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I rischi del fumo nei luoghi di lavoro: normativa e proposte
Firenze, 13 Mag – Se in Italia la prevalenza dei fumatori è da anni in lento e costante declino, preoccupano tuttavia alcuni comportamenti in controtendenza specialmente tra due sottogruppi della popolazione: donne e giovani.
E in ogni caso, riguardo agli effetti sulla salute, è ormai riconosciuto che il fumo è un rischio diretto per fumatori attivi e passivi. Infatti anche il fumo passivo causa tumori polmonari (classificato dalla IARC come cancerogeno del gruppo I ovvero cancerogeno per l’uomo, come il fumo attivo). E non bisogna dimenticare che nei luoghi di lavoro il fumo può potenziare anche altri fattori di rischio.
A fornire questi dati è un intervento al seminario di aggiornamento del 20 novembre 2014, dal titolo "Abitudine al fumo e luoghi di lavoro", rivolto a RSPP e RLS della scuola e organizzato dalla Rete di Scuole e Agenzie per la Sicurezza della Provincia di Firenze.
Nell’intervento “Abitudine al fumo e luoghi di lavoro”, a cura di Maria Rosaria De Monte (Medico del Lavoro - U.F.C. PISLL - Dipartimento di Prevenzione Firenze), si ricorda che il fumo è “composto da oltre quattromila diverse sostanze chimiche che sono rilasciate nell'aria sotto forma di particelle e gas. Tra queste sostanze chimiche, finora è stato dimostrato che oltre sessanta sono presumibilmente o sicuramente cancerogene”.
E dopo aver fornito dati sulla composizione chimica del fumo, la relatrice sottolinea che nei luoghi di lavoro:
- “è un fattore di distrazione;
- aumenta il rischio infortunistico e il rischio incendio;
- aumenta la conflittualità interna tra soggetti non fumatori e fumatori”.
E non bisogna dimenticare che la scuola è un luogo di lavoro.
A proposito della scuola viene ricordato il Decreto Legge 12 settembre 2013 n.104 “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” in cui nell’art.4, c.1, si dice che l’art 51 della legge Sirchia è esteso ‘anche alle aree all’aperto di pertinenza delle istituzioni scolastiche statali e paritarie’.
Si ricorda inoltre che con la Legge 16 gennaio 2003, n. 3:
- “(art.51/1) è vietato fumare nei locali chiusi, ad eccezione di quelli privati non aperti al pubblico e di quelli riservati ai fumatori e così contrassegnati;
- (art .51/ 1-bis) il divieto di cui al comma 1, è esteso anche alle aree all’aperto di pertinenza delle istituzioni”.
Inoltre “gli esercizi ed i luoghi di lavoro, nei locali riservati ai fumatori devono essere dotati di impianti di ventilazione e ricambio funzionanti, con specifici requisiti (indicati nell’accordo 24/07/03 della Conferenza Stato Regioni e nel DPCM 23/12/2003)”.
Dopo aver fatto riferimento alle leggi regionali e alle parti del D.Lgs. 81/2008 rilevanti per la prevenzione dei rischi del fumo, l’intervento si sofferma sulla scuola, sugli obblighi del dirigente scolastico in materia di sicurezza e sulla conseguenza dell’articolo 4, relativo alla tutela della salute nelle scuole, del Decreto Legge 12 settembre 2013, n. 104, coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2013, n. 128.
L’intervento segnala poi alcune campagne di comunicazione. Ad esempio con riferimento alla eliminazione della pubblicità e della sponsorizzazione dei prodotti del tabacco o all’aumento della tassazione su questi prodotti.
Con riferimento a queste campagne, la strategia di contrasto al tabagismo può essere sviluppata con approccio integrato in varie direzioni:
- “proteggere la salute dei non fumatori (monitoraggio legge);
- ridurre la prevalenza dei nuovi fumatori (programmi scolastici, campagne, etichettature);
- promuovere e sostenere la cessazione (formazione degli operatori sanitari e non, programmi di comunità, aziende libere da fumo, centri antifumo)”.
Senza dimenticare la “tassazione dei prodotti del tabacco come strategia per contrastare il fumo”.
Dopo essersi soffermato sulle risorse utili per combattere il fumo e sul progetto del Ministero della Salute per monitorare la pratica del fumo di tabacco nella scuola affidato al Centro Nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cneps) dell’Istituto superiore di sanità (ISS), l’intervento si conclude con alcune considerazioni e proposte:
- “difficoltà di coordinamento fra tutte le politiche smoke-free promosse in vari ambiti a livello regionale e nazionale;
- debolezza in alcune regioni italiane di una struttura organizzativa di riferimento per l’organizzazione, coordinamento e conduzione di iniziative di prevenzione nel territorio;
- necessità di dare continuità agli investimenti in atto per l’implementazione dei programmi di controllo del tabacco;
- necessità di creare una rete intersettoriale e interdisciplinare per la prevenzione primaria del tabagismo”.
Inoltre, con riferimento ad alcune esperienze di monitoraggio descritte nell’intervento, sono riportate altre indicazioni:
- “il monitoraggio ha evidenziato, da cartellonistica e interviste, una buona applicazione della normativa con possibilità di ridurre ancora l’ esposizione a fumo passivo sia negli enti pubblici che nelle aziende private;
- interviste: tutti gli intervistati hanno partecipato con interesse e in forma attiva;
- politica aziendale: prevalentemente le grandi aziende manifatturiere hanno inserito il rischio fumo su DVR o nel regolamento aziendale;
- spazi: le aziende non hanno destinato spazi per fumatori secondo DPCM 23.12.03 nel (95%) circa dei casi;
- i Servizi di PISLL hanno informato i medici competenti delle criticità riscontrate in alcune aziende ed in collaborazione con RLS ed RSPP sono state individuate delle soluzioni;
- addetto interno alla vigilanza sul divieto di fumo: importante valorizzare il ruolo di questa figura;
- identificare azioni di miglioramento per alcuni settori (enti pubblici, grandi distribuzioni, piccole imprese, scuole), e per alcune aree critiche (servizi igienici, spogliatoi, alcuni uffici);
- in generale, ben accolta la presenza di operatori del Dipartimento sia nel ruolo di addetti alla vigilanza, che di promotori della salute;
- implementare la copertura territoriale, sensibilizzare e informare attraverso una rete che coinvolga Servizi di Prevenzione, scuole, centri antifumo, medici competenti, lavoratori e referenti aziendali;
- approfondire con indicatori di valutazione, l’efficacia di questi interventi per implementare azioni di cambiamento e di miglioramento per la salute globale del cittadino;
- applicare il modello Ccm per il monitoraggio nelle scuole al fine di individuare le criticità e predisporre interventi socio-educativi”.
L’intervento si conclude sottolineando che “le leggi da sole non bastano” e che, con particolare riferimento alla scuola:
- “deve cambiare la cultura della salute;
- devono essere individuati percorsi di peer education nella scuola” (percorsi di educazione “tra pari", spesso utilizzati nell’ambito della promozione della salute e nella prevenzione dei comportamenti a rischio. Una strategia educativa volta ad attivare un processo di passaggio di conoscenze, emozioni ed esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari livello);
- “la scuola è il luogo ideale per promuovere una cultura del benessere”.
“ Abitudine al fumo e luoghi di lavoro”, a cura di Maria Rosaria De Monte (Medico del Lavoro - U.F.C. PISLL - Dipartimento di Prevenzione Firenze), intervento al seminario “Abitudine al fumo e luoghi di lavoro” (formato PDF, 1.55 MB).
Gli atti del seminario “Abitudine al fumo e luoghi di lavoro”, pubblicati dall’ Azienda Sanitaria di Firenze (formato ZIP, 101 MB).
RTM
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