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La contaminazione microbiologica degli ambienti di lavoro

La contaminazione microbiologica degli ambienti di lavoro
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischi da agenti biologici

21/07/2017

Una pubblicazione affronta il tema della contaminazione microbiologica delle superfici. I rischi per: allevatori, agricoltori, addetti al compostaggio e smaltimento dei rifiuti: lavoratori di negozi, scuole, uffici, palestre e centri commerciali.

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Informazione ai lavoratori sui rischi specifici ai sensi dell'art. 36 del D.Lgs. 81/2008

 

Roma, 21 Lug – Si potrebbe pensare che i rischi correlati alla contaminazione microbiologica e alla trasmissione di agenti infettivi possano riguardare solo alcuni ambienti di lavoro, come il settore sanitario. In realtà la contaminazione, con trasmissione di patogeni presenti su superfici ambientali, riguarda anche molti altri ambienti lavorativi sia outdoor (ad esempio allevatori, agricoltori, lavoratori degli impianti di compostaggio, …), che indoor (ad esempio negozi, scuole, uffici, palestre, ristoranti, centri commerciali, …).

 

Per parlarne riprendiamo la presentazione del documento Inail - frutto di una collaborazione tra Contarp e Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale (Dimeila) – dal titolo “La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”; un documento che ha l’obiettivo di individuare criteri ed elaborare strumenti operativi utili alla “valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici negli ambienti di lavoro”.

 

Ci soffermiamo dunque su quanto indicato relativamente alla contaminazione microbiologica delle superfici di alcuni ambienti di lavoro con particolare riferimento agli ambienti non sanitari.

 

Ad esempio si indica che infezioni causate da ceppi di Staphylococcus aureus meticillina resistente (MRSA) sono state documentate “anche tra il personale che lavora a stretto contatto con gli animali, come allevatori, agricoltori e veterinari (Voss et al., 2005; Garcia-Graells et al, 2012 a). La trasmissione di questi ceppi batterici può avvenire a seguito del contatto diretto con gli animali, oppure con le superfici ambientali o mediante la manipolazione di carne contaminata (Petinaki e Spiliopoulou, 2012)”.

 

Altri studi hanno invece dimostrato una “maggiore prevalenza di malattie croniche del tratto respiratorio, allergie, irritazione della mucosa degli occhi e delle alte vie respiratorie tra i lavoratori degli impianti di compostaggio rispetto a gruppi di controllo e ad altre categorie lavorative (Bünger et al., 2007). Ad esempio, Gutarowska et al. (2015) hanno rilevato la presenza di alte concentrazioni di microrganismi mesofili (batteri e funghi) comprese tra 2,9* 102 e 3,3* 103 UFC/100 cm2 su superfici di lavoro negli impianti di compostaggio”. In particolare i questi ambienti “i microrganismi, tra cui patogeni come Aspergillus fumigatus (Domingo e nadal, 2009; nadal et al., 2009, Persoons et al., 2010), loro frammenti, tossine e metaboliti (MVOCs: composti organici volatili microbici, endotossine e micotossine) vengono rilasciati nell’aria durante la produzione di compost con conseguente contaminazione delle superfici”.

 

Inoltre anche gli addetti agli impianti di trattamento delle acque reflue o allo smaltimento di rifiuti solidi “possono entrare in contatto con diversi agenti patogeni, quali Enterococcus spp., Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Leptospira spp., Pseudomonas spp., Salmonella typhi, Shigella spp., enterovirus, rotavirus, virus epatitici, Entamoeba histolitica, Giardia lamblia, Ascaris lumbricoides, ecc”.

 

Veniamo agli ambienti indoor.

 

Alcuni ricercatori nel 2005 hanno “valutato la carica batterica totale in circa 200 campioni prelevati da superfici di negozi, asili nido, uffici, palestre, ristoranti e attrezzature da gioco per bambini, ecc. Il 93% dei campioni è risultato contaminato, in alcuni casi con concentrazioni batteriche molto alte”; “in 60 campioni prelevati da superfici ambientali sono stati isolati anche coliformi (7%) e batteri fecali (1,5%)”.

 

Uno studio (Elsergany et al.) ha verificato che, “su un totale di 224 campioni prelevati da superfici di 4 diversi centri commerciali a Sharjah (Emirati Arabi Uniti), l’80% di essi mostrava cariche batteriche totali con valori medi da 500 a 1500 UFC/cm2 (a seconda della tipologia di superficie esaminata), con presenza di Staphylococcus aureus”. Mentre Shaughnessy et al.  (2013) “hanno raccolto 6480 campioni da superfici diverse (banchi, porte, tavoli mensa e lavelli e dei bagni) di 27 scuole elementari nel sud-ovest degli Stati Uniti e misurato i livelli di ATP prima e dopo gli interventi di pulizia, proponendo un approccio standardizzato per la valutazione dell’efficacia degli interventi di pulizia e per individuare range di accettabilità dei livelli di ATP negli ambienti scolastici”. Ricordiamo che nel documento tra le tecniche di campionamento e analisi è descritto nel dettaglio anche l’ATP bioluminescenza.

 

È stata poi rilevata contaminazione microbiologica anche nelle superfici di libri, libri di antiquariato, manoscritti, documenti, dischi presenti in biblioteche e archivi, con “presenza di Cladosporium herbarum, Cladosporium cladosporioides, Penicillium corylophilum, Aspergillus fumigatus, Penicilliumspp., Aspergillus sydowii, Rhizopus nigricans, Aspergillus usus, ecc. (Zielińska-Jankiewicz et al., 2008). I risultati dello studio indicano condizioni igieniche insoddisfacenti negli ambienti di lavoro esaminati per la presenza di muffe potenzialmente patogene (effetti allergici o tossici) ed evidenziano la necessità di adottare misure adeguate per la riduzione del rischio”.

 

Rimandiamo alla lettura del documento che si sofferma ampiamente anche sui campionamenti eseguiti in ambienti domestici, con riferimento particolare alle cucine. Infatti nelle cucine di 4 case “sono stati rilevati batteri su 80 superfici diverse”, ad esempio “sono stati identificati batteri appartenenti ai generi Actinobacteria, Bacteroidetes, Firmicutes e Proteobacteria. Le comunità maggiori sono risultate associate a superfici non frequentemente pulite, come fornelli, porte dei frigoriferi o dei refrigeratori e pavimenti”. Inoltre uno studio (Cetin et al., 2012) ha valutato l’incidenza di alcune popolazioni microbiche sulle superfici di diversi impianti di lavorazione della carne rossa.

 

In definitiva – conclude il documento - dalla letteratura emerge chiaramente “quanto il problema della contaminazione delle superfici in ambienti lavorativi e non, sia percepito e confermato dai risultati dei monitoraggi microbiologici effettuati e come le misure da attuare per la prevenzione e il controllo della contaminazione debbano necessariamente prevedere la programmazione di monitoraggi microbiologici ambientali, l’utilizzo di idonei disinfettanti e la valutazione dell’efficacia degli interventi di pulizia e disinfezione condotte sulle superfici”.

 

 

Inail – Contarp - Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, documento a cura di Raffaella Giovinazzo (Contarp centrale), autori: Simona Barca, Luigi Caradonna, Genoveffa Giaquinta, Raffaella Giovinazzo, Elena Guerrera, Marina Mameli, Gabriella Marena, Teresa Mastromartino e Daniela Sarto (Contarp), Antonella Mansi e Paola Tomao (Dimeila), con la collaborazione di Annalaura Carducci e Marco Verani (Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale dell’Università di Pisa) e Anna Molinari e Eleonora Masala (Laboratorio di Prevenzione dell’Agenzia della Tutela della Salute della Brianza), edizione 2017 (formato PDF, 1.34 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La contaminazione microbiologica delle superfici”.

 

 

RTM



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