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Non è la prima volta che l’Inail si occupa di contaminazione microbiologica, tuttavia con questo documento si ferma l’attenzione sui problemi correlati alla legionellosi.
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Inail: conoscere e prevenire il rischio dell’esposizione a legionella
Roma, 18 Lug – La malattia dei legionari – una forma di polmonite causata dal batterio Legionella pneumophila e altri batteri ad esso correlati – non è certo considerabile come una patologia del passato o come “archeologia” della medicina del lavoro. È una patologia scoperta qualche decina di anni fa, ancora molto diffusa, spesso sottostimata, che solo nel 2010 in Italia riguardava ben 1234 casi.
E a livello di Unione Europea sono stati registrati tra il 1996 e il 2002 continui incrementi della sua diffusione.
Per parlare di legionella, con riferimento specifico ai rischi dei lavoratori, presentiamo un factsheet elaborato dal Dipartimento Igiene del Lavoro dell’Inail dal titolo “ Il rischio di esposizione a Legionella spp. in ambienti di vita e di lavoro”.
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Non è la prima volta che l’Inail si occupa di contaminazione microbiologica, tuttavia con questo documento si ferma l’attenzione sui problemi correlati alla legionellosi.
Con questo termine - coniato nel 1976 in occasione di un’epidemia di polmonite che si verificò a Philadelphia tra partecipanti ad un Convegno dell’Associazione di ex combattenti dell’American Legion - si definiscono “tutte le forme morbose causate da batteri Gram-negativi aerobi appartenenti al genere Legionella. Al microrganismo responsabile dei decessi venne dato il nome di Legionella pneumophila.
La legionellosi, come accennato a inizio articolo, “costituisce un problema emergente in Sanità Pubblica, essendo sottoposta a sorveglianza speciale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), della Comunità Europea (European Legionnaires’ Disease Surveillance Network - ELDSNet) e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) presso il quale è istituito un registro in cui sono annotati i singoli casi”.
Nonostante ci sia un obbligo di notifica, in Italia il numero dei casi/anno è ancora largamente sottostimato e, per la maggior parte di questi, “non e possibile risalire alle circostanze in cui si è verificata l’esposizione all’agente eziologico”.
Dopo aver ricordato che la famiglia delle Legionellaceae comprende un solo genere con più di 50 specie, alcune delle quali con diversi sierogruppi L. pneumophila, il documento sottolinea che “tutti i batteri appartenenti al genere Legionella sono classificati nel 2° gruppo di rischio” degli agenti biologici indicati nell’Allegato XLVI del D.Lgs 81/2008.
Riguardo alle conseguenze della patologia “vengono distinte due manifestazioni cliniche: la ‘Febbre di Pontiac’ e la ‘Malattia dei Legionari’. Quest’ultima è la forma più severa dell’infezione con una letalità totale del 5-15% che, nei casi nosocomiali, può arrivare al 30-50% o fino al 70-80% nei pazienti immunocompromessi”.
Mentre la “Febbre di Pontiac” è una “forma simil-influenzale di lieve entità, senza interessamento polmonare”.
In aggiunta a questi quadri clinici è stata dimostrata “anche una forma subclinica ed asintomatica della malattia, evidenziabile con il riscontro di anticorpi anti-Legionella spp”.
La malattia è acquisita per via respiratoria “mediante inalazione di aerosol (goccioline di acqua aerodisperse) contenente legionelle o di particelle di polvere da esso derivate per essiccamento o, più raramente, in seguito ad aspirazione di acqua contaminata”. Più piccole sono le dimensioni delle goccioline inalate e “più facilmente queste raggiungono le basse vie respiratorie (alveoli polmonari)”. E i principali sistemi “in grado di generare aerosol sono i rubinetti e i diffusori delle docce dell’impianto idrico, le torri di raffreddamento, i condensatori evaporativi e gli umidificatori degli impianti di condizionamento, le vasche idromassaggio, le fontane decorative, le piscine, etc”.
Veniamo ai fattori di rischio per l’acquisizione della malattia.
Le legionelle sono “batteri ubiquitari, ampiamente diffusi negli ambienti naturali come laghi, stagni, acque termali, da cui possono facilmente raggiungere quelli artificiali (condotte d’acqua cittadina, impianti idrici, torri evaporative, etc.) dove possono proliferare se ci sono fattori ambientali che ne favoriscono la crescita”.
Il rischio di acquisire un’infezione da Legionella spp. è correlato alla presenza di:
-fattori ambientali: il più importante fattore è rappresentato “dalla temperatura dell’acqua che, quando è compresa tra i 25°ed i 42°C (optimum a 36°C), permette al batterio di raggiungere elevate concentrazioni. Gli altri fattori di rischio legati alle condizioni ambientali sono la presenza di amebe all’interno delle quali il microrganismo può crescere, di sostanze biodegradabili che favoriscono la formazione di biofilm, di elementi in traccia (ferro, rame, zinco, ecc.), di incrostazioni e depositi calcarei”, ...;
- fattori del microrganismo: sono correlati alla virulenza del ceppo batterico (capacità di moltiplicazione all’interno dei macrofagi, resistenza agli antibiotici, etc).
-fattori legati all’ospite: sono relativi alla “maggiore suscettibilità di alcuni individui nei confronti dell’infezione; tra questi, i soggetti di sesso maschile o di età avanzata, i fumatori, le persone affette da patologie croniche (broncopneumopatie ostruttive, malattie cardiovascolari, diabete, ecc.) o con immunodeficienza acquisita in seguito ad interventi terapeutici (trapianti d’organo, terapia con steroidi e antitumorali)”.
Quali sono le attività lavorative più a rischio?
Malgrado la carenza di dati specifici e il fatto che il rischio di acquisire un’infezione sia riscontrabile in tutti gli ambienti di vita e di lavoro con esposizione ad aerosol infettanti, sono tuttavia noti “numerosi casi di legionellosi tra lavoratori addetti alla pulizia e manutenzione degli impianti di condizionamento e delle torri evaporative, addetti alla vendita di vasche per idromassaggio, minatori, dentisti, giardinieri, etc”.
Inoltre alcuni dati ottenuti da monitoraggi microbiologici svolti nei luoghi di lavoro dimostrano la presenza del batterio “nell’acqua degli impianti per il lavaggio di parti meccaniche nelle industrie automobilistiche, nelle vasche di raffreddamento e lavaggio di prodotti vegetali, nelle vasche di aereazione per il trattamento di acque reflue, nel materiale organico per la produzione di terreni per il giardinaggio, etc”.
Per prevenire la legionellosi l’Istituto Superiore di Sanità ha predisposto delle Linee guida (“Linee Guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi”) che indicano misure di prevenzione e controllo “da attuare negli ospedali e nelle strutture comunitarie (uffici, alberghi, campeggi, ecc.)”; nelle “ Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico-recettive e termali” viene inoltre ribadita l’importanza della valutazione del rischio quale misura fondamentale di prevenzione della legionellosi. Entrambe le linee guida nazionali fanno riferimento alla concentrazione di legionelle rilevate nell’impianto idrico e/o nelle torri evaporative per decidere se attuare o no interventi di bonifica ambientale; tra questi lo shock termico e l’iperclorazione shock sono i più efficaci”.
Inoltre ai fini della prevenzione e controllo della legionellosi è fondamentale attuare altre “misure a breve (decalcificazione dei rompigetto dei rubinetti e dei diffusori delle docce, sostituzioni di tubi, etc) e a lungo termine (svuotamento, pulizia e disinfezione dei serbatoi di accumulo acqua, torri evaporative, etc.)”.
Il factsheet, che vi invitiamo a visionare e che riporta i principali riferimenti normativi, conclude sottolineando, ancora una volta, che “la legionellosi resta ancora una patologia poco conosciuta, soprattutto in ambito occupazionale”. E questo sia perché spesso il rischio di natura biologica “non è debitamente valutato all’interno di ambienti lavorativi non prettamente ‘sanitari o d’assistenza’”, sia per la limitata conoscenza sulle potenziali fonti di diffusione ambientale del batterio.
È dunque indispensabile “porre maggiore attenzione nei confronti di questo potenziale rischio, predisponendo adeguate misure di prevenzione e controllo della contaminazione microbiologica ambientale”.
Dipartimento Igiene del Lavoro dell’INAIL, “ Il rischio di esposizione a Legionella spp. in ambienti di vita e di lavoro”, factsheet, edizione 2012 (formato PDF, 749 kB).
Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Il rischio di esposizione a Legionella spp.”.
RTM
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Morando Sergio - likes: 0 | 23/07/2013 (20:02:19) |
In Italia vi sono piscine Comunali a rischio reale di legionella e NON solo !Anti incendio nullo o quasi..anti sismico..visite mediche non fatte ecc. ecc. Le stesse strutture sono a rischio !Gli impianti di areazione "quando" funzionano male funzionano! Il cloro impregna non solo i muri delle piscine comunali ma anche i polmoni dei vari Lavoratori delle piscine pubbliche che non sanno quasi nulla in quanto privi di corsi sicurezza D.L.gs 81/08 tanti neppure sono assunti vi è molto lavoro in nero o parzialmente in nero..le gestioni di società sportive.cooperative gestionali sanno questo ! E lo sanno anche i COMUNI che danno le proprie piscine in gestione ! Niente visite mediche per i lavoratori in nero..o ad i pensionati..o chi fa nelle piscine il secondo lavoro..Bisogna fare Ispezioni contrapposte da parte Ispettori ASL del Lavoro e Ispettori dei Vigili del Fuoco..un Ispettore controlla se stesso e gli altri Ispettori ..!La legionella è una piccola parte di quanto accade di grosso in certe piscine Comunali..!I Comuni che sanno ne SONO compartecipi !E nelle piscine oltre i Lavoratori vi sono innumerevoli bambini, gestanti,sportivi..pubblico che nulla sa dei vari pericoli presenti!Più direzioni piscine coprono i risaputi pericoli presenti idem fanno i Comuni che hanno dato in gestione le piscine proprie.. compartecipi SEMPRE anche con la legionella..! Morando Sergio |