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Valutare il benessere fisico e psichico del lavoratore
Bologna, 29 Gen - Pubblichiamo un articolo tratto da “Articolo 19” n. 05/2014, bollettino di informazione e comunicazione per la rete di RLS delle aziende della Provincia di Bologna realizzato dal SIRS (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza) con la collaborazione di vari soggetti istituzionali provinciali (Provincia di Bologna, AUSL, INAIL, DPL, organizzazioni sindacali, ...).
Nel valutare lo stato di salute dei lavoratori si deve tener conto anche delle malattie e dei disturbi psichici e/o comportamentali?
di Leopoldo Magelli
Quel che segue non è una vera e propria risposta ad un quesito, ma è una risposta a diverse (anche se in verità non troppo numerose) sollecitazioni poste da lavoratori e RLS sul problema citato nel titolo. In effetti sembra che una certa parte di medici competenti abbiano una visione un po’ troppo meccanicistica del lavoratore, valutando soprattutto (se non esclusivamente) solo le problematiche legate a patologie o disturbi fisici e rimuovendo in modo inspiegabile le problematiche legate a disturbi o patologie comportamentali e psichiche.
Vale la pena anzitutto ribadire che, secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la salute non è solo l’assenza di malattia, ma è il pieno benessere fisico e psichico (nonché sociale) della persona.
Questo approccio globale è ovviamente ripreso dal D.Lgs 81/2008, che all’art. 25 , comma 1, lett. a, così si esprime: il medico competente “collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori …”.
Quindi, chiaro e preciso è il richiamo all’integrità psico-fisica come bene da tutelare. Ciò impone quindi che nella valutazione del medico competente in ordine all’ idoneità o meno del lavoratore alla mansione specifica tutti gli elementi relativi allo stato di salute della persona siano presi in esame, e così pure nel valutare eventuali conseguenze sfavorevoli sul lavoratore delle condizioni di lavoro e di esposizione al rischio.
Da ciò derivano alcune importanti conseguenze:
1) Sia in sede di visita preventiva che di visita periodica che di visita per cambio mansione la valutazione deve essere completa ed eventuali problematiche di ordine psichico e/o comportamentale che il lavoratore dichiari e che il medico accerti (e le può accertare in molti casi anche se il lavoratore non le dichiara) devono entrare a far parte dei criteri con cui valuta l’idoneità.
2) Il lavoratore può richiedere l’accertamento ai sensi dell’art. 41, comma 2, lett. c (visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica) anche per problemi di ordine psichico e/o comportamentale, ed il medico deve affrontare queste situazioni al pari di tutte le altre (ricordando sempre che può accedere alla collaborazione, se lo ritiene necessario, di uno specialista, vedi art. 39, comma 5. (Il medico competente può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri).
3) Un aspetto molto particolare è quello legato alla lettera eter) dell’art. 41, comma 2, ovvero la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione. Infatti, visto che un’assenza della durata di almeno due mesi corrisponde certamente ad uno stato morboso di una notevole importanza (un grosso intervento chirurgico, un infarto del miocardio, ecc.) è tutt’altro che improbabile che un tale evento possa aver avuto ripercussioni sullo stato di salute psichica del lavoratore che ne è stato colpito. Pertanto il medico competente dovrebbe accertarsi del pieno recupero della persona che rientra al lavoro non solo dal punto di vista meramente fisico e valutare le eventuali menomazioni residuate alla malattia.
Naturalmente, le problematiche di ordine comportamentale e/o psichico dovranno anche essere prese in esame e valutate in occasione dell’esposizione a fattori stressanti in ambiente di lavoro: esse sono infatti annoverate tra le possibili conseguenze sullo stato di salute dei lavoratori dell’azione di condizioni organizzative (o di errori organizzativi) capaci di indurre stress lavoro-correlato. Bisogna quindi che i medici competenti (o almeno quella quota non certo marginale che ancora non lo fa) si attrezzino delle competenze professionali in materia, individuino supporti specialistici per eventuali consulenze nel merito, ma soprattutto inizino a prestare la dovuta attenzione al problema.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Carlo Grolli - likes: 0 | 29/01/2015 (16:52:13) |
Eventualmente dovrebbe essere uno psicologo/psicoterapeuta ad individuare e a valutare lo stato psicologico di un lavoratore. |