Quali sono le criticità nella valutazione del rischio rumore?
Bologna, 26 Gen – L'esposizione in ambiente lavorativo ad agenti fisici coinvolge in Italia milioni di lavoratori e parlando, in particolare, dell’esposizione al rumore, anche in questo terzo millennio, malgrado le tante innovazioni tecnologiche, una delle malattie professionali più denunciate è l’ ipoacusia da rumore.
Malgrado la normativa, il Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico), faccia esplicito riferimento (Titolo VIII, Capo II) al rumore, alla valutazione dei rischi, ai valori di esposizione (ad esempio al livello di esposizione personale giornaliera al rumore – LEX 8h) e ai requisiti minimi per la protezione dei lavoratori, molto ancora si può fare nelle aziende per migliorare la prevenzione delle possibili conseguenze dell’ esposizione al rumore.
Per parlarne, con particolare attenzione alle criticità che si possono riscontrare nelle valutazioni dei rischi, ad Ambiente Lavoro 2023 a Bologna abbiamo intervistato Andrea Bogi del Laboratorio di Sanità pubblica AUSL Toscana Sud Est, uno dei responsabili scientifici del Portale Agenti Fisici (PAF), uno strumento informativo molto importante per supportare gli attori aziendali della sicurezza e gli operatori della prevenzione.
Andrea Bogi ha lavorato, con il collega Nicola Stacchini, ad una relazione che è stata presentata il 10 ottobre 2023 al convegno “dBA2023 Rischi fisici nei luoghi di lavoro” e che ha riguardato le criticità dei documenti di valutazione del rischio rumore e dei programmi aziendali di riduzione dell'esposizione al rumore, con particolare riferimento all’esperienza dell’organo di vigilanza.
Queste le domande rivolte ad Andrea Bogi in merito ai contenuti della relazione:
Cosa chiede la normativa ai datori di lavoro in merito alla valutazione del rischio rumore?
Qual è il rapporto tra la Relazione tecnica e la valutazione del rischio?
Ci sono norme, documenti o linee guida che indicano i contenuti minimi e la struttura della Relazione tecnica?
Al di là degli obblighi e di cosa indica la normativa, cosa succede nel mondo reale delle aziende?
Riguardo alle criticità delle valutazioni del rischio rumore, cosa avviene in ambito agricolo?
Quali criticità sono diffuse nel settore metalmeccanico?
Nella relazione si faceva l’esempio di un caso eclatante di errore per scarsa professionalità nel settore falegnamerie. Che cosa indica l’esempio?
Quali sono altre criticità presenti in altri settori lavorativi?
Quali sono le più diffuse carenze nei programmi aziendali di riduzione dell'esposizione al rumore?
Cosa è necessario fare per migliorare in futuro la qualità della valutazione e della prevenzione in merito al rischio rumore?
L’intervista si sofferma su vari argomenti:
- Cosa succede nel mondo reale: la consapevolezza e il mondo agricolo
- Cosa succede nel mondo reale: metalmeccanica, falegnameria e comfort
- I programmi di riduzione del rischio e il futuro della prevenzione
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista, realizzata l’11 ottobre 2023, o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro ad Andrea Bogi
Cosa succede nel mondo reale: la consapevolezza e il mondo agricolo
Nella vostra relazione dopo aver parlato della normativa, degli obblighi, della relazione tecnica, avete cercato di raccontare “cosa succede nel mondo reale” delle aziende e della valutazione dei rischi. Cosa succede, in generale, nel mondo reale?
Andrea Bogi: Nel mondo reale diciamo che non sempre le indicazioni che abbiamo presentato (nell’intervista e nel convegno, ndR), sono state, da chi si occupa della prevenzione, lette e applicate fino in fondo. (…)
Perché effettivamente, anche dal convegno di ieri, quello che emerge dalle domande che hanno fatto i partecipanti, è che purtroppo ancora non c'è molta consapevolezza. Al di là del fatto che la materia può essere più o meno ostica e quindi ci voglia più o meno tempo per formarsi… La cosa che un po’ dispiace è che non c'è consapevolezza nemmeno degli strumenti che sono già lì a disposizione.
E quindi si vedono relazioni che, se si seguissero le indicazioni operative (“Indicazioni operative per la prevenzione dei lavoratori dai rischi da agenti fisici ai sensi del Decreto Legislativo 81/08”, ndR) o comunque le indicazioni che sono sul Portale Agenti Fisici, sarebbero sicuramente più complete di quello che si trova nella realtà.
Purtroppo anche nel rumore e nelle vibrazioni, che sono rischi che ci sono ormai da un bel po’ di anni, certe valutazioni sono poco complete.
(…)
So che avete diviso le indicazioni secondo vari settori lavorativi.
Ad esempio cosa accade nel mondo agricolo?
A.B.: Allora nel mondo agricolo la particolarità è che, quando si parla di macchinari agricoli grossi, si ha a che fare (…) con lavori che non hanno una periodicità quotidiana,… A volte nemmeno settimanale, nemmeno mensile, ….
E questo appunto, probabilmente, perché non è stato letto a fondo il Testo Unico (…) che viene
interpretato in maniera un po’ distorta.
A noi sono arrivate diverse valutazioni in cui il consulente ha creato una giornata tipo, fittizia, nella quale ha utilizzato tutti i mezzi che ci sono da valutare a disposizione.
Senza pensare che, in realtà, la dose di rumore dovrebbe quanto più possibile riflettere il mondo reale, cioè la reale esposizione del lavoratore.
(…) È molto più complicato fare in questo modo che, invece, appellarsi all'articolo 191 del Testo Unico (“Valutazione di attività a livello di esposizione molto variabile”, ndR) dove si parla proprio delle situazioni in cui non c'è una periodicità fissa della lavorazione. E a quel punto, fare una valutazione per ogni trattore di quanta è l'emissione, quindi se ci vogliono o non ci vogliono i DPI. (…) Tanto vale mettere poi, secondo l'articolo 191, i lavoratori come esposti al rumore, (…) e quindi fornire i DPI e la sorveglianza sanitaria periodica. (…)
Però la cosa importante è proteggere alla fine i lavoratori; quindi andando magari a vedere il mezzo che espone di più rispetto agli altri e fare il calcolo bene dei DPI e verificare che tutto stia funzionando. Insomma, questo è fondamentale, senza stare a inventarsi giornate tipo con uno che fa il cambio di 25 macchinari, quando invece questo non avviene mai.
Cosa succede nel mondo reale: metalmeccanica, falegnameria e comfort
Cosa avviene, invece, in ambito metalmeccanico?
A.B.: Nel settore metalmeccanico, per esempio, una cosa che si vede è una criticità con la nomenclatura delle attrezzature, che non è sempre rigorosa; e anche questo diventa un problema sia per l'organo di vigilanza, ma anche per lo stesso consulente.
Se non si chiama per nome preciso un'attrezzatura, vuol dire avere poi più problemi ad identificarla la volta dopo o, anche per il datore di lavoro, a capire se deve essere cambiata, oppure no. La nomenclatura è importante, ed è bene (…) identificare l’attrezzatura con marca e modello.
Un altro problema riguarda poi l'utilizzo dei DPI.
Insomma i calcoli non sono non sempre così rigorosi (…). Noi a volte abbiamo fatto fatica a ricostruire il calcolo fatto dal consulente, perché, magari, certe cose non compaiono o non o non sono messe in un ordine sufficientemente logico. Questo può andare a scapito della sicurezza, perché non si ha la verifica che tutto sia stato fatto nel modo corretto.
Nella relazione si faceva anche l’esempio di un caso eclatante di errore per scarsa professionalità nel settore falegnamerie. Che cosa indica questo esempio?
A.B.: (…) Quello che è successo è che ci è arrivata una valutazione con la solita lista di strumenti utilizzati, con i valori di emissione misurati dal consulente. Ed erano tutti stranamente bassissimi, cioè, erano tutte esposizioni che erano molto inferiori a quelle che tipicamente si vedono con queste attrezzature. E la cosa più pericolosa è che erano tutte sotto i limiti normativi.
A noi questa situazione ce l'ha mandata il nostro medico che è andato a fare questa indagine, perché non gli tornavano bene questi numeri. Giustamente era andato a vedere, ad esempio, sul Portale PAF quanto dichiaravano i produttori per strumenti di quel tipo e venivano fuori valori completamente diversi. (…)
Dall'indagine che abbiamo fatto, quello è venuto fuori è che il consulente aveva tarato il suo fonometro, sbagliando ad usare il calibratore (…)
Lui aveva sbagliato a calibrare il suo fonometro in modo tale che segnasse 20 decibel in meno e 20 decibel, insomma, non sono pochi.
Questo è un errore che ha tante componenti dentro, da una parte c'è lo sbaglio fatto lì per lì nella calibrazione, però quello può succedere di sbagliare a pigiare un tasto nel calibratore. Però la cosa, secondo me, un po’ più grave è che quando si vanno a fare queste misure e viene fuori che una sega a nastro non ha bisogno dei DPI, siccome fino ad oggi tutti quelli usano queste attrezzature hanno sempre messo dei DPI, se uno avesse abbastanza sensibilità dovrebbe quantomeno venirgli il dubbio e quindi andare a ricontrollare quello che ha fatto. Tanto più che il fonometro è uno di quei pochi strumenti che si possono calibrare prima, dopo e durante le misure. (…)
Per me questo è un problema di scarsa sensibilità (…). Perché quando vai a fare una valutazione devi già avere un'idea di cosa ti aspetti che venga fuori da quello che stai facendo. (…)
Avete poi parlato di altri settori. Facciamo qualche altro esempio di situazioni che si possono trovare nel mondo reale…
A.B.: (…) Ad esempio, ci sono tutta una serie di ambienti di lavoro in cui non ci sono delle sorgenti di rumore rilevanti e, quindi, dove, per fortuna, non si deve andare a cercare il rischio di ipoacusia per i lavoratori. Ma a quel punto rimane importante occuparsi del comfort acustico: cioè quell'ambiente è, dal punto di vista acustico, idoneo alle attività che ci si fanno dentro? E questo vale, in realtà, per la maggior parte degli ambienti di lavoro, perché alla fine, fuori della produzione, le sorgenti di rumore non ci devono essere, … Vale, ad esempio, per gli uffici, le aule, … (…) Tutti ambienti in cui, per fortuna, non ci sono sorgenti rilevanti di rumori e bisogna andare a creare un ambiente che sia idoneo all'attività.
E questa cosa non si fa con la metodica del LEX 8 ore. Quello che purtroppo ci rispondono spesso i consulenti è che stando sotto gli 80 decibel va tutto bene. Ma questo, invece, non è assolutamente vero.
Anche il Testo Unico dice che vanno valutato tutti i rischi dovuti al rumore, sia quelli uditivi, per cui c'è la metodica del Capo II con LEX 8 ore e tutto quello che consegue, sia gli altri effetti che sono quelli non uditivi, quindi gli effetti del disagio dovuto al rumore eccessivo che non permette di comunicare. E questo è tragico, ad esempio, nelle aule scolastiche. Dove poi si vedono anche i risultati in termini di apprendimento.
Noi abbiamo fatto anche delle indagini negli ospedali (…).
I programmi di riduzione del rischio e il futuro della prevenzione
Cosa possiamo dire poi riguardo ai programmi di riduzione del rumore?
A.B.: Il problema è che tipicamente nel documento di valutazione del rischio questi programmi di riduzione non ci sono. Quindi, diciamo, non ci si pone nemmeno il problema.
E invece questa è veramente una parte fondamentale della valutazione dei rischi, perché è importante porsi il problema di come, via via, andare a ridurre il rischio; anche solamente scrivendo per bene la manutenzione da fare ai macchinari.
Abbiamo anche (…) trovato dei due macchinari uguali, uno che emetteva 70 decibel e l’altro 80. Se io ho due macchine uguali mi dovrò porre il problema perché una emette 80 e una 70. E si sentiva anche a orecchio. Quello era semplicemente un problema di manutenzione.
Quindi già solamente è una criticità non scrivere esattamente cosa va fatto per mantenere una macchina almeno nelle condizioni attuali.
E poi dopo, con lo sviluppo tecnologico, cosa si può fare per andare a migliorare via via nel tempo?
Anche questo è scritto nel Testo Unico: la ricerca di soluzioni tecnologiche più avanzate, in modo tale da abbattere ancora di più il rumore. (…)
Cosa è necessario fare per migliorare in futuro la qualità della valutazione e della prevenzione in merito al rischio rumore?
A.B.: Quello che abbiamo visto un po’ negli altri campi, e nel rumore ancora non è successo, è che dove gli organi di vigilanza vanno a leggere i documenti di valutazione del rischio e a fare delle osservazioni puntuali (…), questi documenti iniziano a migliorare, perché si sparge la voce che l'organo di vigilanza li controlla,
Questo è un po’ triste da dire, però effettivamente in questo momento il modo più efficace per costringere i consulenti a utilizzare gli strumenti che già ci sono (…) è quello, da una parte di formarli - in modo da mostragli quali possono essere le soluzioni che interessano - dall'altra far vedere che l'organo di vigilanza fa i controlli e, quindi, riesce anche a capire chi ha fatto un documento corretto e chi non l'ha fatto. (…)
Poi, secondo me, bisogna un po’ lasciare l'idea che tutti possano fare tutto.
Perché parlandone anche con altri colleghi di altre Regioni, noi in Toscana abbiamo la fortuna di avere, per certi settori dei gruppi più mirati a certi tipi di rischi, e quindi riescono a fare da supporto anche per migliorare la gestione del rischio e le condizioni di lavoro negli ambienti. (…)
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Per un approfondimento sul tema:
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