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Esposizione ad agenti sensibilizzanti cutanei: differenze di sesso e genere

Roma, 17 Giu – Ai sensi del Regolamento CLP ( regolamento (CE) n. 1272/2008), relativo alla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze chimiche e delle miscele, con sensibilizzante cutaneo si intende quell’agente chimico che, in caso di contatto cutaneo, può determinare una reazione allergica. E, come ricordato anche in diversi nostri articoli, l’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti per la cute è rilevabile in numerosi cicli produttivi. Sono, infatti, più di mille le sostanze che possiedono una classificazione armonizzata in Europa come sensibilizzante cutaneo.
Riguardo a tali sensibilizzanti stanno emergendo sempre più, secondo diversi studi, rilevanti differenze di sesso e genere nelle conseguenze dell’esposizione a queste sostanze e per parlarne, e offrire alcune prime informazioni sul tema, è stato pubblicato un recente factsheet, una scheda prodotta dal Dipartimento Inail di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA), dal titolo “Il ruolo della differenza di sesso e di genere nell’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti cutanei”.
Nel presentare la scheda informativa Inail l’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: sensibilizzazione e restrizioni
- Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: differenze di sesso e differenze di genere
- Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: tutela di lavoratrici e lavoratori
Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: sensibilizzazione e restrizioni
La scheda - a cura di L. Caporossi e E. Partenzi – ricorda che la sensibilizzazione è un “processo suddiviso in due fasi:
- la prima, asintomatica, consiste nell’induzione di una memoria immunologica in una persona esposta alla sostanza (fase di induzione),
- la seconda nella produzione di una reazione allergica mediata da cellule o da anticorpi (fase di scatenamento), in cui il contatto con la sostanza determina l’effetto clinico visibile. In genere, per lo scatenamento, sono sufficienti livelli di concentrazione inferiori a quelli richiesti dall’induzione”.
In particolare, la dermatite allergica da contatto “è una reazione da ipersensibilità della pelle causata dal contatto con sostanze allergizzanti che innescano una risposta immunitaria in soggetti sensibilizzati”. E la sintomatologia “comprende comunemente prurito intenso, arrossamento, gonfiore. Possono presentarsi lesioni cutanee come eritema, vescicole o bolle che possono evolvere in crosticine e desquamazione”.
Il documento segnala anche che nel 2020 il Comitato per l’analisi socio-economica (SEAC) e il Comitato per la valutazione del Rischi (RAC) dell’Unione europea “si sono espressi positivamente rispetto alla proposta di Francia e Svezia di inserire una nuova restrizione nel reg. (CE) 1907/2006 (REACH) che andasse a ridurre sensibilmente la presenza di agenti chimici sensibilizzanti cutanei in prodotti tessili o del cuoio. Infatti, come indicato dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa), è stato stimato che circa 180.000 persone ogni anno in Europa si sensibilizzino attraverso il contatto con agenti chimici sensibilizzanti”. E la restrizione, “ancora in discussione a livello europeo, dovrebbe comprendere tutti i composti già classificati all’interno del CLP come sensibilizzanti cutanei, ma anche quelli che dovessero acquisire tale classificazione negli anni a venire”.
Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: differenze di sesso e differenze di genere
Gli autori precisano che riguardo alla registrazione degli effetti sulla salute dovuti ad esposizione a fattori di rischio chimico si può parlare di:
- differenza di sesso: “vuol dire tenere in considerazione gli aspetti fisiologici, biochimici e ormonali, propri dei due sessi, che possono andare ad incidere sui processi tossici”;
- differenza di genere: vuol dire “tenere in considerazione anche quegli aspetti che vengono vissuti, sia in ambiente di vita che di lavoro, come ‘femminili’ o ‘maschili’ e che possono andare ad incidere sulle condizioni espositive ma anche sulla possibilità di registrazione di effetti avversi”.
E nel caso della possibile esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti, “entrambe queste componenti possono giocare un ruolo”.
Riprendiamo dal documento una immagine che mostra come la cute femminile e quella maschile presentino delle differenze:
Secondo alcuni studi su popolazioni lavorative, “studiate con follow up di 20 anni”, le donne “mostrano una maggiore prevalenza di dermatiti allergiche da contatto”. E approfondendo il tipo di attività lavorativa svolta, “si osserva come le lavoratrici maggiormente coinvolte siano parrucchiere, infermiere, operatrici sanitarie, in larga misura attività che prevedono lavoro ‘umido’. Viene documentato, inoltre, come le donne siano maggiormente coinvolte in lavoro umido anche in ambiente domestico, ad esempio per la cura di bambini o per le pulizie casalinghe”. E questo aspetto – continua la scheda – “determina una maggiore fragilità della cute”.
Si indica poi che il caso dell’esposizione a nichel “rappresenta un altro esempio calzante di differenza di genere negli effetti”. I dati epidemiologici mostrano “una incidenza di allergie a composti del nichel di circa il 20-25% nella popolazione femminile rispetto al 4-5% nella popolazione maschile”.
Per quanto riguarda il nichel diverse indagini hanno “cercato di comprendere se il dato epidemiologico potesse essere legato ad una differenza fisiologica tra sessi”. Invece, secondo altri studi, è emerso “che la popolazione femminile, ‘socialmente’ abituata ad utilizzare orecchini fin da giovane, risultava maggiormente sensibilizzata al nichel e quindi sviluppava più facilmente dermatiti allergiche da contatto (25%)”. A seguito però di una restrizione europea (restrizione n. 27 del 2006 relativa al divieto alla commercializzazione di prodotti che rilasciano nichel, sopra specifici livelli di concentrazione, in oggetti metallici destinati al contatto con la pelle) “la prevalenza di allergie da nichel nelle donne è andata riducendosi sensibilmente, fino a livelli comparabili con quelli maschili (5%)”. E questo esisto è stato confermato “considerando una coorte di uomini con piercing, prima della restrizione, che hanno mostrato una prevalenza di allergia al nichel attorno al 20%, (quindi comparabile alla popolazione femminile) a fronte di uomini senza piercing che presentavano una prevalenza del 4%”.
È evidente, in questo caso, come l’elemento del genere abbia “giocato un ruolo centrale, portando storicamente la popolazione femminile ad essere maggiormente sensibilizzata”.
Agenti chimici sensibilizzanti cutanei: tutela di lavoratrici e lavoratori
Dunque, varie evidenze sperimentali ed epidemiologiche mostrano, nel caso di esposizione professionale a sensibilizzanti cutanei, come “la differenza di sesso e di genere possa avere un ruolo nell’insorgenza di dermatiti allergiche da contatto”.
Questi risultati dovrebbero allora “orientare i datori di lavoro, con il supporto dei medici competenti, a valutare e identificare misure di prevenzione e protezione che vadano a ridurre la possibilità di contatto diretto con queste sostanze chimiche, anzitutto per impedire che la sensibilizzazione si realizzi e certamente per ridurre la possibilità di attivare la fase di scatenamento della reazione immunitaria nei soggetti già sensibilizzati”.
Tenendo conto delle differenze mostrate nella scheda il medico competente “sarà chiamato a condurre una anamnesi particolareggiata per individuare potenziali elementi che possano aver condotto ad una sensibilizzazione, e a porre una particolare attenzione in sede di sorveglianza sanitaria per evidenziare effetti clinici precoci e tutelare al meglio la salute delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale della scheda che riporta altre informazioni e immagini sul ruolo della differenza di sesso e di genere nell’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti cutanei.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Il ruolo della differenza di sesso e di genere nell’esposizione ad agenti chimici sensibilizzanti cutanei”, a cura di L. Caporossi e E. Partenzi, Factsheet edizione 2025 (formato PDF, 266 kB).
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