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La reazione degli abitanti nelle zone a rischio di incidente rilevante

Un’indagine sulla percezione del rischio degli abitanti dell’area di Marghera: i rischi più temuti, i mezzi di comunicazione più ascoltati, i segnali di allarme riconosciuti. Alcune indicazioni per una campagna informativa efficace.

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PdE”, rivista di psicologia applicata all’emergenza, alla sicurezza e all’ambiente, nel suo dodicesimo numero riprende l’elaborazione degli strumenti comunicativi relativi all’emergenza partendo dai bisogni e dai vissuti della popolazione interessata.
 
Dopo la pubblicazione di un articolo dedicato alla necessità di occuparsi,  nei piani di intervento nelle emergenze, dei familiari delle vittime o delle persone coinvolte ma illese, la rivista presenta i dati di un’indagine condotta da StudioZuliani per conto del Comune di Venezia sulla percezione del rischio manifestato dai cittadini che abitano l’area di Marghera.
 
 
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L’indagine è stata condotta attraverso interviste guidate - predisposte da Antonio Zuliani -  che si sono svolte tra gennaio e marzo del 2008.
 
L’indagine ha due diverse finalità.
Partendo dal presupposto che “per comunicare in modo adeguato sia indispensabile conoscere prima pensieri, orientamenti, preoccupazione della popolazione interessata”, è necessario innanzitutto “individuare le migliori modalità per rendere sempre più efficaci le comunicazioni sui rischi che l’Amministrazione comunale mette in essere”.
 
Inoltre è anche importante “analizzare i cambiamenti di atteggiamento, comportamento e consapevolezza che si sono realizzati tra la popolazione in questi anni, anche in virtù dell’importante sforzo comunicativo già svolto dal Comune”.
 
Ai cittadini residenti nel territorio mestrino che hanno partecipato all’indagine - 1093 di cui il 54,2% di sesso femminile e il 45,8% di sesso maschile – è stato chiesto di indicare quali fossero i rischi che temevano di più, scegliendoli da una lista che comprendeva:
 
- il rischio di incidenti nel trasporto di sostanze pericolose;
- il rischio disoccupazione;
- il rischio di incidenti industriali con fuga di sostanze tossiche;
- il rischio criminalità;
- il rischio di calamità naturali;
- il rischio di inquinamento;
- il rischio di incidenti stradali.
 
Dalla ricerca si evidenzia che il rischio più temuto è quello riguardante gli incidenti industriali con fuga di sostanze tossiche (67,9%), seguito dal rischio per l’inquinamento (63%), dal rischio  criminalità (54,3%) e da quello relativo a incidenti nel trasporto di sostanze pericolose (48,2%).
I risultati mostrano, rispetto ad indagini passate, “un’evoluzione negativa nella percezione della preoccupazione legata al rischio industriale”.
 
Ma la popolazione conosce i rischi industriali? Conosce le procedure da mettere in atto in caso di incidente?
Il 93% è consapevole che una delle azioni principali è quella di chiudersi in casa e chiudere porte e finestre, consapevolezza che è aumentata rispetto al passato, probabilmente per le attività di informazione di questi anni.
Dopo l’autoprotezione l’esigenza più sentita, in caso di incidente, è quella dell’informazione su quanto sta avvenendo (28,8%), seguita dal bisogno di avere informazioni sullo stato di salute dei congiunti (13,9%).
 
Quali mezzi di informazione sono indicati come primari durante le emergenze? Innanzitutto televisione e radio (1.013 intervistati), poi il telefono (601 intervistati).
 
Due le considerazioni presenti nell’articolo: “la prima sottolinea l’importanza di utilizzare al meglio i mezzi televisivo e radiofonico per informare la popolazione sull’andamento dell’evento”, la seconda suggerisce “l’opportunità di istituire un Call Center dedicato al contatto con la popolazione, sgravando così da tale incombenza le Centrali operative che devono coordinare le attività di soccorso”.
 
Riguardo poi alle modalità di allertamento più conosciute, “il suono delle sirene rimane, in ogni caso, il segnale più identificato per cogliere la presenza di un evento rischioso” (93,1%).
Ma segnali di pericolo importanti sono anche la percezioni di odori (54,7%) e il fumo (49,2%). Questo significa che “il sistema di informazioni in emergenza deve prevedere di attivarsi ogni qual volta questi ‘segnali’ si manifestino, anche se non indicativi di un reale pericolo”.
 
Dall’indagine emerge un altro dato interessante: la domanda di informazione della popolazione porta a pensare che “il possedere maggior informazioni non sembra indurre solamente comportamenti più idonei, ma sia utile anche dal punto di vista emotivo”. È evidente “che le persone che si dichiarano poco o per nulla informate sono quelle che sviluppano una maggiore ansia verso tutte le conseguenze potenzialmente derivate da un incidente industriale”.
 
La finalità dell’indagine, come abbiamo già detto, è proprio quella di “individuare le modalità di comunicazione più adatte alle esigenze e alle singole tipologie di persone”.
Infatti tra le persone che si dichiarano più informate per alcune ”l’informazione puntuale viene colta nel suo aspetto cognito e razionale, mentre per altri prevale il valore emotivo connesso al pericolo e i dati forniti non vengo assimilati”.
Ad esempio la tendenza ad una preoccupazione più elevata si ha nelle donne, nelle persone con scolarità più bassa e nei pensionati.
 
Nella seconda parte dell’articolo presenteremo i dati relativi alle principali fonti di informazione utilizzate in questi anni, ai soggetti considerati nel territorio più accreditati e alle strategie di informazione consigliate dagli intervistati.
 
 
 
 
Tiziano Menduto



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