Stress lavoro correlato: quale può essere l’impatto sulla salute?
Roma, 7 Nov – La parola “stress” arriva dal latino “strictus”, che significa “stretto” o “che costringe”. E Hans Selye (1907 –1982) ha definito lo “stress” come parte della “Sindrome Generale di Adattamento”, “ovvero la risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di molteplici fattori di stress, quali stimoli fisici (ad esempio la fatica), mentali (ad esempio l’impegno lavorativo), sociali o ambientali (ad esempio gli obblighi o richieste dell’ambiente sociale)”.
In pratica, lo stress rappresenta la “pressione” di eventi psicologici “che causano nell’organismo una reazione generale di adattamento agli stessi, il quale può prendere varie forme e si articola a vari livelli: cognitivi, emotivi, comportamentali, psicofisiologici”.
A ricordarlo è un dossier pubblicato sul sito dedicato alla documentazione dell’Associazione di Promozione Sociale “ #girolevitespezzate”, un’associazione che, come indicato nella sua mission, vuole “promuovere il cambiamento di concezione della salute e della sicurezza con metodi innovativi e capaci di incidere stabilmente nella cultura delle persone”.
Il dossier “Stress lavoro correlato e tecnostress. L’impatto sulla salute”, a cura di Paolo Baroncini, tratta dello stress lavoro correlato (SLC) e del tecnostress, analizzando i fattori di rischio psicologico legati all'ambiente lavorativo e all'uso delle tecnologie digitali.
Nel presentare il dossier ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Stress, evoluzione della sindrome da distress e fattori facilitatori
- Stress lavoro correlato, fattori stressogeni e diffusione
- Stress lavoro correlato, risposta di adattamento e reazione di difesa
Stress, evoluzione della sindrome da distress e fattori facilitatori
Il dossier ricorda che, in psicologia clinica, si utilizza il termine generico “stress” per significare la “dinamica di pressione ambientale e/o di adattamento dell’organismo”, specificando poi “in:
- distress, lo stress ‘negativo’ e disadattativo, che può condurre anche a reazioni patologiche;
- eustress, lo stress ‘positivo’, che deriva dall’attivazione ed energia che gli impegni derivanti dalle pressioni ambientali stimolano nel soggetto. Ovvero la tensione psicologica derivata dall’euforia e interesse per ciò che si fa e si prospetta di fare, uno stimolo positivo all’azione (per esempio può essere un fattore utilissimo quando si decidono gli obbiettivi e le persone si immedesimano positivamente nel percorso al fine di raggiungere il risultato atteso), e le aziende dovrebbero promuovere e concentrarsi sullo sviluppo di questo tipo di stress, non quello ‘nocivo’”.
Si segnala poi che l’evoluzione della sindrome da distress “avviene in tre fasi:
- Allarme, l’organismo risponde ai fattori di stress mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali. Esempi sono costituiti dall’aumento del battito cardiaco, pressione sanguigna, tono muscolare e arousal (attivazione psicofisiologica).
- Resistenza, il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell’affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole, ad esempio le ghiandole surrenali.
- Esaurimento, se i fattori di stress continuano ad agire, il soggetto può venire sopraffatto e possono manifestarsi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o somatica”.
Si segnala poi che negli ambienti di lavoro è ormai ampiamente noto come siano molti i fattori stressogeni riconosciuti ed è dimostrato come l’affaticamento fisico ed emotivo possano essere fattori facilitatori.
Difatti, “quando il lavoro è troppo e la professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita di relazione, e l’individuo non riesce a ‘staccare’ mentalmente tende a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e violente, divenendo sicura origine degli aspetti relativi alla violenza fisica sul lavoro di tipo ‘interno’, ovvero quando si manifesta all’interno dell’ambiente di lavoro, o della sua organizzazione, e si manifesta, generalmente, tra lavoratori che normalmente orbitano nello stesso ambiente lavorativo, anche per questioni di genere”.
Si indica poi che, “escludendo fattori psicologici individuali già presenti nell’individuo e scollegati dall’attività svolta, questa situazione spesso si genera e manifesta negli ambienti dove il lavoratore vive un senso di incertezza”, non solo “relativa all’attività lavorativa da lui espletata, comprese soddisfazione e motivazione a essa collegati, ma anche per il mantenimento del lavoro stesso”.
Stress lavoro correlato, fattori stressogeni e diffusione
Veniamo più direttamente allo stress lavoro correlato.
Si indica che i fattori stressogeni che “ne possono derivare sono di tipo:
- esterno alla persona (per esempio l’esposizione a fattori ambientali impattanti come il microclima inadeguato, l’esposizione a rumore, fattori comunque riscontrabili nell’ambiente di lavoro e valutabili come rischio correlato);
- interno alla persona (per esempio l’ansia, la fatica, la stanchezza, il sovraccarico di lavoro o la paura di non riuscire a svolgere quanto richiesto, che sono spesso derivati da una cattiva organizzazione del lavoro, anch’essa evidenziabile e gestibile sia attraverso la normale dialettica sindacale, sia con la valutazione dei rischi lavorativi) che suscitano nella persona uno stato di angoscia, una sensazione di co-strizione e di impossibilità a individuare alternative al proprio disagio”.
Si ricorda poi che nella medicina del lavoro, lo stress lavoro correlato “può essere principalmente definito come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’ambiente lavorativo eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste, portando nel medio-lungo termine a un vasto spettro di disturbi o sintomi che vanno dal mal di testa, ai disturbi gastrointestinali e/o patologie del sistema nervoso come disturbi del sonno, nevrastenia, sindrome da fatica cronica fino a casi di Burnout o collasso nervoso”.
Secondo l’Osservatorio europeo dei rischi – continua il dossier – in Europa, “lo stress negativo, o distress, nell’ambito del lavoro è il secondo problema di salute; colpisce 40 milioni di individui in tutta l’Unione Europea con un costo annuale di 20mila milioni di euro, e causa più della metà delle assenze”.
Stress lavoro correlato, risposta di adattamento e reazione di difesa
Si indica poi che i fattori indicati sopra, sia come conseguenza e che, come amplificazione del malessere, “possono modificare la condizione di equilibrio della persona fino a provocare o una risposta di adattamento” alle nuove condizioni, oppure “una reazione di difesa rispetto alla sensazione di minaccia avvertita che può manifestarsi con la fuga dalla situazione o la risposta auto-aggressiva (somatizzazione)”.
E queste “risposte” o reazioni si possono così “sinteticamente evolvere e manifestare in ‘disturbi’, così riassumibili”:
- la depressione e il disturbo d’ansia: “sono le diagnosi formulate più comunemente, anche se sono frequenti altri inquadramenti diagnostici e precisamente il disturbo dell’adattamento (DA) e il disturbo post-traumatico da stress (DPTS); infatti quest’ultime rappresentano più tipicamente la risposta a eventi esterni”. Si segnala che la diagnosi di DPTS, per quanto attiene la violenza e vessazione sul lavoro, “è messa in discussione da alcuni psichiatri poiché normalmente deriva da un evento traumatico, mentre il mobbing generalmente è caratterizzato da una situazione negativa prolungata: pertanto altri ricercatori hanno proposto la diagnosi alternativa di Disturbo da Stress da Violenza Prolungata”;
- il Disturbo dell’Adattamento (DA): “è una condizione psichiatrica che si verifica come risposta a un agente di stress; numerosi cambiamenti di vita agiscono come fattori precipitanti questa condizione clinica. La persona colpita sperimenta disagio o altera il comportamento funzionale (incapacità a lavorare o a svolgere altre attività)”;
- il Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS); “è una condizione psichiatrica caratterizzata da evento altamente traumatico e spesso acuto, accompagnato da:
- Vissuti ricorrenti e intrusivi dell’evento, sogni angosciosi, incubi e flashback;
- Evitamento di situazioni che richiamano l’evento;
- Iperattivazione che ostacola il sonno, la concentrazione e favorisce reazioni di soprassalto”.
Concludiamo rimandando alla lettura integrale del dossier che riporta tutte le fonti utilizzate dall’autore e si sofferma sui sintomi/disturbi psicosomatici lavoro correlati e sul tema del tecnostress.
RTM
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