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La prevenzione del rischio chimico per il personale sanitario
Alba, 18 Mar – Le sostanze chimiche si definiscono “pericolose” quando possono arrecare danni, sia immediati che differiti, all’uomo che ne viene a contatto o all’ambiente. I danni che sono arrecati possono essere reversibili o irreversibili e possono investire un’area specifica o l’intero organismo, con possibili conseguenze negative anche per le generazioni successive.
E vi sono lavoratori, il personale sanitario, che sono soggetti al rischio chimico in relazione non solo all’utilizzo di sostanze chimiche (ad esempio detergenti, disinfettanti, sterilizzanti, ...), ma anche alla preparazione e somministrazione di farmaci.
Per affrontare il rischio chimico degli operatori sanitari nelle strutture ospedaliere, riprendiamo quanto pubblicato dal Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Azienda Sanitaria Locale Cn2 Alba-Bra sul proprio sito in relazione alla valutazione dei rischi in ambiente ospedaliero. Una valutazione che prevede l’identificazione delle sorgenti di rischio presenti nel ciclo lavorativo, l’individuazione e la stima dei conseguenti rischi d'esposizione.
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In relazione al rischio chimico l’Asl Cn2 si sofferma innanzitutto sui farmaci (antitumorali, inalazioni di polveri come tali o contaminate da sostanze chimiche).
Ad esempio la manipolazione di antibiotici “può essere causa di possibili effetti allergici (principalmente dermopatie a carico delle mani, orticaria, rinite, asma bronchiale) così come alcune pomate o preparati topici”. È dunque “buona norma per tutti gli addetti usare guanti di protezione ed evitare la dispersione ambientale (polveri, soluzioni, aerosol)”.
Inoltre merita attenzione “la preparazione e somministrazione dei farmaci antitumorali, dotati, in generale di potere irritante per la cute e per le mucose (anche necrosi dei tessuti) e quale effetto collaterale più grave, la possibilità di indurre mutazioni genetiche e di azione cancerogena”.
Si indica in particolare che durante la preparazione e somministrazione di questi farmaci a potenziale effetto oncogeno e/o mutageno, occorre dunque “adottare misure preventive in grado di ridurre il più possibile l’esposizione con:
- divieto di ingresso nelle zone di preparazione al personale non autorizzato;
- utilizzo di idonei D.P.I. tipo: camice monouso, guanti monouso, mascherine, sovrascarpe monouso, occhiali, cuffia monouso;
- uso di cappe idonee a flusso laminare verticale (che servono a garantire la sterilità del prodotto e la protezione dell’operatore)”. Il piano di lavoro “deve essere sgombro da materiali ad esclusione dei farmaci e va pulito con alcool 70% con un panno di carta monouso”. Operare “sempre al centro della cappa”;
- allontanamento del personale femminile in gravidanza”.
È inoltre necessario che “le operazioni di preparazione e di somministrazione dei farmaci antiblastici siano effettuate nel rispetto delle seguenti procedure:
- tutto il materiale utilizzato per la preparazione e somministrazione di farmaci antiblastici deve essere smaltito tra i rifiuti speciali ospedalieri;
- in presenza di farmaci in soluzione già pronta l’operatore deve assicurarsi che parte della soluzione non sia rimasta nella porzione superiore della fiala che deve essere rotta avvolta con un tampone di garza; dopo la rottura il farmaco va aspirato e introdotto lentamente nel flacone avendo cura di non creare sovrapressione all’interno dello stesso;
- in presenza di farmaci in sospensione le attività sono le medesime ma l’operatore deve prestare una maggior attenzione in quanto le operazioni di aspirazione e di introduzione risultano moltiplicate;
- al termine occorre etichettare il flacone specificando nome e cognome del paziente, tipo di farmaco e dosaggio;
- al momento della somministrazione al malato l’operatore deve prestare la massima attenzione per evitare contatti accidentali;
- gli escreti dei pazienti in terapia e la loro biancheria devono essere raccolti utilizzando i guanti e poi posti in raccoglitori differenziati a chiusura ermetica”.
Infine per il “rischio da inalazioni di polveri come tali o contaminate da sostanze chimico-medicamentose, connesse alle attività lavorative della Farmacia, del Servizio Veterinario ecc…, è necessario prendere visione del prodotto utilizzato e seguire le istruzioni fornite dal fabbricante dei preparati. In quest’ambito si raccomanda di utilizzare respiratori filtranti (non le mascherine chirurgiche in quanto non forniscono una protezione sufficiente), camice o tuta monouso e guanti monouso”.
Veniamo invece all’uso di detergenti e disinfettanti, sterilizzanti.
In ambiente sanitario sono ad esempio utilizzati prodotti con:
- azione disinfettante: “acidi (cloridrico, borico, solforico, ecc.), alcali (carbonato sodico, idrossido di sodio, idrossido di potassio, ecc.), alogeni inorganici e ossidanti (amuchina, ipoclorito di sodio, ipoclorito di potassio, ecc.), composti dello iodio (tintura di iodio, alcool iodato, ecc.), acqua ossigenata, aldeidi (formaldeide, glutaraldeide, ecc.), alcoli (etilico, denaturato, ecc.), alogeni organici (iodopovidone, cloramina, ecc.), clorexidina, ossido di etilene, permanganato di potassio e ammoni quaternari (benzalconio cloruro, cetrimide, ecc.);
- azione detergente: detersivi liquidi sia per uso personale che ambientale (ad esempio pulizie degli ambienti, ecc.) che possono contenere dei disinfettanti”.
E gli eventuali danni sono individuabili ad esempio in patologie locali (mani, avambracci) dette anche “patologie da lavori umidi”.
Dunque per prevenire il rischio di esposizione a sostanze e preparati disinfettanti e detergenti “occorre che siano attuate una serie di misure tecniche ed organizzative”. Ad esempio:
- “usare razionalmente i mezzi protettivi con particolare riferimento a idonei guanti monouso e alle creme barriera, alle mascherine per lavori prolungati, ecc.;
- non utilizzare sostanze contenute in contenitori senza etichetta;
- non eseguire travasi di sostanze in bottiglie normalmente adibite ad altri usi (bottiglie di acqua, bibite, ecc.);
- utilizzare i prodotti in ambienti ben aerati;
- ricordarsi che i prodotti possono essere infiammabili, per cui non accendere fiamme, non fumare e non utilizzare apparecchiature che possono provocare scintille”.
Si ricorda che l’uso della glutaraldeide (usata come disinfettante) “può comportare esposizione sia per via inalatoria sia per via cutanea (accidentalmente), con possibile comparsa di effetti irritativi/allergici a carico delle mucose, degli occhi, delle prime vie respiratorie e della cute”.
E dunque gli operatori (medici, tecnici, infermieri, ausiliari, ecc.) “che utilizzano, preparano o smaltiscono soluzioni di glutaraldeide, devono essere dotati di: protezione per le mani (guanti monouso in nitrile), protezione per le vie respiratorie (facciali filtranti usa e getta), protezione per gli occhi/faccia per possibili spruzzi in particolare nella manipolazione della soluzione su piano libero (occhiali a mascherina o visiera e schermi trasparenti) e protezione per il corpo (camici lunghi o grembiuli impermeabili, ecc.)”.
Inoltre al fine di ridurre il livello di rischio “sono raccomandabili una serie di interventi tecnici (da effettuarsi sotto cappa aspirante) ed organizzativi, tra i quali:
- è fatto divieto di accesso alla zona di manipolazione della glutaraldeide al personale non opportunamente istruito;
- utilizzo di quantità minime di soluzioni nei bagni di glutaraldeide;
- identificazione, mediante etichette, dei contenitori delle soluzioni;
- giusta manualità (in modo delicato) nel riempire e svuotare i bagni usando tutte le precauzioni necessarie per evitare versamenti;
- uso di vasche o recipienti tappati e a tenuta, quando non usata;
- accurato risciacquo, con cicli aggiuntivi a quelli effettuati automaticamente, degli strumenti che possono venire a contatto con gli occhi degli operatori (oculari degli endoscopi, ecc.)”.
E in caso di incidente o versamento ambientale è importante “rimuovere immediatamente la quantità sparsa con materiale assorbente (carta, segatura, cotone idrofilo, ecc.); in caso di imponente contaminazione cutanea è importante togliere subito gli abiti e lavare abbondantemente la cute con acqua fredda e poi recarsi al Pronto Soccorso; in caso di spruzzo agli occhi è fondamentale lavare immediatamente gli occhi con soluzione fisiologica per almeno 15 minuti e inviare l’infortunato al pronto soccorso”.
Concludiamo questa breve presentazione, ricordando che in relazione al rischio chimico in ambiente ospedaliero il Servizio di Prevenzione e Protezione dell’ Azienda Sanitaria Locale Cn2 Alba-Bra, si sofferma anche in generale sulla pericolosità delle sostanze chimiche.
Ad esempio ricordando che generalmente una sostanza è “classificata da un punto tossicologico mediante dati sperimentali sull’uomo ottenuti a seguito di esposizioni accidentali oppure, come più spesso accade, dall’estrapolazione dei dati ricavati da sperimentazioni su animali in laboratorio. Fino ad oggi, solo per poche sostanze si è ottenuta una classificazione tossicologica valutandone gli effetti tossici causati da esposizioni a basse concentrazioni e per lunga durata (tossicità sub-acuta o sub-cronica)”. E per la maggior parte delle sostanze chimiche conosciute “si sono effettuati infatti studi di tossicità acuta, ossia ricerche sul pericolo di arrecare danno a seguito di un’esposizione a concentrazioni elevate e per breve tempo. Questa, infatti, è la condizione più comune di esposizione in caso di incidenti industriali”.
Segnaliamo infine che nel sito (che si sofferma anche sui gas medicinali, sulle macromolecole organiche allergizzanti e sul fumo) vengono riportate informazioni sulla classificazione ed etichettatura delle sostanze, sui simboli (indicanti la/le categoria/e di pericolo a cui la sostanza appartiene), sulle frasi di rischio (rappresentate da una serie di cifre precedute dalla lettera R) e i consigli di prudenza (rappresentati da una serie di numeri precedute dalla lettera S).
Tiziano Menduto
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