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Cosa preveda la UNI/PdR 84:2020

Cosa preveda la UNI/PdR 84:2020
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

06/03/2024

Una prassi di riferimento afferente alle difese fisiche che dovrebbe essere meglio conosciuta dai security manager.

Ricordo ai lettori che una prassi di riferimento è un documento non normativo, ma che può rappresentare il primo passo per il successivo sviluppo di una norma. Questa prassi di riferimento si applica a sistemi di difesa passiva, che, seppure di non frequente applicazione, possono dare una risposta efficace in situazioni specifiche.

 

Il titolo ufficiale di questa prassi di riferimento è il seguente:

UNI/PdR 84:2020 - sistemi di difesa passiva base di resina bicomponente-linee guida per la progettazione, l’assemblaggio e l’installazione.

 

Questa norma si applica alla installazione di sistemi di difesa passiva, a base di resina bicomponente a rapido indurimento, con sistema di innesco automatico. L’obiettivo è quello di impedire il prelievo forzato di valori, a seguito di atti criminosi.

 

Supponiamo ad esempio che questo sistema venga installato all’interno di un veicolo utilizzato per il trasporto valori, oppure nelle colonnine che accettano il contante, installate presso i distributori di carburante.

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Se i malviventi attaccano il contenitore, il sistema di innesco automatico rilascia le due componenti della resina, che si combinano e creano una barriera protettiva dei beni protetti, che ben difficilmente i malviventi riescono in tempi rapidi a neutralizzare. L’utilizzo di questo speciale sistema di difesa rende non accessibile il bene, e comunque ne impedisce il prelievo forzato, sia limitando i rischi per gli operatori coinvolti, sia per cittadini, che possano trovarsi nelle vicinanze della zona dell’attacco.

 

Questi dispositivi possono essere innescati sia da sistemi automatici, a bordo del furgone portavalori, sia con un comando inviato dalla centrale operativa. Il vantaggio di utilizzare sistemi di attivazione automatica è legato alla riduzione di rischio per gli operatori, che potrebbero comportarsi in modi differenti, se ad esempio si trovassero sotto la diretta minaccia dei malviventi.

 

L’utilizzo ottimale di questi dispositivi è evidentemente legato alla loro attivazione in ambienti di volume ridotto, sia per questioni di tempistica di erogazione e solidificazione, sia per ragioni legate alla quantità di resina da mettere a disposizione.

 

Il grande vantaggio del dispositivo sta nel fatto che, durante la rapina, si crea un blocco di resina, dalla quale risulta estremamente difficile estrarre qualunque oggetto protetto, mentre dopo la rapina l’oggetto protetto può essere recuperato per intero, senza riportare danni tali da rendere inutilizzabile.

 

Vi è quindi una differenza sostanziale tra questa architettura difensiva ed una basata, ad esempio, sulla macchiatura del bene protetto perché, se ci troviamo davanti a banconote, la Banca d’Italia è disponibile a ritirarle e sostituirle, mentre se ci troviamo davanti ad altri tipi di valori il danneggiamento potrebbe essere di natura permanente.

 

Tecnicamente, ci troviamo davanti a un meccanismo di protezione, che genera un composto schiumogeno, a base di poliuretano, che viene attivato da serbatoi di azoto in pressione. Il dispositivo unisce due liquidi, contenuti in serbatoi separati, i quali si miscelano e si riversano sul pavimento, creando il composto schiumogeno, che si espande fino a riempire tutto lo spazio disponibile.

 

I tempi tecnici per questa operazione sono dell’ordine di una manciata di secondi e quindi il tempo di attivazione è paragonabile al tempo richiesto dai dispositivi che generano invece sostanze nebbiogene.

 

Ovviamente, il dispositivo di attivazione del sistema a resina bicomponente si attiva solo se la porta dell’automezzo è chiusa, perché diversamente potrebbe risultare assai difficile saturare l’ambiente da proteggere.

 

La differenza sostanziale fra sistemi nebbiogeni e sistemi a resina bicomponente sta nel volume, in cui si trovano oggetti da proteggere. Gli apparati nebbiogeni possono rivelarsi efficaci anche quando attivati in volumi significativi, di svariati metri cubi, mentre sistemi a resina bicomponente sono tanto più efficaci, quanto più ridotto è il volume in cui le resine si devono espandere.

 

Raccomandiamo ai lettori di prendere buona nota di questa prassi di riferimento, che è attualmente in corso di revisione, perché ogni buon security manager deve conoscere tutti gli strumenti di sicurezza a sua disposizione, in modo da scegliere, in funzione del contesto in cui è chiamato ad operare, la soluzione più efficiente ed efficace.

 

Adalberto Biasiotti




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