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Come riconoscere i rischi di violenze e molestie nei luoghi di lavoro?

Come riconoscere i rischi di violenze e molestie nei luoghi di lavoro?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio psicosociale e stress

16/09/2022

Un documento prodotto da Cgil Piemonte e Cgil Umbria si sofferma sulla prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro. Le definizioni, le conseguenze, i rischi psicosociali e gli ambiti fisici, psicologici e sessuali.

Come riconoscere i rischi di violenze e molestie nei luoghi di lavoro?

Un documento prodotto da Cgil Piemonte e Cgil Umbria si sofferma sulla prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro. Le definizioni, le conseguenze, i rischi psicosociali e gli ambiti fisici, psicologici e sessuali.

 

Torino, 16 Set – Gli ambienti di lavoro si prospettano ormai “come un mondo su cui gravano anche nuovi rischi come le molestie e la violenza anche di natura sessuale”. E in proposito la nostra legislazione e la nostra giurisprudenza “patiscono alcune fragilità destinate a ripercuotersi negativamente sull’efficacia degli interventi a favore delle lavoratrici e dei lavoratori”. E una in particolare, in Italia, è la storia del reato di mobbing “che è molto diversa da quella vissuta in altri Paesi europei”. In Italia, infatti, la storia del reato di mobbing è una storia giurisprudenziale “che, a differenza di quella francese, non è alimentata da un’apposita, specifica norma”. Più proposte di legge mirano a introdurre il reato di mobbing solo che l’intento è “quello di punire il datore di lavoro, il dirigente o il lavoratore che nel luogo o nell’ambito di lavoro, con condotte reiterate, compie atti, omissioni o comportamenti di vessazione o di persecuzione psicologica tali da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore”. E non si includono in questo caso né le condotte vessatorie tenute in un’unica occasione, né le condotte che, pur non prefiggendosi ‘un danno fisico, psicologico, sessuale o economico’, lo causino o lo possano comportare. Ed è necessario, invece, “chiedere al Governo e al Parlamento l’introduzione di un reato di mobbing effettivamente e integralmente in linea con le esigenze di tutela delle vittime”.

 

A ricordare con queste parole l’importanza, in ambito lavorativo, dei rischi connessi alle molestie e violenze e a evidenziare una certa “fragilità” della nostra normativa su queste questioni, è la prefazione, a cura dell’ ex magistrato Raffaele Guariniello, ad un piccolo manuale ad uso delle/dei RSL e delle RSU  dal titolo “Appunti e suggerimenti (non esaustivi) per gli accordi di II livello in materia di prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro” e a cura di Cgil Piemonte e Cgil Umbria.

 

 

Il documento nasce con un percorso formativo in materia di prevenzione delle molestie e delle violenze nei luoghi di lavoro (settembre-novembre 2021) e attraverso questo percorso si sono costituiti dei gruppi di lavoro per la progettazione e realizzazione degli strumenti utili per la prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro.

 

Nella presentazione del documento Cgil ci soffermiamo in particolare su alcuni argomenti:

  • La prevenzione e la normativa: cosa si intende per violenza e molestia?
  • Le violenze e le molestie: l’ambito fisico, psicologico e sessuale
  • Le violenze e le molestie: le conseguenze e i rischi psicosociali

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La prevenzione e la normativa: cosa si intende per violenza e molestia?

Il documento riporta innanzitutto che cosa si intende per violenza e molestia, con riferimento alla “Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n.190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro”, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 e recepita in Italia con la Legge 15 gennaio 2021, n. 4.

 

Si segnala che l’espressione « violenza e molestie» nel mondo del lavoro “indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere”.

 

In particolare l’espressione «violenza e molestie di genere» indica “la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali”.

I settori coperti dalla normativa sono “tutti i settori, sia privati che pubblici, nell’economia formale e informale, in aree urbane o rurali”. E la normativa riguarda le lavoratrici e i lavoratori, “oltre a tutte le persone che lavorano indipendentemente dallo status contrattuale:

  • persone in formazione, inclusi/e tirocinanti e apprendisti
  • lavoratori e lavoratrici licenziati
  • volontari e volontarie
  • persone alla ricerca di un impiego
  • candidati/e a un lavoro
  • coloro che esercitino l’autorità, i doveri e le responsabilità di un datore o una datrice di lavoro. 

 

Le violenze e le molestie: l’ambito fisico, psicologico e sessuale

Il documento Cgil si sofferma anche sugli ambiti e gli effetti della violenza, anche con riferimento al documento “Analisi preliminare sulle molestie e la violenza di genere nel mondo del lavoro in Italia” (2018), a cura di Carla Pagano e Fiorenza Deriu (Ufficio OIL per l’Italia e San Marino).

 

Si indica che nel mondo del lavoro le molestie e la violenza di genere “si espletano in tre ambiti principali: fisico, psicologico e sessuale”.

 

Partiamo dall’ambito fisico che include “qualsiasi danno provocato al corpo della persona che subisce l’atto di violenza, anche se non riporta danni visibili o gravi come ferite, lividi, contusioni o ustioni. Esempi: l’uso della forza ai danni di una persona che condivide lo stesso ambiente lavorativo, non necessariamente nello stesso spazio, incluse alcune forme di bullismo che violano il corpo di una persona a scopo intimidatorio o di sopraffazione l’insieme di conseguenze sulla salute fisica del lavoratore e della lavoratrice che sono effetto diretto di una situazione prolungata di stress psicofisico dovuto ad una delle forme di molestia e violenza subite sul lavoro”.

 

Invece l’ambito psicologico include “problemi assimilabili a quelli generati dallo stress post-traumatico, la cui entità e capacità di gestione e risposta possono variare a seconda dei soggetti”. Le conseguenze possono essere:

  • ansia
  • paura
  • disturbi del sonno
  • depressione
  • diminuita autostima
  • alienazione
  • disturbi della concentrazione e della memoria
  • tendenza al suicidio
  • abuso di sostanze stupefacenti
  • tendenza all’isolamento
  • agorafobia
  • claustrofobia
  • attacchi di panico
  • aggressività
  • problemi relazionali in famiglia. 

 

Mentre l’ambito sessuale include “tutte le forme verbali, non verbali e fisiche di natura sessuale che hanno lo scopo di violare la dignità di una persona e che creano un ambiente ostile, degradante, umiliante, offensivo o intimidatorio a suo danno”.

Il documento, come per l’ambito fisico, riporta anche degli esempi:

  • “esperienze personali di molestie sessuali subite dal lavoratore o dalla lavoratrice
  • la consapevolezza dell’esistenza di molestie sessuali sul luogo di lavoro da parte di altri lavoratori e lavoratrici”.

 

Quest’ambito include poi “azioni indesiderate da parte di chi le subisce, non reciproche ed imposte che includono:

  • palpeggiamenti
  • osservazioni
  • sguardi
  • atteggiamenti
  • battute
  • l’uso di un linguaggio sessualizzato
  • allusioni alla vita privata di una persona
  • riferimenti al suo orientamento sessuale
  • insinuazioni con connotazioni sessuali
  • commenti sul modo di vestire o di apparire
  • il persistente guardare in modo malizioso e lascivo una persona o una parte del suo corpo”.

 

Le violenze e le molestie: le conseguenze e i rischi psicosociali

La salute e la qualità della vita – continua il documento – “sono tra le prime e più evidenti conseguenze che i comportamenti molesti e violenti sul lavoro possono causare, con un considerevole impatto sulla motivazione al lavoro, sulla produttività e sull’assenteismo”.

 

Infatti chi subisce tali comportamenti spesso:

  • “incontra difficoltà a recarsi ogni giorno a lavoro
  • tende ad aumentare il numero di assenze, rischiando talora di perdere il proprio lavoro”.

E dunque gli indicatori di salute oggettiva e percepita “costituiscono quindi un importante indicatore della presenza di situazioni di bullismo, mobbing, molestia anche sessuale e fisica sul posto di lavoro”.

 

Concludiamo riportando alcune indicazioni sui rischi psicosociali, con riferimento alla “Guida per la valutazione della qualità delle valutazioni dei rischi e delle misure di gestione dei rischi nell’ambito della prevenzione dei rischi psicosociali”, pubblicazione non vincolante per gli ispettori del lavoro dell’UE (Comitato degli alti responsabili dell’ispettorato del lavoro - Gruppo di lavoro: rischi nuovi ed emergenti – 2018). 

 

I rischi psicosociali nei luoghi di lavoro “riguardano la probabilità che determinati aspetti della progettazione, dell’organizzazione e della gestione del lavoro, unitamente al contesto sociale e ambientale, possano avere conseguenze negative a livello fisico, psicologico e sociale”.

 

In particolare si riportano gli elementi che “possono configurare rischi psicosociali e contribuire ad aumentare il rischio di violenza e molestie sul lavoro”: 

  • pretese eccessive: “ad esempio, incarichi non corrispondenti alle conoscenze e alle capacità dell’interessato
  • controlli sul lavoro: ad esempio, al lavoratore e alla lavoratrice viene data poca o nessuna voce in capitolo riguardo allo svolgimento del proprio lavoro
  • modalità di svolgimento del lavoro: ad esempio, lavori ripetitivi o monotoni
  • chiarezza dei ruoli: ad esempio, l’indeterminatezza delle responsabilità, dei doveri e dell’autorità del lavoratore e della lavoratrice
  • rapporti lavorativi: ad esempio, critiche inappropriate, isolamento, mancanza di supporto da parte dei superiori e/o colleghi/e, carenza di feedback e di comunicazione 
  • modalità attraverso la quale vengono svolte le responsabilità del datore e della datrice di lavoro: ad esempio, leadership autocratica con limiti al coinvolgimento dei lavoratori e lavoratrici nel processo decisionale; leadership troppo permissiva con scarsa supervisione e poco o nessun orientamento ai lavoratori e alle lavoratrici
  • giustizia organizzativa: ad esempio, mancanza o applicazione incoerente delle politiche e delle procedure sul lavoro, anche per quanto riguarda l’avanzamento di carriera e il reclutamento; ingiustizia nel processo decisionale
  • gestione dei cambiamenti organizzativi: ad esempio, ristrutturazione e ridimensionamento organizzativo; cambiamenti nelle strumentazioni tecnologiche, nei metodi di lavoro e/o nell’organizzazione del lavoro; outsourcing
  • luogo di lavoro fisico: ad esempio, progettazione e manutenzione delle attrezzature e delle strutture sul posto di lavoro”. 

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento di cui approfondiremo in futuro anche le indicazioni relative alle politiche di contrasto e alle indicazioni per datori di lavoro, lavoratori, RLS, RSPP, medici competenti, ispettori e parti sociali.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Cgil Piemonte, Cgil Umbria, “ Appunti e suggerimenti (non esaustivi) per gli accordi di II livello in materia di prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro”, documento realizzato da un gruppo composto da Fabio Gerbi, Enrica Giordano, Eugenia Marletti, Maristella Rotondano, Marina Sardi, Graziella Silipo, Laura Vaschetto con il contributo di Manola Cavallini, edizione luglio 2022 (Formato PDF, 264 kB).

 


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