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Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'Conferenza delle Regioni: no al correttivo del decreto 81
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La Conferenza delle Regioni svoltasi ieri ha espresso un parere negativo, adottato a maggioranza, sullo schema di decreto legislativo che modifica ed integra il decreto legislativo 81/2008, il testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
A fronte di questo parere, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, ha detto che sul decreto correttivo "si va avanti": “quello che conta è che il parere della Conferenza delle Regioni è un atto liberatorio per l'iter della norma, perché consente la trasmissione degli atti alle Camere e ci permette di rispettare i tempi della delega".
Tutto questo mentre il 16 maggio scade la proroga dei termini di entrata in vigore di alcuni degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 81/2008. Dopo questo termine, salvo ulteriori proroghe dell’ultimo minuto, saranno quindi pienamente vigenti gli adempimenti che erano stati differiti dal decreto legge 207/2008, convertito nella legge 14/2009 (il cosiddetto «milleproroghe»).
Ricordiamo che i principali obblighi che entreranno in vigore il 16 maggio 2009 riguardano la necessità della valutazione del rischio stress lavoro-correlato e di assicurare una data certa al documento di valutazione dei rischi.
Il parere negativo sullo schema di decreto correttivo – ha spiegato il Presidente della Conferenza – “trae origine da valutazioni strettamente di merito e nasce dal fatto che il decreto proposto oltre ad eccedere i limiti della delega, contiene alcune norme, in particolare l’articolo 2 bis e l’articolo 10 bis (la cosiddetta "norma salva manager", ndr) - che rischiano di comportare una riduzione dei livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
“Per quanto riguarda l’articolo 2-bis, sebbene la norma proposta parli di presunzione di conformità alle norme sulla sicurezza del lavoro, - sottolinea il comunicato emesso al termine della Conferenza - non fornisce sufficienti garanzie in materia, infatti il rispetto di tali obblighi non può essere presunto, ma va accertato caso per caso in relazione a tutti gli elementi mediante i quali va condotta la valutazione.”
Questo articolo, specifica il Presidente della Conferenza, “mette in discussione le competenze delle Regioni” dando spazio “a un sistema di controlli non credibile”, mentre l’articolo 10 bis apre la strada “ad un sistema che mette in discussione responsabilità anche precedenti, come potrebbe accadere nel caso della Thyssen”.
“Il decreto crea, fra l’altro, confusione di ruoli e di soggetti in particolare nella importante azione di prevenzione garantita dalla certificazione.”
“Per quanto riguarda l’articolo 10-bis, sebbene le Regioni non abbiano formalmente competenza in materia di ordinamento penale, introduce un sistema di esoneri e limitazioni di responsabilità dei vertici aziendali, toccando quindi il tema della prevenzione nei luoghi di lavoro su cui le Regioni – ha concluso Il Presidente della Conferenza - vantano indiscusse competenze, per cui la norma presenta oggettivi profili di illegittimità per eccesso di delega”
E proprio sulla questione dell’articolo 10bis nei giorni scorsi è stato diffuso dal professor Marinucci, professore ordinario di diritto penale all'Università statale di Milano, un appello sottoscritto da una settantina di colleghi che sottolineano il pericolo di una norma che "esonera da responsabilità i soggetti (datore di lavoro e dirigenti) che rivestono posizioni apicali nell'impresa”. Secondo i firmatari dell’appello “non sarebbero più obbligati ad impedire eventi lesivi o mortali nei luoghi di lavoro quando a concausare gli eventi siano condotte colpose di altri soggetti".
L’appello si conclude con la lapidaria frase "Qui non si tratta di riscrivere una norma, bisogna cancellarla"
Pietro de’ Castiglioni
L’appello dei giuristi.
Noi sottoscritti, professori di diritto penale e di altre discipline giuridiche, richiamiamo l'attenzione sullo schema di decreto legislativo, approvato il 27 marzo dal Governo, che stravolge punti nevralgici del d. lgs. 81/08 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In particolare lo schema di decreto esonera da responsabilità i soggetti (datore di lavoro e dirigenti) che rivestono posizioni apicali nell'impresa: non sarebbero più obbligati ad impedire eventi lesivi o mortali nei luoghi di lavoro quando a concausare gli eventi siano condotte colpose di altri soggetti.
L'art. 10 bis dello schema di decreto, che introdurrebbe nel d. lgs. 81/08 un nuovo art. 15 bis, apporta infatti una profonda deroga alla disciplina generale della responsabilità omissiva, disciplinata dall'art. 40 comma 2 del codice penale, stabilendo che nei reati commessi mediante violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni ed all'igiene sul lavoro i vertici dell'impresa non sono più responsabili, quando l'evento morte o lesioni personali "sia imputabile" al fatto colposo del preposto, dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori, degli installatori, del medico competente o del lavoratore.
Si stravolgerebbero così i principi consacrati nel codice penale, spogliando i soggetti che rivestono posizioni al vertice dell'impresa del loro indiscusso ruolo di garanti della vita e dell'incolumità fisica dei lavoratori: cesserebbero i loro doveri di controllare le eventuali negligenze dei preposti e dei medici aziendali, e di scegliere con oculatezza e diligenza i soggetti esterni all'azienda (progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori), doveri finalizzati proprio ad evitare le morti o le lesioni dei lavoratori. Inoltre, il venir meno del dovere di controllare ed evitare le negligenze dei preposti scaricherebbe esclusivamente sulle spalle del lavoratore la "responsabilità" della sua morte.
Nell'attuale disciplina, l'indiscusso dovere di controllo in capo ai vertici dell'impresa degli eventuali comportamenti negligenti dei preposti legittima appieno il concorso di colpa dei soggetti apicali e degli stessi preposti per l'omesso controllo delle condotte colpose dei lavoratori, la cui assuefazione al rischio li conduce spesso a trascurare l'adozione delle misure di protezione della propria integrità fisica. L'uscita di scena dei vertici dell'impresa, progettata dallo schema di decreto, rivoluzionerebbe questo assetto normativo, costantemente applicato dalla giurisprudenza della Cassazione, lasciando il lavoratore nella sua solitudine di vittima predestinata di un meccanismo normativo, che fatalmente lo stritolerebbe, e al contempo lasciando impuniti i primi responsabili delle offese alla sua vita o alla sua integrità fisica.
E non è inutile aggiungere che la progettata modifica normativa si applicherebbe non solo per il futuro, ma anche per il passato, trattandosi di una disciplina più favorevole, e dunque coinvolgendo anche tutti i procedimenti penali in corso, ivi compresi quelli più clamorosi come quelli relativi ai fatti della Thyssen e della Eternit.
Molteplici sono d'altra parte i profili di illegittimità costituzionale di questa progettata nuova disciplina.
In primo luogo per contrasto con l'art. 76 della Costituzione , dal momento che la legge delega non faceva alcun riferimento ad una tale forma di limitazione di responsabilità per datori di lavoro e dirigenti, con conseguente eccesso di delega da parte del Governo. In secondo luogo per contrasto con l'art. 117 comma 1 della Costituzione, in quanto la disposizione viola gli obblighi comunitari, di cui all'art. 5 della direttiva 89/391/CEE, che limita l'esclusione della responsabilità del datore di lavoro alle sole ipotesi di intervento di fattori eccezionali ed imprevedibili.
In terzo luogo per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per aver irragionevolmente dato la prevalenza agli interessi del datore di lavoro rispetto a quelli dei lavoratori in un quadro costituzionale nel quale l'iniziativa economica è libera, a condizione però che non si svolga "in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" (art. 41 della Costituzione). Si tratta, in definitiva, di una norma che non può essere 'riscritta', ma che va completamente cancellata.
Giorgio Marinucci (Univ. Milano); Valerio Onida (Univ. Milano); Antonio Pagliaro (Univ. Palermo); Carlo Federico Grosso (Univ. Torino); Ferrando Mantovani (Univ. Firenze); Carlo Fiore (Univ. Napoli Federico II); Mario Romano (Univ. Cattolica Milano); Emilio Dolcini (Univ. Milano); Domenico Pulitanò (Univ. Milano Bicocca); Alberto Alessandri (Univ. Bocconi); Ferdinando Albeggiani (Univ. Palermo); Francesco Angioni (Univ. Sassari); David Brunelli (Univ. Perugia); Stefano Canestrari (Univ. Bologna); Giuseppe Casuscelli (Univ. Milano); Mauro Catenacci (Univ. Roma Tre); Giovanni Cocco (Univ. Cagliari); Cristina de Maglie (Univ. Pavia); Giancarlo de Vero (Univ. Messina); Luigi Foffani (Univ. Modena e Reggio Emilia); Gabriele Fornasari (Univ. Trento); Gabrio Forti (Univ. Cattolica Milano); Giovanni Grasso (Univ. Catania); Roberto Guerrini (Univ. Siena); Silvia Larizza (Univ. Pavia); Adelmo Manna (Univ. Foggia); Grazia Mannozzi (Univ. Insubria); Guglielmo Marconi (Univ. Teramo); Enrico Mezzetti (Univ. Roma Tre); Vincenzo Militello (Univ. Palermo); Sergio Moccia (Univ. Napoli Federico II); Vito Mormando (Univ. Bari); Carlo Enrico Paliero (Univ. Milano); Vincenzo Patalano (Univ. Napoli Federico II); Paolo Patrono (Univ. Verona); Massimo Pavarini (Univ. Bologna); Marco Pelissero (Univ. Genova); Lorenzo Picotti (Univ. Verona); Carlo Piergallini (Univ. Macerata); Paolo Pisa (Univ. Genova); Salvatore Prosdocimi (Univ. Brescia); Roberto Rampioni (Univ. Roma Tor Vergata); Vincenzo Scordamaglia (Univ. Roma Tor Vergata); Sergio Seminara (Univ. Pavia); Placido Siracusano (Univ. Messina); Lucia Risicato (Univ. Messina); Paolo Veneziani (Univ. Parma); Francesco Viganò (Univ. Milano); Laura Castelvetri (Univ. Insubria); Giammarco Azzali (Univ. LUM Jean Monnet Bari); Fabio Basile (Univ. Milano); Carlo Benussi (Univ. Milano); Antonio Cavaliere (Univ. Napoli Federico II); Gian Paolo Demuro (Univ. Sassari); Stefano Fiore (Univ. Molise); Giuseppe Losappio (Univ. Bari); Vincenzo Maiello (Univ. Napoli Federico II); Stefano Manacorda (Univ. Seconda Napoli); Gabriele Marra (Univ. Urbino); Claudia Pecorella (Univ. Milano Bicocca); Davide Petrini (Univ. Torino); Nicola Pisani (Univ. Teramo); Alessandra Rossi (Univ. Torino); Silvio Riondato (Univ. Padova); Carlo Ruga Riva (Univ. Milano Bicocca); Francesco Schiaffo (Univ. Salerno); Carlo Sotis (Univ. Macerata); Costantino Visconti (Univ. Palermo); Tiziana Vitarelli (Univ. Messina).
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Rispondi Autore: Confente Pier Giorgio - likes: 0 | 30/04/2009 (09:45) |
purtroppo la discussione si incentra sugli aspetti penali trascurando le riflessioni sulla effettiva sicurezza del lavoro. Ciò mi conferma nella opinione che in realtà sta avvenendo uno scontro per il "potere" sia tra organizzazioni che si ritengono contrapposte (lavoratori e datori di lavoro)sia tra settori dello stato quali regioni e stato centrale (disarticolato da una affrettata riforma delle competenze costituzionali sulla sicurezza del lavoro. Sparisce quindi l'argomento "sicurezza" tanto sbandierato su fatti eclattanti ma in realtà considerato privo di interesse. |
Rispondi Autore: Nereo Fontanella RSPP - likes: 0 | 04/05/2009 (10:41) |
Se non si responsabilizza il lavoratore e non si inaspriscono i controlli non si otterrà mai la sicurezza. |