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Lo stress nelle sale operative non è stato analizzato a sufficienza

Lo stress nelle sale operative non è stato analizzato a sufficienza
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

18/12/2017

Le guardie particolari giurate in servizio nelle sale operative possono essere soggette a fasi significative di stress. Uno studio condotto a livello europeo mette in evidenza questo problema e offrirà possibili soluzioni.

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Chiunque abbia vissuto l’esperienza di gestire gli allarmi in una sala operativa, sia essa di un istituto di vigilanza privata, sia essa del centro operativo telecomunicazioni della questura o del 112, sa bene come gli operatori possano essere soggetti a livelli di stress particolarmente elevati, in concomitanza con il verificarsi di situazioni critiche.

 

L’affermazione in linea di principio è condivisa da tutti, ma pochi traggono le conseguenze necessarie e mettono a punto possibili strumenti di messa sotto controllo, che non sono necessariamente legati solo alla riduzione dei turni di servizio.

Il problema, come è facile intuire, diventa particolarmente critico quando gli operatori sono destinati al controllo del traffico aereo, laddove lo spazio per ritardi nell’assumere decisioni o la possibilità di correzione di decisioni errate sono estremamente ridotti.

 

Questa è la ragione per la quale, con un concreto sostegno da parte dell’Unione Europea, è stato lanciato un programma chiamato STRESS. Il programma è stato finanziato con i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea nel programma di ricerca ed innovazione chiamato orizzonte 2020.

 

Il programma, che è partito il giugno 2016 e durerà fino a giugno 2018, è stato sviluppato per introdurre più elevati livelli di automazione nella gestione del traffico aereo e, di conseguenza di situazioni di crisi, analizzando il livello di stress degli operatori. È stata messa a punto una attrezzatura particolarmente sofisticata, che è in grado di rilevare tutta una serie di parametri degli operatori, in tempo reale, come ad esempio il livello di concentrazione, il livello di sudore, il battito cardiaco, il livello di pressione arteriosa ed altri parametri, rilevati da sensori applicati ad una cuffia, posta sul capo degli operatori, e via dicendo.

 

 

Ho avuto occasione di parlare con gli specialisti che stanno conducendo questo progetto di ricerca avanzata ed ho acquisito informazioni oltremodo interessanti.

 

A questo studio partecipa l’Università della Sapienza di Roma, la scuola nazionale dell’aviazione civile in Francia, l’Università di Anadolu in Turchia ed altri enti, direttamente coinvolti nell’analisi di queste situazioni e nella messa a punto di possibile contromisure.

 

Una delle contromisure più intuitive, ma comunque importante, è legata proprio al fatto che un ripetuto livello di stress, rilevato nell’operatore, può indurre il responsabile del centro di controllo del traffico aereo a ridurre la durata del servizio svolto dall’operatore stesso.

 

Chi scrive ha avuto occasione più di una volta di essere coinvolto in  una sala operativa, che riceveva segnalazione afferenti alla sanità della popolazione, nell’arco delle 12 ore notturne, ed ha potuto verificare di persona come la tempistica di reazione, il livello di concentrazione e la correttezza delle risposte date dall’operatore alle sollecitazioni che venivano dal campo potevano variare in misura significativa, in base a parametri non sempre esclusivamente legati alla durata dell’attività di servizio.

 

Mi auguro che le organizzazioni di categoria, con l’assistenza dei sindacati, vogliano avviare un programma similare, per effettuare ricerche similari anche nel mondo della vigilanza privata.

 

Oggi una sala operativa di un grande istituto è presidiata da numerose guardie particolari giurate, che nell’arco di parecchie ore possono essere chiamate a fronteggiare situazioni di crisi, che richiedono una risposta corretta ed immediata.

 

Ad oggi, non mi risulta che il responsabile del servizio prevenzione e protezione di questi istituti abbia condotto studi sull’argomento o che lo abbia affrontato in maniera più incisiva, rispetto alle tradizionali attività di messa sotto controllo dello stress. Se è ben vero che oggi lo stress del lavoratore è uno dei fattori di rischio che deve essere tenuto sotto controllo dal responsabile del servizio prevenzione e protezione, è anche vero che ad oggi il livello di stress viene rilevato con tecniche tradizionali, per non dire artigianali. Ben venga quindi uno studio che affronti in maniera ben più incisiva questo critico argomento, avvalendosi delle esperienze che sono attualmente condotte a livello europeo, con il coinvolgimento di specialisti di altissimo livello.

 

Mi riservo di tenere aggiornati i lettori sulle conclusioni dello studio STRESS, che verranno pubblicate entro la fine dell’anno prossimo, proprio perché mi auguro che di queste conclusioni possano trarre beneficio anche le guardie particolari giurate, obbligate a impegnativi turni di servizio in circostanze spesso oltremodo critiche e stressanti per il soggetto coinvolto.

 

 

Adalberto Biasiotti



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Rispondi Autore: Giuseppe Scarpino - likes: 0
31/12/2017 (17:53:00)
Articolo condivisibile. Sono un responsabile di sala operativa e conosco benissimo l'importanza di questo aspetto. Lo stress in S.O. deriva anche da altri fattori tra cui la certezza di poter contare sulla sinergia di altri enti chiamati in concorso al Soccorso Tecnico Urgente e se questa certezza manca lo stress aumenta in modo esponenziale. Altro aspetto la conformità delle procedure su un paradigma condiviso con scambio dati e condivisione di informazioni sempre aggiornate. Ancora ... la professionalità degli operatori dovrebbe essere meglio accertata con sistemi selettivi formativi in modo da avere sempre operatori capaci e motivati che sappiano ben adeguarsi alle emergenze e prendere le giuste decisioni in frazioni di secondo con azioni concrete e necessarie.
Il lavoro in S.O. non è facile. Non è per tutti.

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