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Infortuni e asfissia: quali sono i rischi connessi all’uso dell’azoto?

Infortuni e asfissia: quali sono i rischi connessi all’uso dell’azoto?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio chimico

14/03/2022

Un intervento fornisce informazioni sullo sviluppo di una metodologia per la valutazione del rischio azoto. I fattori di rischio connessi con gli usi industriali dell’azoto, i rischi di asfissia e le possibili misure di riduzione del rischio.

Pisa, 14 Mar – Come ricordato più volte dal nostro giornale, anche con riferimento alla rubrica “ Imparare dagli errori”, l’azoto è un gas che causa ogni anno un elevato numero di infortuni, spesso mortali, legati specialmente all’impoverimento dell’ossigeno che consegue al rilascio di azoto in ambiente.

 

In relazione ai tanti infortuni che continuano ad avvenire negli ambienti confinati torniamo oggi ad affrontare il tema del rischio di asfissia proponendo un vecchio ma ancora utile documento che ha l’obiettivo di favorire un approccio metodologico per la valutazione sistematica dei rischi connessi all’utilizzo industriale dell’azoto, con particolare riguardo proprio riguardo al rischio asfissia.

 

Il documento, relativo ad un intervento che si è tenuto al convegno sulla “Valutazione e Gestione del Rischio negli Insediamenti Civili ed Industriali” (Pisa, 2008), fornisce anche un modello per la stima delle portate di azoto, emesse sia durante le normali operazioni che in fase incidentale, utile per la conseguente verifica della concentrazione di ossigeno in ambiente.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:


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I principali fattori di rischio connessi all’uso dell’azoto

L’intervento “Valutazione dei rischi connessi con gli usi industriali dell’azoto”, a cura di M. Alicino, L. Ferroni e O. Lazzaro si sofferma sui rischi connessi all’utilizzo dell’azoto.

 

Si indica che l'azoto “è un gas incolore ed inodore molto comune in natura (compone il 79% dell'atmosfera terreste) caratterizzato da un punto di ebollizione molto basso, -195,82 °C, è normalmente stoccato allo stato liquido a corca 15 atm”. E tra le sue principali applicazioni “si citano: l’utilizzo come fluido refrigerante e per applicazioni criogeniche grazie al suo elevato calore di evaporazione; l’utilizzo, in diversi ambiti industriali e tecnologici, come inertizzante in virtù della sua scarsa reattività chimica (tipicamente per il controllo del rischio di esplosione/incendio o lì dove vi sia una incompatibilità chimica tra materiale ed ossigeno dell’aria)”.

Inoltre gli ambiti industriali di maggior utilizzo dell’azoto “sono l’industria alimentare, quella chimica, elettronica, metallurgica, il settore ospedaliero ecc. Le caratteristiche intrinseche di tale gas (gas inodore e incolore, coefficiente di espansione liquido/gas pari a 1:700) e quelle legate alle modalità di stoccaggio ed utilizzo (temperature criogeniche, pressioni di circa 15 bar) rendono però l’azoto molto pericoloso”.

 

Questi i principali fattori di rischio:

  • “l’utilizzo di un fluido a temperature criogeniche presenta, di norma, due principali fattori di rischio. Il primo è legato al potenziale infragilimento dei contenitori; l’errata definizione della temperatura di progetto di questi rispetto alle condizioni di utilizzo dell’azoto risulta, infatti, essere una delle principali cause di incidente. Il secondo fattore di rischio è costituito dal contatto accidentale del personale con superfici a temperature criogeniche, contatto che provoca sulla pelle lesioni del tutto simili alle ustioni (l'entità del danno aumenta con il diminuire della temperatura e con il prolungarsi della durata del contatto).
  • per quanto riguarda l’alta pressione di stoccaggio, il rischio, genericamente, è legato al malfunzionamento dei riduttori di pressione, e alla conseguente possibilità di pericolose sovrapressioni nelle apparecchiature di utilizzo (rischio limitato dall’installazione, a valle dei riduttori di pressione, di valvole di sicurezza).
  • l’ultimo rischio, ma certamente quello più elevato in termini di frequenza di accadimenti incidentali, è quello legato al pericolo di asfissia conseguente alla dispersione di azoto in ambienti confinati”.

 

Si indica, infatti che l’azoto non è “intrinsicamente” tossico o nocivo nel senso tradizionale del termine “ma un aumento della sua concentrazione, non rilevabile poiché il gas è incolore ed inodore, può causare asfissia a causa della conseguente riduzione della percentuale di ossigeno in ambiente”.

 

Riprendiamo, dall’intervento, una tabella con gli effetti sull’uomo di una carenza di ossigeno nell’aria

 

 

La metodologia per la valutazione del rischio azoto

Veniamo brevemente a quanto indicato dal documento riguardo allo sviluppo di una metodologia per la valutazione del rischio azoto.

 

Si indica che il processo logico proposto per la valutazione del rischio azoto è il seguente:

  • “individuazione e analisi dei pericoli potenziali relativamente agli ambienti e alle postazioni di lavoro, alle mansioni svolte, agli impianti presenti e alle macchine ed attrezzature utilizzate;
  • identificazione delle misure di prevenzione e protezione già adottate e verifica della loro adeguatezza;
  • definizione dei criteri per la valutazione dei rischi (probabilità di accadimento dell'evento e livello di danno possibile associabile all'evento);
  • valutazione dei rischi e definizione della priorità di intervento per la loro riduzione/mitigazione;
  • individuazione dei provvedimenti che possono essere presi per l’eliminazione o riduzione dei rischi residui”.

 

Rimandiamo al dettaglio della presentazione dei vari punti e ricordiamo che il lavoro presentato ha consentito la valutazione dei rischi connessi all’utilizzo dell’azoto, in particolare in ambienti dell’industria chimico-farmaceutica. In particolare è stato possibile operare una valutazione specifica in circa sette stabilimenti produttivi europei di una multinazionale chimico-farmaceutica e sono stati analizzati circa 200 locali in cui viene utilizzato azoto.

 

La metodologia sviluppata ha consentito di “analizzare in maniera sistematica e semi-quantitativa i rischi di asfissia, basse temperature e sovrappressioni legati all’utilizzo di azoto. In particolare, per il rischio di asfissia è stata sviluppato un metodo di calcolo per stimare le emissioni strutturali e puntuali di azoto nei locali lavorativi, e un modello matematico che consente di stimare le emissioni di azoto, sia durante le normali operazioni che in fase di emergenza, al fine di calcolare la conseguente diminuzione della concentrazione di ossigeno in ambiente”.

 

Le possibili misure di riduzione del rischio

Riprendiamo in conclusione alcune delle misure di riduzione del rischio che sono state identificate a seguito dell’applicazione estensiva di tale metodologia:

  • “nei locali in cui la ventilazione artificiale o naturale presente non è in grado, in caso di perdita di azoto, di evitare il raggiungimento di concentrazioni di ossigeno pericolose, sono stati installati limitatori di portata sulle tubazioni di gas e allarmi sonori e visivi locali in caso di anomalia al sistema di estrazione;
  • per le apparecchiature di processo in cui è facilmente identificabile la sorgente di rilascio, sono state installate aspirazioni localizzate;
  • nei locali in cui non è possibile garantire una sufficiente ventilazione artificiale sono stati installati dei rilevatori di ossigeno in prossimità dei punti di potenziale rilascio di azoto. Tali rilevatori attivano un allarme locale acustico e visivo internamente ed esternamente ai punti di accesso a tali locali;
  • sono stati collettorizzati all’esterno gli eventuali dispositivi di protezione da sovrappressioni che, inizialmente, sfogavano all’interno dei locali;
  • ove necessari, sono stati installati dei manometri sulle apparecchiature contenti azoto volti ad evidenziare condizioni anomale di sovrapressione interna al fine di evitare l’apertura accidentale, da parte del personale, di boccaporti, passi d’uomo ecc. Tale sistema di prevenzione può, naturalmente, essere automatizzato;
  • sono state predisposte procedure di risposta alle emergenze di stabilimento per includere gli scenari incidentali causati da carenza di ossigeno dovuti a rilasci di azoto, e per prevedere l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale per il recupero dell’infortunato (es. autorespiratori) e le azioni che la squadra di emergenza deve adottare in caso di rilascio di azoto (es. intercettazione della valvola sulla linea di distribuzione);
  • sono stati definiti dei programmi di formazione/informazione sui rischi connessi all’utilizzo di azoto per il personale interno, per i lavoratori di ditte esterne e manutentori che devono accedere in locali in cui tale rischio sia presente;
  • è stata predisposta opportuna segnaletica nei punti di accesso ai locali in cui un’eventuale perdita di azoto può determinare condizioni di rischio”.

 

Per un aggiornamento riguardo al rischio azoto negli ambienti confinati, anche in relazione alla normativa vigente e al DPR 14 settembre 2011, n.177, rimandiamo, infine, alla lettura dell’articolo “ Spazi confinati: il rischio azoto nel settore chimico e farmaceutico”.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento presentato nell’intervista:

“Valutazione dei rischi connessi con gli usi industriali dell’azoto”, a cura di M. Alicino, L. Ferroni e O. Lazzaro, intervento al convegno “Valutazione e Gestione del Rischio negli Insediamenti Civili ed Industriali” (Pisa, VGR 2008).

 


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Rispondi Autore: Stefano Vergani - likes: 0
20/03/2022 (10:42:10)
CI sono studi recenti sull'uso di azoto connesso alle sanificazioni da Covid 19? Grazie

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