La distinzione fra DVR e DUVRI e la mancata correlazione fra imputazione e sentenza
La Corte di Cassazione in questa sentenza ha evidenziata la differenza che sussiste fra il DVR, documento di valutazione dei rischi e il Duvri, documento unico di valutazione dei rischi interferenziali, e lo ha fatto nel decidere su di un ricorso presentato dal rappresentante legale di un’impresa subappaltatrice alla quale erano state affidate delle operazioni di movimentazione di materiali in un magazzino e che era stato condannato per non avere valutato il rischio di caduta dall’alto di materiali con riferimento alla presenza di alcune pile di bancali accatastate in precarie condizioni di equilibrio.
Deve ritenersi doveroso, ha infatti precisato la suprema Corte, fare una distinzione tra l'obbligo di redazione di un documento contenente la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, quale è il DVR che è posto a carico di ciascuno dei datori di lavoro coinvolti anche se subappaltatori, e l'obbligo di redazione di un documento contenente in particolare la valutazione dei rischi da interferenze, quale è il Duvri che grava, invece, esclusivamente sul solo datore di lavoro committente.
Avendo la difesa dell’imputato basato il ricorso sul fatto che il Tribunale aveva erroneamente addossato allo stesso la responsabilità per una mancata analisi dei rischi interferenziali, confondendo evidentemente il contenuto del DVR con quello del Duvri e sebbene nell’imputazione gli fossero state contestate alcune lacune relative al DVR e non al Duvri, la Corte di Cassazione, riconoscendo che vi fosse stata una divaricazione tra imputazione e sentenza, ha accolto il ricorso e ha pertanto annullata la sentenza limitatamente all’imputazione relativa all’inidonea valutazione dei rischi rinviando gli atti al Tribunale di provenienza affinché procedesse a un nuovo accertamento dei fatti, compiendo anche eventuali ulteriori attività istruttorie finalizzate ad accertare la responsabilità dell’imputato per quella specifica imputazione esaminando in particolare le risultanze non del Duvri ma del DVR essendo lo stesso obbligato, quale datore di lavoro subappaltatore, a elaborare solo il secondo dei documenti.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.
Il Tribunale ha dichiarato la penale responsabilità del rappresentante legale di una impresa per il reato di cui all’art. 68, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 81/2008, in riferimento agli artt. 64, comma 1, lett. a), 63, comma 1, e punto 1.8.1 dell’Allegato IV dello stesso decreto legislativo (capo b), nonché per il reato di cui all’art. 55, comma 4, del D. Lgs. n. 81/2008, in riferimento all’art. 28, comma 1, lett. a) dello stesso decreto (capo c) e lo ha condannato alla pena di 2.000 euro di ammenda. Lo stesso, secondo quanto ricostruito dal Giudice di merito ed in relazione all'incarico assunto sulla gestione logistica di un magazzino, avrebbe omesso di proteggere le aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall'alto (capo b), ed avrebbe inoltre omesso di prendere in considerazione nel DVR tale rischio di caduta di materiali dall'alto (capo c).
L’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi, preceduti da una breve premessa nella quale è stata sottolineata, in particolare, la confusione fatta nella sentenza tra DVR e Duvri (Documento unico di valutazione dei rischi interferenziali). Con un primo motivo, ha denunciato un vizio di motivazione avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo b) deducendo che il Tribunale aveva erroneamente presupposto la disponibilità giuridica dei luoghi da parte della sua ditta. Ha precisato infatti che il magazzino era di una società che aveva stipulato un appalto di servizi per la movimentazione di merci con un’altra ditta la quale a sua volta aveva affidato il lavoro in subappalto a una terza impresa, nonché che il contratto stipulato prevedeva unicamente il conferimento dell'incarico di movimentazione di merci all'interno del magazzino. Il Tribunale, inoltre, secondo il ricorrente aveva illegittimamente valorizzato una mail inviatagli nella quale si segnalavano i rischi di caduta di materiali dall'alto, in quanto questa non conteneva alcuna censura in ordine alle modalità di stoccaggio ed anzi evidenziava come le direttive in materia venissero date proprio dalla ditta committente, così confermando come la disponibilità giuridica dei luoghi fosse dello stesso committente e non della sua società. Il ricorrente ha evidenziato inoltre che il rischio di caduta di materiali dall'alto è un rischio di natura interferenziale che grava su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi e quindi sul committente.
Con un secondo motivo, il ricorrente ha denunciato una violazione di legge, in relazione all’art. 28, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 81/2008, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo c). Erroneamente, infatti, era stato addossato a lui, quale legale rappresentante della sua società, la responsabilità per la mancata analisi dei rischi interferenziali, confondendo il contenuto del DVR con quello del Duvri e sebbene l'imputazione gli avesse contestate lacune relative al DVR e non certo al Duvri.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato ritenuto fondato con riguardo alle censure esposte nel secondo motivo e infondato invece in relazione alle censure formulate nel primo motivo. Fondate, infatti, sono state ritenute le censure che contestavano la sussistenza del reato di cui all'art. 28, comma 1, lett. a), del D. Lgs. citato in relazione alla condotta di omessa presa in considerazione nel DVR del rischio di caduta di materiali dall'alto, deducendo che la sentenza impugnata gli aveva attribuito carenze nell'analisi dei rischi interferenziali, in considerazione di quanto era emerso dal Duvri sebbene non gravasse su di lui, quale preposto ad una ditta subappaltatrice, la redazione del Duvri stesso.
La suprema Corte a tal punto, ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, ha ritenuto utile richiamare sinteticamente, in via preliminare, le disposizioni rilevanti per l'esame delle censure enunciate. L'art. 17, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 81/2008, ha sottolineato la stessa, prevede per il datore di lavoro l'obbligo di valutare tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di cui all'art. 28 dello stesso decreto. L'art. 26, comma 3 dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 invece stabilisce che il datore di lavoro committente debba elaborare un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non fosse possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze.
La giurisprudenza, ha evidenziato la Sezione III, muovendo da queste disposizioni, ha tratto una duplice conclusione affermando per un verso, che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora in un medesimo ambiente operino stabilmente più lavoratori, dipendenti da datori di lavoro diversi e non legati tra loro da alcun rapporto di appalto o da altro rapporto giuridicamente rilevante, ciascun datore di lavoro è tenuto alla elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi degli artt. 28 e 29 del D. Lgs. n. 81/2008, citando sull’argomento la sentenza n. 17119 del 24/04/2015 della III Sezione penale della stessa Corte di legittimità, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sull’obbligo di redigere il DVR nel caso di ambienti nei quali operano più imprese”.
Per altro verso è stato precisato che la contravvenzione di omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi da interferenze, di cui all'art 26 del D. Lgs. n. 81/2008 è un reato proprio del committente, cioè di colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo, e, pertanto, in applicazione dell'art. 2, quarto comma del codice penale, non può più essere imputata anche al datore di lavoro dell'impresa appaltatrice, fermi restando gli obblighi di cooperazione e di coordinamento e fatto salvo l'obbligo di valutazione dei rischi di cui all'art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008.
Invero, ha così proseguito la Corte di Cassazione, da un lato, gli artt. 17, comma 1, lett. a), e 28 del D. Lgs. n. 81/2008 pongono a carico di "tutti" i datori di lavoro l'obbligo di redigere un documento contenente la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. Dall'altro, l'art. 26 dello stesso decreto pone a carico del datore di lavoro committente l'elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò, non fosse possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze.
Da quanto sopra indicato discende quindi, ha precisato la suprema Corte, che deve ritenersi doveroso distinguere tra l'obbligo di redazione di un documento contenente la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, quale è il DVR che è posto a carico di "ciascuno" dei datori di lavoro coinvolti, anche se subappaltatori, e l'obbligo invece di redazione di un documento contenente in particolare la valutazione dei rischi da interferenze, che grava esclusivamente sul solo datore di lavoro committente.
Nel caso in esame, quindi, ha precisato la Corte di Cassazione, si è riscontrata una divaricazione tra imputazione e sentenza con un difetto di correlazione rilevante e significativo. Il capo di accusa a carico del ricorrente era stato infatti quello di non aver provveduto ad analizzare nel DVR il rischio di caduta di materiali dall'alto in modo adeguato mentre la sentenza ha affermata la sua responsabilità esaminando il Duvri e facendo anche espresso riferimento alla previsione del rischio interferenziale. In altre parole, mentre l'imputazione ha correttamente contestato il reato avendo riguardo ad un documento, il DVR, che il ricorrente, quale legale rappresentante di un'impresa coinvolta nei lavori, sia pure a titolo di subappalto, era in ogni caso tenuto obbligatoriamente a predisporre, la sentenza invece ha affermata la sua penale responsabilità facendo riferimento ad un documento, il Duvri, la cui elaborazione gravava non su di lui bensì, esclusivamente, sul datore di lavoro committente.
I riferimenti normativi richiamati e la pertinente interpretazione giurisprudenziale, ha così sottolineato la Corte di Cassazione, inducono a ritenere che “ogni datore di lavoro, pur se subappaltatore, ha l'obbligo di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, quindi, deve adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro ‘tutti’ i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, anche quando questi siano dovuti alle ‘interferenze’ con l'attività di altre imprese, ed anche quando l'organizzazione del luogo di lavoro resta sottoposta ai poteri direttivi dell'appaltatore o del committente”. Né l'obbligo per ciascun datore di lavoro di adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro "tutti" i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa può essere escluso con riferimento ai rischi da "interferenze" perché il dovere di elaborare il Duvri grava esclusivamente sul datore di lavoro committente, come precisato in precedenza.
Ciò posto, è pienamente ragionevole ritenere, secondo la Sezione III, che i datori di lavoro diversi dal committente, pur non dovendo redigere il Duvri, siano comunque obbligati ad attuare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. L'obbligo per ciascun datore di lavoro di adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro "tutti" i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, ha ribadito ancora la suprema Corte, non trova comunque un limite quando l'attività dei lavoratori di una ditta affidataria di un appalto o di un subappalto si svolge in un luogo nella disponibilità giuridica di altri, o comunque sottoposto ai poteri direttivi di altri.
In effetti per «luoghi di lavoro», a norma dell'art. 62, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008, ha precisato ancora la suprema Corte, debbono intendersi anche i luoghi esterni all'azienda o comunque non sottoposti alla giuridica disponibilità del datore di lavoro, purché in essi il lavoratore debba o possa recarsi per eseguire incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività. Inoltre, le disposizioni di cui all'art. 26, comma 2, lett. a) e b), del D. Lgs. citato. prevedono anche per i subappaltatori l'obbligo di compiere interventi di protezione e prevenzione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto, quantunque dovuti alle interferenze, pure in caso di concorrente presenza di altre imprese.
La Corte di Cassazione ha inoltre osservato che Il Tribunale nel caso in esame aveva accertato che i dipendenti della ditta di cui il ricorrente era legale rappresentante erano preposti presso il magazzino allo scarico dai camion di bancali di materiali, ognuno del peso di 430 kg, che sistemavano uno sopra l’altro in apposite aree, denominate "stive", così da formare dieci pile verticali di sei bancali ciascuna. Tali bancali, per ragioni di caldo, di freddo o di peso, potevano però comunque deformarsi, così da far piegare le pile e, conseguentemente, potevano rovinare al suolo. Del resto, il rischio derivante dall'assenza di verticalità dei bancali e dal loro rovesciamento aveva già portato in passato a un incidente mortale ed era già stato segnalato all’imputato dai responsabili della ditta committente.
Il Tribunale aveva ritenuto, quindi, del tutto inidonea la misura costituita dall'indicazione verbale data agli operatori "carrellisti" di intervenire all'occorrenza, anche perché la stessa lasciava a costoro ogni discrezionalità per cui in definitiva l'affermazione della penale responsabilità del ricorrente per il reato di cui agli artt. 68, comma 1, lett. a), 64, comma 1, lett. a), e 63, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008. anche alla luce del rinvio al punto 1.8.1 dell'Allegato IV al medesimo D. Lgs., per l'omessa adozione di idonee misure di protezione delle aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall'alto, era risultata giuridicamente corretta.
La Corte di Cassazione, in conclusione, avendo ritenuto che il ricorso fosse da essere accolto solo in parte per la fondatezza delle censure relative alla dichiarazione di colpevolezza per il reato di cui all'art. 28, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 81/2008, ha annullata la sentenza impugnata limitatamente a tale diversa fattispecie contravvenzionale con rinvio al Tribunale di provenienza affinché procedesse a un nuovo accertamento dei fatti, anche compiendo, ove lo ritenesse utile, ulteriori attività istruttorie, per valutare la sussistenza o meno della responsabilità penale del ricorrente per il reato contestato al capo c).
Il Tribunale quindi a tal fine, ha così concluso la Corte di Cassazione, dovrà esaminare le risultanze non del Duvri ma del DVR, essendo l'imputato, quale datore di lavoro subappaltatore, obbligato ad elaborare solo questo secondo documento. In particolare, il Giudice del rinvio dovrà accertare se il DVR, a norma di quanto stabilito dall’art. 28, comma 1, lett. a), primo periodo, del D. Lgs. n. 81/2008, dovesse prendere in considerazione il rischio di caduta di materiali dall'alto, e, in caso di conclusione affermativa, se nel precisato documento vi fossero carenze di previsione o di apprezzamento in ordine al rischio precisato.
Gerardo Porreca
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