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Occhiali e videoterminale
La Legge 3 febbraio 2003, n.14 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2002" (Pubblicata sul Supplemento alla G.U. n. 31 del 7 febbraio scorso ) all'art. 7 modifica all'articolo 55 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 in materia di tutela del lavoro al videoterminale e precisa i casi in cui il datore di lavoro fornisce a sue spese i dispositivi speciali di correzione (ad esempio occhiali speciali per Vdt) "in funzione dell'attività svolta", ovvero quando sono necessari a seguito delle visite mediche previste dallo stesso articolo 55 e quando non è possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione (occhiali da vista già in uso da parte del lavoratore).
Quindi nel caso in cui il lavoratore addetto al videoterminale, in base ai risultati della visita del medico competente, debba utilizzare per il lavoro al vdt dispositivi (occhiali) diversi da quelli normali di correzione che il lavoratore già usa, il datore di lavoro sarà obbligato a fornirli senza alcuna discrezionalità.
La norma è stata introdotta a seguito di una sentenza con la quale la Sesta Sezione della Corte Europea aveva condannato l'Italia per non aver recepito correttamente nella propria legislazione l'art. 9, n. 3, della Direttiva del Consiglio del 29 maggio 1990 90/270/CE relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE).
I Giudici hanno ritenuto che le disposizioni del DPR n. 547/55 e quelle del decreto legislativo n. 626/94, invocate dal governo italiano, non prescrivono in maniera sufficientemente chiara e precisa che i lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista e di un esame oculistico, laddove quest'ultimo sia necessario, ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali.
Anche se l'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n. 626/94 nella versione antecedente la modifica disposta dall'art. 7 della Legge n. 14/2003 prevedeva che la spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta sia a carico del datore di lavoro, tuttavia tale disposizione, secondo la Corte Europea, si limitava a recepire nell'ordinamento italiano l'art. 9, n. 4, della direttiva 90/270.
Dunque di per sé, non costituiva l'esatta trasposizione dell'art. 9, n. 3, della stessa direttiva, in quanto non prevedeva, come prescritto invece da tale articolo, che i lavoratori abbiano diritto a dispositivi speciali di correzione qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista o i risultati dell'esame oculistico, eventualmente indispensabile, ne evidenzino la necessità.
La sentenza C-455/000 del 24 ottobre 2002 la Sesta Sezione della Corte Europea così dichiara e statuisce:
"Non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."
Quindi nel caso in cui il lavoratore addetto al videoterminale, in base ai risultati della visita del medico competente, debba utilizzare per il lavoro al vdt dispositivi (occhiali) diversi da quelli normali di correzione che il lavoratore già usa, il datore di lavoro sarà obbligato a fornirli senza alcuna discrezionalità.
La norma è stata introdotta a seguito di una sentenza con la quale la Sesta Sezione della Corte Europea aveva condannato l'Italia per non aver recepito correttamente nella propria legislazione l'art. 9, n. 3, della Direttiva del Consiglio del 29 maggio 1990 90/270/CE relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE).
I Giudici hanno ritenuto che le disposizioni del DPR n. 547/55 e quelle del decreto legislativo n. 626/94, invocate dal governo italiano, non prescrivono in maniera sufficientemente chiara e precisa che i lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista e di un esame oculistico, laddove quest'ultimo sia necessario, ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali.
Anche se l'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n. 626/94 nella versione antecedente la modifica disposta dall'art. 7 della Legge n. 14/2003 prevedeva che la spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta sia a carico del datore di lavoro, tuttavia tale disposizione, secondo la Corte Europea, si limitava a recepire nell'ordinamento italiano l'art. 9, n. 4, della direttiva 90/270.
Dunque di per sé, non costituiva l'esatta trasposizione dell'art. 9, n. 3, della stessa direttiva, in quanto non prevedeva, come prescritto invece da tale articolo, che i lavoratori abbiano diritto a dispositivi speciali di correzione qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista o i risultati dell'esame oculistico, eventualmente indispensabile, ne evidenzino la necessità.
La sentenza C-455/000 del 24 ottobre 2002 la Sesta Sezione della Corte Europea così dichiara e statuisce:
"Non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)."
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