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L’influenza della comunicazione sulle strategie di prevenzione
Roma, 02 Nov – In relazione agli interventi del 73° Congresso Nazionale SIMLII – dedicati alle “Tecniche della comunicazione e modelli di organizzazione e gestione ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.” – riprendiamo a parlare di comunicazione soffermandoci sull’influenza che può avere un buona o cattiva comunicazione sulle strategie di prevenzione nei luoghi di lavoro.
Nell’intervento dal titolo “Abilità comunicative e loro influenza sulle strategie di prevenzione nei luoghi di lavoro” – a cura di A. Messineo (Dipartimento di Prevenzione ASL RM H), S. Sanna (Servizio Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro ASL RM H), L. Dimitri e M. Di Geronimo (Gruppo di studio per i Rischi Psicosociali - Dipartimento di Prevenzione ASL RM H) – si sottolinea come, secondo la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la comunicazione sia “un processo che mette in grado gruppi e individui di aumentare il controllo sui fattori determinanti della salute e di migliorarla”.
L’introduzione puntualizza che “la globalizzazione e la crescente sensibilizzazione ai problemi della salute hanno portato ad indicare sempre più la comunicazione come fondamentale strumento di percezione corretta dei problemi, ed importante strumento per la realizzazione di interventi efficaci e di qualità”. A tal punto che le strategie sanitarie internazionali investono spesso su “adeguate modalità di comunicazione che dovrebbero essere predisposte tra e nei confronti di tutti coloro che collaborano alla realizzazione della prevenzione siano essi utenti ovvero esperti, ergonomi, biologi, chimici, fisici, psicologi, ingegneri, progettisti, medici igienisti o competenti, esperti di management”.
Riguardo al nostro paese si ricorda che già le Linee Guida del 2002 - emanate dalla Conferenza Stato Regioni per “La prevenzione sanitaria e lo svolgimento delle attività dei Dipartimenti di Prevenzione” - stabiliscono “come occorra lavorare per obiettivi di salute prioritari e tra gli elementi caratterizzanti la cultura della Sanità pubblica vi sono la comunicazione, la percezione del rischio oltre ad altri ‘indicatori’ quali assicurazione di qualità, revisione e miglioramento continuo della qualità professionale, tecnologica e relazionale”. E anche il successivo Piano sanitario nazionale 2006-2008 ha ribadito che per la prevenzione sanitaria e la promozione della salute occorre “sviluppare strategie per una comunicazione coerente ed efficace”.
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Tuttavia l’intervento - pubblicato nel numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia – non si limita alle affermazioni di principio, ma riporta i dati di uno studio che ha analizzato quattro episodi significativi relativamente a casi di cattiva comunicazione:
- in tema di radiazioni non ionizzanti (NIR), argomento per il quale la stampa ha coniato il termine di “elettrosmog”;
- nel caso della supposta pandemia da virus H5N1;
- nel caso della effettiva pandemia da virus H1N1;
- in tema di Chemio-Sensibilizzazione Multipla (MCS).
In questi casi sono stati registrati “risultati assai poco coerenti rispetto a quanto una politica di prevenzione si deve prefiggere (formazione adeguata, sensibilizzazione corretta, comportamenti conseguenti)”.
Ad esempio in merito alla pandemia da virus H1N1 risultati non adeguati all’effettivo rischio “sono scaturiti a seguito di una situazione complessa internazionale oltre ad una assai scarsa percezione del problema anche da parte di taluni medici per imperfette valutazioni epidemiologiche e per timori indotti dalla crescente consultazione di internet”.
In particolare “il Consiglio d’Europa ha osservato come l’OMS stessa abbia gestito in modo non trasparente (quindi con errori almeno nella fase della comunicazione) la pandemia da virus A H1N1”. In questo senso è stato approvato dalla Commissione Affari sociali, sanità e famiglia dell’Assemblea del Consiglio d’Europa (Apce) il rapporto Flynn che, “analizzando criticamente la gestione della pandemia, ha segnalato spreco di denaro pubblico per l’aver destato timori ingiustificati tra i cittadini, rischi per la salute legati a vaccini che potrebbero non essere stati testati a sufficienza prima della loro commercializzazione con procedure accelerate, difetti nella definizione delle priorità dei servizi di sanità pubblica in tutta Europa (anche se, per quanto riguarda l’Italia, i danni pur ingenti sarebbero stati in parte ridotti dalla limitazione della copertura totale, che invece era stata suggerita, e dalle simulazioni eseguite dall’ISS)”.
I relatori si soffermano poi sul tema della comunicazione nei luoghi di lavoro, ricordando che se si vuole verificare comunicazione e benessere sul posto di lavoro, “possono essere utilizzati questionari ed items che indaghino sulla messa a disposizione delle informazioni pertinenti al lavoro oppure sull’ascolto attivo, sui comportamenti assertivi, in sostanza sull’attuazione di una efficace comunicazione”.
E infatti con queste metodiche è stata condotta una vasta indagine conoscitiva sul benessere organizzativo degli operatori sanitari ASL (500 infermieri intervistati con la metodologia “Cantieri” del Dipartimento della funzione Pubblica), indagine che ha fatto emergere come siano stati lamentati “fenomeni di elevata conflittualità (70%), emarginazione (40,95%), forme di comunicazione non adeguate come il pettegolezzo (71%)”.
Inoltre l’indagine ha permesso di rilevare come “il personale si senta isolato (48%) non vi sia sempre adeguato coinvolgimento da parte dei dirigenti dei dipendenti nelle decisioni (46%), non vi sia ottimale comunicazione al personale di cambiamenti gestionali o organizzativi (37%) o vi siano problemi nell’ascolto da parte dei dirigenti di suggerimenti e proposte (40%)”.
L’intervento ricorda che, in tema di comunicazione efficace realizzata per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, alcune realtà come quella dell’edilizia e del lavoro portuale “si sono giovate di documenti proposti (da Enti bilaterali, OO.SS ed INAIL) con modalità formative e informative basate su metodologie efficaci di comunicazione con utilizzazione di spot animati, cartellonistica multilingua e segnaletica gestuale evoluta o filmati in modo da rendere facilmente comprensibile per i lavoratori di ogni lingua e cultura i gravi rischi presenti con immediata e concreta visualizzazione dell’esatto comportamento da adottare in condizione di rischio”.
I vari fatti elencati mostrano come a fronte di mutamenti legati ai cambiamenti sociali, economici, demografici legislativi e tecnologici, una efficace e corretta comunicazione con i cittadini può “essere di supporto agli interventi di promozione della salute”. E se la comunicazione “assolve importanti funzioni di sviluppo, occorre sempre più innovare le modalità di approccio ai problemi di prevenzione al fine di contribuire ad una migliore, attenta analisi della percezione del rischio ed alla gestione dei rapporti con il pubblico in situazioni di rischio producendo una corretta informazione attraverso i canali di maggiore diffusione anche in Medicina del Lavoro per contribuire a migliorare le strategie per la promozione della salute”.
Il sistema vincente, concludono i relatori, è quello “di associarsi e costruire alleanze tra il settore pubblico, quello privato,i media, le organizzazioni sindacali e paritetiche e la società civile per creare azioni sostenibili, condivisibili ed efficaci in campo epidemiologico, organizzativo, normativo e regolamentare”.
E per realizzare gli obiettivi citati occorre, ad esempio, migliorare “le competenze dei professionisti e cultori della prevenzione già operanti, predisporre iniziative a forte valenza formativa e specialistica nella scuola, nell’Università e nel lavoro in tema e con contenuti comunicativi, puntare sempre di più sulla interdisciplinarietà e sull’apporto di diversificate competenze professionali nella realizzazione delle attività di prevenzione, avere e sviluppare nuove modalità di approccio ai problemi della sicurezza e della prevenzione basati sul concetto della efficacia delle azioni in funzione delle abilità comunicative applicate e della corretta analisi epidemiologica”.
Si ribadisce che nel settore della sanità e della medicina del lavoro, una “corretta e non imprecisa indicazione sul risanamento degli ambienti di lavoro, una accorta vigilanza ed un adeguato monitoraggio sui reali fattori di rischio, la riduzione dei conflitti, l’adeguata programmazione, la condivisione e comunicazione a tutti i livelli, incluso quello degli organi di vigilanza”, sono aspetti importanti per le “connotazioni economiche, sociali, organizzative, di controllo che ne conseguono essendo il campo occupazionale coinvolto appieno nello sviluppo moderno del benessere organizzativo”.
Ilsistema di comunicazione “deve essere via via migliorato”, esteso ai medici di famiglia e deve coinvolgere tutti gli organi di vigilanza “dal momento che ciascun intervento, per le caratteristiche di particolare e ‘forte’ interazione tra gli interlocutori coinvolti, dovrebbe rappresentare una occasione per indurre un cambiamento positivo delle condizioni di salute e sicurezza degli ambienti di lavoro (e di vita) ed un tentativo di persuadere (almeno per il futuro) soggetti a modificare il proprio comportamento, rendendolo socialmente apprezzabile”.
“ Abilità comunicative e loro influenza sulle strategie di prevenzione nei luoghi di lavoro”, a cura di A. Messineo (Dipartimento di Prevenzione ASL RM H), S. Sanna (Servizio Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro ASL RM H), L. Dimitri e M. Di Geronimo (Gruppo di studio per i Rischi Psicosociali - Dipartimento di Prevenzione ASL RM H), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 71 kB).
Tiziano Menduto
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