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La formazione per i lavoratori di giovane età e per gli apprendisti
Commento a cura di G. Porreca
Il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell’art. 2087 del codice civile assume una particolare importanza nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e di addestramento in materia di salute e di sicurezza sul lavoro senza che in contrario possa assumere rilievo l’imprudenza dell’infortunato nel prendere una iniziativa di collaborazione nel cui ambito l’infortunio si sia verificato. E’ quanto emerge da questa sentenza della Corte di Cassazione Sezione Lavoro che ha rigettato il ricorso avanzato da una società la quale aveva sostenuto nello stesso che la responsabilità del datore di lavoroper la mancata adozione delle misure di sicurezza è esclusa in caso di dolo o di rischio elettivo dell’infortunato ovvero quando sono presenti nella sua condotta i caratteri della abnormità e della assoluta imprevedibilità.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario.
La Corte di Appello, in riforma di una sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di regresso proposta dall'Inail nei confronti di una società a seguito dell'infortunio sul lavoro subito da un dipendente della stessa, l’ha condannata invece al pagamento a favore dell'Istituto della somma di euro 80.750,31 quale costo dell'infortunio indennizzato dall'Istituto. La Corte territoriale ha messo in evidenza che, in tema di azione di regresso, la responsabilità del datore di lavoro per la mancata adozione delle misure di sicurezza è esclusa nel caso di dolo o di rischio elettivo dell'infortunato ovvero quando sono presenti nella condotta del medesimo i caratteri della abnormità e della assoluta imprevedibilità, mentre l'eventuale concorso di colpa del lavoratore, dovuta a negligenza, imprudenza o imperizia, non assume alcun valore esimente per l'imprenditore.
Nel caso particolare la Corte di Appello non aveva individuata nella condotta del lavoratore, infortunatosi per aver ricevuto una scheggia in un occhio nel mentre piegava un tondino di ferro, un comportamento abnorme o imprevedibile. Inoltre, pur essendo stato accertato che il datore di lavoro aveva messo a disposizione del lavoratore gli occhiali protettivi, non era risultato che il capo officina o altri avessero vigilato e preteso che tali occhiali venissero indossati. Tutto ciò ha comportata la responsabilità del datore di lavoro, considerato altresì che il lavoratore era stato assunto da poco tempo, che era giovanissimo ed inesperto e, quale apprendista, avrebbe dovuto essere informato dei rischi che correva e delle cautele da adottare nell'esecuzione del lavoro in questione.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni.
La società ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello sostenendo che la stessa da un lato ha ritenuto il datore di lavoro responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore per avere omesso di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare l'evento mentre dall'altro ha affermato, sulla scorta della prova testimoniale, che gli occhiali protettivi si trovavano nel luogo di lavoro, che il loro uso era obbligatorio per disposizione dell'imprenditore, che il capo officina aveva addestrato il lavoratore per l'esecuzione del lavoro cui era stato addetto, consistente nel piegare tondini di ferro lunghi 10-12 cm. con un martello dopo averli bloccati con una morsa, e che tale lavoro era di facile esecuzione e non comportava rischi. Tali elementi, secondo il ricorrente, dimostravano che il datore di lavoro, contrariamente a quanto affermato dal giudice d'appello, aveva assolto all'onere probatorio posto a suo carico, e cioè di avere adottato tutte le precauzioni atte a scongiurare l'evento e che non era necessario l'uso degli occhiali protettivi, che pure erano presenti in officina, trattandosi di lavoro che non comportava produzione di schegge. Nella sentenza impugnata, inoltre, era stato escluso il rischio elettivo da parte del dipendente mentre, viceversa, il lavoratore aveva tenuto un comportamento anomalo e imprevedibile utilizzando per piegare il ferro non già la morsa bensì l'incudine, lavoro questo al quale non era stato adibito.
Le decisioni della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso non avendolo ritenuto fondato. “È principio consolidato di questa Corte”, ha sostenuto la Sezione Lavoro, “che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo ‘tipico’ ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento”.
“È altresì pacifico”, ha proseguito la suprema Corte, “che il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell'articolo 2087 cod. civ., si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e addestramento, senza che in contrario possa assumere rilievo l'imprudenza dell'infortunato nell'assumere un'iniziativa di collaborazione nel cui ambito l'infortunio si sia verificato”. Correttamente quindi la Corte di Appello aveva ritenuto che l'infortunio si fosse verificato a seguito di una condotta non certo imprevedibile e abnorme del lavoratore, consistita nel piegare i tondini di ferro utilizzando l'incudine ed un martello anziché la morsa.
La suprema Corte ha ribadito infine che nel caso particolare la responsabilità del datore di lavoro era stata fatta discendere dalla violazione dell'articolo 2087 c.c., secondo cui l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, nonché dalla violazione del generale obbligo di vigilanza ed in particolare dalla specifica violazione dell’articolo 4, lettera c), del D.P.R. n. 547 del 1955 in base al quale il datore di lavoro deve disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Nicola Rito - likes: 0 | 27/05/2013 (14:46:03) |
Sentenza esemplare. Mi chiedo però i motivi per i quali viene richiamato il D.P.R. n. 547 del 1955, abrogato esplicitamente dal D. Lgs 81/2008. |
Rispondi Autore: Nicola - likes: 0 | 27/05/2013 (16:48:14) |
Autorisposta: Tempus Regit Actum e quindi fatti sicuramente antecedenti al 2008. |