I farmaci pericolosi e le misure di sicurezza di tipo collettivo
Roma, 8 Nov– La Direttiva (UE) 2022/431 del 9 marzo 2022, che modifica la direttiva 2004/37/CE (CMD) sulla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione professionale ad agenti cancerogeni o mutageni, sottolinea l’obbligo di “attuare la tutela nei confronti di sostanze tossiche per la riproduzione (c.d. reprotossiche) sul posto di lavoro e pone in evidenza, per la prima volta, i farmaci pericolosi, mettendo in risalto la necessità di ottimizzare la tutela della salute degli operatori negli ambienti lavorativi”.
Ed è, dunque, necessario procedere alla “valutazione di tale rischio specifico, individuando ed attuando, conseguentemente, tutte le misure di prevenzione e protezione al fine di evitare la potenziale esposizione a tali farmaci pericolosi nelle strutture sanitarie od in qualsiasi altro ambiente nel quale si manipolino o si producano gli stessi”.
A ricordarlo è una recente scheda informativa, un factsheet, curata dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’Inail, intitolato “Misure di sicurezza, ricerca e innovazione tecnologica per manipolare farmaci pericolosi: garanzia di tutela con la norma in evoluzione”.
Il documento - elaborato da A. Ledda, P. Castellano, R. Lombardi, M. Triassi, A. Firenze, S. Sernia, E. Omodeo Salè e F. De Plato – ricorda quanto indicato, prima dell’art.1, al punto 9 della Direttiva 2022/431 per le misure di sicurezza: ‘Tali misure dovrebbero includere, per quanto tecnicamente possibile … il ricorso a un sistema chiuso o altre misure volte a ridurre il livello di esposizione dei lavoratori”. Altresì, “si evidenzia all’art.1 comma 6 punto 2 ‘i datori di lavoro provvedono affinché la produzione e l’utilizzazione degli agenti cancerogeni, mutageni o delle sostanze tossiche per la riproduzione avvengano in un sistema chiuso, sempre che ciò sia tecnicamente possibile.”
Si segnala poi che gli Stati Membri “dovranno mettere in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle indicazioni contenute nella direttiva entro il 5 aprile 2024”.
A questo proposito la scheda si sofferma, oltre che sulla normativa, anche sull’attuazione delle misure di sicurezza di tipo collettivo e individuale (dispositivi di protezione individuale, DPI) nella struttura sanitaria ed in altre strutture ove si manipolano farmaci pericolosi.
Nel presentare la nuova scheda l’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- Farmaci pericolosi e sicurezza: gli ambienti destinati alla preparazione
- Farmaci pericolosi e interventi collettivi: l’uso delle cappe
- Farmaci pericolosi e interventi collettivi: isolatori, robot e sistemi chiusi
Farmaci pericolosi e sicurezza: gli ambienti destinati alla preparazione
Riguardo alle misure di sicurezza il documento approfondisce anche il tema della predisposizione di ambienti destinati alla preparazione di farmaci pericolosi.
Infatti può essere necessario, se possibile, “centralizzare nella struttura sanitaria gli ambienti per la preparazione dei farmaci pericolosi, come nel caso dei farmaci antiblastici”. E questi si dovrebbero posizionare “preferibilmente nella Farmacia Ospedaliera affidando il coordinamento e la responsabilità di gestione al Farmacista Ospedaliero”.
Inoltre i locali per il contenimento “devono essere realizzati in depressione rispetto alle zone circostanti di classe inferiore, come, ad esempio, indicato negli ‘Standard SIFO – Galenica Oncologica’ e con accesso, mediante ‘zona filtro’. In tali ambienti, è importante garantire i ricambi d’aria/ora efficaci (calcolati con la formula del recovery time) al mantenimento della classe (non inferiori a 6) al fine di evitare la presenza in aria, a qualsiasi concentrazione, dei suddetti farmaci”.
Inoltre l’aria in uscita – continua la scheda – “deve essere trattata con sistemi filtranti di tipo assoluto conformi alla Standard SIFO – Galenica Oncologica’”.
Farmaci pericolosi e interventi collettivi: l’uso delle cappe
Veniamo ad alcuni interventi di prevenzione – protezione di tipo collettivo.
Nella scheda si fa riferimento a tre tipologie di cappe:
- Cappe per la preparazione di farmaci antiblastici non classificati o non classificabili cancerogeni e/o mutageni: “sono ancora validi i requisiti tecnici indicati nel Documento Ispesl “Le indicazioni per la tutela dell’operatore sanitario per il rischio di esposizione ad antiblastici” del maggio 2010”;
- Cappe per la preparazione di farmaci pericolosi non antiblastici e non classificati o non classificabili cancerogeni e/o mutageni: “impiegare una cappa per agenti chimici, realizzata e installata in conformità alla norma tecnica En 14175 (verificare la certificazione rilasciata al produttore per constatare l’idoneità di tale misura di sicurezza in relazione ai disposti specifici del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.). Tale cappa richiede una manutenzione e verifica periodica dell’efficienza e delle prestazioni di tutela dell’operatore. Di conseguenza deve essere rilasciata, da parte di chi esegue tale attività, un‘appropriata documentazione”;
- Cappe per la preparazione di farmaci classificati o classificabili cancerogeni e/o mutageni: si sottolinea che la cappa per preparare farmaci classificati o classificabili cancerogeni e/o mutageni “necessita di manutenzione periodica sia ordinaria sia straordinaria, in particolare per quanto concerne la sostituzione dei gruppi filtranti. Eseguire la suddetta attività comporta la contaminazione degli ambienti, delle superfici in essi comprese, composte da materiali di varia natura, dei dispositivi, strumenti, apparecchiature”. Si ricorda poi che spesso per il contenimento dei costi si impiegano società o servizi di “global service”, ma il personale di questi servizi, “per lo più, ha scarsa competenza tecnica relativamente alla gestione di tali apparecchiature e questo può causare una contaminazione più rilevante”. Si segnala poi che, con riferimento a quanto specificato nei disposti degli artt. 15 e 18 del menzionato d.lgs. 81/2008 e s.m.i., “vi è la disponibilità di cappe dotate di specifici sistemi di pretrattamento dei gruppi filtranti posti sotto il piano di lavoro in grado di evitare la suddetta contaminazione”. Queste cappe sono realizzate “in modo tale che, prima della rimozione, i filtri assoluti, posti in idoneo contenitore sotto il piano di lavoro, vengano trattati con tecnologia di incapsulamento, che, grazie ad una appropriata formulazione, intrappola polveri e altre sostanze presenti sui filtri, inibendone la dispersione nell’ambiente. Mediante la suddetta procedura, l’intero trattamento del farmaco sotto cappa, dall’inizio alla fine, risulta adeguatamente gestito e presidiato, garantendo la tutela della salute sia degli operatori di laboratorio che dei tecnici addetti alla manutenzione”. Si indica che il sistema di incapsulamento consente anche di “ridurre in modo significativo (o addirittura di eliminare) l’inquinamento all’interno della cappa, consentendo la maggior durata dei filtri in mandata e in espulsione ove presenti”.
Farmaci pericolosi e interventi collettivi: isolatori, robot e sistemi chiusi
Si indica poi che per la preparazione in sicurezza dei farmaci pericolosi “si possono impiegare apparecchiature denominate isolatori, senz’altro utili nel caso di ambienti ove non sia realizzabile un adeguato numero di ricambi d’aria”.
Si segnala che attualmente, “essi sono più adattabili e più ergonomici di quelli dell’industria e possiedono specifici requisiti di tutela per l’operatore. Tali apparecchiature, per essere qualificate come misure di sicurezza ai sensi del d.lgs. 81/2008 e s.m.i., devono avere una certificazione di conformità alla norma tecnica Iso En 14644-7:2004, a garanzia della corretta funzionalità del ‘sistema chiuso’”.
Inoltre per le attività di preparazione, “si può anche disporre di sistemi robotici di possibile utilità per un intenso carico di lavoro come ausilio per gli operatori sanitari addetti”.
Tuttavia si sottolinea che “anche considerando le recenti evoluzioni tecnologiche dei suddetti sistemi l’impiego degli stessi comporta comunque un’interazione con l’operatore e l’ambiente esterno”. E nella preparazione “si impiegano quasi sempre sistemi ‘aperti’ per la diluizione ed il trasferimento, ne consegue che è indispensabile l’adozione di specifiche misure di sicurezza di tipo collettivo e la disponibilità di alcuni adatti Dpi (es. guanti, indumenti, ecc.). L’attuazione delle suddette misure di sicurezza si realizzerà mediante la valutazione del rischio, che considererà le caratteristiche delle apparecchiature e le modalità delle preparazioni nella struttura in esame”. Comunque anche queste apparecchiature robotiche “possono usare, nelle operazioni considerabili di possibile esposizione, sistemi chiusi”.
Veniamo all’impiego di sistemi chiusi o Closed System Transfer Device (Cstd) che devono “rispondere ai disposti del menzionato d.lgs. 81/2008 e s.m.i. nell’ambito dei quali l’art. 235, comma 2, indica proprio l’adozione di sistemi chiusi per la protezione dei lavoratori addetti alla manipolazione di sostanze chimiche cancerogene o mutagene”.
Si ricorda che il Niosh (USA) ha proposto un “protocollo/standard per determinare l’efficienza dei sistemi chiusi per il contenimento dei vapori (Niosh Docket Number 288, CDC - 2015-0075) considerato quale test di riferimento per la valutazione dei Cstd definiti ‘a barriera’ anche in una recente sentenza (04/04/2023 TAR Regione Sicilia reg. prov. coll. n. 00136/2022). Dal suddetto protocollo/standard, ne consegue che non sono ‘sistemi a barriera’ i sistemi che adoperano filtri e non possono essere considerati ‘sistemi chiusi’”. E dunque la valutazione della caratterizzazione tecnico – funzionale e prestazionale del Cstd a barriera come reale “sistema chiuso”, si effettua “in base al suddetto standard del Niosh o in relazione a successivi standard riconosciuti dallo stesso organismo altrettanto validi e da considerarsi di riferimento, sino a quando non siano disponibili standard o metodologie di valutazione nella UE indicate dalla Commissione”.
Riguardo ai dispositivi/misure collettive la scheda si sofferma, infine, sui contenitori per materiali.
Si indica che tali contenitori “devono consentire l’agevole l’introduzione di materiali e dispositivi contaminati e devono avere una chiusura finale di tipo irreversibile. Si possono considerare appropriati i contenitori per taglienti, o similari, che abbiano una certificazione di conformità alla norma tecnica En 23907:2013 o ad altre norme tecniche che prevedano specifiche costruttive equivalenti per efficacia di protezione”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale della scheda che riporta altre informazioni sulle misure collettive e si sofferma anche sull’attuale legislazione di riferimento in Italia e sui dispositivi di protezione individuale.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Misure di sicurezza, ricerca e innovazione tecnologica per manipolare farmaci pericolosi: garanzia di tutela con la norma in evoluzione”, a cura di A. Ledda e P. Castellano, (Inail), R. Lombardi e M. Triassi, (Università di Napoli Federico II), A. Firenze (Università di Palermo), S. Sernia (Sapienza Università di Roma), E. Omodeo Salè (Istituto Oncologico Europero), F. De Plato (Asl Teramo), Factsheet edizione 2023 (formato PDF, 164 kB).
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