, in quanto ritenuti responsabili, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro dell’impresa edile stradale e di movimento terra per conto della quale lavorava l’infortunato, il responsabile della sicurezza del cantiere della stessa impresa, il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) e il responsabile dei lavori nominato dal committente pubblico, tutti condannati nei primi due gradi di giudizio.
 
La suprema Corte  di Cassazione, alla quale gli stessi hanno fatto ricorso, al termine di un approfondito esame del caso sottoposto alla sua attenzione, ha confermata la condanna degli imputati ad eccezione di quella inflitta al responsabile dei lavori che ha invece annullata per non avere lo stesso commesso il fatto.

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Il caso e l’iter giudiziario
Il Tribunale, in composizione monocratica, ha dichiarato il legale rappresentante di un’impresa edile stradale e di movimento terra, il responsabile in materia antinfortunistica  della stessa impresa, il responsabile dei lavori nominato dal committente pubblico ed il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione colpevoli di omicidio colposo per l’infortunio mortale occorso ad un lavoratore dipendente con violazione della normativa in materia di prevenzione infortuni sul lavoro e li ha condannati ciascuno alla pena di un anno e tre mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, il tutto con concessione di entrambi i benefici di legge (salvo che per il responsabile della sicurezza del cantiere al quale è stato concesso soltanto il beneficio della sospensione condizionale della pena), con previsione di una provvisionale di euro 50 mila in favore di ciascuna parte civile oltre accessori e con rigetto della domanda risarcitoria articolata dalle parti civili nei confronti dei responsabili civili.
 
Era accaduto che, durante i lavori di sistemazione idraulica di un torrente mediante la realizzazione di gabbioni metallici, il lavoratore infortunato era stato travolto da uno smottamento di terra e pietre verificatosi nella parte alta della scarpata in prossimità della settima gabbionatura, rimanendo così ricoperto fino alle spalle riverso in giù riportando gravissime lesioni con conseguente decesso avvenuto pochi minuti dopo l'evento traumatico.
 
Era stato contestato a tutti gli imputati di aver cagionato colposamente il decesso del lavoratore per violazione della normativa in materia di prevenzione infortuni sul lavoro.
In particolare, al legale rappresentante dell’impresa ed al responsabile in materia antinfortunistica dell’impresa stessa, nonché responsabile del cantiere installato per l'esecuzione di lavori di sistemazione idraulica del torrente, era stata contestata la violazione della norma di cui agli artt. 12 comma 2 e 77 sub a) del D.P.R. n. 164/1956 per aver fatto eseguire ad alcuni dipendenti lavori di montaggio, posa in opera e riempimento dei gabbioni con pietre nello scavo realizzato nella parte sottostante la scampata di contenimento della strada adiacente senza la preventiva armatura ed il consolidamento del terreno circostante al fine di evitare frane e scoscendimenti di materiale anche in considerazione della presenza in loco di un escavatore utilizzato per eseguire materialmente gli scavi. Al coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione era stata contestata la violazione della norma di cui all'art. 5 comma 1 lett. a) del D. Lgs. n. 494/1996 per non aver provveduto ad assicurare l'applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 dello stesso D. Lgs. con riferimento alla necessità di porre particolare attenzione, operando con personale di controllo capace di attivare tutte le forme di allerta per la salvaguardia del personale addetto ai lavori sotto pendio, al pericolo di frana conseguente ai lavori di realizzazione dello scavo per la posa in opera dei gabbioni.
 
Al responsabile dei lavori, Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune committente, era stata contestata la violazione della norma di cui all'art. 6 comma 2, in relazione all'art. 5 comma 1 lett. a) e 20 lett. a), del D. Lgs. n. 494/1996 per aver omesso di verificare l'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 5 citato in capo al coordinatore per l'esecuzione dei lavori, con particolare riferimento alla concreta applicazione, durante la realizzazione dell'opera, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 dello stesso D.  Lgs. 494/96, riguardanti la necessità di porre particolare attenzione, operando con personale di controllo capace di attivare tutte le forme di allerta per la salvaguardia del personale addetto ai lavori sotto pendio, al pericolo di frana conseguente ai lavori di realizzazione dello scavo per la posa in opera dei gabbioni.
 
Successivamente la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale, che veniva nel resto confermata, concedeva a tutti gli imputati le attenuanti generiche e, ritenute le stesse equivalenti alla contestata aggravante e per il solo responsabile della sicurezza del cantiere anche alla recidiva, rideterminava in otto mesi di reclusione la pena inflitta agli stessi e revocava altresì nei confronti di tutti gli imputati le statuizioni civili rese dal primo giudice, in virtù della documentata intercorsa transazione e dell'ampia quietanza liberatoria rilasciata dai figli e dalla moglie della vittima.
 
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte territoriale tutti gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
 
Il ricorso del datore di lavoro e del responsabile per la sicurezza del cantiere dell’impresa appaltatrice è stato basato sostanzialmente sull’osservazione che la Corte territoriale aveva affermato la loro penale responsabilità esclusivamente sulla base della titolarità della posizione da ciascuno di loro rivestita, senza tener conto che i lavori nel cantiere, in cui si è verificato l'infortunio mortale erano stati eseguiti, unicamente, in modo autonomo ed indipendente, da un’altra impresa incaricata dalla ditta aggiudicataria dei lavori. Gli stessi hanno osservato altresì che sulla base delle risultanze processuali non era possibile affermare con certezza che il decesso del lavoratore fosse stato causato dallo smottamento della frana, conseguente ai lavori di realizzazione dello scavo per la posa in opera dei gabbioni, e ciò in quanto lo stesso, subito dopo l'infortunio, era stato condotto nella propria abitazione, sita lontano dal cantiere, mentre, se fosse stato subito ricoverato presso il locale Ospedale, si sarebbe potuto rimediare alle intervenute lesioni.
 
Il ricorso del coordinatore in fase di esecuzione nonché direttore dei lavori è stato basato su due motivazioni. Con la prima il ricorrente ha fatto notare che la ricostruzione dell'accaduto effettuata dai giudici della Corte di Appello è stata diversa da quella del Tribunale. Secondo quest’ultimo, infatti, il lavoratore stava lavorando sui gabbioni ai piedi del costone allorché sarebbe stato travolto da una frana, mentre, secondo la Corte di Appello, che aveva ricostruito l'accaduto in modo più aderente alle conclusioni medico legali del consulente del PM, lo stesso lavoratore stava operando sulla parte alta del costone allorquando una frana staccatasi lo avrebbe trascinato verso il basso. Essendogli stato contestato, secondo lo stesso, di non aver assicurato la predisposizione di cautele tali da evitare che il personale intento alla realizzazione dei gabbioni ai piedi della scarpata potesse essere travolto, la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare sul perché la condotta omissiva a lui contestata fosse stata considerata idonea a provocare l'evento.
 
Con la seconda motivazione il coordinatore per la sicurezza ha fatto osservare che, quale direttore dei lavori, aveva affidato alla società appaltatrice esclusivamente le attività iniziali (spostamento dell'alveo del torrente, pulitura del terreno, posizionamento dei picchetti e, in particolare, acquisto del materiale per i gabbioni), per cui la ditta aveva iniziato la realizzazione dei gabbioni, contrariamente agli ordini ricevuti. Lo stesso ha sostenuto inoltre che, secondo le norme vigenti, la ditta appaltatrice prima della stipula del contratto deve limitarsi ad effettuare quelle attività indicate dalla direzione lavori nel verbale di consegna per cui non era ipotizzabile a suo carico, nel caso in esame, alcun obbligo di controllo e vigilanza. 
 
Il ricorso del responsabile dei lavori, infine, è stato basato sostanzialmente sull’osservazione che la condotta gravemente colposa ed omissiva a lui contestata ed  indicata nel capo di imputazione è stata quella di avere omesso di verificare l’adempimento da parte del coordinatore degli obblighi previsti dall'art. 5 del D. Lgs. n. 494/1996, con particolare riferimento alla concreta applicazione, durante la realizzazione dell'opera, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 dello stesso D. Lgs., riguardanti la necessità di porre particolare attenzione, operando con personale di controllo capace di attivare tutte le forme di allerta per la salvaguardia del personale addetto ai lavori sotto pendio, al pericolo di frana conseguente ai lavori di realizzazione dello scavo per la posa in opera dei gabbioni. La colpa, secondo il responsabile dei lavori, sarebbe stata esclusa dal fatto che lui non era presente nel giorno del sinistro e non poteva quindi verificare se il coordinatore dell'esecuzione controllasse a sua volta la presenza del personale di allerta anche perché a suo carico non gravava affatto l'obbligo di essere sempre presente in cantiere.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, in premessa, ha fatto notare che il legislatore, tenuto conto della complessità dei processi produttivi moderni, che sempre più coinvolge un numero ampio di imprese, ha ultimamente rivisitato la materia relativa al contratto di appalto, che, passando dalla disciplina originariamente prevista dagli artt. 4 e 5 del D.P.R. n. 547/1995, ha trovato una sua prima regolamentazione nell'art. 7 del D. Lgs. n. 626/1994, per poi giungere alla elaborazione del complesso normativo di cui al D. Lgs. n. 494/96, oggi sostanzialmente trasfuso nel D. Lgs. n. 81/2008.
 
In relazione a lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, ha così proseguito la Corte suprema, il dovere di sicurezza trova il suo referente, in primo luogo, nell'appaltatore, cioè nel soggetto che si obbliga verso il committente a compiere l'opera appaltata, con propria organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio essendo questi, invero, quale datore di lavoro, il primo destinatario delle disposizioni antinfortunistiche. La disciplina specifica però ha prevista l’introduzione di altre figure alle quali sono stati affidati precisi compiti con connesse responsabilità e le ragioni di tale articolata organizzazione risiedono non soltanto nella constatazione che i cantieri edili costituiscono un settore di attività che espone i lavoratori a rischi particolarmente elevanti, ma anche nell'esigenza che, all'atto della realizzazione di una opera, sia necessario un coordinamento tra le varie imprese chiamata a realizzarla. Il committente viene coinvolto in primis nell'attuazione delle misure di sicurezza ed in capo allo stesso è posta tutta una serie di obblighi, cristallizzati nell'art 90 del T.U., che tra l'altro prevede la nomina di un coordinatore per la progettazione e di un coordinatore per l'esecuzione nel caso di presenza di più imprese esecutrici (oltre ad ulteriori condizioni previste dalla legge) nonché la verifica dell'idoneità tecnico professionale delle imprese affidatane ed esecutrici.
 
In tema di infortuni sul lavoro, ha così proseguito la Sez. IV, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza ( POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento del piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS.
 
Quanto poi al profilo causale è indubbio, ha così proseguito la Corte suprema,  che l’applicazione del principio di colpevolezza esclude qualsivoglia automatismo rispetto all’addebito di responsabilità e si impone la verifica, in concreto, della violazione da parte dell'imputato non solo della regola cautelare (generica o specifica), ma, soprattutto nel caso di specie, della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire (la cd. "concretizzazione" del rischio). L'individualizzazione della responsabilità penale impone cioè di verificare non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l'evento (ciò che si risolve nell'accertamento della sussistenza del nesso causale) e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare sia essa generica o specifica, ma anche se l'autore della stessa potesse prevedere, con giudizio "ex ante" quello specifico sviluppo causale ed attivarsi per evitarlo. In tale ambito ricostruttivo, la violazione della regola cautelare e la sussistenza del nesso di condizionamento tra la condotta e l'evento non sono sufficienti per fondare l'affermazione di responsabilità, giacché occorre anche chiedersi, necessariamente, se l'evento derivatone rappresenti o no la "concretizzazione" del rischio, che la regola stessa mirava a prevenire; e se l'evento dannoso fosse o meno prevedibile, da parte dell'imputato.
 
La Corte di Cassazione è quindi passata ad esaminare la posizione di ogni singolo imputato rispetto a quanto accaduto. Il legale rappresentante dell’impresa appaltatrice e il responsabile per la sicurezza dell’impresa stessa nonché responsabile del cantiere, entrambi presenti al momento dell'infortunio, proprio in considerazione della loro posizione, non avrebbero dovuto consentire che i lavori venissero svolti senza la previa messa in sicurezza dell'area del cantiere poiché il terreno non dava alcuna garanzia di stabilità ed il luogo dove stava lavorando l’infortunato presentava un declivio naturale di circa cinque metri. Gli stessi avrebbero dovuto vigilare a che fossero approntate le armature di sostegno, espressamente previste nel piano operativo di sicurezza ma in concreto non attuate.
 
D'altra parte, il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dell'opera  ha del tutto omesso la doverosa verifica sull'attuazione da parte dell’impresa del piano operativo di sicurezza laddove era stata espressamente prevista la necessità di porre particolare attenzione, operando con personale di controllo capace, al pericolo di frana all'atto della realizzazione dello scavo. Inoltre lo stesso coordinatore ha omesso di segnalare al responsabile dei lavori le omissioni dell’impresa appaltatrice e, quindi, di assicurare il necessario collegamento tra la stessa e l'ente committente, come pure avrebbe dovuto, finendo così con l'assumere in pieno le conseguenze derivanti dalla violazione della posizione di garanzia impostagli per legge.
 
Va al contrario annullata, ha così concluso la Corte di Cassazione, la sentenza nei confronti di responsabile dei lavori incaricato dal committente. Vero è che la nomina del coordinatore per la progettazione o per l'esecuzione dei lavori non esonera il committente ed il responsabile dei lavori da responsabilità per la redazione del piano di sicurezza, ma nel caso in esame il piano di sicurezza era stato correttamente redatto. E’ ugualmente vero che l'art. 93 del D. Lgs. n. 81/2008 stabilisce l'obbligo del responsabile dei lavori di verificare l'effettiva e corretta applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, ma tale obbligo lo stesso aveva assolto proprio attraverso la nomina del coordinatore per la sicurezza.
 
A capo del responsabile dei lavori residuava, infine, una posizione di garanzia limitata alla verifica che il nominato coordinatore per la sicurezza adempisse al suo compito, ma “dalla mera titolarità di detta posizione di garanzia, in difetto di precisi elementi fattuali, non può essere fatta discendere automaticamente l'affermazione di penale responsabilità, come invece ha erroneamente fatto la Corte territoriale, la cui sentenza va sul punto annullata, tanto più che il giudice di primo grado aveva espressamente ritenuto provato che il Coordinatore per la sicurezza, non aveva segnalato al Committente e Responsabile dei Lavori presso il Comune, le omissioni dell’impresa, come pur avrebbe dovuto”.
 
Per quanto sopra detto, in definitiva, la Corte di Cassazione ha annullata senza rinvio la sentenza di condanna emanata nei confronti del responsabile dei lavori per non aver commesso il fatto, difettando la prova della sussistenza del necessario nesso causale.
 
Gerardo Porreca
 




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Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
27/06/2016 (09:10:18)
Oramai non ci capisco più nulla: i fatti sono stati valutati in primo e secondo grado in base al D. Lgs. n. 494/1996.
In Cassazione sono stati valutati in base al TU 81/08.
Qualcuno è in grado di indicare chiaramente se la legge da osservare è quella del momento in cui avvengono i fatti oppure una qualsiasi legge successiva ???

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