Una interessante sentenza afferente al diritto all’oblio
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Il 9 marzo 2017, in relazione alla causa 389/15, la corte europea ha preso in esame un interessante quesito, relativo al diritto all’oblio applicabile non ad una singola persona, ma al registro delle imprese.
La richiesta di pronunzia stata avanzata dalla magistratura italiana, in relazione ad una richiesta, presentata alla camera di commercio di Lecce, da parte di un interessato, che chiedeva che il suo nome venisse cancellato dal registro delle imprese, in qualità di amministratore di un’azienda. Questo interessato era dirigente di una azienda che cercava di vendere appartamenti in un complesso turistico.
Le difficoltà nella vendita, ad avviso del soggetto che aveva avanzato la richiesta, discendevano dal fatto che nel 1992 egli era stato amministratore di un’altra azienda, che aveva dichiarato bancarotta ed era stata chiusa nel 2005. Per questa ragione egli chiedeva che venisse cancellato qualsiasi riferimento al fatto che egli era stato amministratore dell’azienda andata in bancarotta.
La corte di giustizia dell’unione europea ha innanzitutto verificato che le leggi italiane non impongono un periodo specifico di conservazione dei dati nel registro delle imprese.
Per questa ragione non era possibile determinare un limite temporale, oltre il quale questi dati avrebbero dovuto essere cancellati.
Restava comunque valido il principio generale che esiste un diritto all’oblio, che deve però essere messo a confronto con altri diritti, che fanno riferimento alla libertà e completezza di informazione alla società civile.
La corte è giunta alla conclusione che la conservazione dei dati sull’operatività delle imprese non rappresentava un’interferenza inappropriata con i diritti dell’interessato per due ragioni:
- innanzitutto, solo un numero molto limitato di dati personali era presente nella registro delle imprese,
- in secondo luogo, la corte ha ritenuto che la conservazione di dati afferenti ad una azienda a responsabilità limitata, la cui unica garanzia nei confronti di terzi era legata alle proprietà dell’azienda, costituisse una garanzia nei confronti dei terzi.
È interessante tuttavia notare che la corte di giustizia europea non ha completamente escluso la possibilità che vi possono essere delle situazioni peculiari, in cui vi possono essere ragioni legittime per limitare l’accesso ai dati nel registro delle imprese. Ma queste ragioni legittime devono essere di natura eccezionale e dovrebbero comunque consentire l’accesso a questi dati a soggetti terzi, che possono dimostrare di avere un specifico interesse a questo accesso.
La corte di giustizia europea ha quindi deciso che tocca alle legislazioni nazionali, e non alla magistratura inquirente e giudicante nazionale, di decidere se è il caso o meno di introdurre queste limitazioni.
Il giudizio della corte sembra in pieno conforme a quanto precisa l’articolo 17 del regolamento generale sulla protezione dei dati, la cui data ultima di entrata in vigore sarà il 25 maggio 2018.
Una lettura attenta dell’articolo in questione conferma la corretta interpretazione data dalla corte di giustizia europea.
Adalberto Biasiotti
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