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Entro quali limiti l’RSPP è coinvolto nella formazione dei lavoratori

Il Testo Unico di Salute e Sicurezza attribuisce ai componenti del Servizio di Prevenzione e Protezione - ovvero agli RSPP e agli eventuali ASPP - il compito di “proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori”, sulla base del ruolo consulenziale e di supporto nei confronti del datore di lavoro di cui essi sono investiti da tale decreto (art.33 c.1 lett.d) D.Lgs.81/08).
Come precisato dalla rubrica dell’art.33 del D.Lgs.81/08 (“Compiti del servizio di prevenzione e protezione”) e coerentemente con il contenuto di tale disposizione, l’azione del proporre i programmi di formazione rappresenta per l’RSPP/ASPP un “compito”, che egli si obbliga civilisticamente - mediante la sottoscrizione di un contratto di lavoro subordinato o d’opera professionale - a svolgere diligentemente secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento.
Dall’altra parte, l’obbligo di assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata - alla luce, ad oggi, anche e soprattutto di quanto previsto dall’ Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 - grava invece sul datore di lavoro e sul dirigente, i quali devono (pena la sanzione alternativa dell’arresto o dell’ammenda) “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37” (art.18 c.1 lett.l) in comb. disp. art.37 D.Lgs.81/08).
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 18 dicembre 2018 n. 56952, ad esempio, la Suprema Corte, dopo aver premesso che, nel caso di specie, “il riscontrato deficit di formazione dei lavoratori deceduti […] non può che essere imputato al datore di lavoro - e non certo allo RSPP”, aveva ricordato che “è sempre sul datore di lavoro che grava il fondamentale obbligo di formazione ed informazione dei lavoratori”.
Tuttavia, fermo restando l’obbligo del datore di lavoro su ricordato, occorre tenere presente che l’RSPP, nello svolgimento del suo ruolo consulenziale, in caso di infortunio o malattia professionale può essere chiamato a rispondere per “la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori”, da intendersi quale “omissione rilevante per radicare la responsabilità tutte le volte in cui un sinistro sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa ignorata o male considerata dal responsabile del servizio” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 27 gennaio 2011 n. 2814).
Guardando alla giurisprudenza, vi sono già stati dei precedenti della Suprema Corte che hanno correlato la responsabilità penale dell’RSPP per infortunio di un lavoratore all’omessa attuazione del compito di proporre i programmi di formazione ai sensi dell’art.33 c.1 lett.d) D.Lgs. 81/08.
Per citare qui solo un esempio, con Cassazione Penale, Sez.IV, 11 luglio 2019 n. 30489, la Suprema Corte ha confermato la responsabilità di un RSPP (che era stato condannato in cooperazione con altri quattro soggetti) per omicidio colposo commesso con violazione del compito previsto dall’art.33 c.1 lett.d) D.Lgs.81/08, su richiamato.
In particolare, era accaduto che un dipendente di un Consorzio di Bonifica era deceduto dopo essere stato “travolto da un cedimento franoso, durante i lavori di scavo per la posa di tubazioni sotterranee di irrigazione nell’apprezzamento agricolo”, laddove dagli accertamenti era emerso che erano stati limitati “ad 8 ore (di cui 4 ore per rischi generici), i corsi, senza alcuna preparazione rispetto al rischio di eventuale seppellimento legato alle attività di scavo (in particolare senza l’illustrazione del contenuto delle procedure di sicurezza, contenute nel documento aziendale)”.
Dalle “specifiche dichiarazioni dei lavoratori” era stato ricostruito “il preciso contenuto dei corsi di formazione, ivi compreso quello del 26 ottobre 2012, da cui si è desunta la totale assenza di formazione in ordine al rischio da scavo ed alla procedura che pure era stata elaborata a fini preventivi”.
In quel caso, la Corte ha ricordato che, anche con riferimento all’“art.33, lett.d ed f, d.lgs.n.81 del 2008, ai sensi del quale, il r.s.p.p. provvede a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori e a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36 su rischi connessi alle attività lavorative e sulle misure e attività di protezione e prevenzione adottate”, trova applicazione il principio secondo il quale “la sussistenza di altri soggetti titolari di potere di formazione non esonera il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, il quale, comunque, ha poteri di ausilio ed affianca, senza sostituire, il datore di lavoro […] e, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli”.
L’ambito di potenziale responsabilità dell’RSPP - a seguito di infortunio o malattia professionale - legato all’inosservanza del compito di proporre i programmi di formazione, dunque, è da ritenersi indiscusso e rientrante a pieno titolo nell’alveo della responsabilità legata al ruolo consulenziale di cui tale soggetto è investito dalla legge (in linea peraltro con il termine “proporre” utilizzato dal legislatore).
Analogamente, per quanto attiene in generale ai profili di coinvolgimento dell’RSPP/ASPP nell’ambito della formazione aziendale, è del tutto fisiologico che questi possa svolgere - ove ne sussistano le condizioni e tale soggetto possegga i requisiti necessari - il ruolo di docente ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni 17 aprile 2025 in occasione dei corsi di formazione in materia di salute e sicurezza rivolti ai lavoratori nel loro complesso (su questo si rinvia al precedente contributo “ Il ruolo del docente formatore di SSL nel nuovo Accordo 17 aprile 2025”, pubblicato su Puntosicuro del 10 luglio 2025 n.5888).
Viceversa, non si collocano all’interno della fisiologia del sistema - quale delineato dal D.Lgs.81/08 - alcuni ruoli di natura sostanzialmente organizzativa e gestionale in relazione alla formazione dei lavoratori di cui i componenti del Servizio di Prevenzione sono talvolta, di fatto, surrettiziamente investiti in maniera più o meno esplicita (e in ogni caso, secondo la mia esperienza, raramente formalizzata mediante deleghe o incarichi specifici) da parte delle organizzazioni nelle quali o per le quali essi operano.
Non è infrequente, infatti, imbattersi in RSPP e ASPP che organizzano, sotto tutti i profili, i corsi di formazione in materia di salute e sicurezza rivolti ai lavoratori (selezionando le società di formazione, contattando i docenti, chiamando a raccolta i discenti e garantendone la presenza in aula, facendosi carico dei correlati adempimenti documentali e così via), esercitando spesso (e inconsapevolmente), a fini organizzativi, poteri gerarchici, gestionali e decisionali atti a configurare un ruolo di dirigente di fatto potenzialmente rilevante - sotto il profilo omissivo o anche commissivo - in caso di infortunio o malattia professionale.
Per quanto banale possa apparire, non appare inutile ricordare che gli obblighi legati all’erogazione della formazione sono a carico del datore di lavoro e soprattutto, nell’ambito di un’organizzazione complessa, dei dirigenti, i quali, secondo quanto previsto dal nuovo Accordo Stato-Regioni 17 aprile 2025 in materia di formazione (parte II, punto 2.3), “attraverso la frequenza del corso, dovranno essere in grado di svolgere le funzioni loro attribuite dalla normativa (art.18 d.lgs.n.81/2008), acquisendo la consapevolezza delle azioni conseguenti alle responsabilità del ruolo”, tra le quali rientra anche - come su precisato - quella di “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37” (art.18 c.1 lett.l) in comb. disp. art.37 D.Lgs.81/08).
Tra gli “obiettivi” del nuovo corso di formazione di 12 ore rivolto ai dirigenti vi è, infatti, quello di “fornire ai discenti le competenze necessarie per la salute e la sicurezza sul lavoro per un approccio organizzativo e gestionale”, nonché di “illustrare le funzioni relative all’organizzazione e alla gestione dei processi e delle attività in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, ivi compresa l’organizzazione della formazione.
A tale scopo, tra i contenuti tassativi del quarto modulo previsto dal nuovo Accordo per i dirigenti, vi è quello relativo agli “obblighi formativi per i diversi soggetti aziendali”.
Una riflessione specifica e conclusiva merita, a questo punto, il tema relativo al coinvolgimento dell’RSPP nell’ambito della “verifica dell’efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa” imposta e disciplinata dal nuovo Accordo Stato-Regioni (parte IV, punto 7).
Occorre anzitutto premettere che tale verifica è (ovviamente) inquadrata dall’Accordo come un obbligo del datore di lavoro, il quale “oltre ad assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici, deve, pertanto, anche verificarne l’efficacia durante lo svolgimento della prestazione di lavoro”, al fine di “verificare e misurare l’effettivo cambiamento che la formazione ha avuto sui partecipanti”.
Ciò in recepimento del cosiddetto “principio di effettività della formazione” di origine giurisprudenziale, in applicazione del quale “gli obblighi che gravano sul datore di lavoro, e ciò vale anche in tema informazione e formazione, non sono limitati ad un rispetto meramente formale […] ma esigono che vi sia una positiva azione del datore di lavoro volta ad assicurarsi che le regole in questione vengano assimilate dai lavoratori e vengano rispettate nella ordinaria prassi di lavoro” (Cassazione Penale Sez. IV, 22 aprile 2004 n. 18638).
A questo punto, tornando al nuovo Accordo, esso prevede che, “al fine di verificare l’efficacia dell’attività formativa nei confronti dei soggetti di cui all’art.37 comma 2 lett.b) del D.lgs. 81/08 durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, il datore di lavoro, eventualmente anche con il supporto del RSPP può utilizzare una delle seguenti modalità: 1. Analisi infortunistica aziendale”, mediante l’adozione di un “modello di studio pre-post, misurando l’incidenza infortunistica prima e dopo l’intervento formativo inclusi i “mancati infortuni””; “2. Questionari da somministrare al personale”, al fine di “valutare tramite un questionario di autovalutazione l’acquisizione di comportamenti sicuri da parte dei lavoratori destinatari dell’attività formativa”; “3. Check list di valutazione”, concepita per poter “misurare la valutazione di efficacia dell’attività formativa attraverso l’osservazione dei comportamenti dei lavoratori nei confronti delle misure relative alla salute e sicurezza del lavoro.”
È evidente che l’attività di verifica dell’efficacia della formazione, così come delineata dall’Accordo Stato-Regioni 17 aprile 2025, salda insieme in un continuum logico-cronologico due obblighi in sé e per sé distinti ma tra loro collegati, ovvero l’obbligo di formazione previsto dall’art.18 c.1 lett.l) D.Lgs.81/08 - da attuarsi secondo il principio di effettività su ricordato - e quello di vigilanza previsto dall’art.18 c.1 lett.f) del medesimo decreto.
Ciò è stato peraltro riconosciuto anche dallo stesso Accordo, nel quale si legge, con riferimento allo strumento rappresentato dalla check list di valutazione, che “il check diventa, nel contempo, strumento di valutazione dell’efficacia della formazione durante l’attività lavorativa e strumento di controllo da parte dei soggetti della prevenzione aziendale.”
Si tenga in considerazione a tal proposito, infatti, che, secondo quanto disposto dall’Accordo Stato-Regioni, “si deve pertanto definire una checklist che risponda ad una serie di osservazioni per poter verificare se il lavoratore ha adottato dei comportamenti sicuri. Ad esempio, si possono individuare i seguenti elementi: utilizzo dei DPI, corretto utilizzo attrezzature, rispetto delle procedure di lavoro.”
Il provvedimento sottolinea, infine, che “nell’ambito della riunione periodica deve essere verificato il raggiungimento dei risultati attesi e rilevata l’efficacia formativa attraverso gli indicatori, i criteri e gli strumenti stabiliti in sede di progettazione.”
Ora, è chiaro che, nell’ambito dell’attività di verifica dell’efficacia della formazione, l’RSPP potrà efficacemente e legittimamente svolgere (al pari del Medico Competente, pur non richiamato dalla norma) una funzione di supporto consulenziale al datore di lavoro, ad esempio nella predisposizione del modello pre-post per l’analisi infortunistica aziendale, dei contenuti della check list e così via.
Ciò detto, tuttavia, a fronte della stretta contiguità tra l’attività di verifica della formazione e l’attività di vigilanza in senso stretto, non appare superfluo ricordare che, come costantemente sottolineato dalla Suprema Corte, “la condotta cautelare richiesta dal legislatore al RSPP trova il proprio contenuto essenziale in un processo intellettivo (individuazione e valutazione dei rischi) cronologicamente antecedente le fasi operative/esecutive che attengono alle decisioni ed al controllo sullo svolgimento dell’attività lavorativa, che competono, invece, ad altre figure prevenzionistiche (tipicamente al datore di lavoro, ma anche al dirigente e al preposto).”
In conclusione, si dovrà tenere conto, nell’applicazione delle disposizioni dell’Accordo su richiamate, del fatto che “è pacifico, insomma, che il RSPP non è destinatario di poteri decisionali, né operativi, né di doveri di vigilanza sulla corretta applicazione delle modalità di lavoro (cfr. Sez.4, n.24958 del 26/04/2017, Rescio, Rv.27028601, in cui la Corte ha precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale)” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 9 dicembre 2019 n. 49761).
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: Lella Pirola ![]() | 31/07/2025 (09:00:29) |
Buongiorno, complimenti per l'interessante articolo. Il caso in cui la figura del RSPP sia anche dipendente apicale e dirigente ai fini della sicurezza della propria area di competenza, modifica tale profilo di responsabilità? |
Rispondi Autore: Giovanni Bersani ![]() | 31/07/2025 (09:40:24) |
Mi permetto di rispondere io: se RSPP è anche dirigente, avrà anche tutti gli obblighi/responsabilità del dirigente (dell'area di competenza ecc.), i quali si andranno a sommare agli altri da 'semplice' RSPP. Mi pare che nel testo sia ben evidenziato. Saluti! |
Rispondi Autore: Anna Guardavilla ![]() | 31/07/2025 (17:52:59) |
Buonasera D.ssa Pirola, grazie per i complimenti all'articolo. Come correttamente osservava il Dott. Bersani, allorché l'RSPP è anche dirigente ai sensi dell'art.2 del D.Lgs.81/08, egli avrà da un lato i compiti di cui all'art.33 del citato decreto (con relative eventuali responsabilità in caso di reati di evento ove ne ricorrano i presupposti) e, dall'altra parte, gli obblighi previsti dall'art.18 D.Lgs.81/08 (con relative eventuali responsabilità per reati contravvenzionali o di evento) che gravano su di lui sulla base delle attribuzioni e competenze dello stesso (quindi, sostanzialmente, sulla base dell'incarico aziendale, delle eventuali deleghe, di ciò che gli compete all'interno dell'organizzazione rispetto a ciò che compete al datore di lavoro e agli altri dirigenti con cui "condivide" l'art.18 stesso). Cordialmente, Anna Guardavilla |
Rispondi Autore: carlpam ![]() | 18/08/2025 (12:49:49) |
Ricordo solo che l'art. 25 del Dlgs 81(co1 a) fra gli obblighi de MC (consulente necessario), indica lo stesso alla predisposizione della attuazione delle misure per la salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, alla attività di formazione e informazione .... Come si integra questo con l'art .33 quando osserviamo che il DVR viene redatto con specifico contratto negando il fatto che l'obbligo del datore di lavoro è non delegabile (art 17) e la valutazione di tutti i rischi (di cui all'art. 17 e 28) un contratto per attuare un dvr ( obbligo del DdL non delegabile ) in presenza di norma imperativa (penale) ai sensi dell'art.1418 C.C. è nullo- |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini ![]() | 22/08/2025 (12:03:22) |
In relazione al commento di carlpam Occorre precisare il ruolo del medico competente secondo l'art. 25 del D.Lgs. 81/2008. La norma stabilisce che il medico competente "collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi" e "alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori". È fondamentale comprendere che si tratta di un obbligo di collaborazione, non di sostituzione nelle responsabilità del datore di lavoro. Il medico competente non è un "consulente necessario" nel senso di soggetto che possa assumere gli obblighi non delegabili del datore di lavoro. Come chiarito dalla Cassazione penale, Sez. III, n. 1856/2013, l'obbligo di collaborazione del medico competente "non presuppone necessariamente una sollecitazione da parte del datore di lavoro ma comprende anche un'attività propositiva e di informazione da svolgere con riferimento al proprio ambito professionale". Tuttavia, questo non trasforma il medico competente in un soggetto titolare di obblighi decisionali primari. Venendo al cuore della questione, l'art. 17 del D.Lgs. 81/2008 stabilisce chiaramente che il datore di lavoro non può delegare "la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28". Questo principio è stato costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che ha precisato come la valutazione dei rischi e la redazione del DVR costituiscano "attività non delegabili da parte del datore di lavoro ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. 81/2008, in quanto intimamente correlate alle scelte aziendali di fondo" (Cassazione penale, Sez. IV, n. 39168/2024). La questione della validità dei contratti per la redazione del DVR tocca un aspetto di particolare rilevanza giuridica. Secondo l'art. 29 del D.Lgs. 81/2008, "il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente". La norma parla di "collaborazione", non di delega o sostituzione. La giurisprudenza ha chiarito che "il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di tale documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia" (Cassazione penale, Sez. IV, n. 3405/2024). Più specificamente, la Cassazione penale, Sez. IV, n. 34311/2018 ha stabilito che "il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia attraverso un'approfondita analisi critica del contenuto". Tuttavia, la questione della nullità contrattuale ex art. 1418 del codice civile richiede una valutazione più articolata. La norma civilistica stabilisce che "il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente". La violazione degli obblighi non delegabili in materia di sicurezza sul lavoro è certamente sanzionata penalmente, configurando norme imperative. Tuttavia, occorre distinguere tra il contratto di consulenza per la redazione materiale del DVR e l'eventuale tentativo di delegare l'obbligo stesso di valutazione dei rischi. Il primo può essere legittimo se configurato come supporto tecnico-specialistico, purché il datore di lavoro mantenga il controllo sostanziale del processo valutativo e la responsabilità finale per l'adeguatezza del documento. Il secondo sarebbe invece nullo per contrasto con norma imperativa. La Cassazione penale, Sez. IV, n. 21153/2023 ha precisato che "sebbene il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) sia tenuto a collaborare alla redazione del DVR ex art. 29 D.Lgs. 81/2008, fornendo informazioni e indicazioni tecniche sulla gestione del rischio, la sua mera designazione non costituisce una delega di funzioni né è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dalle proprie responsabilità in materia antinfortunistica, svolgendo il RSPP un ruolo meramente consultivo privo di effettivo potere decisionale". Il coordinamento tra l'art. 25 e l'art. 33 del D.Lgs. 81/2008 non presenta particolari criticità. L'art. 33 definisce i compiti del servizio di prevenzione e protezione, che "provvede all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro". Anche in questo caso, si tratta di attività di supporto tecnico che non sostituiscono la responsabilità decisionale del datore di lavoro. In conclusione, la validità di un contratto per la redazione del DVR dipende dalla sua configurazione concreta. Se il contratto si limita a prevedere un supporto tecnico-specialistico mantenendo in capo al datore di lavoro la responsabilità sostanziale della valutazione e l'obbligo di verifica critica dell'adeguatezza del documento, esso può essere considerato legittimo. Diversamente, se il contratto configura una vera e propria delega dell'obbligo non delegabile di valutazione dei rischi, esso sarebbe nullo per contrasto con norma imperativa penale, ai sensi dell'art. 1418 del codice civile. La chiave interpretativa risiede nel distinguere tra il supporto tecnico-specialistico, che è ammissibile e spesso necessario data la complessità della materia, e la delega sostanziale dell'obbligo valutativo, che rimane preclusa dalla legge e comporterebbe nullità contrattuale. |