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Radiazioni solari e melanomi cutanei: quali sono le misure di prevenzione?


Roma, 23 Set – In Europa una forma di neoplasia maligna potenzialmente letale, il melanoma cutaneo, è in crescita: nel 2020 “sono stati diagnosticati 150.627 nuovi casi di melanoma cutaneo che rappresentano il 3,4% di tutti i tumori diagnosticati nel vecchio continente”.

E in Italia, tra il 2008 e il 2016, i melanomi “hanno riscontrato il maggior incremento medio annuo rispetto a tutte le altre neoplasie, sia per l’uomo che per la donna e in tutte le fasce di età, l’incidenza è in costante ascesa”.

Se poi l’epidemiologia di questa neoplasia “varia molto in relazione all’etnia e alla localizzazione geografica, la maggiore incidenza si riscontra nelle popolazioni caucasiche, infatti circa l’85% dei melanomi cutanei insorti annualmente riguardano popolazioni Europee, Nord-americane e

Australiane”.

 

A ricordarlo, fornendo questi dati, è un documento realizzato dalla Sovrintendenza sanitaria centrale dell’ Inail e dal titolo “ Il melanoma cutaneo professionale da radiazioni solari. Aspetti d’interesse medico-legale e prevenzionali”.

 

La pubblicazione, curata da Patrizio Rossi e Grazia Genga Mina (Sovrintendenza sanitaria centrale, Inail), rappresenta una “linea guida” condivisa da esperti clinici, medici del lavoro e medici legali “al fine di ricondurre l’accertamento del melanoma denunciato quale malattia professionale a univoci criteri di appropriatezza scientifica”.

 

Dopo aver già presentato, in un precedente articolo, alcune caratteristiche del melanoma cutaneo da radiazioni solari e alcuni aspetti normativi, oggi continuiamo a parlare del contenuto del documento parlando di misure di prevenzione e protezione.

 

Nel presentare il documento, l’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:

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Il melanoma cutaneo, le radiazioni solari e le misure organizzative

La pubblicazione che, riguardo ai lavoratori esposti, ricorda innanzitutto il contenuto del D.Lgs. 81/2008 e riporta un elenco non esaustivo delle lavorazioni che espongono alle radiazioni UV, sottolinea che la fotoprotezione è l’obiettivo che “deve essere necessariamente previsto per le lavorazioni all’aria aperta”. E bisogna prevedere in primo luogo “l’attuazione di una serie di misure organizzative, nonché di alcune misure ambientali, l’uso di appropriati dispositivi di protezione individuali (DPI) e indispensabili interventi di informazione e formazione dei lavoratori”

 

Partiamo dalle misure organizzative.

 

Come ricordato anche in molti nostri articoli dedicati ai lavoratori outdoor e al progetto Worklimate, le misure organizzative che garantiscono “un’efficace fotoprotezione prevedono l’organizzazione del lavoro che limiti il più possibile l’esposizione dei lavoratori al sole nelle ore centrali del giorno”.

In particolare, “dalle ore 11 alle 15, oppure dalle 12 alle 16 con l’ora legale, si privilegino i compiti lavorativi che si svolgono all’interno, mentre i compiti che devono essere necessariamente eseguiti all’esterno sono calendarizzati in orari mattutini e serali”.

 

Inoltre, laddove è possibile, è opportuno “prevedere una turnazione degli addetti alle mansioni svolte all’esterno”.

E per quanto concerne le pause e la consumazione dei pasti, “devono avvenire all’ombra e in luoghi riparati in assenza di superfici riflettenti”.

 

A questo proposito segnaliamo e rimandiamo alla lettura dei seguenti articoli:

 

Il melanoma cutaneo, le radiazioni solari e le misure ambientali

Per quanto riguarda le misure ambientali, esiste poi la possibilità di “schermare i lavoratori addetti a mansioni all’aperto dalle radiazioni UV solari con teli e coperture e fornire cabine schermate per lavoratori che devono sostare a lungo all’esterno”.

 

Si indica che per creare zone d'ombra esistono “strutture portatili (simili ad ombrelloni) che il lavoratore sposta secondo le proprie esigenze, ammesso che vi sia spazio sufficiente per utilizzarle. È importante considerare che più estesa è l’area di ombra, maggiore è la protezione e che essa è in ogni caso superiore al centro rispetto ai margini”.

I teli e le coperture devono poi essere “posizionati in modo da proteggere il lavoratore dalle superfici riflettenti circostanti: le superfici lisce sono più riflettenti delle ruvide, quelle chiare più delle scure, quelle lucide più delle opache”.

 

Senza dimenticare che durante le attività all’esterno è importante sfruttare quanto più possibile “le zone di ombra prodotte da alberi o costruzioni vicine, tenendo presente che l’ombra naturale prodotta dalla vegetazione riduce l’esposizione a radiazioni UV solari fino al 90%”.

Si indica poi che “alcuni dei materiali trasparenti di largo impiego, quali vetro e plastiche, filtrano prevalentemente le radiazioni UVC e UVB e quasi totalmente la componente UVA fino ai 350 nm. Per la componente UVA tra i 350 e i 400 nm la trasmissione varia in funzione del tipo di vetro”.

 

Il documento riporta poi le varie tipologie di coperture in vetro e indica che “il vetro laminato grigio presenta la più elevata protezione nei confronti dell’UVA in quanto blocca completamente la radiazione con λ < 380 nm e trasmette solo lo 0,9% delle radiazioni UVA, a fronte di una trasmissione di quasi il 63% del vetro chiaro non laminato”.

Tuttavia, “il vetro laminato non fornisce sufficiente protezione nei confronti della radiazione visibile, mentre altri tipi di vetro risultano maggiormente protettivi. Il vetro chiaro convenzionale può anche essere combinato con filtri che assorbono l’UV per ridurre ulteriormente la trasmissione”.

 

Le radiazioni solari e le attività di informazione e formazione

Concludiamo parlando di formazione e informazione.

 

Si ricorda che il d.Lgs. 81/2008 prevede “per il lavoratore il diritto ad una appropriata informazione ‘sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia, nonché ad una formazione ‘sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza’ (articolo 37) con specifiche in relazione ai: 

  1. ‘concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
  2. rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda’.

 

Si indica poi che con riferimento ai lavoratori outdoor esposti al rischio di radiazioni UV solari, l’informazione “dovrà vertere in particolar modo sui seguenti punti:

  • inquadramento delle radiazioni UV solari, delle occasioni di esposizione, variabilità dell’esposizione nelle differenti condizioni metereologiche, alle varie latitudini e ore del giorno;
  • effetti biologici delle radiazioni UV con particolare riferimento agli effetti dannosi acuti e cronici;
  • fattori individuali di ipersuscettibilità come il fototipo, la familiarità per specifiche patologie, l’assunzione di farmaci, l’uso o il contatto con specifiche sostanze durante l’attività lavorativa;
  • identificazione delle figure di riferimento per eventuali dubbi in merito alla sicurezza nell’ambiente di lavoro come il rappresentante dei lavoratori, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente”.

 

La formazione è poi un momento più complesso che “consente al lavoratore di passare dalla sfera del sapere a quella del saper fare” e che “nel caso specifico verte principalmente sui seguenti elementi:

  • i comportamenti corretti da mettere in atto nei contesti di esposizione alle radiazioni UV solari lavorative ed extralavorativa come preferire l’ombra naturale, organizzare il lavoro in modo da ridurre il più possibile le attività all’aria aperta nelle ore centrali, etc;
  • il significato e la funzione delle misure di protezione ambientali come i teli, le coperture in vetro e le cabine dedicate;
  • la conoscenza e l’uso quotidiani dei mezzi di protezione individuale quali indumenti anti UV, occhiali protettivi, prodotti antisolari;
  • l’autoesame periodico della pelle e la capacità di riconoscere lesioni rapidamente evolutive da segnalare in breve tempo al medico competente mediante richiesta di visita di sorveglianza sanitaria ex art. 41 comma 2 del d.lgs. 81/08”.

 

Il documento ricorda che se la formazione “ha una fondamentale importanza preventiva per tutti i lavoratori”, assume poi “un particolare rilievo nei giovani”. Ed è importante che vengano “implementati appropriati programmi di informazione e formazione su questo rischio specifico anche nelle scuole professionali” (il documento fa riferimento al successo di alcune campagne già attuate sul tema).

 

Concludiamo rimandando alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori informazioni, per quanto riguarda la prevenzione e protezione, su due temi importanti:

  • dispositivi di protezione individuale
  • sorveglianza sanitaria.

 

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Sovrintendenza sanitaria centrale, “ Il melanoma cutaneo professionale da radiazioni solari. Aspetti d’interesse medico-legale e prevenzionali”, a cura di Patrizio Rossi e Grazia Genga Mina (Sovrintendenza sanitaria centrale, Inail) - edizione novembre 2023 (formato PDF, 2.93 MB).

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Indicazioni e novità sul melanoma cutaneo professionale da radiazioni solari”.

 

 


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