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CSE e mancata sospensione attività in presenza di rischi gravi e imminenti

CSE e mancata sospensione attività in presenza di rischi gravi e imminenti
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

20/05/2024

Il CSE svolge una alta funzione di vigilanza sulle lavorazioni che comportino rischi interferenziali e, nel caso che riscontri direttamente pericoli gravi e imminenti, ha comunque l'obbligo di sospendere le attività anche se correlati a rischi specifici.

Si occupa ancora una volta la Corte d Cassazione in questa sentenza dell’art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008 con il quale il legislatore ha fissato gli obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori e con il quale ha disposto in particolare, con il comma 1 lettera f), che lo stesso è tenuto a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

 

L’obbligo citato a carico del CSE di sospendere le attività lavorative in corso in un cantiere edile è stato già oggetto in passato di diverse sentenze della stessa Corte di Cassazione fra le quali si ritiene di citare la sentenza della IV Sezione penale n. 10136 del 16 marzo 2020, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ La gestione dei rischi affidata ai CSE nei cantieri edili" e più recentemente e da ultima la sentenza  n. 7414 del 20 febbraio 2024 della stessa IV Sezione penale, pubblicata e commentata nell’articolo “ L’obbligo del CSE di emanare l’ordine di sospensione delle attività".

 

Nel commentare la prima delle due sentenze in particolare lo scrivente, dopo avere fatta una riflessione sulla diversa posizione assunta dalla Corte di Cassazione nelle varie sentenze dallo stesso esaminate, in merito all’interpretazione da dare alle disposizioni di cui all’art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008, ha espresso un proprio parere che possa essere stata forse la lettura del punto e) del comma 1 dell’art. 92 a creare un po’ di confusione nella individuazione dei compiti del CSE allorquando nello stesso è stato indicato che il CSE è tenuto a contestare per iscritto alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati “le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94. 95, 96 e 97, comma 1” oltre che alle prescrizioni del PSC, ove esistente.


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È evidente, da una attenta lettura, che la contestazione è stata richiesta allo scopo di farne oggetto di segnalazione al committente o al responsabile dei lavori perché intervenga, ma, contenendo gli articoli sopra citati gli obblighi di sicurezza a carico dei datori di lavoro delle imprese esecutrici oltre che dei datori di lavoro delle imprese affidatarie e dei lavoratori autonomi, viene spontaneamente da pensare che il legislatore abbia voluto affidare al CSE anche il compito diretto di controllare che tali soggetti rispettino le disposizioni di sicurezza assegnandogli così una sorta di posizione di garanzia nell’ambito della sicurezza del cantiere, il che in effetti non è rimanendo sempre tale garanzia esclusivamente in capo ai singoli soggetti citati.

 

Alla luce di queste considerazioni quindi lo scrivente ha espresso il parere nel commentare quella sentenza e che rinnova in questa circostanza, che sarebbe opportuno rivedere, auspicando un intervento del legislatore, il testo della lettera e) dell’art. 92, fermo restando l’obbligo di segnalare al committente le inadempienze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che dovesse riscontrare affinché lo stesso possa adottare i suoi provvedimenti, e che sarebbe opportuno altresì che l’intervento del CSE fosse limitato al solo controllo che siano attuate le prescrizioni di cui al PSC con la condizione di dare però contemporaneamente indicazioni ai coordinatori in fase di progettazione (CSP) di non elaborare i PSC inserendo in esso tutti i rischi anche specifici di tutte le imprese esecutrici che operano nel cantiere e di fare del PSC una sorta di raccolta di tutti i rischi che possono essere presenti nello stesso, ma di limitarsi a indicare o quanto meno a dare rilievo solo a quelli di essi che possono costituire interferenza fra le imprese.

 

Nel caso della sentenza ora in commento il GIP del Tribunale, all’esito di un giudizio abbreviato. ha condannato un CSE ritenuto responsabile dell’infortunio di un lavoratore accaduto in un cantiere a causa delle condizioni climatiche avverse e della presenza di lastre di ghiaccio sui percorsi, accusato di non avere proceduto alla sospensione dei lavori, in considerazione della loro pericolosità. La difesa dell’imputato ha fatto ricorso per cassazione sostenendo che un coordinatore per la fase di esecuzione opera laddove esista un "rischio interferenziale" e che non sussiste a carico dello stesso un obbligo di vigilanza e di presenza continua in cantiere, essendo questa di pertinenza delle figure responsabili delle imprese affidatane ed esecutrici e, quindi, del datore di lavoro, del dirigente e del preposto di tale imprese.

 

La Corte di Cassazione ha ribadito che sul coordinatore per la sicurezza dei lavori grava una funzione di alta vigilanza di cui all'art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008, che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato, e che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), ma che comunque ha l'obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate e che tale obbligo di sospensione delle attività opera anche se i pericoli riscontrati non son correlati a rischi interferenziali. La Corte di Cassazione ha comunque annullata la sentenza impugnata avendo constatata l’estinzione del reato contestato all’imputato per intervenuta prescrizione.

 

Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato un coordinatore per la sicurezza in fase dì progettazione e in fase di esecuzione dei lavori responsabile del reato di cui all'art. 158, comma 2, lett. a), in relazione all'art. 92, comma 1, lett. f) del D. Lgs. 81/2008, perché, con riferimento a dei lavori che si stavano eseguendo presso un cantiere, aveva omesso di procedere alla sospensione dei lavori, in considerazione della pericolosità degli stessi a causa delle condizioni climatiche avverse e della presenza di lastre di ghiaccio sul percorso.

 

Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore munito di procura speciale, articolandolo con alcune motivazioni e chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Come motivo principale la difesa ha dedotto una violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla identificazione della posizione di garanzia in capo al coordinatore rispetto alle altre figure presenti in cantiere. La stessa ha argomentato che il coordinatore per la fase di esecuzione opera laddove esista un "rischio interferenziale", inteso come "rischio derivante dalla convergenza di articolazioni di aziende diverse verso il compimento di un'opera unitaria" e, più in generale come presenza nel medesimo contesto di più imprese chiamate a svolgere specifiche e distinte attività in base ciascuna ad uno specifico contratto, e che il coordinatore ha un potere di intervento diretto solo quando constati direttamente gravi pericoli [art. 92, comma 1 lett. f) del D. Lgs. 81/2008]. Secondo la giurisprudenza di legittimità, ha così proseguito la difesa, non sussiste a carico del coordinatore un obbligo di vigilanza e di presenza continua in cantiere, in quanto l’obbligo di vigilanza continua sulle attività svolte in cantiere è di pertinenza delle figure responsabili delle imprese affidatane ed esecutrici e, quindi, del datore di lavoro, del dirigente e del preposto di tale imprese; la sentenza impugnata quindi, al contrario, aveva attribuito al coordinatore gli stessi compiti del datore di lavoro dell'impresa esecutrice, ignorando la chiara distinzione individuata dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità.

 

Come altro motivo la difesa ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 92, comma 1, lett. f) del citato D. Lgs. n. 81/2008. Ha argomento, infatti, che la vigilanza sulle condizioni di lavoro, anche per quanto riguarda le condizioni metereologiche, rimane sempre di competenza del datore di lavoro e dei suoi collaboratori, in base alla previsione dell'art. 96, comma 1, lett. d) del D. Lgs. 81/2008; pertanto, nel caso in esame, il dovere di vigilare e di impedire che il lavoratore andasse in una zona che presentava dei punti ghiacciati era solo esclusivamente del datore di lavoro che in quel momento sovraintendeva alle lavorazioni e nessun obbligo gravava sul ricorrente; il rischio della presenza di ghiaccio altresì non costituiva un rischio interferenziale sul quale il predetto aveva l'obbligo di intervenire in quanto coordinatore.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha innanzitutto rilevato che, per quanto emerso dagli atti, la contravvenzione contestata si era già estinta per prescrizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen. e ha dato comunque atto che i motivi indicati nel ricorso sono risultati infondati. Va infatti ricordato, ha sostenuto la stessa, che in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza di cui all'art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008 che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate.

 

La legge, ha così proseguito la suprema Corte, ha poi delineato sul coordinatore per la sicurezza una funzione peculiare, rispetto al generale compito di alta vigilanza che grava su tale figura della sicurezza, aspetto in questo caso rilevante: egli, oltre ai compiti specificamente assegnatigli dall'art. 92 citato, svolge una autonoma funzione di alta vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale e, sebbene non sia tenuto a un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, demandato ad altre figure operative, mantiene l'obbligo di attivarsi, in caso di sussistenza di un pericolo nei termini di cui al citato art. 92 c. 1, lett. f). Tale ultimo obbligo, tuttavia, ha precisato ancora la suprema Corte, non è comunque correlato alla natura del rischio interferenziale che è chiamato a gestire, poiché egli risponde per colpa in omissione, allorquando versi in condizioni di avvedersi o essere informato dell'esistenza di un pericolo grave e imminente e rimanga inerte, a prescindere dal fatto che il pericolo sia correlato a un rischio interferenziale.

 

Tale interpretazione, ha precisato ancora la Sez. III, discende direttamente dalla lettura della legge: alla lett. e) della norma richiamata, infatti, il legislatore prevede che il coordinatore, allorquando riscontri la violazione di obblighi assegnati ad altre figure della sicurezza, proponga la sospensione dei lavori al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato, previa contestazione delle violazioni ai lavoratori autonomi o alle imprese. La successiva ipotesi di cui alla lett. f), invece, non è correlata al riscontro di specifiche violazioni da parte delle altre figure di gestori del rischio, ma direttamente ed esclusivamente alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente. Pertanto, a tal fine, diventa rilevante la verifica del momento del manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza di tale pericolo e della sua imminenza, ma anche quella della prevedibilità in capo al coordinatore medesimo, sul quale, come sopra ricordato, non grava l'obbligo di una presenza costante in cantiere. Il Tribunale, sia pure con motivazione succinta, aveva nella sua sentenza adeguatamente argomentato in ordine alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente fonte dell'obbligo di attivazione di cui all'art. 92 comma 1, lett. f) D. Lgs. 81/2008 ed alla verifica del momento del manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza di tale pericolo e della sua imminenza.

 

La Corte di Cassazione, in conclusione, essendo estinto il reato contestato per maturata prescrizione, ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Scarica la sentenza di riferimento:

Cassazione Sezione III penale - Sentenza n. 18040 del 8 maggio 2024 (u. p. 20 marzo 2024) - Pres. Ramacci – Est. Di Stasi – P.M. Manuali - Ric. omissis - Il CSE svolge una alta funzione di vigilanza sulle lavorazioni che comportino rischi interferenziali e, nel caso che riscontri direttamente pericoli gravi e imminenti, ha comunque l'obbligo di sospendere le attività anche se correlati a rischi specifici.

 



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Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
29/05/2024 (09:14:45)
Ho collaborato col collega Gandini alla stesura del ricorso per Cassazione, e la questione è principalmente legata alla ricostruzione dei fatti avvenuta avanti al giudice di merito. La Cassazione ha applicato i principi consolidati della sua giurisprudenza. In ogni caso l'intervenuta prescrizione è bil male minore.

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