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La necessità di assistenza psicologica per le vittime di infortuni

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

26/04/2011

Le vittime di un incidente lavorativo presentano una sintomatologia che può sfociare in un disturbo da stress post-traumatico. Una ricerca rivela che sono necessari nuovi criteri per cogliere le conseguenze sulla salute psico-fisica di un infortunato.

PuntoSicuro ha già presentato il documento “ I disturbi emozionali dopo un infortunio sul lavoro” che raccoglie i risultati di una ricerca realizzata dall’ ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) e dal Dipartimento di Psicologia Generale dell’ Università di Padova.
Si trattava, come già anticipato, di una ricerca unica nel suo genere; una ricerca che ha voluto “misurare” le conseguenze non fisiche ma psicologiche di un incidente sul lavoro, conseguenze che spesso non sono rilevate, né affrontate correttamente.
 
Proprio per la novità della ricerca abbiamo deciso di approfondire alcuni punti in relazione ai quattro studi condotti.
 
Il primo studio si è posto come iniziale indagine esplorativa e sono stati indagati due ambiti di possibili effetti dell’ incidente sul lavoro: il distress emozionale, con le sue eventuali manifestazioni cliniche, e l’attivazione fisiologica.
Riguardo all’attivazione fisiologica è ormai noto “che l’esposizione a condizioni stressanti produce sull’organismo un insieme di effetti psicosomatici rilevabili attraverso le modificazioni di funzioni regolate dal sistema nervoso vegetativo o somato-motorio (attività cardiaca, pressione arteriosa, tensione muscolare, attivazione delle ghiandole sudoripare ecc.). Un’attivazione fisiologica esagerata, eccessivamente ridotta, o comunque disorganizzata” – continua il documento – “costituisce contemporaneamente un segnale di risposta disfunzionale allo stress e una spia per lo sviluppo di disturbi somatici (ad esempio, ipertensione arteriosa o forme gastritiche) o psicopatologici, in primis ansia e disturbo da stress post-traumatico”.
 
Nello studio è stata introdotta una metodologia di indagine multilivello che “comprendeva la compilazione di questionari e la registrazione di indici fisiologici”. In particolare un gruppo di individui che aveva subito un incidente sul lavoro è stato messo a confronto con un gruppo di persone che non aveva avuto tale esperienza. E al fine di valutare come l’individuo reagisse a scene o immagini emozionali, alcune delle quali fortemente collegate all’ incidente subìto, sono state selezionate 36 immagini, divise in tre categorie emozionali: neutre, spiacevoli aspecifiche, cioè non in relazione all’evento traumatico, e spiacevoli traumatiche (ferite ed incidenti che richiamavano l’infortunio).
 
Dallo studio emerge “una maggiore propensione al rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico negli individui che hanno subito un incidente sul lavoro, rischio tanto più degno di nota in quanto non si evidenzia attraverso sintomi manifesti di ansia o depressione”, rischio che “appare presentarsi in modo subdolo, non risultando associato a quadri psicopatologici ansioso-depressivi conclamati”.


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Il secondo studio ha avuto l’obiettivo di estendere l’indagine clinica ad un campione più ampio, e più omogeneo, in particolare rispetto alla distanza temporale dall’infortunio.
Da questo studio è emerso che gli infortunati si trovano spesso nella “condizione di rivivere l’incidente subìto, con tutto il carico emozionale e i sintomi di attivazione che ne conseguono, e di cercare, pertanto, di evitare luoghi e situazioni che potrebbero richiamare loro alla mente l’evento”.
Le varie analisi hanno confermato che “nel gruppo di infortunati sul lavoro all’aumentare della gravità della sintomatologia post-traumatica aumentavano i problemi legati all’ansia, alla rabbia, alla depressione, e alla presenza di psicopatologia. Al contrario, all’aumentare della sintomatologia post-traumatica si riducevano le abilità di reagire alle situazioni stressanti ( resilienza)”.
Le ripercussioni psicologiche individuali possono poi “perdurare anche a distanza di tempo dall’incidente e potrebbero essere la causa diretta di un mancato rientro al lavoro e di un ridotto funzionamento psico-sociale”.
 
Il terzo studio ha avuto l’obiettivo di “valutare alcune importanti funzioni cognitive (attenzione, memoria, capacità di organizzare le azioni in sequenze ordinate, utilizzando strategie flessibili) in persone che avevano subito un incidente sul lavoro, in modo da chiarire se a sintomi di tipo post-traumatico si associassero disturbi sul piano cognitivo”. E sono stati utilizzati dei test in grado di “verificare l’interferenza dell’emozione o dell’ansia sulla capacità di prestare attenzione a stimoli, in questo caso visivi, semplici”.
 
I risultati di questo studio hanno evidenziato “che le persone che hanno subito un incidente sul lavoro presentano più difficoltà, rispetto al gruppo di controllo, ad eseguire compiti che richiedono concentrazione, memoria e capacità di organizzare le azioni in modo ordinato e flessibile”.
L’attenzione, soprattutto quando associata ad ansia, è infatti “portata a focalizzarsi su aspetti emozionali del contesto e, nel caso di un individuo che abbia subito un trauma, su aspetti ambientali che richiamano l’evento traumatico. Questa tendenza sottrae ovviamente risorse utili all’esecuzione dei normali compiti che richiedono attenzione, capacità di concentrazione, memoria e pianificazione comportamentale”.
E nel caso degli incidenti sul lavoro, “l’intero processo di reinserimento psicosociale e lavorativo potrebbe essere compromesso dalla presenza di disturbi cognitivi e emozionali in grado di interferire con la prestazione dell’individuo”. 
 
Infine il quarto studio, effettuato con un gruppo di vittime di incidenti sul lavoro, è relativo a “un’indagine correlazionale tra sintomatologia post-traumatica, disfunzioni cognitive e attivazione fisiologica emozionale durante la rievocazione guidata dell’incidente”.
Si è analizzata, dunque, “la relazione complessiva tra le diverse variabili che possono avere un ruolo importante nel generare disturbi d’ansia o dell’adattamento in individui che hanno subito un incidente traumatico sul lavoro”.
 
Dallo studio emerge che la “tendenza al rimuginio mentale si accompagna ad altre disfunzioni cognitive in vittime di infortuni sul lavoro”.
Coloro che presentano “una maggiore sintomatologia post-traumatica hanno riportato una perfomance peggiore in compiti che misurano l’attenzione o la capacità di concentrazione, mostrandosi più lenti nel completare la prova, e meno concentrati durante il suo svolgimento.
Pur non commettendo un numero particolarmente elevato di errori, coloro che lamentavano una maggiore sintomatologia post-traumatica tendevano ad adottare una strategia all’insegna della cautela: procedevano più lentamente, sacrificando la velocità nell’esecuzione del compito a favore della correttezza della risposta fornita”.
 
Per concludere si può affermare con un buon grado di certezza che “le vittime di un infortunio lavorativo presentino una elevata sintomatologia post-traumatica, che si accompagna a depressione, ansia e frequenti preoccupazioni, e che può spesso sfociare in un quadro clinico conclamato di disturbo da stress post-traumatico”. Quadro clinico che “non è rispecchiato dal grado di invalidità fisica definito in base ai punteggi percentuali dell’INAIL”: c’è dunque la “necessità di criteri capaci di cogliere adeguatamente tutte le conseguenze di un incidente sulla salute psico-fisica complessiva del lavoratore, inclusi gli esiti psicologici ed emozionali di tale evento”. Necessità ancora più stringente “se si considerano le conseguenze dell’incidente sul piano cognitivo, conseguenze ampiamente trascurate al momento della valutazione clinica dopo un incidente sul lavoro”.
   
Insomma, come è indicato nella prefazione del documento, dobbiamo renderci conto che l’infortunio professionale - come anche la malattia professionale – è portatore “di una sorta di ‘tossina’ secondaria che si inserisce nell’organismo e nella vita del soggetto” che lo subisce, “condizionandone le emozioni, il modo di porsi nelle relazioni sociali e, soprattutto, il suo ‘valore’ lavorativo e professionale”.
“Tossina” che potrebbe essere rilevata e efficacemente affrontata con interventi di sostegno atti a facilitare il recupero fisico e psico-sociale della vittima di incidente e un suo rapido reinserimento lavorativo.
 
 
ANMIL,  Fondazione “Sosteniamoli subito”, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, “ I disturbi emozionali dopo un infortunio sul lavoro”, risultati del Progetto in collaborazione tra Dipartimento di Psicologia Generale dell’Universita di Padova e Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro, a cura di Giulia Buodo, Marta Ghisi, Marianna Munafò, Caterina Novara e Daniela Palomba (formato PDF, 3.49 MB).
 
 
 
 
 


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