Stress lavoro correlato: normativa e prospettive di tutela
Trieste, 29 Ago – Con le disposizioni contenute nell’art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi) del D.Lgs. 81/2008 (TU), anche il legislatore italiano ha iniziato a dedicare una “specifica e puntuale attenzione ai rischi di matrice ‘psico-sociale’, inserendosi in un mainstream che da tempo ormai vede tali fenomeni oggetto d’indagine a livello tanto internazionale quanto eurounitario”. Un’indagine che “si sforza di andare oltre una concezione meramente personalistica del disagio al lavoro, per concentrarsi invece sull’innegabile centralità, per una corretta prevenzione dei fenomeni di stress lavoro-correlato, del fattore organizzativo”.
A raccontare in questi termini le novità, dal TU in poi, in materia di stress lavoro-correlato, soffermandosi in particolare sul tema dell’organizzazione lavorativa, è un contributo raccolto nel volume “ Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro correlato” curato da Giorgio Sclip (RSPP, membro del Focal Point per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste), edito da EUT Edizioni Università di Trieste. Volume che, presentato al seminario “Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro-correlato. Strumenti di valutazione e buone pratiche” (13 marzo 2017, Trieste), riporta i materiali della giornata di studi “Sicurezzaccessibile” che si è svolta, sempre a Trieste, nel mese di ottobre 2015.
In “La prevenzione dello stress lavoro-correlato: brevi note in tema di quadro regolativo e prospettive di tutela”, a cura di Roberta Nunin (Professore associato di Diritto del lavoro nell’Università di Trieste), si ricorda che “fin dall’inizio non sono mancate perplessità e resistenze provenienti da una parte del mondo datoriale, che hanno finito per condizionare gli stessi tempi della definitiva entrata in vigore della norma in questione con riguardo ai profili dedicati proprio alla valutazione dei rischi concernenti lo stress lavoro-correlato”. Dopo “un succedersi per quasi due anni di proroghe e rinvii, si è dovuto attendere infatti fino alla fine del 2010 per vedere la norma dispiegare pienamente la sua efficacia”.
Ed è dal 2011 che la nuova normativa è stata “consegnata” per la “promozione di una cultura in grado di coniugare meglio i profili di efficienza dell’impresa con il ‘ benessere organizzativo’ dei lavoratori”.
Tra l’altro se diverse sono le vesti che possono assumere i rischi di ordine psicosociale (stress lavorativo, molestie sessuali e morali, mobbing, discriminazioni, …), affrontare questi rischi “presuppone in sostanza la capacità di muoversi in una zona di confine, dove si intersecano ‘il diritto della salute e sicurezza sul lavoro, il diritto previdenziale e il diritto antidiscriminatorio’; viene così evidenziata la necessità di un approccio ‘olistico’ a questa materia, peraltro perfettamente in linea, nella prospettiva del nostro ordinamento, con i principi già a suo tempo ‘consacrati’ e tuttora espressi dall’art. 2087 c.c. che sottolinea la necessità di tutelare il lavoratore nella duplice prospettiva dell’integrità psico-fisica e della ‘personalità morale’”.
L’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, si sofferma poi su vari altri aspetti, dalle caratteristiche del fenomeno dello stress lavoro-correlato alle indicazioni che sono state adottate dalla Commissione consultiva il 17 novembre 2010 e comunicate con circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre 2010. Indicazioni che individuano un percorso metodologico quale ‘livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavorocorrelato per tutti i datori di lavoro pubblici e privati’.
Il contributo sottolinea poi che alla valutazione del ‘rischio-stress’ deve chiaramente far seguito l’individuazione delle misure da attuare in chiave preventiva/correttiva.
E “si torna così (anche) al tema dell’organizzazione del lavoro, dal momento che proprio tale fase – di individuazione/costruzione degli strumenti e delle strategie concrete di prevenzione – dovrebbe essere percepita come occasione di riflessione sullo specifico contesto organizzativo, che, proprio in relazione alle caratteristiche variabili e talora ad eziologia multifattoriale del fenomeno che qui interessa, non può non assumere un rilievo centrale nella costruzione di un sistema preventivo che voglia essere allo stesso tempo adeguato ed efficace”.
A questo proposito si ricorda che numerosi studi sul rischio stress lavoro correlato, anche a livello comunitario, “offrono ormai un quadro sufficientemente ampio dei possibili strumenti utilizzabili in chiave preventiva e/o correttiva del fenomeno con riferimento alla potenziale dimensione collettiva dello stesso”.
Tra gli altri si segnalano, ad esempio, “interventi relativi alla revisione dell’organizzazione degli orari (con il ricorso se possibile a modelli maggiormente individualizzati), al sostegno alla conciliazione tra lavoro e impegni familiari, al potenziamento degli strumenti e degli automatismi tecnologici a disposizione per ridurre gli aspetti di gravosità e penosità del lavoro, alla migliore definizione delle procedure e dei ruoli nell’ambiente lavorativo, all’adozione di misure di carattere ergonomico (con riguardo non solo all’ambiente ed agli strumenti, ma anche ai processi di lavoro) o indirizzate a migliorare la comunicazione e la gestione delle relazioni nello specifico contesto lavorativo”. E un ulteriore strumento utilizzabile in chiave prevenzionistica è individuabile nella “scelta, da parte del datore di lavoro, di avvalersi dei modelli di organizzazione e gestione proposti dall’art. 30 del d. lgs. n. 81/2008”.
Invece più complessa si presenta la definizione delle misure di protezione di carattere strettamente individuale, “potendo qui rilevare anche specifiche componenti legate alla peculiare dimensione soggettiva, che può esprimere, per fare solo un esempio, livelli diversi di ‘tollerabilità’ individuale, potenzialmente variabili da lavoratore a lavoratore (si pensi ad aspetti di fatica, disagio, ecc., legati alla prestazione lavorativa) e ciò senza contare l’eventuale interferenza di concause del tutto esterne all’ambiente lavorativo e magari riconducibili al privato contesto familiare e relazionale del lavoratore interessato, con le conseguenti evidenti difficoltà di individuare un chiaro ed univoco nesso di causalità tra il fenomeno de quo e la concreta realtà lavorativa”. Inoltre difficile potrebbe poi apparire anche l’intervento preventivo e/o correttivo in relazione ad “un altro possibile fattore soggettivo di stress lavoro-correlato, e cioè quello legato alla precarietà/instabilità del rapporto di lavoro, nel quale alcuni hanno visto ‘la nuova frontiera della valutazione dei rischi sul lavoro’, alla luce del costante aumento e della ormai capillare diffusione di forme di lavoro atipico”.
Riguardo poi alle relazioni tra il fenomeno dello stress lavoro correlato e dell’eventuale presenza in ambito lavorativo di condotte vessatorie e moleste di varia natura, si segnala che “anche la dimensione dei ‘conflitti interpersonali al lavoro’ rientra tra gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione del fenomeno, più precisamente nell’ambito della famiglia dei ‘fattori di contesto del lavoro’”.
Infine, in questa “sintetica disamina degli strumenti concretamente attivabili dal datore di lavoro per intervenire sul fenomeno dello stress lavoro-correlato”, non deve trascurarsi la “circostanza che, tra le misure che sicuramente possono assumere una importante valenza preventiva, una posizione di rilievo è assunta dal corretto adempimento da parte del datore di lavoro dell’obbligo di informazione e formazione dei lavoratori volto a sviluppare la consapevolezza delle diverse cause ed implicazioni del fenomeno considerato e delle possibili azioni di gestione del rischio, anche con concreto riferimento al ruolo dei singoli soggetti ed al loro previsto coinvolgimento nell’ambito del processo valutativo”.
Concludiamo segnalando che il contributo si sofferma anche sul possibile ruolo delle organizzazioni sindacali e della contrattazione collettiva “in chiave di contributo ad un buon funzionamento del sistema prevenzionistico”.
“ Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro correlato”, Sicurezza accessibile - Giornata di studi - Trieste, 20 ottobre 2015, volume curato da di Giorgio Sclip (RSPP, membro del Focal Point per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste), edito da EUT Edizioni Università di Trieste, presentato al seminario “Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro-correlato. Strumenti di valutazione e buone pratiche” (formato PDF, 7.58 MB).
RTM
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