L’autonomia di spesa del delegato in concreto: sentenze di Cassazione
Come noto, l’art.16 c.1 lett.d) del D.Lgs.81/08 prevede che “la delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: […] che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”.
Proponiamo qui di seguito - senza alcuna pretesa di esaustività - la sintesi di alcune pronunce di legittimità atte a fungere da esempi concreti sul tema dell’autonomia di spesa del delegato in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Partiamo dall’analisi di una sentenza di quest’anno ( Cassazione Penale, Sez.IV, 27 gennaio 2020 n.3184) che ha accolto il ricorso di “A.R. responsabile del reato di cui all’art.590, comma 3, cod. pen. perché, quale dirigente con delega agli “interventi ed adeguamenti strutturali, manutenzione di uffici e impianti” per il Centro […] delle P.I. Spa, cagionava al dipendente M.C. lesioni personali gravi”.
Questa la dinamica dell’evento: nel 2012 il lavoratore “M.C., all’epoca dipendente delle P.I., impiegato nel reparto “ricevimento/invio”, con la mansione di addetto allo scarico e al carico delle merci, si trovava sotto la pensilina in corrispondenza della banchina di carico e stava provvedendo al carico di “roller” (carrelli con struttura “a gabbia”, contenenti plichi da recapitare) su un camion, quando, tirando all’indietro uno dei carrelli e non essendosi accorto della fine della banchina, cadeva all’indietro, finendo sul piazzale sottostante. Il carrello, bloccato dalle cinghie, non cadeva sul lavoratore ma ne investiva le gambe.”
La sentenza specifica che “all’epoca dei fatti, l’imputato rivestiva l’incarico di responsabile dell’area…, con delega conferita per assicurare la rispondenza dei luoghi di lavoro alle disposizioni normative vigenti, con poteri di spesa nell’ambito del budget approvato annualmente dall’azienda.”
Presentando ricorso in Cassazione, l’imputato ha contestato (anche) il fatto che la pronuncia d’appello si fosse - a suo dire - limitata “a tener conto della delega senza considerare che il suo reale contenuto andava ricavato dagli ulteriori elementi acquisiti. Il riferimento è, in particolare, alla valutazione espressa dall’ispettore della ASL […] il quale ricordando gli esiti degli accertamenti svolti quale ufficiale di polizia giudiziaria delegato alle indagini, ha attribuito esclusivamente al datore di lavoro, dott. C. e alla dirigente da questi delegata, dott.ssa C. [coimputata non appellante], le omissioni dallo stesso reputate penalmente rilevanti. La delega conferita all’ing. A.R. gli attribuiva di attuare, da una parte, gli interventi indicati nel Piano annuale stabilito dal datore di lavoro, dall’altra, gli ulteriori interventi richiesti dal datore di lavoro o dai dirigenti.”
Come anticipato, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna di A.R. precedentemente emessa dalla Corte d’Appello.
In particolare, la pronuncia di Cassazione premette che “l’individuazione della responsabilità penale passa […] anche attraverso una accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all’interno di ciascuna istituzione, atteso che, oltre alle categorie giuridiche, rilevano, in particolare, i concreti ruoli esercitati da ciascuno sulla base dei quali si declina la categoria giuridica della posizione di garanzia.”
Con riferimento al caso specifico, pertanto, secondo la Suprema Corte “è opportuno ricordare che l’imputazione per cui è processo è stata elevata anche nei confronti di MG.C. (non ricorrente), quale dirigente con delega alla sicurezza del Centro […] P.I. Spa, conducendo all’affermazione di responsabilità anche nei confronti della stessa.”
E, “nel caso di specie, dal documento di “ delega e attribuzioni di responsabilità su interventi e adeguamenti strutturali, su manutenzione di uffici e impianti in materia di igiene e sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. n.81/2008” emerge che l’imputato non disponeva di autonomi poteri di intervento e di scelta degli interventi da effettuare - e, dunque, di autonomia decisionale - in quanto il relativo potere di spesa doveva essere esercitato in accordo con il Piano degli interventi definiti dal datore di lavoro. Egli era un organo tecnico, in quanto tale con funzioni distinte da quelle dell’unico delegato alla sicurezza (coimputata MG.C.) e soggetto a deliberazioni assunte da altre persone. Dunque, l’imputato non rivestiva alcuna posizione di garanzia nel senso più sopra illustrato.”
Inoltre, “al riguardo, l’impugnata pronunzia si appalesa non esente anche da profili di contraddittorietà e di illogicità laddove afferma che dalla richiamata delega spettava al A.R. definire il Piano annuale di interventi «pur seguendo le indicazioni del datore di lavoro». Trascura così di adeguatamente considerare, oltre al contenuto della delega, la natura del rischio concretizzatosi, afferente alla predisposizione delle opere provvisionali, la presenza di altra figura qualificata alla gestione di tale rischio esecutivo, la stessa condanna di tale soggetto (il riferimento è alla C.). Né individua un concreto, oggettivo nucleo di responsabilità nella gestione dello specifico rischio.”
Alla luce di tali considerazioni secondo la Corte, “in conclusione, non si ravvisa alcuna violazione di cautele ascrivibili all’imputato, conseguendone che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per non avere l’imputato commesso il fatto.”
Una pronuncia di tre anni fa (Cassazione Penale, Sez.III, 15 giugno 2017 n.30115) ha chiarito che “con riferimento alle responsabilità nascenti per il datore di lavoro dalla mancata predisposizione sul piano economico, di attrezzature ed in generale di mezzi per mettere in sicurezza l’ambiente di lavoro, in ripetute occasioni questa Corte ha affermato il principio che “In tema di infortuni sul lavoro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro: e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina (Sez.4A 24.9.2007 n.47136, Macorig, Rv.238350; conforme Sez.4A 30.6.2004 n.36774, Capaldo e altri, Rv.229694).”
Nel caso di specie, era stata ravvisata una “carenza in capo all’F.O. [delegato, n.d.r.] di poteri di spesa e di gestione economica” di cui avevano “diffusamente parlato i testi ...: sicché è evidente che nella misura in cui questi non aveva quel potere economico, avrebbe dovuto informarne il datore di lavoro essendo esigibile quell’obbligo continuo di raccordo tra datore di lavoro e delegato […]”.
Concludiamo questa breve analisi con una sentenza più risalente (Cassazione Penale, Sez.IV, 4 luglio 2008 n.27433) che ha annullato con rinvio la pronuncia d’appello che aveva condannato B.M. per il “reato di lesioni colpose in danno del lavoratore ghanese D.D. perché, in qualità di amministratore delegato della ditta M.C., aveva omesso di istruirlo e formarlo ai fini della sicurezza e l’aveva adibito ad una macchina arrotolatrice che non era completamente segregata o protetta cosicché il lavoratore, per rimuovere una piegatura del tessuto in corso di lavorazione, introduceva il braccio tra la pezza ed il cilindro della medesima, venendo trascinato dall’ingranaggio.”
Secondo la Corte d’Appello, “l’imputato aveva conservato di fatto la posizione di garanzia nell’ambito della sicurezza perché, pur avendo nominato come responsabile l’ing. F., questi non aveva concreti poteri di spesa, dovendo dare avviso delle necessità rilevate al legale rappresentante della ditta, al quale era demandata la decisione in proposito.”
Come già precisato, la Cassazione - ritenendo fondate le argomentazioni del ricorrente - ha annullato con rinvio la pronuncia d’appello.
Secondo la Suprema Corte, in particolare, “è emerso in modo chiaro che l’imputato, quale consigliere delegato della M. aveva nominato in qualità della sicurezza l’ing. F.N.G., professionista avente le qualità necessarie per svolgere tale compito. Egli, in virtù di questo incarico, doveva verificare la situazione dello stabilimento sotto il profilo della sicurezza, indicare le misure da adottare ed attuare in concreto tutte quelle necessarie e previste dalla legge con espressa previsione di impegno di spesa della società, salvo preavviso e resa del conto a spesa effettuata ai fini del bilancio di esercizio.”
La Cassazione non ha ritenuto condivisibile l’impostazione della Corte d’Appello secondo cui “la rigorosa formalità del preavviso da effettuarsi due giorni prima dell’impegno di spese, con lettera raccomandata al legale rappresentante, comporterebbe una limitazione tale da escludere il potere di spesa al quale può essere ancorata l’efficacia piena della delega in tema di sicurezza, per cui, nonostante l’apparente conferimento della posizione di garanzia, questa in concreto non poteva essere esercitata.”
Infatti - precisa la Suprema Corte - “questo tipo di ragionamento non è corretto in quanto la dizione letterale del tenore della delega, riportata in sentenza, non lascia margini di dubbio circa il conferimento dell’incarico, cui conseguiva il potere di impegnare la società per le spese necessarie alla messa a punto delle misure di sicurezza, salvo preavviso.”
E la pronuncia chiarisce, rispetto a tale preavviso, che “la necessità del medesimo non comporta una vera limitazione, ma era ricollegato alla posizione del professionista, esterno all’organigramma della società, per cui questa intendeva essere informata delle necessità relative alla sicurezza.”
Inoltre, “al di là delle dichiarazioni del F. prese in considerazione dal giudice di merito, che questi non valuta con la dovuta prudenza, trattandosi di persona soggetta all’indagine per la sua particolare posizione e perciò certamente tentata a diminuire i limiti della propria responsabilità, non risulta che la società abbia negato al medesimo alcuna spesa per adeguare la macchina in questione alle norme della sicurezza. Sul punto la sentenza si limita a riportare che il F. aveva riferito di avere effettuato un elenco degli interventi da effettuare sulle macchine e che la società si era riservata di provvedervi attraverso l’officina meccanica interna, ma nessuna indicazione è stata effettuata in merito alla macchina in questione.”
Pertanto, secondo la Cassazione “sulla semplice base degli argomenti indicati dalla corte territoriale non può essere esclusa la validità della delega, elemento principe sul quale si è basato la sentenza di condanna.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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