Come prevenire i rischi lavorativi delle radiazioni ottiche naturali?
Brescia, 19 Mag – Come ricordato in molti articoli sugli agenti cancerogeni l'Organizzazione mondiale della sanità, tramite l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC), ha il compito di valutare - secondo criteri generali condivisi dalla comunità scientifica internazionale - la cancerogenicità per l’uomo di agenti, sostanze e circostanze di esposizione.
In particolare l’Agenzia ha indicato, ormai da diversi anni, che “c’è sufficiente evidenza nell’uomo della cancerogenicità della radiazione solare”.
La radiazione solare “causa il melanoma maligno, il carcinoma squamocellulari e il carcinoma basocellulare. Positiva associazione anche per il tumore del labbro, carcinoma a cellule squamose congiuntivale, melanoma oculare”. Inoltre “c’è sufficiente evidenza negli esperimenti animali della cancerogenicità della radiazione solare nell’ampio spettro UVR” (radiazione ultravioletta). E “anche l’uso di apparecchiature per l’abbronzatura artificiale è cancerogeno per l’uomo”.
A ricordare queste valutazioni dell’Agenzia IARC e a sottolineare che anche l’esposizione occupazionale a radiazione UV rappresenta “un fattore di rischio sostanziale e robusto” è un intervento al seminario/webinar “Rischio da esposizione ad agenti fisici nelle attività outdoor” che, organizzato dalla Regione Toscana, si è tenuto online il 21 gennaio 2021.
L’articolo si sofferma sui seguenti contenuti dell’intervento:
- La radiazione UV solare e i tumori della cute
- L’esposizione lavorativa a radiazione solare e i diversi fototipi
- Valutazione dei rischi e misure di prevenzione per le radiazioni ottiche naturali
La radiazione UV solare e i tumori della cute
L’intervento “La radiazione UV Solare: valutazione del rischio; misure di prevenzione e protezione; le FAQ del Coordinamento tecnico delle Regioni; strumenti operativi disponibili sul PAF”, a cura di Lucia Miligi (SS di Epidemiologia dell’ambiente e del lavoro, SC Epidemiologia dei Fattori di Rischio e degli Stili di Vita, ISPRO Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica) si sofferma innanzitutto sui tumori della cute, sui melanomi e i tumori della pelle non melanocitici (carcinomi squamocellulari SCC o carcinoma basocellulari BSC).
A questo proposito sono presentati dei dati raccolti dall’Associazione Italiana Registri Tumori ( AIRTUM) che riporta alcune stime relative al 2020 sulla base dei dati di popolazione raccolti dai Registri Tumori Italiani.
È stata stimata una diagnosi di “circa 377.000 nuovi casi di neoplasie maligne (esclusi i tumori della cute non melanomi)” e “fra i tumori i cui tassi risultano molto aumentati in entrambe i sessi ci sono i melanomi”.
Riprendiamo dalle slide una tabella di dati relativi a questa stima:
Si indica poi che i tumori della pelle non melanocitici “sono i tumori più frequenti nell’uomo” e che dai dati dei Registri tumori italiani “erano stati stimati nel 2018 circa 83.000 nuovi casi (64.000 ca. basocellulari e 19.000 squamocellulari; 48.000 nei maschi e 35.000 nelle femmine)”.
Si riportano poi alcuni studi e articoli (Cancer Epidemiology 395 – 2015) che indicano che “l’esposizione alla radiazione UV è la causa principale dei tumori della pelle soprattutto nelle popolazioni a pelle chiara. L’incidenza di questi tumori sta aumentando negli ultimi decenni. In Europa circa 100000 casi nel 2012 e 22000 morti”.
L’esposizione lavorativa a radiazione solare e i diversi fototipi
Come indicato in premessa il relatore sottolinea che l’evidenza scientifica disponibile “indica chiaramente che l’esposizione occupazionale a radiazione UV rappresenta un fattore di rischio sostanziale e robusto soprattutto nello sviluppo dei tumori della pelle non melanocitici (SCC e BCC)”. E c’è dunque la necessità “di stabilire misure di prevenzione primaria e secondaria e di aumentare la consapevolezza di questo rischio negli individui con elevati livelli di esposizione alle radiazioni UV correlati al lavoro implementando pratiche per una esposizione sicura al sole”.
Riguardo poi ai lavoratori all’aperto si ricorda che l’esposizione a radiazione solare rappresenta un’interazione complessa “del fattore ambientale con fattori costituzionali e con il lavoro oltre che abitudini di tipo comportamentale”. E che un importante fattore di rischio per i tumori della cute “è quello strettamente correlato alla sensibilità individuale alla radiazione UV”.
In particolare il fototipo di ogni individuo “riassume in sé alcune caratteristiche individuali che possono determinare un maggior rischio. Diverse sono le sfumature di colore della cute, da cui dipende il grado di protezione naturale dai raggi del sole cui si associa inoltre la capacità o meno di abbronzarsi o di scottarsi: questi sono gli elementi costitutivi alla base della classificazione schematica proposta da Fitzpatrick. I fototipi 1 e 2, rappresentativi di una cute molto chiara, sono i più sensibili ai danni UV sia per gli effetti acuti che a lungo termine, ma anche i fototipi 3 e 4 non sono esenti dal rischio”.
Riprendiamo dalle slide lo schema dei diversi fototipi così come definiti dallo schema di Fitzpatrick riadattato:
Il documento si sofferma poi su quanto fatto in Toscana, sul tema, con riferimento, ad esempio al piano mirato sul rischio radiazione solare nei comparti Agricoltura, Estrazione del marmo, Pesca, Edilizia (2007-2008) e ad altre attività successive di ricerca e approfondimento.
Valutazione dei rischi e misure di prevenzione per le radiazioni ottiche naturali
Riguardo alle lavorazioni con esposizione al rischio di radiazioni ottiche naturali il relatore ricorda che l’art.28 del D.Lgs. 81/2008 impone la valutazione di “…tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori…”. E dunque “in tutti quei casi nei quali il processo lavorativo o la mansione comportino una significativa esposizione del lavoratore alla radiazione solare, si dovrà effettuare una valutazione dei rischi specifica (da intendersi come processo finalizzato ad individuare le adeguate misure di prevenzione e a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza) anche perché gli effetti di questo rischio sono ormai scientificamente noti da tempo”.
In particolare la valutazione dell’esposizione alla radiazione solare “può essere effettuata in maniera semplice a partire dall’UV index (indice UV)”, una “grandezza scalare utilizzata come unità di misura dell’intensità della radiazione solare UV che giunge al suolo”. L'Indice UV si basa “sulla posizione del sole, sulla nuvolosità prevista, sull'altitudine” e “predice l'intensità della radiazione ultravioletta solare giornalmente”.
Riguardo poi alle misure tecniche e organizzative da adottare all’esito della valutazione del rischio da radiazione solare, si indica che tali misure di prevenzione e protezione “devono essere messe in atto in tutte le stagioni dell'anno, soprattutto se il valore dell’UV index è superiore a 2”.
Ad esempio, in termini generali, si indica che “le mansioni che espongono il lavoratore alla radiazione solare dovrebbero prevedere la limitazione dello svolgimento delle attività all’aperto nelle ore centrali della giornata, Se non possono essere evitate le ore centrali (come nella maggior parte delle attività/mansioni all'aperto) devono essere previste pause nella giornata lavorativa (inclusa la pausa pranzo) da trascorrere in zone ombreggiate”.
Inoltre si segnala “la rotazione dei lavoratori nell’ambito delle mansioni, in modo tale che il singolo lavoratore alterni periodi di attività al sole e periodi all’ombra (o al chiuso)”. E “la creazione di zone d’ombra, ad esempio attraverso l’installazione di barriere di plastica/tessuto, coperture tipo teli/ombrelloni scuri, gazebi etc. è raccomandata ogni volta che risulti fattibile”.
Si segnala anche che i criteri per la valutazione del rischio da radiazione solare ai fini della prevenzione così come riportato nei documenti ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection) “devono essere in relazione a condizioni ambientali in cui avviene il lavoro e modalità organizzative adottate e da adottare indipendentemente dal fototipo della pelle e dalle caratteristiche individuali dei soggetti esposti”.
Riguardo poi alle misure di protezione individuale che si devono adottare all’esito della valutazione del rischio da radiazione solare, si sottolinea che la protezione individuale si articola su più livelli:
- "utilizzazione di indumenti il più possibili coprenti
- utilizzazione di copricapo/casco adeguati
- protezione per gli occhi (occhiali da sole-DPI Oculari)
- eventuale utilizzo di protezioni per la cute quali creme solari”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale dell’intervento che riporta molte altre informazioni sui dispositivi di protezione e sulla valutazione del rischio con riferimento anche:
- a una procedura guidata che “consente di applicare i criteri valutativi ICNIRP per la prevenzione del rischio da esposizione a radiazione UV solare per occhi e cute tenendo conto anche del contesto lavorativo” presente sul Portale Agenti Fisici ( PAF) a questo link;
- all’APP “Sole Sicuro” - sviluppata dal Laboratorio di sanità pubblica - Agenti Fisici, in collaborazione con ISPRO e con il UF PISLL della ASL Area Vasta Nord Zona Versilia Ovest – che può essere un utile strumento per i datori di lavoro e i lavoratori, concorrendo a supportare la graduazione delle misure in funzione dei livelli espositivi. L’APP è scaricabile attraverso questo link.
Tiziano Menduto
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