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Imparare dagli errori: quando i rischi dipendono dalle polveri di legno

Imparare dagli errori: quando i rischi dipendono dalle polveri di legno
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio esplosione, Atex

26/01/2023

Esempi di infortuni professionali nelle attività di lavorazione del legno. Focus sui rischi connessi all’esposizione alle polveri. Un caso di esplosione in una falegnameria e le indicazioni per la prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza.

Brescia, 26 Gen – Nei mesi scorsi la nostra rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, si è soffermata più volte sugli infortuni connessi con la lavorazione del legno in relazione all’utilizzo delle macchine.

 

Tuttavia, al di là del rischio macchine, un altro rischio su cui è bene soffermarsi è quello connesso all’esposizione alle polveri di legno, sia perché l’inalazione continuativa di polveri di legno può portare a vari problemi di salute, ma anche perché, come vedremo in questa puntata della rubrica, una polvere combustibile o ossidabile, dispersa in un'atmosfera contenente sufficiente ossigeno per sostenere la combustione, può esplodere quando è innescata da una sorgente di accensione. E ogni materiale in polvere che può bruciare in aria può dar luogo ad un'esplosione con una violenza e con una velocità di reazione che dipendono anche dal grado di suddivisione del materiale.

 

Ci soffermiamo, dunque, sul rischio connesso alle polveri di legno con riferimento ad una scheda presente nell’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:


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Lavorazione del legno: gli infortuni dovuti alle polveri

Nel caso che presentiamo l’infortunio è avvenuto presso un capannone dove si svolge l’attività di falegnameria di una ditta X dove si è incendiato il silos utilizzato per la raccolta di polveri di legno e segatura, collocato nel piazzale retrostante del capannone.

 

Il titolare della ditta X richiede al titolare Y di una ditta artigiana individuale di effettuare una riparazione al tubo convogliatore della ventola di aspirazione del silos perché il tubo presenta una fessura.

Il titolare Y si reca presso la falegnameria per effettuare la riparazione mediante saldatura; è accompagnato da U, un suo amico pensionato, che rimane ad aspettarlo nell’autovettura parcheggiata qualche metro di distanza dal silos.

Il titolare Y effettua la riparazione nel tempo di 10 minuti e l’operazione è eseguita in opera sul tubo convogliatore. Quindi terminata l’operazione, dopo aver riposto l’attrezzatura da lavoro in auto, va all’interno del capannone per avvisare il titolare della ditta che ha terminato il lavoro.

Mentre si trova ancora all’interno del capannone sente uno scoppio e vede una fiammata dirigersi verso il portone d’ingresso. Si distende a terra per non essere investito dalle fiamme e sente le urla d’aiuto di U che corre verso di lui con gli indumenti in fiamme.

Subito i due titolari e altri operatori vanno in suo soccorso cercando di spegnere le fiamme che ha sulle spalle da prima utilizzando degli indumenti e poi un estintore a polvere.

Poi si interviene sul silos usando gli estintori fino all’arrivo dei vigili del fuoco che spengono definitivamente l’incendio.

Il titolare Y ha successivamente riferito che “il silos era quasi vuoto, privo di materiale. La riparazione è stata eseguita nel tempo di 10 min. e solo dopo circa 5 min. dal termine della saldatura si è sviluppato l’incendio”. Il titolare della ditta X quando è intervenuto per spegnere le fiamme sul silos “ha notato che l’impianto di aspirazione era acceso e lui stesso ha provveduto a spegnerlo ed esclude che la manovra d’accensione fosse stata effettuata dal personale della falegnameria”.

Dalle valutazioni che sono state fatte, “lo scoppio ed il successivo incendio è stato causato da un’errata procedura di saldatura. In particolare sarebbe stato opportuno intervenire sulla tubazione da riparare solo dopo averla smontata dal silos, e spostata in altro luogo più sicuro. Infatti di fronte a residui di legno, sia sottoforma di truciolo che polverino, in presenza di una fonte di innesco si può determinare uno scoppio. In effetti a saldatura terminata la stessa non è stata raffreddata mediante acqua o altro liquido refrigerante”.

 

Questi alcuni fattori causali rilevati nella scheda:

  • l'infortunato “si trovava nell’area coinvolta dallo scoppio”;
  • il titolare Y “saldava la tubatura del silos senza prima smontarla”. 

 

Lavorazione del legno: l’esposizione alle polveri e la prevenzione

Sono diversi i rischi connessi all’esposizione alle polveri nella lavorazione del legno.

 

Qualche indicazione per la prevenzione possiamo trovarla nel documento “ Segheria Sicura -  Opuscolo informativo per Lavoratori delle aziende di prima lavorazione del legno”, realizzato nel 2017 dalla Contarp dell’Inail in collaborazione con FederlegnoArredo.

 

Il documento indica, infatti, che un rischio comune a varie fasi lavorative – in particolare il taglio dei tronchi e delle tavole – “è quello legato all’esposizione a polveri di legno”. E se per “polveri di legno” si intendono generalmente “le particelle disperse nell’aria a seguito delle operazioni di sezionatura del legname”, in realtà anche “durante la pulizia e/o la manutenzione delle macchine si possono produrre polveri”.

 

E, come indicato in apertura di articolo, “l’inalazione continuativa di polveri di legno può provocare vari effetti avversi per la salute, specialmente a carico delle vie respiratorie, quali: riniti, bronchiti, asma, alveoliti allergiche estrinseche. Per quanto riguarda nello specifico la polvere di legno duro, questa polvere può indurre tumori dei seni nasali e paranasali” (l’allegato XLII del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. inserisce il lavoro comportante l’esposizione a polveri di legno duro tra le attività che espongono ad agenti cancerogeni).

 

Il documento ricorda poi che il datore di lavoro “deve effettuare la valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori a polveri” e in base ai risultati della valutazione devono essere messe in atto misure di prevenzione e protezione per minimizzare l’esposizione.

Ad esempio

  • “isolamento delle lavorazioni che comportano emissione di polveri in apposite aree, opportunamente segnalate, alle quali possono accedere solo gli addetti;
  • installazione, su tutte le macchine che producono polvere, di idonei sistemi di aspirazione localizzati vicino al punto di emissione, progettati per prevenire anche il rischio di incendio ed esplosione. Ad ogni modo, i locali di lavoro devono essere provvisti di ventilazione generale;
  • accurata e regolare pulizia delle macchine, degli impianti e dei locali di lavoro. Si sconsiglia, per tale operazione, l’impiego di pistole o altri strumenti ad aria compressa;
  • osservanza di misure igieniche (es. divieto di mangiare, bere e fumare, predisposizione di servizi igienici adeguati, separazione degli indumenti da lavoro da quelli civili);
  • fornitura di adeguati DPI ai lavoratori esposti o potenzialmente esposti (es. semimaschera o facciale filtrante antipolvere, con filtro di classe P2/FFP2);
  • informazione e formazione dei lavoratori;
  • sorveglianza sanitaria preventiva e periodica”.

 

Ma come abbiamo detto, e in relazione al caso di infortunio presentato, i problemi delle polveri sono connesse anche al rischio di incendio ed esplosione.

 

Per avere qualche informazione sulla prevenzione riprendiamo alcuni contenuti dal “ Vademecum per il miglioramento della sicurezza e della salute con le polveri di legno” prodotto nel 2010 dalla Regione Lombardia.

 

Nel vademecum si segnala che le attività di lavorazione e soprattutto il deposito di legno “presentano un elevato carico di incendio, in stretta relazione ai quantitativi in gioco e al potere calorifico ed il diverso livello di infiammabilità di queste sostanze”. E “anche il livello di infiammabilità del legno e dei materiali legnosi deve essere considerato attentamente, in quanto si mostra assai variabile in funzione di caratteristiche strutturali e chimiche; ad esempio la presenza di resina lo rende molto elevato”.

 

Si segnala poi che per quanto riguarda “il problema dell’ esplosività delle polveri di legno, evento tutt'altro che raro, le cause più frequenti sono da ricercare nella presenza di scintille meccaniche, nuclei caldi, fuoco o riscaldamento da attrito meccanico”.

Infatti le polveri di legno disperse nell'aria “formano miscele di combustibile (la polvere) e di comburente (l'ossigeno dell'aria), e pertanto, in presenza di una sorgente di accensione di sufficiente energia, sono in grado di ossidarsi rapidamente per sostenere la combustione, che procede così rapida da generare un'onda di pressione ed un fronte di fiamma con effetti esplosivi”.

In particolare – continua il vademecum - si osserva che la “reattività aumenta al diminuire delle dimensioni delle particelle e del livello di umidità; comunque occorre trovarsi in presenza di una concentrazione che sia all'interno del campo di esplosività”.

 

Rimandiamo alla lettura del vademecum che riporta indicazioni sui contenuti minimi del documento di valutazione del rischio incendio, sulla valutazione dei rischi di esplosione e sugli ulteriori adempimenti connessi con il D.Lgs. 81/2008.  

 

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato la scheda numero 7640 (archivio incidenti 2002/2019).

 

 

 

Scarica la scheda da cui è tratto l'articolo:

Imparare dagli errori - Quando i rischi dipendono dalle polveri di legno – la scheda di Infor.mo. 7640.

 


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