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Sì al riconoscimento automatico del volto, ma con appropriate garanzie

Sì al riconoscimento automatico del volto, ma con appropriate garanzie
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

09/12/2016

I sistemi di riconoscimento facciale possono essere di grande aiuto alle indagini criminali, ma devono essere utilizzati con molta cautela, come dimostra un recente studio effettuato sull’archivio dell’FBI. Di Adalberto Biasiotti.


Il Federal bureau of investigations già da tempo ha cominciato a raccogliere i volti di cittadini americani, per avere a disposizione un data base, da utilizzare per il riconoscimento automatico dei voti, in caso di indagini criminali. Ad oggi questo archivio contiene più di 30.000.000 di volti, in parte ricavati dalle foto segnaletiche, in parte ricavati da altri documenti pubblici, come ad esempio le foto poste sulle patenti.

Da più parti sono stati avanzati dei dubbi circa il fatto che questo gigantesco data base non fosse sufficientemente tutelato, da un punto di vista di protezione dei dati personali ed ecco la ragione per la quale gli ispettori del General accounting Office hanno effettuato una indagine mirata proprio su questo tema.

 

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Nessuno dubita del fatto che questa tecnologia possa aiutare i tutori dell’ordine nell’identificare soggetti coinvolti in vari eventi, anche criminosi. Tuttavia, è bene sottolineare fin da adesso che la indagine non è andata ad esaminare la efficienza ed efficacia di questo sistema di riconoscimento automatico, ma solo le modalità con cui viene custodito e viene controllato l’accesso.

 

A proposito, faccio presente che esistono molti dubbi sul fatto che gli attuali sistemi di riconoscimento automatico del volto possano davvero essere utilizzati su larga scala per indagini criminali, ma non vi è dubbio che il continuo miglioramento degli applicativi di riconoscimento possa senz’altro, nel tempo, modificare sostanzialmente la situazione.

 

Quando il riconoscimento del volto non è sufficientemente efficace, una indagine può mettere a disposizione degli inquirenti una serie di volti, legati a possibili abbinamenti ai volti dei sospetti inquadrati da impianti di videosorveglianza, attivando indagini su questi sospetti. Se il livello di accuratezza del riconoscimento è insoddisfacente, possono essere chiamati in causa  soggetti che nulla  hanno a che fare con l’evento in questione.

 

Una prima analisi, ad esempio, ha messo in evidenza come il software sia molto più efficace nel riconoscere volti di bianchi, piuttosto che di negri. In quest’ultimo caso, spesso il software presenta un gran numero di volti di negri, ipotizzati come riconducibili all’evento criminoso, in un numero assolutamente sproporzionato con una analoga situazione, riferita a volti di bianchi.

Il sistema di riconoscimento automatico del volto è stato battezzato next generation Identification Interstate photo system, abbreviato in NGI-IPS. Il data base è accessibile anche alle polizie di vari Stati, che possono presentare una richiesta di riconoscimento di possibili abbinamenti.

 

Quando viene presentata una richiesta, il sistema presenta una lista di possibili abbinamenti, che varia da due a 50 fotografie, a seconda del livello di dettaglio della richiesta. Per usi esclusivamente interni, l’FBI utilizza un applicativo speciale chiamato facial Analysis, comparison and Evaluation-FACE, che ha caratteristiche alquanto particolari. Infatti questo applicativo può effettuare una analisi non soltanto sul data base sopra menzionato, ma anche su altri data base in possesso del Dipartimento di Stato, di militari e di altri 16 Stati. Gli specialisti di biometria riesaminano una per una le proposte del sistema, per portare all’attenzione degli agenti quelle che più soddisfano la richiesta.

 

Nel 2008 il dipartimento di giustizia ha sviluppato una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, come richiesto dalle leggi in vigore negli Stati Uniti, ed è giunto ad alcune conclusioni, che però non sono state messe in pratica dall’FBI. Ad esempio, l’applicativo gestito da FACE non rientra nell’ambito dell’indagine di valutazione della protezione di impatto sulla privacy, che era stata sviluppata in precedenza.

 

Prima di dare piena attuazione a questo applicativo, l’FBI non ha sviluppato  verifiche sperimentali, per verificare se i volti che venivano presentati dal sistema, al termine di una analisi automatizzata, erano sufficientemente congrui con il volto di riferimento. Ad oggi non sono ancora disponibili dei numeri precisi che possano permettere di valutare oggettivamente l’efficacia e l’efficienza del sistema.

 

Ecco perché gli ispettori hanno richiesto che venga al più presto effettuato un test che metta in evidenza quanto sia accurata la capacità di riconoscimento o meglio di abbinamento del sistema, in modo da effettuare una valutazione oggettiva dell’utilità del sistema stesso.

Un altro problema che si è presentato riguarda il fatto che, anche se le forze di polizia nei vari Stati possono accedere al sistema, non si hanno numeri circa il livello di accuratezza degli applicativi, che vengono utilizzati dalle singole polizie di Stato.

Se infatti esiste un applicativo che ha caratteristiche di maggiore affidabilità, tale applicativo dovrebbe essere proposto a tutti i potenziali utenti.

 

Un dato però che è stato già chiaramente messo in evidenza riguarda il fatto che, nel riconoscimento dei volti di soggetti di colore, il sistema è decisamente meno affidabile rispetto ai volti di bianchi e questo solo fatto fa sì che vengano sprecate grandi risorse nelle indagini riguardanti crimini, in  cui sono coinvolti degli afro-americani, per potere gradualmente eliminare i volti afferenti a persone che nulla hanno a che fare con l’evento delittuoso in questione.

In sintesi, il sistema esiste e resterà sicuramente in funzione.

 

Gli specialisti di software cercheranno di migliorare sempre di più il livello di affidabilità del sistema, in modo da presentare un numero sempre più ridotto di possibili abbinamenti, con il diretto risultato di alleviare il carico di lavoro degli agenti che hanno utilizzato questo sistema.

Deve inoltre essere evidente che un possibile abbinamento non significa affatto un possibile rapporto criminoso tra il volto del soggetto individuato dal sistema, presentato come punto di riferimento.

Ad oggi, sembra che in alcuni casi il fatto che un volto sia stato abbinato dal sistema al volto del criminale di riferimento abbia quasi costituito una automatica “condanna”.

 

Adalberto Biasiotti




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