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Il nuovo Accordo per RSPP

Il nuovo Accordo per RSPP
Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: RSPP, ASPP

21/04/2015

10 punti per riflettere, pensare e modificare. A cura di Rocco Vitale.

 
Il Ministero del Lavoro ha trasmesso alle parti sociali la bozza del testo che prevede una rivisitazione del vecchio Accordo Stato Regioni, del 2006, sulla formazione dei RSPP e ASPP. Tale testo, pubblicato nell’edizione del 13 aprile 2015 di Punto Sicuro, sarà portato in discussione nella riunione della Commissione Consultiva convocata per il 22 aprile. Successivamente si apriranno le “riflessioni” (sperando che qualcuno voglia riflettere per davvero) dei componenti la Commissione per poi essere approvato definitivamente dalla Conferenza Stato Regioni.
 
Come si ricorderà il primo Accordo del 2006 è il frutto del D.Lgs. 195 del 2003 che modificava e completava il D. Lgs. 626 del 19 settembre 1994, introducendo l’art. 8bis in ordine ai corsi di formazione.
 
E’ importante richiamare, sinteticamente alcuni aspetti, poiché la memoria dovrebbe essere utile per non ripetere errori del passato e, soprattutto, cercare di fare meglio e bene.
 
Ricordo che il D. Lgs. 195/2003 era stato adottato dall’Italia in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia europea C-49/00 riguardante la trasposizione nella legislazione italiana dell’art. 7, paragrafi 5 e 8, della direttiva quadro 89/391/CEE , in base al quale gli Stati membri devono definire le capacità e le attitudini di cui devono disporre i lavoratori incaricati dello svolgimento dei servizi di prevenzione e di protezione.
 
Ovviamente, nell’italica (non)gestione della sicurezza, il decreto non “decretava” ma, demandava alla Conferenza Stato Regioni l’adozione di un accordo per definire i criteri per lo svolgimento della formazione dei RSPP.
 
E, a questo punto, penso di avere titolo, seppur piccolo, in questa vicenda poiché è stato il sottoscritto che ha presentato denuncia alla Commissione Europea il 23 dicembre 2005, registrata con il n. 2006/4223, con la quale richiamavo il fatto che dopo due anni e mezzo la Conferenza Stato Regioni non avesse promosso nulla ed i tempi si erano abbondantemente allungati a dismisura e scaduti. Prima di avviare le procedure per la denuncia ne avevo informato Ministero e Regioni e proprio in virtù del fatto che vedevo sempre allungare il brodo mi sono deciso alla formalizzazione della denuncia vera e propria.
 
Non so se la mia denuncia sia servita tanto o poco, fatto sta, che il 26 gennaio 2006 veniva approvato l’Accordo Stato Regioni sulla formazione di Addetti e Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (pubblicato sulla G.U. n. 37 il 14 febbraio 2006) e, con grande celerità, le autorità italiane hanno notificato il provvedimento agli uffici europei in data 31 maggio 2006.
 
Lascio a voi fare i calcoli dei tempi ma in questo paese per spedire una lettera ci vogliono 75 giorni lavorativi!
 
Ma la storia non finisce qui. Dopo l’approvazione dell’Accordo, che i medesimi firmatari facevano fatica a comprendere, è stato necessario approvare delle “Linee interpretative” con un  nuovo Accordo Stato Regioni firmato in data 5 ottobre 2006 ma pubblicato in G.U. solo in data 7 dicembre 2006.
 
Se queste sono le premesse mi sembra giusto ed opportuno richiamare l’attenzione per non ripetere, ancora una volta, una storia già vista e che pensavamo appartenesse ad una stagione finita.
 
Deve iniziare un percorso virtuoso di eliminazione della trasmissione, prima di tutto cartacea ed anche informatica, di documenti che non verranno mai visti da nessuno ed andranno ad alimentare faldoni ed adesso i server.
 
Ricorderete quando bisognava mandare per Raccomandata alle DPL ed alle ASL la lettera di nomina del RSPP. A cosa è mai servito se non ha riempire scatoloni e poi, giustamente, si è sbaraccato tutto.
 
Però si persegue con uno stato che non crede e non si fida dei suoi cittadini. Allora bisogna mandare i nomi degli RLS all’INAIL: per farne che cosa? E, poi ancora, gli elenchi dei lavoratori che hanno svolto corsi per le attrezzature: per farne che cosa?
 
Diranno un controllo, una analisi, ricerche, sperimentazione: Non prendiamoci in giro!
 
Ricordiamo che l’Accordo che si sta revisionando, del 2006,  prevedeva una fase sperimentale che doveva concludersi il 14 febbraio 2008. Ne avete mai saputo qualcosa di come è andata a finire! Sbagliare una volta va bene ma, continuare a credere (per fingere) di fare monitoraggi, revisioni, aggiustamenti per essere all’altezza dei tempi non sono più cose proponibili e credibili.
 
Non si tratta di assegnare colpe o responsabilità ma, piuttosto di richiamare tutti a svolgere una azione di alto profilo con un Accordo innovativo chiaro e che, soprattutto, responsabilizzi e punti sui soggetti seri ed affidabili mettendoli nelle condizioni di lavorare ed innovare.
 
Intendiamoci, in questi circa 10 anni dal primo Accordo del 2006, sono state molte e tante le cose positive fatte e non è mancato l’impegno del Ministero del lavoro, delle Regioni, dell’Inail, delle parti sociali - e perché no - degli operatori, delle associazioni scientifiche, di seri e veri soggetti formatori che hanno positivamente contribuito ad applicare e migliorare la formazione sulla sicurezza sul lavoro.
 
Presentiamo 10 punti quale contributo di riflessione.
 


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1.    Essere al passo con i tempi
La bozza di revisione dell’Accordo Stato Regioni del 2006 per la formazione degli RSPP nasce vecchia nella forma e nei contenuti.
Viene riproposta quasi la identica formulazione, con alcune attente ed utili modifiche, che si basa su un impianto vecchio di 10 anni che ratifica quanto è successo nell’ultimo decennio ma non offre prospettive e novità.
Il testo viene anche redatto all’infuori delle recenti novità che hanno coinvolto il mondo del lavoro, con una azione di taglia e incolla (ripetizioni degli stessi concetti), che prevede una applicazione della formazione dei lavoratori e di altri soggetti senza tener conto del dibattito politico e culturale che investe, prima di tutto, il mondo del lavoro. Come se la formazione fosse una cosa avulsa dal mondo del lavoro, dei lavoratori e delle aziende.
Non vi è traccia, normativa e culturale, delle novità introdotte e che verranno dal Job Acts al dibattito (certo ancora non legge) della revisione del Titolo V e dell’art. 117 della Costituzione.
Un Accordo più burocratico che di consapevolezza del lavoro che cambia, della nuova realtà delle imprese e delle difficoltà economiche del nostro tempo che si inquadrano in un processo di globalizzazione della società e, quindi, dei suoi componenti e dei lavoratori.
Dalla crisi, ormai progressiva, della grande industria all’aumento del lavoro autonomo ed individuale, dal telelavoro allo smart working, sono aspetti di cui nell’Accordo non vi è traccia.
Quello utile è un Accordo di ampio respiro (visto che il precedente è durato 10 anni) che cerchi di dare indicazione ed una prospettiva e non solo vincoli amministrativi.
 
2.    Soggetti formatori
Forse sarebbe meglio definirli “soggetti organizzatori”, in quanto il loro ruolo consiste nell’organizzare tutte le azioni formative.
Resta il punto più debole e vago dell’Accordo che non viene affrontato lasciando sempre il tema in una sorta di limbo e di ambiguità.
Dopo 10 anni è ormai risaputo che il “soggetto formatore” resta la questione più importante dell’intero processo formativo e le precedenti, vecchie e, non chiare norme ne hanno solo moltiplicato e fatto proliferare fasulli e semi fasulli enti, associazioni ed aziende che della formazione ne hanno fatto solo un business di adempimenti formali (se non di pura e semplice vendita di attestati). Basta analizzare cosa è successo e cosa hanno prodotto i cosiddetti enti bilaterali. Serve estrema chiarezza e severità per porre fine ad un sistema alimentato e favorito da norme poco chiare e confuse.
 
2.1 I soggetti formatori devono essere definiti con chiarezza e semplicità, chiarendo che devono  essere i medesimi per tutti gli Accordi, (non è possibile per ogni Accordo prevedere norme e soggetti differenti) distinguendoli prima di tutto in:
- Ope legis, previsti dal D. Lgs. 81/2008
- Previsti dal punto 4 dell’Accordo del 26 gennaio 2006
Per i quali valgono le norme previste dall’Accordo.
 
2.2 Enti accreditati alle singole Regioni
La questione degli accreditamenti regionali (differenti e disomogenei) restano una grave distorsione nel settore che del resto sono anche in contraddizione con molti aspetti dello stesso Accordo. (E’ noto che ciascuna Regione ha una propria legge o norma e che in oltre 20 anni non vi sia stato un passo condiviso di regole certe e uguali per tutti i cittadini la dice lunga sul livello di responsabilità).
- Le Regioni, nella maggior parte dei casi, accreditano le sedi formative  laddove si devono svolgersi i corsi. Ma come potranno svolgere corsi in azienda (come prevedono molti Accordi) se devono, invece, essere svolti nella sede accreditata?  Mistero! (Non sempre, si imbroglicchia, si fanno in un posto e si scrive un’altro).
- Solo per costoro valgono le norme che le Regioni hanno, ad abundantiam, elargito per applicare gli Accordi e deve essere chiaro - per non creare allarmismi e confusioni -  che dette norme valgono solo per le sedi regionali accreditate (considerando che spesso sono norme collegate alla formazione professionale) e, quindi, si dubita fortemente quali siano, a livello regionale, le capacità di indirizzo e controllo della formazione alla sicurezza sul lavoro per sua natura più androgena che pedagogica. Aggiungiamo, poi,  come le norme sono emesse dagli assessorati alla sanità e gli accreditamenti dagli assessorati alla formazione che equivale a controllo dell’effettività pari a zero. Serve solo una buona organizzazione che spedisca carta e moduli.
 
2.3 Le bozze dell’Accordo entrano, con chiarimenti condivisibili, nel merito degli enti bilaterali e gli organismi paritetici. Per i quali, però, deve essere ben distinto il ruolo e non accorpati alle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori in quanto sono loro stesse che li possono costituire
- Sugli enti bilaterali, soprattutto, e gli Organismi paritetici servono norme chiare e nette senza infingimenti consapevoli della moltiplicazione di tali enti ai soli fini di business.
- Più severità e determinazione in quanto i “veri” enti non avranno nulla da temere.
 
2.4 Eliminare con una semplice norma l’invio di carta, nomi, verbali, ed elenchi a Regioni, ASL definendone la responsabilità della tenuta al soggetto formatore. Lo strumento potrà essere il Libretto Formativo di cui diremo al punto 6.
 
2.5 Introdurre, ovvero lasciandone la facoltà in via sperimentale, un sistema di verifiche e controllo e ispezioni sull’attività, metodi e realizzazioni dei soggetti formatori.
-Si viene così a spostare l’asse del controllo alla fonte e non solo alla fine della filiera, in azienda, con il controllo degli attestati e della formazione svolta.
-Compiti di vigilanza e controllo che potrebbero essere affidati all’INAIL, a livello regionale, o alla nuova costituenda Agenzia unica per le ispezioni e la vigilanza tra DRL, Inail, Inps.
 
Scrivendo di semplificazione la bozza di Accordo ripete ed elenca definizioni già chiare nell’art. 32, c. 4 del D.Lgs.81/08
Perché elencare le amministrazioni statali, rischiando di dimenticarsene qualcuna? Non basterebbe dire “Amministrazioni statali e pubbliche”aggiungendo invece il termine “limitatamente ai propri così come per gli ordini e collegi professionali.
 
3.    Docenti
Si esprime un giudizio positivo sull’obbligo che tutti i docenti siano in possesso dei requisiti di cui al D.I. 6 marzo 2013.
Tale obbligo, però, e l’occasione dell’Accordo per introdurre la norma che “per tutti i corsi previsti dal D. Lgs. 8/2008 i docenti devono essere qualificati”.
Basta riflettere sulla disposizione semplificativa in base al quale un RSPP che vuole conseguire il titolo di Coordinatore della Sicurezza è esonerato dallo svolgimento del Modulo giuridico “A”. La formazione per questo modulo dovrà essere svolta da un docente qualificato. Se poi il RSPP proseguirà con i restanti moduli tecnico, metodologico e parte pratica il docente non è tenuto ad essere qualificato.
Allo stesso modo per la parte giuridica del corso per Coordinatori della Sicurezza il docente potrà essere un formatore non qualificato mentre il medesimo corso svolto per RSPP prevede invece che qualificato lo sia.
Una bella contraddizione.
 
-Si rileva, solo marginalmente, come le medesime definizioni siano contenute nel punto 2 (pag. 4) e ripetute, ampliandole, nel punto 12.1. prima parte (pag. 16). Si tratta di una ripetizione che non semplifica la norma.
 
4.    Articolazione corsi
L’allegato V costituisce un’importante elemento di novità e di sviluppo.
La sua portata di indicazioni metodologiche, utili per i soggetti formatori e per i docenti qualificati, sono talvolta in contraddizione con il testo dell’Accordo che, invece ne definisce (e non si limita ad indicare) contenuti e obiettivi con ripetizioni similari ed anche differenti.
Si ritiene utile una sola ed utile versione considerando come alla base della formazione vi sia il progetto formativo che non può essere definito per legge o norma ma redatto in base al bisogno formativo. Le indicazioni sono utili gli obblighi no.
In questo contesto appare illogico nelle unità didattiche del Modulo A e del Modulo C indicare le ore di lezione relativi ai singoli argomenti che, invece in base all’analisi dei bisogni possono differire a seconda degli utenti della formazione.
Il metodo utile da seguire è quello rappresentato dal Modulo “B” in quanto viene definito il monte ore dello specifico modulo e poi l’elenco degli argomenti da trattare.
Ad es. nel Modulo B-SP2: Cave e Costruzioni sono associate 16 ore di formazione ma, giustamente non viene definito un piano di 2 ore per il PSC o 6 ore per i lavori di scavo, ecc.
 
- Si ritiene utile procedere allo stesso modo per i Moduli A e C
Del resto anche l’Accordo del 21 dicembre 2011 per la formazione dei Lavoratori, Dirigenti e Preposti segue lo stesso percorso indicando il monte ore minimo ed un elenco di argomenti da trattare.
 
5.    Apprendimento
Non si vuole sollevare il tema di cosa sia l’apprendimento che, per serietà, non può essere costituito da un test di 20 o 30 quiz o un breve colloquio di 10 minuti.
Giustamente nell’Allegato V al punto 4 si descrive il fenomeno con il suo vero sostantivo che trattasi di “verifiche in itinere e finali”
Sarebbe cosa utile che tutto il testo dell’Accordo Stato Regioni (richiamando anche tutti gli altri Accordi già emessi) si uniformasse a questa dizione ed interpretazione.
 
6.    Libretto Formativo
Nell’Accordo del gennaio 2006, al punto 2.5. si definiva come le certificazioni degli RSPP, ASPP andavano inserite nella sezione III del “ Libretto Formativo” di cui al D. Lgs.10 settembre 2003, n. 276.
Sono passati quasi 10 anni e del “Libretto” se ne è persa traccia con la formula “… se concretamente disponibile…”  in quanto è rimasta aria fritta lo schema di libretto Formativo  approvato il 13 luglio 2005 in sede di Conferenza Unificata Stato Regioni.
Nelle bozze del nuovo Accordo si cerca di fare un passo avanti, introducendo nell’Allegato IV, un Modello che di fatto sostituisce il Libretto Formativo.
Iniziativa lodevole che viene demandata al solo datore di lavoro nei riguardi dei propri lavoratori, dirigenti e preposti.
La definizione valevole per la norma trova la sua difficoltà organizzativa ed applicativa.  Raramente il datore di lavoro è l’organizzatore dei corsi. La verità è che i corsi sono, nella quasi totalità, svolti da enti, associazioni, agenzie, aziende di formazione che meglio di altri, oltre all’Attestato, possono compilare il Libretto formativo.
Vale la pena, allora, che il Modulo possa essere compilato, correttamente, anche dal soggetto formatore.
 
7.    Datore di lavoro
La formazione di base del Datore di lavoro non rientra nell’ambito degli Accordi Stato Regioni cionondimeno il problema esiste e deve essere considerato.
Tra tutti i soggetti aziendali della sicurezza l’unico esonerato dalla pur minima frequenza ad un corso di formazione è proprio il datore di lavoro sul quale gravano poi tutti gli adempimenti di legge.
Una situazione paradossale che potrà/dovrà essere modificata solo in sede di revisione del D. Lgs. 81/2008 ma non da ignorare.
Una proposta lungimirante potrebbe essere quella di introdurre un piccolo modello di formazione, facoltativo, per i Datori di lavoro (4 ore per illustrare compiti diritti e doveri) che possano costituire elemento premiante di cui gli organismi di vigilanza ne possano tener conto nei casi di ispezione.
 
8.    Classi di laurea
La questione è seria ed andrebbe scritta in modo applicabile e comprensibile.
A pag. 3 vengono riportate norme già definite dal D. Lgs. 81/08 mentre nell’Allegato I (pag. 19) si potrebbe andare oltre il burocratese chiarendo già nel titolo o in un sottotitolo: “coloro che sono in possesso di una Laurea Magistrale o Specialistica devono frequentare il Modulo C del corso per RSPP” (non sarebbe un piccolo esercizio di semplificazione ovvero di chiarezza a cosa serve questa norma?)
 
Vi sono però altre questioni su cui riflettere:
a) Ha senso riportare l’elenco dettagliato di tutte le Classi di laurea? E se domani ne esce una nuova bisogna rifare la norma.
b) Sarebbe sufficiente dire che “l’esonero alla frequenza dei moduli A e B, per coloro che intendono svolgere il ruolo di RSPP, è ammesso per tutti coloro che possiedono una laurea magistrale o laurea specialistica che prevedano al suo interno lo svolgimento di un esame su salute e sicurezza sul lavoro”
Ad esempio. La laurea LM-31 e 34/S in Ingegneria gestionale non prevede nessun corso ed esame di salute e sicurezza: perché devono essere esonerati dalla frequenza ai moduli A e B:
Mentre, invece, nella Classe di laurea in Giurisprudenza LMG/01 vi possono essere uno o più esami relativi alla prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro. Ma, in base all’allegato II, questi giovani laureati - che di sicurezza ne sanno più di altri - non sono esonerati dai Moduli A e B.
 
Una osservazione metodologica (e storica)
Già durante il dibattito sull’Accordo del 2006 (in applicazione del D. Lgs. 195/03) qualcuno affermava che la sicurezza è esclusiva professione delle “lauree tecniche” e non di quelle cosiddette “umanistiche”.  Ricordo che nel corso di un dibattito ufficiale una nota professionista chiese se anche lei potesse fare un corso per svolgere il ruolo di RSPP. Il rappresentante del ministero del lavoro, che ben la conosceva, rispose prontamente “SI”. Ma la professionista rispose: “Mi pare proprio che non lo possa fare perché io sono laureata in filosofia”!
Insomma smettiamola con lauree tecniche e laure umanistiche.
Sarebbe più onesto e chiaro scrivere che qualunque laurea un soggetto abbia conseguito la condizione di esonero dovrà essere, non il titolo formale della laurea ma, la certezza di aver superato un esame in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il relativo documento attestante il superamento dell’esame, verificato dal soggetto formatore, costituisce l’ammissione alla frequenza del modulo C.
 
- Questo può essere un esempio di semplificazione e chiarezza.
 
9.    E-Learning
L’Allegato III sui requisiti dell’e-Learning contiene novità interessanti ed utili ma si limita a descrivere una statica situazione esistente e non favorisce prospettive di sviluppo e di avvenire.
Negli ultimi dieci anni la diffusione delle nuove tecnologie ha rivoluzionato anche le tecniche e i metodi di trasmissione del sapere. Il Web è, ormai, un presidio di formazione permanente in cui si trovano stimoli e potenzialità senza limiti. Si sta, sempre più, passando dalla classica interazione faccia a faccia tra docente ed allievo ad un approccio che utilizza videolezioni, videoconferenze, testi digitali, webforum, ecc. Sono tutti elementi che contribuiscono alla nascita di un più veloce e diffuso sistema di formazione: l’apprendimento in e-learning che cambia radicalmente il modo di pensare e progettare i contenuti formativi, il modo di archiviarli, le modalità di organizzazione e di fruizione da parte dell’utente nonché di sistemi di erogazione di materiali didattici.
Internet non può sostituire la didattica tradizionale. Ma è uno strumento sempre più utile e prezioso per affiancarla, potenziarla e diffonderla.
-L’Allegato II contiene elementi tecnici attuali ma che, potrebbero, essere superati dalle nuove tecnologie e sviluppo delle reti in pochi anni. Non appare opportuno che una norma di legge entri in particolari tecnici che sono propri dello sviluppo tecnologico.
-Ad esempio non vi è alcun riferimento alle nuove tecniche dei MOOC (Massive Open Online Courses) sviluppata nel 2011 negli Stati Uniti e che si sta propagandando con velocità sorprendente in tutto il mondo.
Non mancano nell’Allegato II alcune indicazioni che, per loro natura, snaturano il significato ed i modelli organizzativi della formazione in e-learning.
-Gli esami in presenza sono utili ed importanti ai fini dell’acquisizione di un ruolo, qualifica come lo è per il Dirigente, Datore di lavoro, ecc.
-Per i corsi di aggiornamento non sono previsti esami finali in quanto il soggetto è già in possesso del titolo e quindi non deve ripetere esami o verifiche.
-Non sono utili esami in presenza per corsi di carattere generale dei lavoratori (che senso ha lo svolgimento di 4 ore di corso se poi il lavoratore si deve recare in una sede per fare un banale test) in quanto il vero e proprio esame si svolgerà successivamente con la frequenza ai moduli di formazione specifica.
-Quale valore formativo può avere la “consegna degli attestati personalmente ai discenti”. E’ ovvio che qualora per il corso ne sia prevista la verifica in aula l’attestato può essere consegnato direttamente a mano (o spedito per posta). Ma qualora il corso non preveda la verifica finale l’utente potrà ricevere direttamente l’Attestato dal sistema informatico: una cosa logica e normale.
 
Il nuovo Accordo deve prevedere un elemento di chiarezza sui soggetti formatori che possono erogare la formazione in e-learning avviando un sistema di riconoscimento a livello nazionale di tali soggetti con relativi controlli che possono essere affidati alla struttura regionale come l’INAIL che ne possiede le competenze.
Regioni e ASL non possono essere lo strumento idoneo per garantire un sistema unitario della formazione e-learning in quanto non è confinabile all’interno dei territori regionali.
-Allo stesso tempo dovranno essere chiarite alcune definizioni conflittuali presenti dell’Accordo come ad esempio sul numero degli allievi. Allorquando si prevede che per i corsi di aggiornamento il numero massimo dei partecipanti debba essere 35 che cosa significa e come si deve fare se il corso di aggiornamento viene svolto in modalità e-learning (come si dice nella riga successiva in pag. 14).
 
-L’Allegato II, di cui vanno conservate molte delle definizioni presenti, deve essere contestualizzato all’intero Accordo per essere reso serio, applicabile e non si presti a false interpretazioni ed applicazioni.
 
10. Esoneri e crediti formativi
Nel mentre si ritiene utile, nel dettato della semplificazione che significa anche chiarezza di esposizione, riformulare il titolo o sottotitolo dell’Allegato III, la previsione dei crediti tra i differenti ruoli dei soggetti della sicurezza si esprimono dubbi circa le tabelle di cui a pag. 27.
Si ritiene utile e sufficiente la formulazione già contenuta nell’art. 5 bis del D. Lgs. 81/2008 e le tabelle dovrebbero essere indicative di indirizzo lasciando ai soggetti formatori l’applicazione della norma facendosi carico delle proprie responsabilità.
Un ulteriore passaggio verso un ruolo di responsabilità dei soggetti formatori.
 
Rocco Vitale, Presidente dell’AiFOS
 



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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Rispondi Autore: Maurizio Di Cunzolo - likes: 0
21/04/2015 (11:37:52)
Non capisco perché il laureato in Giurisprudenza dovrebbe avere in materia piú competenza del Laureato in Ingegneria Gestionale. Ma quanti esami sostengono in Sicurezza sul Lavoro? Certo se si continua sulla strada della sicurezza sul lavoro come una serie interminabile di adempimenti formali che poco hanno di TECNICO E SOSTANZIALE allora continuiamo pure ad esonerare tutti i laureati e facciamo prima! Egr. Presidente Vitale, ritengo che quel suo "Sarebbe più onesto e chiaro scrivere che qualunque laurea un soggetto abbia conseguito la condizione di esonero dovrà essere, non il titolo formale della laurea ma, la certezza di aver superato un esame in materia di salute e sicurezza sul lavoro." debba essere assolutamente adottato! E la smettessero con le "clausole di cedevolezza" e le solite italianate!!
Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0
21/04/2015 (13:42:21)
Bell'articolo prof. Vitale, condivibile.
Speriamo che qualcuno degli addetti ai lavori lo legga.
Rispondi Autore: MB - likes: 0
21/04/2015 (14:38:02)
il corso di laurea in ingegneria gestionale che ho frequentato prevede non uno ma due corsi specifici in materia di sicurezza sul lavoro...
Rispondi Autore: Graziano Frigeri - likes: 0
21/04/2015 (16:52:46)
Sono d'accordo su moltissimi aspetti. I particolare concordo sul fatto che il testo, in molte parti, è decisamente "vecchio". In particolare, sulle modalità e-learning, resta ancorato a tecnologie obsolete, quelle dellla formazione "da CD rom" anche se indicata come "piattaforma". Come dice Rocco Vitale, oggi le potenzialità operative sono infinitamente superiori consentendo scelte metodologiche e didattiche plurime. Ad esempio, un corso ben progettato e condotto in videoconferenza, cioè in collegamento diretto "live" docente-discente e discente-discente-discente non di diversifica in alcun modo da un tradizionale corso in aula, consente anche il lavoro per gruppi, ed azzera i costi collaterali di viaggio e soggiorno, permettendo di effettuare il corso dalla propria postazione PC. Tra l'altro l'accordo Stato Ragioni del 25/7/2012 già equipara la verifica in videoconferenza alla verifica in presenza, e i corsi ECM effettuati in videoconferenza sono equiparati in toto ai corsi in aula. Le specifiche (All. 2) alla bozza di accordo sembrano invece disegnate (in modo molto complicato) per i corsi comunque "autogestiti" dal discente.
Rispondi Autore: Francesco Scorza - likes: 0
21/04/2015 (17:55:30)
Personalmente l'Accordo Stato-Regioni approvato per la formazione da RSPP, ha creato in me grande confusione e ancora tutt'oggi o non l'ho capito fino in fondo, oppure vivo una forte ingiustizia. Sono più di 10 anni che lavoro in ambito sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro. Sono laureato in Fisica e prima di fare questo lavoro, frequentai un MAster per la gestione integrata qualità ambiente sicurezza di 650 ore in classe più 2 mesi di stage. Ho frequentato corsi distinti, ripeto, distinti, per i moduli B Macrosettore Ateco 1,3,4,5,6,8 e 9 oltre al fatto che svolgo, regolarmente, aggiornamenti facendo ben più di 100 ore in 5 anni, scegliendomi, spesso, corsi altamente professionalizzanti. Ad oggi, oltre seguire internamente un'Azienda come RSPP interno nel settore agricoltura, oltre ad avere un mio studio di consulenza con dipendenti, con incarico da RSPP per differenti Aziende, operanti nei servizi all'interno di porto e petrolchimico. Nonostante questo, mi sento dire che per essere abilitato al macrosettori 2 e 7, di cui non ho fatto il corso specifico modulo B, dovrei frequentare i corsi. E poi leggo che laureati, totalmente ignoranti e inesperti, solo facendo un esame in materia di sicurezza e igiene nel lavoro, possono essere abilitati a tutti i settori! Allora la domanda che vi pongo è questa... non c'è qualcosa di sbagliato in tutto questo? Oppure io mi pongo troppi problemi e di fatto sarei abilitato a tutti i Macrosettori ATECO senza dover frequentare altri corsi modulo B che nulla mi darebbero di più di quanto ho già compreso. Il mio timore è quello che mi sono fatto sfuggire qualcosa perchè altrimenti tutto mi sembra assurdo! Se qualcuno sa darmi una risposta per risolvere questo paradosso gli sarò grato!
Rispondi Autore: falzolgher - likes: 0
21/04/2015 (18:08:38)
Due piccole note al riguardo. Come rspp partita col 4 ho fatto moduli b di altri ateco restando spesso delusa xche la normativa speciale dei vari settori dovuto scoprirla da me. Corsi dai contenuti spesso identici e per lo più solo aggiornamento. Secondo punto, ho spesso in aula ingegneri e architetti così intelligenti da ammettere 'io avrei l'esonero ma sono qui lo stesso, perché di sicurezza non ne so ancora nulla'. Riflettere significa anche andare alla radice delle cose. Un bel l'esame di stato, serio, e passa solo chi sa.
Rispondi Autore: Michele Teso - likes: 0
22/04/2015 (06:05:11)
Io toglierei completamente le lauree specialistiche. Non ho ancora trovatouno e dico uno di questi che conosca adeguatamente la materia. Devono ristudiarsela da capo .Vale la pena facciano la trafila dei tre moduli
Rispondi Autore: jesus rspp - likes: 0
22/04/2015 (15:11:49)
vero Michele. Escono da medicina tecnici della prevenzione che non sanno nulla di DVR e non conoscono in alcun modo l'81. Bravissimi a fare analisi di laboratorio ma ZERO in gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro. E che esoneri dovrebbero avere questi????
Rispondi Autore: Dario Turco - likes: 0
22/04/2015 (19:05:09)
Caro Jesus RSPP, non sono molto d'accordo con quanto da te espresso. Sono un biologo prima, ed un Tecnico della Prevenzione poi. Dire che siamo bravissimi a fare analisi di laboratorio ma che non ne sappiamo nulla quanto a DVR e 81/08, be' l'hai proprio sparata grossa! Ma conosci il DM che disciplina la figura del Tenico della Prevenzione? Hai mai frequentato il corso di laurea in questione? Allora, o si ammette che c'è una confusione generale ed un'approssimazione di fondo sulla normativa o si spara a mille su una figura professionale ahimè poco conosciuta. Il Tecnico della Prevenzione non ne sa di progettazione e di calcolo strutturale ma mangia 81/08 e Regolamenti a colazione. E' la figura più indicata per promuovere Prevenzione e garantire Sicurezza. Bisognerebbe definire un po' i ruoli. Oltre alla normativa, credo ci sia molta confusione su chi fa cosa. Detto questo, spero che si faccia una revisione chiara ed esaustiva dell'accordo succitato e spero che si vada piano con le speculazioni.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
22/04/2015 (20:48:49)
La domanda da farsi è un'altra:

"Perchè le associazioni che rappresentano chi fa questa professione, come dipendente o libero professionista, non sono state coinvolte fin dalla concezione di questo nuovo Accordo?"

Naturalmente, quando parlo di "Associazioni" non mi riferisco certo a quelle datoriali e sindacali e cioè alle cosiddette Parti Sociali.

Rispondi Autore: Davide - likes: 0
23/04/2015 (16:48:46)
Ma è molto semplice caro Carmelo, perchè le nostre associazioni sono solo impegnate a venderci corsi, testi, pubblicazioni, ecc ecc, ovvero dietro all'aspetto associativo ormai vi è un impero commerciale spesso in concorrenza con gli stessi associati.
Basta guardare la mail che ti arrivano, 9 su 10 vogliono vendere qualcosa, tanto è vero che spesso noi professionisti ci confrontiamo su questo sito che è libero e non costa nessuna quota associativa.
E se poi anche fossero interpellati, tranquillo che farebbero di tutto per far approvare qualcosa che abbia per loro un ritorno economico importante.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
23/04/2015 (20:43:20)
Davide,
ci sono associazioni e associazioni.....

Quelle che sono nate ieri quando si è intravisto "il piatto ricco" sono una cosa ....... da cui tenersi ben lontani.

Quelle storiche e serie vengono sistematicamente e strumentalmente tenute alla larga dai processi decisionali che riguardano la definizione di provvedimenti come quello di cui stiamo discutendo.
Nella migliore delle ipotesi, una volta definito un provvedimento, si chiede loro un parere ma non le si coinvolge mai fin dalla fase di concezione.

E' il sistema italiota che non funziona perchè non si coinvolgono mai, fin dalla concezione, tutti gli attori che saranno coinvolti nella concreta applicazione di un provvedimento.
Pertanto, quel che ne viene fuori, è solo la conseguenza di una visione parzializzata che, in quanto tale, non offre soluzioni percorribili.
Rispondi Autore: Giampaolo Ceci - likes: 0
25/04/2015 (07:04:04)
Articolo 33 -Dlgs81
" Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente ......
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; ... ecc"

Sia che il RSPP opera in aziende grandi o piccole, pericolose o meno, DEVE saper individuare i fattori di rischio, ovvero i pericoli presenti nelle attività lavorative (in collaborazione col medico).
Ora mi domando: basta un esame sulla sicurezza per rendere un laureato in scienze umanistiche anche un "Responsabile della sicurezza che sa individuare i pericoli?
La situazione è semplice e appare nella sua evidenza se ci riferissimo ad un chirurgo. Si può date il permesso di operare a chi ha fatto un corso da infermiere?
In generale si ritiene che siamo tutti uguali, ma non é così! c'é gente che ha competenze e altri che non le possiedono pur avendone altre. Come potrà mai un laureato in economia e commercio intuire il pericolo di un "carico di punta?" o un ingegnere edile quello insito in una sostanza chimica?
Le CAPACITA' e i requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni indicati all'art 32 del decreto, andrebbero meglio individuati i ragione dei settori produttivi in cui svolgono il loro ruolo per evitare che si crei una falsa sicurezza "di carta" in quanto il responsabile demandato ad individuare i pericoli in realtà non é altro che un esperto degli aspetti procedurali e burocratico contenuti nella norma.
La sicurezza sui luoghi di lavoro è tema complesso (soprattutto quando si devono studiare le modalità per ridurre i rischi individuati,) che deve essere affrontato necessariamente d a"TECNICI" come le operazioni chirurgiche devono essere riservate ai medici.
Pensare che un infermiere possa fare ogni tipo di operazione dopo aver frequentato un corso di 100 ore é sciocco e mi sorge il dubbio risponda solo all'intento di tenerli buoni perché abbiano qualche cosa da fare.
SOLO i tecnici (e non i diplomati in generale) dovrebbero essere abilitati a svolgere i compiti di RSPP (e non basterebbe neppure, perché dovrebbero comunque frequentare un corso specialistico) semplicemente perché solo loro ,in funzione del loro titolo hanno le basi culturali per capire dove si annidano i pericoli, grande o piccola che sia la azienda.
Rispondi Autore: Fausto Oggionni - likes: 0
30/04/2015 (11:03:56)
Mi associo alle considerazioni contenute nell'articolo, mi chiedo se nel nuovo accordo vi sara' comparazione dei vari eprcorsi ATECO. Porto il mio esempio, 30 circa di esperienza in Sicurezza ed Ambiente con attivita' come RSPP di una metalmeccanica importante (circa 1.000 dipendenti su vari siti) oltretutto sottoposta alla Seveso, eppure ho dovuto rifrequentare il modulo B per poter essere RSPP pro-bono di una piccolissima cooperativa di consumo e queste ore non sono nemmeno considerate come monte ore di aggiornamento. Tutto questo sara' effettivamente risolto o continuera' in questo modo dove saremo costretti a rifare un percoso di base non utile a scapito magari di medesime ore ma sui punti specifici del nuovo ambito? Detto questo sottolineo come un RSPP che si ferma ai soli moduli ABC ed alle ore obbligatorie attualmente previste non sara' mai un soggetto realmente attivo, informato e portare di quell'attenzione fondamentale nel nostro lavoro.
Rispondi Autore: Luigi Burdo - likes: 0
09/10/2015 (18:15:42)
Buongiorno, non sono riuscito a trovare la sezione specifica quindi pongo il quesito qui. Ho un dubbio per quanto riguarda il Datore di lavoro che ricopre il ruolo di RSPP: come stabilisce l'Allegato II del D.lgs. 81/2008 i casi in cui il DL può ricoprire il ruolo di RSPP sono esclusivamente 4 e con dei limiti ben precisi per ciò che concerne il numero dei lavoratori. La normativa ha inoltre previsto la possibilità per le aziende agricole di ricorrere al calcolo dei lavoratori tramite il sistema delle ULA (unità lavorative annue), vorrei capire se questa eventualità è applicabile anche per gli altri casi previsti dall'Allegato II poichè non ho trovato nessun articolo che mi consenta di escludere completamente questa ipotesi. Grazie, saluti

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