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Le difficoltà nel lavoro di RSPP
Dopo la pubblicazione dei primi contributi e commenti sulle difficoltà e problematicità del ruolo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione nelle aziende, pubblichiamo oggi un secondo gruppo di commenti e contributi dei nostri lettori in risposta all’articolo di Daniele Cavaleiro, dal titolo “ Il servizio di prevenzione e protezione al microscopio”. Un articolo che si è soffermato non solo sull’importanza dell’RSPP nelle aziende, ma anche sulle difficoltà che il servizio di prevenzione e protezione incontra nella propria attività.
E proprio per favorire ulteriori riflessioni sulla complessità del lavoro dell’RSPP/ASPP, abbiamo chiesto ai nostri lettori di raccontare alla nostra redazione ( redazione@puntosicuro.it) le esperienze e le difficoltà incontrate nell’ attività di RSPP , magari indicando anche eventuali proposte su come agevolare/migliorare il lavoro del servizio di prevenzione e protezione.
Pubblichiamo oggi il secondo gruppo di contributi ricevuti dai nostri lettori o inviati, come commento, all’articolo di Daniele Cavaleiro ...
Contributo R.L.
Pur avendo una preparazione professionale e scolastica di tutt’altro genere, da alcuni anni mi occupo di prevenzione e protezione all’interno del mio luogo di lavoro. La designazione mi è stata fatta perché il DDL afferma di non aver riscontrato negli altri miei colleghi la preparazione e competenza necessaria ad assolvere il compito ma, come solitamente accade in questi casi, questa storia serve solo ad indorare la pillola. La realtà è che questo compito è sgradito a tutti e normalmente si assegna alla persona più vulnerabile e meno fastidiosa.
L’organizzazione di cui mi posso avvalere per compiere il mio lavoro di RSPP consiste solamente di due persone: io ed un mio collaboratore (ASPP) e, in aggiunta a ciò che ci compete, dobbiamo svolgere anche altri compiti minori. La preparazione che abbiamo si limita ai classici corsi di tre moduli, previsti dall’Accordo Stato Regioni, ma nella nostra realtà ci sono un’infinità di rischi che richiedono capacità non facilmente riscontrabili in una persona sola (mensa, infermeria, officine meccaniche ed elettriche, tipografia, depositi di carbolubrificanti, movimentazione dei carichi…).
Ogni giorno dobbiamo affrontare un problema nuovo tra l’indifferenza dei colleghi e l’ostilità dei Preposti, Dirigenti e del Datore di Lavoro stesso che vedono questa materia come un’inutile e costosa incombenza. Tentare di cambiare la loro mentalità è la cosa più difficile ed avvilente del nostro lavoro. Tutto questo senza avere nemmeno la possibilità di poterli obbligare ad adottare il benché minimo comportamento.
Accade quotidianamente di dover riferire loro di sopraggiunti problemi tecnici e di norme di nuova introduzione e la reazione che normalmente suscitano queste nostre attività è più o meno sempre la stessa: ostilità o indifferenza. Normalmente le norme vengono viste come ostacoli da raggirare e di fronte alla loro inevitabile attuazione questo è il primo pensiero dei DD.LL., Dirigenti e Preposti (ed a volte anche dei lavoratori): “come possiamo fare ad eluderla?”; senza nemmeno domandarsi come mai è stata introdotta.
Per il mio Datore di Lavoro ogni nuovo adempimento è un modo per rubargli un po’ di soldi ed energie altrimenti destinabili. Non nego che a volte, di fronte a certe situazioni, l’ho pensato anche io ma non si può liquidare tutto bollandolo come “inutile furto” o “scocciatura”. Sono certo che, se egli potesse, direbbe che anche il mio stipendio è una sottrazione indebita alle sue tasche.
Alla luce di una situazione simile, non si può definire facile fare l’RSPP con queste norme e, soprattutto, in una società culturalmente così arretrata sotto il punto di vista della sicurezza sul lavoro. Se poi cerchiamo anche di attribuire all’RSPP le colpe dell’eventuale infortunio, siamo davvero al paradosso.
Se fossi un giudice, prima di cercare le responsabilità dell’RSPP, mi porrei le seguenti domande:
- che preparazione tecnica possiede l’RSPP?
- quale autonomia gli è stata conferita?
- quali sono le risorse a sua disposizione?
Solo dopo aver valutato questi elementi è possibile parlare di eventuale responsabilità da parte sua.
Contributo R.G.
La principale difficoltà nello svolgimento del mio lavoro è quello di vedermi clienti che mi dicono che la sicurezza è inutile perché tanto nell'azienda del “cugino” nessuno è mai venuto a controllare.
Nel mondo italiano se non ci sono i controlli e le sanzioni non vengono applicate, nessuno non fa niente.
Ora, per usufruire degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo determinato, molti corrono ai ripari (e/o “se ne fregano”) quando scoprono che, per avere diritto allo sgravio, l'azienda deve essere in regola con gli adempimenti del D.Lgs. 81/2008.
Commento G.F.
Attualmente sono in pensione, ma ho svolto il ruolo di RSPP per moltissimi anni, il problema dell'avvocato difensore, incaricato dal DDL, è sempre stato un grosso problema e, spesso, sono stato costretto a nominare (e pagare) un avvocato che tutelasse i miei interessi da quello incaricato dall'Azienda. Solo negli ultimi anni di lavoro, presso una grande multinazionale petrolchimica, ottenni un contratto in base al quale: io nominavo il mio avvocato e la Società lo pagava.
Per quanto riguarda le responsabilità del RSPP, purtroppo,in molte Aziende, anche pubbliche (vedi le ASL) il SPP è composto da un numero insufficiente di Addetti.
Sarebbe bene che l'art. 31 del D.Lgs. 81/2008 definisse meglio la "adeguatezza" di questo essenziale Servizio.
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Rispondi Autore: M.R. - likes: 0 | 11/02/2016 (10:18:28) |
Sono RSPP di un'azienda di circa 400 dipendenti, il ddl non ha ritenuto di nominare alcun ASPP; praticamente sono un semplice impiegato preso poco e male in considerazione, pagato da semplice lavoratore per svolgere attività di altissimo profilo e ad alto rischio. Inoltre mi occupo anche di ambiente, di rapporti con gli enti pubblici, di curare l'ufficio tecnico nonchè i vari lavori edili, ecc. il tutto sempre senza collaboratori e/o aiuti. Il D.Lgs 81/2008 prevede che il ddl debba organizzare il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva ed aggiunge che essi devono disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Ma secondo quali criteri il ddl deve organizzare il SPP? E se il SPP è palesemente inadeguato (specie come numero di componenti) alla natura e dimensione dell'azienda chi lo stabilisce? C'è un vuoto normativo in tal senso. Mi trovo anch'io spesso in situazioni in cui il ddl non comunica/segnala variazioni dell'attività lavorativa o peggio ancora che mi vengono comunicate decisioni quando sono già state prese senza consultarmi preventivamente e, in caso di osservazioni e/o prescrizioni normative, vengo etichettato come "colui che ostacola la produttività"; spesso mi capita perfino di scoprire autonomamente modifiche per le quali non mi è stato comunicato nulla. Ci sono forti aspettative da parte del DDL: il RSPP deve conoscere e saper fare tutto, dal rischio chimico al rischio elettrico, alla conformità delle macchine, al REACH, alla MMC, a tutte e dico tutte le normative comunali, regionali, nazionali e comunitarie ed è molto complicato far capire al ddl la complessità della materia, la necessità di poter delegare anche il più semplice dei compiti a qualcuno (es. ASPP) e l’esigenza che alcune valutazioni debbano essere svolte da professionisti qualificati nella specifica materia; Altra situazione avvilente è il doversi giustificare con il ddl per una nuova norma e/o una modifica ad una norma esistente, come se il RSPP fosse il legislatore o come se le leggi siano opinabili. Spesso anch'io mi trovo in situazioni di richieste, più o meno velate, del ddl, di non essere troppo insistenti o pignoli. Non si può definire facile fare il RSPP con queste norme, con l’indifferenza e gli ostacoli dei colleghi (che per i quattrini fanno di tutto) e l’ostilità del ddl stesso che vede questa materia come un inutile e costoso obbligo specie in questi anni di cosiddetta "crisi"; ma non è che per via di questa cosiddetta "crisi" qualcuno ci sta “marciando”? Licenziamenti facili, scarsi controlli, sindacati inesistenti e/o del tutto indifferenti a queste problematiche: qualcosa non torna!!! Ancora oggi poi il RSPP (senza deleghe sia chiaro) viene fatto passare (forse per "comodità" di molti) come il responsabile della sicurezza, quando dovrebbe essere ormai assodato che il SPP è "utilizzato dal datore di lavoro" e che il vero responsabile non può che essere colui che ha potere decisionale e di spesa (cioè il ddl/dirigente/delegato); poi frequentando corsi di aggiornamento ti capita di ascoltare relatori che suggeriscono nemmeno tanto velatamente di non fare i RSPP ma di essere consulenti esterni. La realtà è che l'Italia è purtroppo ancora culturalmente arretrata sotto il punto di vista della sicurezza sul lavoro, si può ben dire che da questo punto di vista il D.Lgs 81/2008 ha totalmente fallito (sono poche le realtà in cui si può parlare effettivamente di cultura della sicurezza). Se poi la giustizia attribuisce al RSPP le colpe dell’eventuale infortunio, allora siamo proprio alla frutta; in tal senso occorrerebbe anche regolare l'aspetto dei RSPP esterni limitando la loro nomina ad aziende a bassissimo profilo di rischio: per fare sicurezza seriamente occorre essere costantemente presenti sul posto di lavoro. Ritengo anch'io che questo compito è sgradito alla stragrande maggioranza degli operatori e spesso accade che lo si assegni alla persona più vulnerabile e meno fastidiosa; ciò è indice di poca chiarezza nel ruolo, sono d'accordo con chi suggeriva di fare in modo che il RSPP possa ottenere PER LEGGE una propria difesa legale a sua scelta ma a spese dell'azienda. Credo che il legislatore debba occuparsi più di queste problematiche che di unioni civili, ecc come assistiamo in questi giorni. |