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Rischio chimico: le sostanze reprotossiche in ambiente di lavoro

Rischio chimico: le sostanze reprotossiche in ambiente di lavoro
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio chimico

19/09/2022

Una scheda informativa dell’Inail riporta informazioni sulle sostanze chimiche reprotossiche in ambiente di lavoro. Le novità normative, la dimensione del problema, le sostanze tossiche per la riproduzione e le misure di prevenzione.

 

Roma, 19 Set – Come ricordato nell’articolo “ Quali sono i rischi delle sostanze reprotossiche nei luoghi di lavoro?”, sono molti i lavoratori esposti alle sostanze reprotossiche, sostanze tossiche per la riproduzione che possono avere un’influenza negativa sulla capacità di uomini e donne di riprodursi e possono alterare lo sviluppo del bambino durante la gestazione e dopo la nascita. Si stima infatti che nell'Unione europea i lavoratori esposti potrebbero essere tra i 2 e i 3 milioni.

 

Proprio perché le sostanze chimiche rientrano, dunque, tra fattori di rischio per la salute riproduttiva in ambiente di lavoro, è rilevante la pubblicazione della Direttiva UE 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2022 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.

Una direttiva che dovrebbe essere recepita in Italia entro il febbraio 2024 e che va ad inserire le sostanze reprotossiche in ambiente di lavoro all’interno della direttiva cancerogeni e mutageni.

 

A parlarne e presentare indicazioni sulla dimensione del problema e sulle possibili misure di prevenzione, è un recente factsheet, prodotto dal Dipartimento Inail di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA), dal titolo “Sostanze chimiche reprotossiche in ambiente di lavoro” e a cura di L. Caporossi, M. De Rosa, B. Papaleo.

 

 

L’articolo di presentazione del factsheet si sofferma sui seguenti argomenti:

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Il rischio chimico
Materiale didattico per la formazione sui rischi specifici dei lavoratori che utilizzano sostanze chimiche (Art. 37 D.Lgs. 81/08)

 

Le sostanze chimiche reprotossiche e le novità normative

Il factsheet ricorda che se, in ambiente di lavoro, i fattori di rischio per la salute riproduttiva possono essere di diversa natura, “quelli dovuti a sostanze chimiche sono certamente tra i più documentati”. E se in Italia la normativa per la tutela della salute dei lavoratori – D.Lgs. 81/2008 - fa ricadere la gestione delle sostanze reprotossiche all’interno del Titolo IX capo I (Protezione da agenti chimici), il legislatore europeo con il Regolamento REACH (Regolamento n. 1907/2006) “le ha inserite tra le sostanze di ‘grande preoccupazione’, all’interno del regime di autorizzazione”.

 

Considerando poi le “evidenze emerse negli ultimi anni”, è stata aggiornata, come indicato in premessa, la direttiva 2004/37/CE, con l’inserimento delle sostanze reprotossiche, attraverso l’emanazione della direttiva UE 2022/431 prevedendo “misure di gestione del rischio più stringenti e tutelanti in caso di esposizione a reprotossici in ambiente di lavoro”.

 

Le sostanze chimiche reprotossiche e la dimensione del problema

Il documento segnala che negli ultimi 20 anni “c’è stato un incremento di coppie infertili che ricorrono a centri di fecondazione assistita” e si stima che “circa il 15% delle coppie presenta problemi di fertilità”.

 

Se nella normativa per la tutela dei lavoratori “è stata posta molta attenzione alla tutela della donna in gravidanza”, finora la “possibile esposizione a sostanze reprotossiche, in particolare anche per la popolazione maschile, sembra sia stata ampiamente sottostimata”.

 

Si indica poi che le sostanze chimiche per cui sono state identificate caratteristiche di pericolosità legate alla tossicità riproduttiva “sono circa 150 in Unione europea, classificate come: tossici per la riproduzione di categoria 1A (sostanze note per causare effetti avversi sulla salute riproduttiva nell’essere umano) e categoria 1B (sostanze presumibilmente tossiche per la salute riproduttiva umana)”. E comprendono “sostanze molto diverse presenti in numerosi cicli produttivi industriali, come nella produzione di vernici e lacche, adesivi e prodotti per la pulizia, industria della plastica e della gomma, ma l’esposizione è stata documentata anche in contesti non industriali come in attività di cura della persona ed estetica, nel commercio per contatto con carta termica di scontrini e molto altro”.

 

La scheda riporta un elenco indicativo, chiaramente non esaustivo, delle sostanze reprotossiche e i relativi ambienti di lavoro potenzialmente coinvolti dalla loro esposizione:

  • Composti del piombo: “petrolchimici, piattaforme petrolifere, fabbricazione di lamine, tubi, munizioni, industria della gomma (additivi a base di piombo) e molto altro”;
  • Solventi organici (“riduzione della numerosità degli spermatozoi: 2-etossietanolo, etilenglicol-metiletere; alterazioni della qualità del liquido seminale: 2-metossietanolo, metanolo, stirene, xilene;. alterazione del ciclo mestruale: benzene e omologhi, tricloroetilene, formaldeide”): “numerosissimi e diversi ambienti di lavoro industriali e non industriali”;
  • Glicoleteri (i composti a catena più corta sono i più tossici): “produzione di inchiostri e vernici, agenti pulenti, industria dei semiconduttori, cantieristica navale”;
  • n-metilpirrolidone: “solvente utilizzato in molti contesti produttivi: plastica, rivestimenti, elettronica, adesivi, pigmenti e vernici, agenti chimici per l’agricoltura”;
  • Alchilfenoli, in particolare il bisfenolo A: “sono componenti di resine epossidiche, plastiche policarbonate, carta termica per scontrini e ricevute (restrizione per il BPA, sostituito da BPS o BPF)”;
  • Gas anestetici: “ambiente ospedaliero, sale operatorie (i livelli espositivi sono fortemente controllati)”;
  • Ftalati: “industria della plastica, della gomma, di inchiostri e vernici, produzione di cosmetici e prodotti per l’igiene, produzione di lacche e profumi, produzione di dispositivi medicali”;
  • Composti del cadmio: “produzione e raffinazione del cadmio, produzione di batterie nichel-cadmio, produzione di pigmenti, produzione di leghe, rivestimenti meccanici, fusione dello zinco, saldatura, produzione di polivinilcloruro e trattamenti galvanici”;
  • Pesticidi (organofosforici, carbammati e fenossierbicidi in particolare): “industria di produzione del prodotto, agricoltura (la normativa attuale proibisce il commercio di prodotti identificati come interferenti endocrini, salvo specifiche eccezioni)”. 

 

Le sostanze chimiche reprotossiche e le misure di prevenzione

Il documento si sofferma anche su alcune indicazioni per la prevenzione.

 

Si indica che la normativa europea “chiede sempre con maggiore forza la definizione di valori limite di esposizione, anche per questo tipo di sostanze, per poter procedere in modo più puntuale con la valutazione dell’esposizione e del rischio per la salute”.

Tuttavia l’end-point reprotossico (cioè il ‘punto di fine osservazione’ per la misura dell’outcome, del risultato di uno studio) presenta “delle difficoltà specifiche poiché normalmente i test sperimentali utilizzati per la definizione di valori limite di esposizione non prevedono indagini in vivo dedicate alla reprotossicità”. E sarà, quindi, necessario “condurre considerazioni specifiche e identificare test applicabili che consentano di definire valori limite dedicati”.

 

In ogni caso rispetto alla tutela della salute riproduttiva si sottolinea come i piani di promozione della salute, per la popolazione generale, “sia in ottica di alimentazione sana che di movimento, buone abitudini di vita e conoscenza sui tempi della fertilità maschile e femminile sono certamente punti di partenza importanti”.

 

In particolare riguardo ai fattori di rischio per la fertilità, potenzialmente presenti in ambiente di lavoro, “quello derivante da sostanze chimiche richiede azioni attente da parte dei datori di lavoro poiché sono numerosi e diversificati i contesti implicati e le evidenze scientifiche mostrano un numero consistente di forza-lavoro coinvolta”.

 

Chiaramente la strategia di prevenzione più funzionale in ambiente di lavoro è certamente quella della “eliminazione/sostituzione per quanto possibile di queste sostanze dai cicli produttivi”. Ma nei casi in cui ciò non fosse tecnicamente possibile “è evidente come l’aspetto della reprotossicità debba entrare all’interno di considerazioni di prevenzione secondaria, quindi nelle attività del medico competente, nei protocolli di sorveglianza sanitaria, per identificare precocemente eventuali elementi che possano orientare ad una sempre più specifica tutela della salute del lavoratore e della lavoratrice”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale della scheda che riporta altri dettagli, ad esempio con riferimento alle evidenze/effetti degli agenti chimici reprotossici segnalati.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Sostanze chimiche reprotossiche in ambiente di lavoro” a cura di L. Caporossi, M. De Rosa, B. Papaleo, Factsheet edizione 2022.

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Rischio chimico: le sostanze chimiche reprotossiche in ambiente di lavoro”.

 

Scarica la normativa di riferimento:

Direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.

 




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